I GIOVANI D’OGGI, INCAPACI DI CONCENTRARSI

Nel suo editoriale del lunedì sul Corriere, Francesco Alberoni pone questa settimana la sua attenzione ad un problema dei giovani d’oggi che condivido pienamente: l’incapacità di concentrarsi nel fare le cose e, conseguentemente, quell’insana abitudine di passare da una cosa all’altra, senza un ordine logico.

Qual è la causa? Secondo Alberoni, dipende dal tipo di apprendimento già alla scuola elementare. Prima di andare in queste scuole, quando stanno con i genitori, i bambini piccoli sono attenti, ascoltano, seguono affascinati le favole. Dopo essere stati qualche anno in classe cambiano. Se parli loro, si distraggono, spostano un libro, un giocattolo, non ascoltano. Ti fanno una domanda e poi vanno via, non aspettano la risposta.

Noi genitori ed insegnanti sappiamo bene quanto sia difficile attirare l’attenzione dei ragazzi. Il loro zapping non è solo quello che fanno con il telecomando, quando non hanno la pazienza di osservare qualche scena per capire che un dato programma possa essere più o meno interessante. Il loro è uno zapping mentale. Non è mancanza di interesse, – continua Alberoni – hanno perso la capacità di concentrazione perché stando con gli altri e giocando con loro si sono abituati a passare, continuamente e caoticamente, da un’attività all’altra e non c’è nessuno che insegna loro come stare attenti, e li rimprovera quando non lo fanno.

Eppure, nello sport, stanno ben attenti alle parole dell’allenatore perché, osserva Alberoni, se ti distrai, ti rimprovera e i tuoi compagni protestano. Quando mai si è visto che i compagni di scuola protestino se qualcuno non sta attento? Per esperienza posso dire che talvolta capita che protestino, ma lo fanno quando si annoiano di fronte all’ennesima predica che l’insegnante rivolge all’esagitato di turno.

Proseguendo con la sua analisi, il sociologo tocca un tasto su cui non concordo. Afferma che la scuola non rimproveri, che non corregga con l’esercizio una tendenza sbagliata. Questo perché, secondo alcuni pedagogisti, il rimpovero e la correzione di atteggiamenti sbagliati provocherebbero nei giovani una grave frustrazione, bloccandone la creatività. Mi permetto, a questo punto, un’osservazione: l’atteggiamento di censura dei comportamenti scorretti da parte degli insegnanti ci deve essere e c’è, almeno nella maggior parte delle scuole, dalla primaria al liceo. La correzione può avvenire attraverso diversi tipi di comportamento: si ammonisce e si punisce, sempre, però, mettendo bene in risalto il motivo per cui un certo atteggiamento non è accettabile. Si spiega dove sta l’errore e in che modo si può ovviare al problema. Le regole ci sono e bisogna rispettarle, altrimenti si incorre in una sanzione.

Concordo maggiormente con quanto Alberoni sostiene riguardo alle famiglie: aggravano la situazione mettendosi normalmente dalla parte dei figli e contro gli insegnanti. Ed è per questo, non mi stancherò mai di ripeterlo, che una corretta azione educativa, prima ancora che didattica, si mette in pratica quando c’è la collaborazione fra scuola e famiglia. Certo, è un po’ difficile che a casa i genitori sappiano affrontare il problema distrazione, ovvero non hanno gli strumenti, tranne la persuasione, con le buone o con le cattive, per far sì che i figli a scuola seguano le lezioni con interesse, senza annoiarsi e senza deconcentrarsi. Questi strumenti devono, prima di tutto, essere messi in pratica a scuola, durante le lezioni, dai singoli insegnanti. Ma a casa i genitori possono fare molto: ad esempio, ascoltare i figli quando hanno qualcosa da dire e partecipare alla loro vita scolastica dando consigli e approvando o meno il loro atteggiamento di fronte allo studio. Se non li si ascolta, essi stessi saranno meno propensi ad ascoltare. In altre parole, bisogna dare il buon esempio.

Ma la concentrazione serve solo a scuola, ovvero all’interno del processo di apprendimento? Secondo Alberoni no. Infatti, spiega che il risultato è che molti non impareranno più a concentrarsi, ad applicarsi, a fare un ragionamento complesso. Ed è anche per questo che c’è tanta disoccupazione. Perché le imprese si trovano di fronte giovani con una preparazione evanescente e che danno poco affidamento quanto a capacità di ragionare. E questo è un problema serio, anche se a me viene spontanea un’obiezione: ma quando giocano con la play station o chattano con il pc, prestano pure attenzione a quello che fanno. Allora il problema è che la mancanza di concentrazione nei ragazzi è legata a ciò che ritengono poco interessante, ovvero la scuola. Nonostante il sociologo sia di tutt’altro avviso, quando osserva che la mancanza di concentrazione non è legata all’interesse, è innegabile che la concorrenza ci sia ed è spietata; la scuola, almeno com’è concepita a tutt’oggi, perde punti in partenza.

Quanto al futuro, c’è da scommettere che non se ne preoccupano. Se quando arrivano in quinta e sanno di dover sostenere l’Esame di Stato si mettono a studiare non prima di marzo aprile, è concepibile che si preoccupino della loro preparazione evanescente con la quale andranno incontro ad un futuro incerto? L’importante è passare, la preparazione non conta. Quel pezzo di carta che alla fine conquistano è come il foglio rosa: permette di fare pratica per poter imparare a guidare. Ma la patente ancora è lontana. Così come il possesso di un documento che abilita alla guida non rende chi lo possiede un pilota di Formula 1.

Su questo ragionamento i giovani dovrebbero concentrarsi: quello che si impara in tanti anni di scuola sarà utile un domani. Se la loro preparazione sarà evanescente, se ne accorgeranno e, con il senno di poi, realizzeranno quanto sarebbe stato meglio andare a scuola per imparare e non solamente per prendere il sospirato diploma. Con l’errara convinzione, poi, di poter fare finalmente quello che vogliono. Come se liberati dal legacci della scuola, non ne trovino altri pronti ad imbrigliarli durante il loro cammino.

WIKILEAKS? ARIA FRITTA

Volevo scrivere qualcosa sulle rivelazioni di Wikileaks ma, un po’ perché non ho molto tempo e un po’ perché ritengo sia solo uno spetteguless alla Striscia la notizia, ci rinuncio. Ma rimando i miei lettori al post di Pino Scaccia: “Diciamo la verità, Wikileaks (per ora) è l’orgia dell’aria fritta“. Lui è un giornalista serio, ne ha scritto con cognizione di causa e le sue osservazioni sono condivisibili.

[l’immagine è tratta da questo sito]

PREMIO AL MERITO PER I PROF? IL GRANDE BLUFF


Nel leggere le ultime notizie sull’annunciato premio al merito per i prof (ne ho parlato QUI), mi è venuta in mente la trasmissione televisiva, andata in onda nel 1996 e nel 1999 su Canale 5, in cui Luca Barbareschi ed altri vip, debitamente camuffati, facevano incursione in vari programmi Mediast, disturbandone la registrazione. Un programma esilarante in cui era sotto gli occhi di tutti quanto fosse diversa la realtà da ciò che semplicemente appariva.

Leggo su Tuttoscuola.com che i fondi destinati al famoso premio che spetterebbe ai docenti e alle scuole più meritevoli, annunciato per ora in via sperimentale, sarebbero di gran lunga minori rispetto a quanto fatto credere fino ad ora.
Siccome i numeri non sono mai stati il mio forte, onde evitare di rielaborare maldestramente gli articoli letti, mi limito a pubblicarne qualche stralcio (in corsivo), per far capire a chi mi legge come realmente stanno le cose.

Nell’articolo 64 della legge 133/2008 per la riforma e la razionalizzazione del sistema di istruzione c’è un passaggio in gergo burocratico, al comma 8, che nasconde una pesante insidia: “Al fine di garantire l’effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio di cui al comma 6, si applica la procedura prevista dall’articolo 1, comma 621, lettera b) , della legge 27 dicembre 2006, n. 296”. […] si guarda al comma 6 dello stesso articolo di legge e si ritrova la quantificazione dei risparmi di spesa per il triennio 2009-2011; una quantificazione che, in base al successivo comma 9 serve indirettamente a quantificare anche l’ammontare delle quote di risparmio, pari al 30%, destinate a premiare i docenti.

La legge finanziaria cui si fa riferimento è quella del 2007, firmata dall’allora governo Prodi. Questa legge prevede una procedura nota con il nome di “clausola di salvaguardia”, in virtù della quale i calcoli sarebbero da rifare. Il risparmio previsto per il biennio 2009/2010 sarebbe stato di 2.106 milioni (con conseguente quota virtuale del 30%, pari a 631,8 milioni da riservare alla premialità), ma che dai calcoli della Ragioneria Generale dello Stato risulta disponibile effettivamente per le finalità del 30%, a quanto sembra, una somma utile di 351 milioni, si deve constatare che i tagli di organico sono stati inferiori all’attesa e i risparmi mancati hanno fatto scattare la clausola di salvaguardia.

Secondo la clausola di salvaguardia, i quasi 281 milioni mancanti (631,8 – 351) avrebbero dovuto colpire il bilancio del Miur in capitoli vitali, invece, con tutta probabilità, si è scelto il male minore, dirottando gli effetti negativi sui contenuti del 30% che, in questo modo, ne è uscito con le “ossa rotte”, passando dal virtuale 30% al più modesto 16,7% dei risparmi da destinare al personale: persa quasi la metà.

Va da sé che il progetto sperimentale presentato dal ministro Gelmini non può disporre dei risparmi preventivati, in quanto il preventivo non aveva tenuto conto della famosa “clausola di salvaguardia”. Su Tuttoscuola.com si legge, quindi, che di quei 351 milioni risparmiati e disponibili effettivamente, 320 milioni sono destinati agli scatti di anzianità, lasciando alla premialità soltanto 31 milioni, pari al 5% di quel virtuale tesoretto di 631,8 milioni previsti due anni fa dall’art. 64 della legge 133/2008 e riservati esclusivamente a riconoscere la professionalità del personale scolastico.
Ma quei 31 milioni dovranno servire a premiare sia i docenti migliori sia le scuole meritevoli, riducendo ulteriormente l’ammontare finale del premio per gli insegnanti al 2-3% massimo dei risparmi di sistema ipotizzati inizialmente
.

E non è tutto, perché bisogna considerare anche i risparmi futuri: Per il prossimo biennio la legge prevede risparmi virtuali da destinare al 30% pari a 761,4 milioni e 956,4 milioni rispettivamente per il 2011 e 2012. Poiché è prevedibile che la metà di quelle somme attese non risulti disponibile e che sarà inevitabile confermare gli scatti di anzianità ancora una volta per gli insegnanti, di quel 30% che due anni fa era servito a compensare politicamente gli effetti spiacevoli della riduzione di organico probabilmente “non sarà rimasto che qualche brandello di muro”. La “svolta meritocratica”, se questi saranno i numeri, giocoforza dovrà aspettare tempi migliori (nel 2013?).

Nel precedente articolo, che ho linkato all’inizio di questo post, avevo concluso la mia riflessione sulla sperimentazione annunciata da MIUR per premiare i migliori docenti e le migliori scuole, con queste parole: Rimango dell’idea che sia una delle solite cose fatte all’italiana, senza capo né coda. Uno specchietto per le allodole. Niente di più.

Non vorrei aver fatto l’uccellaccio del malaugurio ma mi sa che avevo ragione.

[immagine da questo sito]

GELMINI AGLI STUDENTI UNIVERSITARI: LA RIFORMA NON VI DANNEGGERÀ. IL VIDEO

Mentre gli studenti universitari sono in agitazione in tutta l’Italia (secondo il MIUR, però, solo uno studente su 100 è contrario alla riforma), il ministro si difende e, soprattutto, con decisione prende le difese di una riforma che ritiene indispensabile per rilanciare l’università italiana, agli ultimi posti nelle classifiche internazionali.

«Ragazzi questa riforma vuole aiutarvi, non danneggiarvi». Il ministro Mariastella Gelmini lancia agli studenti un messaggio su YouTube. «Non vi fate strumentalizzare dai baroni e dai centri sociali – spiega il ministro -. Questo ddl mette voi al centro, non c’è un solo punto del provvedimento che possa danneggiarvi. È per voi, per eliminare privilegi e sprechi, per spazzare via i concorsi-truffa, le parentopoli».
Per la Gelmini «bisogna avere il coraggio di fare le riforme» e lei si è assunta questa responsabilità. L’Italia, secondo il ministro, ha bisogno di questa riforma perché gli atenei italiani oggi sono agli ultimi posti delle classifiche internazionali.

A chi le rimprovera il fatto di non aver messo a disposizione dei fondi per questa riforma, risponde addossando la responsabilità ad altri di questa situazione: «Non è vero che i soldi sono stati pochi. Purtroppo sono stati spesi male per finanziare corsi inutili, sedi distaccate di cui si poteva benissimo fare a meno, iniziative che sono servite a qualcuno ma non certo agli studenti».

A sorpresa, Gianfranco Fini spezza una lancia in favore della riforma universitaria. A conclusione di un incontro all’Università di Lecce, il presidente della Camera si è espresso in questi termini: «Martedì prossimo la riforma dell’università sarà approvata ed è una delle cose migliori di questa legislatura». Fini non solo appoggia la riforma per assicurare «un futuro migliore per i nostri figli», ma ritiene che l’eventuale bocciatura possa essere «un clamoroso errore». Riferendosi agli studenti in agitazione, osserva: «chi protesta deve anche porsi il problema del perché c’è in Italia un così alto numero di disoccupati laureati. C’è un problema di oggettiva qualità dei titoli di studio e di collegamento delle università con le realtà economiche». E in merito ai fondi che non ci sarebbero, sostiene che «l’unico rischio della riforma dell’università è che sia sottofinanziata, ma è sbagliato radicalmente contestarne lo spirito».

[fonte: Il Corriere]

GIANNA NANNINI MAMMA: E’ NATA PENELOPE

Stamattina, alla Clinica Mangiagalli di Milano, è nata Penelope, la figlia primogenita di Gianna Nannini. A rivelare la notizia, confermata dal sito della cantante, il sito di Tv Sorrisi e Canzoni.

Così la cantante ha realizzato, a cinquantaquattro anni suonati, il suo sogno di maternità. Dieci giorni fa aveva scritto una lettera alla sua Penelope, pubblicata da Vanity Fair. Le aveva scritto: Ti chiamerò Penelope perché mi hai aspettato tanto prima di nascere. Hai aspettato che fossi pronta. Per tre volte non lo sono stata, ma oggi lo sono. Tu, il più grande amore della mia vita.

La prima gravidanza si era interrotta, dopo appena un mese, nel 2001, dopo i 25 chilometri della marcia Perugia-Assisi che le furono fatali. Un anno dopo, il secondo aborto: la gestazione, interrotta forse a causa di un viaggio in Svizzera, era arrivata solo a tre mesi e mezzo. «Dopo due aborti consecutivi, non ho più voluto riprovare» dichiarò la Nannini allora.
Quest’anno, ad agosto, lo scoop: a cinquantaquattro anni sarebbe finalmente diventata mamma. Una decisione che ha lasciato perplesse molte persone, fra cui la sottoscritta. Ma ora, di fronte alla felicità di una madre che quasi non sperava più di realizzare il suo sogno, le voci si placano.

Nulla si sa della nascita di Penelope, ma la contrada dell’Oca, a Siena, città natale di Gianna che appartiene ad una delle famiglie più note, ha esposto la bandiera con il fiocco rosa fuori dalla propria sede. L’Oca ha mandato a Gianna una coccarda della contrada e gli auguri, a nome della Società delle Donne e del Gruppo Anatroccoli, che riunisce i bambini. «Auguri da parte di tutti, la aspettiamo a Siena prima possibile», è stato il commento di Elena Pilli, presidente della Società delle Donne dell’Oca.

Auguri, Gianna, e tanta felicità accompagni il tuo cammino con la piccola Penelope. Oggi non mi va di dire nulla di più.

[link della fonte]

NIENTE GITE SCOLASTICHE PER PROTESTA. LE AGENZIE SULL’ORLO DEL FALLIMENTO


Era prevedibile: la protesta degli insegnanti che si rifiutano di portare in viaggio di istruzione (leggi: gita) gli allievi ha avuto ripercussioni negative sulle entrate dei tour operator.
I motivi della protesta li ho spiegati in questo post. Anche se originata, in particolare, dai cosiddetti “tagli” del ministro del MIUR, Mariastella Gelmini, la decisione di disertare i viaggi scolastici ha motivazioni più profonde, prima fra tutte quella della responsabilità, a livello penale e non solo civile, cui sono soggetti i prof che accompagnano i ragazzi.

Leggo su L’Espresso che il danno che ne deriverà al settore turismo si aggira sui 650 milioni di euro all’anno. Questo perché la protesta, partita quasi in sordina e senza il supporto dalle maggiori organizzazioni sindacali, si è estesa rapidamente in tutte le scuole della penisola. Se da una parte l’economia ne soffrirà, dall’altra finalmente l’opinione pubblica potrà comprendere le ragioni degli insegnanti che sono stufi di immolarsi per il bene di tutta la collettività.
L’ultima manovra finanziaria ha, infatti, tolto l’unica diaria che spettava ai docenti che accompagnavano gli allievi all’estero. Perché già da tempo, non era prevista per le “gite” in Italia. Ma, spostando l’attenzione dalle ragioni dei prof a quelli degli studenti, si può concludere che a farne le spese saranno soprattutto quelli che frequentano i licei linguistici o gli istituti per il turismo che dovranno rinunciare ai viaggi all’estero, utili per chi studia le lingue straniere.

Da parte loro, le agenzie turistiche fanno quello che possono per non perdere i guadagni: in Lombardia, ad esempio, un’agenzia di viaggi è arrivata a proporre di pagare di tasca sua i professori, pur di evitare la cancellazione delle gite. Ma c’è chi si è spinto oltre: nel Lazio, la Fiavet ) ha chiesto alla Regione un bonus economico per gli istituti che sceglieranno il Lazio come meta per le gite scolastiche.
Andrea Costanzo, presidente della Fiavet regionale, spiega: Abbiamo sempre avuto a cuore le problematiche legate ai viaggi di istruzione. Riteniamo fondamentale promuovere questo tipo di incontri, perché i rapporti tra agenti di viaggi, dirigenti scolastici e istituzioni devono essere sempre più chiari e diretti. In Piemonte, Alberto Cirio, Assessore regionale al Turismo, ha aperto uno sportello che elargirà 150 euro a ogni classe che potrà dimostrare di aver effettuato viaggi di istruzione all’interno dei confini regionali.

Alla Fiera annuale, tenutasi a Rimini, gli operatori turistici hanno lanciato l’allarme. Secondo le stime del Centro Studi turistici di Firenze, il fatturato garantito dalle “gite scolastiche” lo scorso è stato di 651 milioni di euro, un miliardo se si considera anche l’indotto. Ora questo business sarà notevolmente ridimensionato, mettendo in crisi non solo le agenzie turistiche ma anche le famiglie di chi vi lavora. Ezio Moretti, presidente della Caravan Tour, ha osservato: L’anno scorso abbiamo mosso, per parlare solo del mio gruppo, 300 mila studenti, per un fatturato di 26 milioni di euro. Ho quaranta dipendenti, giovani, quasi tutte donne: rischiano di restare per strada. Moretti, che ha già carta e penna in mano per scrivere ai prof “luddisti”, come sono stati soprannominati, esprime il suo malcontento, pur comprendendo anche le motivazioni che hanno spinto i professori a rinunciare ai viaggi di istruzione: Capiamo le vostre ragioni, ma non mettete nei guai altri lavoratori, se cala il business dovrò licenziarli. Già se viene meno il 20 per cento di gite è un disastro.

Che dire? Dovremmo essere mossi a pietà? Certamente non siamo insensibili ai problemi di chi vive con le “gite” scolastiche, ma perché dovremmo accollarci una responsabilità enorme senza nemmeno un rimborso spese?. Mi dispiace, ma ognuno fa i conti nelle proprie tasche, specialmente in questi tempi di crisi.

RIFORMA UNIVERSITÀ BLOCCATA: GELMINI KO E BERSANI PROVOCA


Tempi duri per il ministro Mariastella Gelmini: dopo le proteste degli studenti universitari che hanno dato l’assalto, a colpi di uova, al senato, e stanno “occupando” ora il Colosseo, la Torre di Pisa e la Mole Antonelliana, un emendamento all’articolo 16 della Riforma Universitaria, di cui è primo firmatario Fabio Granata (Fli), è passato alla Camera con 261 no, 282 sì e tre astenuti. La stessa Gelmini, per errore, ha votato a favore. Roba da matti!

Che succederà adesso? Nonostante l’emendamento approvato non sia «particolarmente significativo», il ministro sostiene che «se saranno votati emendamenti il cui contenuto stravolge il senso della riforma, mi vedrei costretta a ritirarla».
Intanto Pier Luigi Bersani non si lascia scappare l’occasione per provocarla. «Gelmini ritiri subito il ddl e iniziamo a discutere come correggere alcune distorsioni di questa legge e come trovare risorse per sostenere diritto allo studio e alla ricerca. Il ministro mi dà dello studente ripetente», ha detto il segretario del PD, aggiungendo: «Domani metterò su internet il mio voto di laurea e di tutti gli esami sostenuti. Mi aspetto che Gelmini faccia altrettanto, compreso il giro turistico a Reggio Calabria», riferendosi all’esame di Stato per conseguire l’abilitazione come avvocato che il ministro bresciano svolse nel capoluogo calabrese.

Un appello giunge da Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che chiede «a tutte le forze politiche di approvare nel più breve tempo possibile la riforma dell’università, pur se è perfettibile, perché introduce elementi importanti per una governance più efficiente e per una migliore valutazione del merito. Sarebbe veramente inaccettabile che per litigi interni cadesse».

Una delle poche osservazioni sagge che ho sentito negli ultimi tempi a proposito dell’istruzione e dell’università. Spero venga ascoltata.

[fonte della notizia e della foto: Il Corriere]

ALDO GRASSO: A MESSA CON FAZIO E SAVIANO

Come sempre Aldo Grasso, nelle sue critiche televisive, sa cogliere nel segno. Sguardo distaccato, raramente elogia e il più delle volte dà un quadro lucido e obiettivo dei programmi televisivi di successo.

Questa volta è Vieni via con me di Fazio ad attirare la sua attenzione. Una trasmissione, anzi la trasmissione di successo targata Rai 3 che ha portato la rete cenerentola della Tv di Stato sulla vetta dell’auditel. Un programma che, per il solo fatto di aver superato i 9 milioni di telespettatori, è considerato dagli estimatori una ventata di novità. Ma quale novità? A leggere l’articolo di Grasso pubblicato sul Corriere, sembra una trasmissione vecchia di secoli, anzi millenni. Una specie di Messa in cui il prete officiante è Fazio con la complicità di Saviano … addirittura un Cristo che racconta le parabole. E anche i chierichetti non mancano.

Ecco uno stralcio dell’articolo:

«Vieni via con me» non è un format, è un calco. Di una cerimonia religiosa, di una messa, di una funzione liturgica. La proposta degli elenchi, di ogni tipo, su ogni argomento, assomiglia molto alle litanie: più che alla vertigine della lista, lo spettatore cede volentieri al fascino della supplica accorata, alla devozione popolare, alla lamentazione come unica fonte di speranza e di conforto, al mantra. Volete una prova? A ogni voce degli elenchi provate ad aggiungere un ora pro nobis. L’officiante è facile individuarlo: ne ha tutti i modi, i comportamenti, spesso le affettazioni; è Fabio Fazio. Che ha una capacità straordinaria, tipica di alcuni celebranti: quella di trasferire sui suoi numerosi fedeli quell’aura di senso di colpa che gli trasfigura il volto. La doglianza gli dà potere, mostrarsi vulnerabile (i ricchi contratti non gli impediscono di piangere sempre miseria) è la sua garanzia di invincibilità, tra un Alleluia e una Via Crucis.

E poi c’è lui, la vittima sacrificale, il Cristo in croce. Se Roberto Saviano si mettesse una parrucca assomiglierebbe in maniera impressionante al Cristo di Pasolini. È una reincarnazione cinematografica. I suoi interventi (le sue parabole) sono incontrovertibili perché, segretamente, iniziano con una premessa: «In verità, in verità vi dico». Per non parlare di tutti i chierichetti che hanno preso parte al rito. Ok, andate in pace, la messa non è finita.

AMEN

WILLIAM E KATE SPOSI: L’ANELLO DI LADY D E LE NOZZE DI VENERDÌ


Fin da quando ero piccola a casa mi hanno spesso ripetuto il detto “di venere e di marte né ci si sposa né si parte“. Non è questione di superstizione, è che, a volte, i detti popolari, in quanto perle di saggezza, bisognerebbe proprio ascoltarli. Evidentemente nel Regno Unito delle superstizioni e dei detti se ne infischiano.

Oggi è stato annunciato, a distanza di pochi giorni dal fidanzamento ufficiale, il prossimo matrimonio del principe William, figlio primogenito della compianta Lady Diana Spencer e del Principe del Galles Charles, della dinastia dei Windsor. La data scelta è il 29 aprile e il primo ministro David Cameron ha già proclamato la giornata festa nazionale. Qualcuno sospetta che si sia optato per questa data onde permettere agli Inglesi di fare il ponte con il 1 maggio. E non ci sarebbe nulla di male, se il 29 non cadesse di venerdì. Ma, come ho detto, i britannici, popolo nordico, non sono superstiziosi come noi mediterranei.

I sudditi di Sua Maestà la Regina Elisabetta II, c’è da scommetterci, sono in fermento e nemmeno la Corte sembra immune dall’ansia per l’attesa del felice evento. La più frastornata sarà di certo la povera Kate Middleton e la futura e regale nonna acquisita è già corsa ai ripari: le ha imposto uno psicologo, soprattutto per farle superare lo stress del confronto con la mancata suocera, Lady D. Inutile negarlo: negli otto anni di frequentazione, Kate e William sono stati al centro dell’attenzione mediatica in tutta l’Europa. Già il fatto che nelle vene della futura regina d’Inghilterra non scorra il sangue blu ha causato delle perplessità. Il primo confronto con Lady Diana è inevitabile: la famiglia Spencer è una delle più ricche della nobiltà inglese e persino più antica degli stessi Windsor.
Carlo era stato ben oculato nella scelta: giovane, carina, nobile e … illibata. Recentemente, sulle nozze del figlio con Kate si è espresso in questi termini: “Hanno già praticato”. Due a zero per Diana.

Proprio l’anello che Carlo aveva donato alla sua Diana, uno zaffiro contornato da diamanti, ora brilla all’anulare della fidanzata di William. Le tradizioni, si sa, vanno rispettate, ma io mi chiedo: come si fa ad affibbiare alla povera Kate lo stesso anello di fidanzamento che alla compianta Diana non ha proprio portato fortuna? Non stento a credere che, nonostante il sorriso smagliante esibito per le foto e i filmati di rito, la futura moglie di William non sia così felice dell’anello regale. Non lo vedo un gran bell’auspicio. Sarà un caso che Kate abbia scelto, per il fidanzamento, un abito blu zaffiro come Lady Diana?
Per il solo fatto di portare questo peso, alla poveretta darei un punto in più, giusto per accorciare le distanze nel confronto con Diana.

La cerimonia sarà celebrata nell’Abbazia di Westminster, la stessa in cui hanno avuto luogo, nel lontano 1947, le nozze tra Elisabetta II e Filippo di Edimburgo e la stessa in cui si sono svolti i funerali della povera Lady Diana, nel 1997. Il matrimonio dei genitori di William è stato, invece, celebrato nella Cattedrale di St. Paul perché, come pare, Carlo l’avrebbe preferita per l’acustica migliore rispetto a Westminster.
Ora, va be’ che William e Kate non si diranno I will nella stessa chiesa in cui si sono sposati Carlo e Diana, ma sposarsi nello stesso luogo in cui è stato dato l’estremo saluto alla “principessa triste” non sembra augurare nulla di buono.
Anche questo è un fardello non da poco: darei a Kate un altro punticino così da azzerare la distanza con la mancata suocera.

Il matrimonio di Carlo e Diana e il funerale della principessa sono stati trasmessi in mondovisione e visti rispettivamente da 750 milioni e da circa un miliardo di telespettatori, in assoluto lo “spettacolo” televisivo più visto nella storia della Tv. Ha battuto pure il funerale dell’amato papa Giovanni Paolo II.
Riuscirà l’evento più atteso dell’anno 2011 a battere il record? Non lo so, ma probabilmente la futura principessa sta già facendo gli scongiuri. Una volta, in un’intervista, le era stato chiesto se si considerasse fortunata ad essere la fidanzata di William; aveva risposto, con la flemma tipicamente inglese: “è lui fortunato ad avere incontrato me”. Non so se sia ancora dello stesso parere e non so quanto fortunata potrà essere la sua unione con l’erede al trono, visti gli auspici. Ecco, questo basterebbe per darsela a gambe, finché è in tempo … alla faccia della Royal Crown.

AGGIORNAMENTO, 29 APRILE 2011

LEGGI ANCHE L’ARTICOLO SULLE NOZZE: WONDERFUL KATE

CARFAGNA VS MUSSOLINI : INSULTI FRA VAJASSE

Un bell’esempio di civiltà e di solidarietà femminile, non c’è che dire. Sto parlando degli scambi di opinione che hanno vivacizzato il clima domenicale, un po’ uggioso in verità, fra il ministro delle Pari Opportunità, prossima alle dimissioni, Mara Carfagna, e l’onorevole (di nome ma ben poco di fatto) Alessandra Mussolini.

Come si sa, il ministro Carfagna in questi giorni è nell’occhio del ciclone a causa delle accuse che le sono state rivolte, dal suo stesso partito, in merito alla gestione dell’emergenza rifiuti in Campania. Poco gradite, effettivamente, tanto da portarla ad una decisione estrema: dopo il voto di fiducia del 14 dicembre, si dimetterà. Lascerà la carica di ministro, il Pdl grazie al quale ha ottenuto l’incarico, suscitando non poche polemiche vista l’amicizia con Berlusconi, e il parlamento. Si dedicherà solo ed esclusivamente alla sua Campania.

Fin qui, nulla da eccepire. Tuttavia, nonostante l’amore dimostrato per la sua terra, pare non apprezzare particolarmente le sue conterranee. Nell’intervista al Mattino in cui parla delle sue prossime dimissioni, il ministro ha ricordato la foto che la Mussolini le ha scattato in aula alla Camera mentre parlava con Italo Bocchino. «Quello è stato un atto di cattivissimo gusto che non merita commenti ma che si addice alla persona che l’ha commesso», ha detto Carfagna, «a Napoli le chiamano vajasse…».

A me questo insulto fa ridere. Ricordo che quand’ero ragazzina mio padre, napoletano, mi riprendeva se usavo un linguaggio non troppo consono all’ambiente familiare: mi diceva vassaiola (si pronuncia vasciaiola). Io, onestamente, non avevo ben chiaro cosa significasse né ho mai chiesto delucidazioni a mio padre. Sapevo che non era certamente un apprezzamento e che il termine poteva equivalere a “popolana“.

Credo che il paterno insulto vassaiola e il vajassa della Carfagna siano quasi sinonimi. In effetti, dopo un consulto telefonico con mio papà, ho appreso che con il termine vassaiola s’intende, letteralmente, una donna che vive nei bassi di Napoli, alloggi situati al piano terra. Quindi è sinonimo di “popolana”, “donna incolta”. Poi, pare che per alcuni possa assumere un significato ben più offensivo, tipo «prostituta».
Vajassa indica, invece, una donna umile, ridotta a condizione servile: una “serva“, insomma. Diciamo, quindi, che l’appellativo usato dalla Carfagna non è dei più consoni all’ambiente.

La replica della Mussolini non si è fatta attendere: secondo lei, una che insulta in questo modo non è degna di ricoprire un alto incarico di governo. È gravissimo che il ministro Carfagna rivolga a mezzo stampa gratuiti e volgari insulti a una donna parlamentare, tuona la Mussolini ma avverte la “collega”: appena ti vedo, ti insulto.

Bene. Non si può dire che il ministro Carfagna abbia lavorato invano nell’ambito delle pari opportunita: le donne che stanno al parlamento e al governo sono proprio pari agli uomini: si scambiano gli insulti.

AGGIORNAMENTO DEL POST, 22 NOVEMBRE 2010

Della foto incriminata, quella che la Mussolini ha scattato con il cellulare alla Carfagna, gridando “Vergogna!”, sul web non c’è traccia. Il clima politico è particolarmente teso in questo periodo alla Camera, quindi è legittimo, diciamo così, che si accusi il ministro delle Pari Opportunità di flirtare con il “nemico”. Ma la foto, qualunque sia, è innocente. C’è pure un precedente (lo vedete nella foto sopra): è successo nel 2008 e nessuno ha avuto da ridire.

Alessandra, Alessandra, va be’ che hai ancora il dente avvelenato per il presunto video osé (di cui, tra l’altro, non si è saputo più nulla ma è certo che si trattasse di una bufala) che ti avrebbe colta in atteggiamento inequivocabile con Roberto Fiore, ma vendicarti così con un’innocente … E poi, la foto della Carfagna con Bocchino l’hai scattata alla Camera dei Deputati, mica in …. camera da letto!