GIOVANNI MINOLI: BERSANI E FINI? LE VELINE DI FAZIO. E BERLUSCONI VINCE SEMPRE

Un bellissimo intervento, quello di Giovanni Minoli in una video-intervista per Corriere.it-Spotlight. Con una lucida serenità di giudizio, osserva che “la politica è stata mangiata dalla televisione” e spara a zero sul programma di Fazio e Saviano, un format, come tanti altri, nulla di originale o di creativo. Per di più un format di proprietà della Endemol, società di cui è azionista Berlusconi.

Mentre la puntata di lunedì scorso faceva il boom di ascolti e con oltre 9milioni di telespettatori, più del 30% di share, batteva il Grande Fratello della Marcuzzi su Canale 5, mentre i due politici, Bersani e Fini, facevano da veline a Fazio, l’unico che se la rideva era Berlusconi. Sì, proprio lui. Lui è l’unico vincitore. Lui che, essendo azionista della Endemol, alla fine ha avuto la meglio su tutti perché produce entrambi i programmi, sia il GF sia Vieni via con me, il programma di Fazio. La Rai mette a disposizione solo gli studi.
“È un segnale della mancanza di contenuti che non trova risposte, è inevasa”, osserva Minoli.

Un esempio da seguire? Quello di Marchionne che ha rispolverato la Cinquecento e l’ha esportata in America. La Rai, afferma Minoli, “è piena di Cinquecento nei suoi archivi, basta mettersi a cercare”. E continua: “La catena di trasmissione e di formazione dei saperi televisivi si è interrotta a favore dei venditori di format, mentre la televisione dovrebbe allevare i suoi creativi”.

Nemmeno su Santoro si risparmia: “Il metodo Santoro è dichiaratamente di parte, non c’è finzione. Ovvero, nella finzione lui è un bravo sceneggiatore e un bravo interprete della sua sceneggiatura.”

E la Rai del futuro qual è? “è quella del digitale terrestre. Se saprà cogliere questa opportunità, la Rai ritroverà il suo ruolo centrale di servizio pubblico. Altrimenti, sarà una balena spiaggiata attaccata dai cacciatori di balene che se la porteranno via”.

Per vedere il VIDEO dell’intervista CLICCA QUI.

SCUOLA: PARTE LA SPERIMENTAZIONE PER PREMIARE SCUOLE E DOCENTI


Il MIUR ha pubblicato ieri un comunicato in cui si rendono noti due progetti sperimentali, elaborati da un Comitato Tecnico Scientifico (CTS) istituito dal ministro a febbraio, che porterà alla valorizzazione delle scuole e dei docenti meritevoli. Tale sperimentazione sarà finanziata con parte del 30% dei risparmi ottenuti grazie alla razionalizzazione delle spesa al netto delle risorse destinate al recupero per il personale docente degli scatti biennali e riguarderà, per ora, le scuole medie delle province di Pisa e Siracusa e i docenti che prestano servizio nelle città di Torino e Napoli e che volontariamente si sottoporranno alla valutazione delle professionalità e delle competenze dimostrate.

Ecco in che cosa consistono i due progetti sperimentali che saranno avviati nel corrente anno scolastico:

1. PROGETTO PER LA VALUTAZIONE DELLE SCUOLE
Le scuole saranno valutate prendendo in considerazione:
il livello di miglioramento degli apprendimenti degli studenti, individuato attraverso i test INVALSI;
una serie di indicatori (rapporto scuola-famiglia, rapporto scuola-territorio, gestione delle risorse, livelli di abbandono…) verificati da un team di osservatori esterni composto da un ispettore e da due esperti indipendenti che, al termine delle attività, proporranno una relazione complessiva.
Sulla base dei risultati ottenuti verrà formulata da una Commissione tecnica regionale una graduatoria finale.
Alle scuole che si collocheranno nella fascia più alta sarà assegnato un premio (fino ad un massimo di 70mila euro) da destinare esclusivamente al personale effettivamente impiegato nell’istituto durante il periodo di sperimentazione.
Contemporaneamente sarà avviato un monitoraggio sull’intera sperimentazione per analizzare i cambiamenti nelle scuole a seguito dell’introduzione dei meccanismi di valutazione.

2. PROGETTO PER PREMIARE I DOCENTI MIGLIORI
In ogni scuola verrà costituito un “nucleo” composto dal Dirigente scolastico, da due docenti eletti dal Collegio dei docenti e dal presidente del Consiglio di Istituto in qualità di osservatore. Il “nucleo” avrà il compito di valutare i docenti che hanno aderito volontariamente alla sperimentazione.
La valutazione farà riferimento a due elementi: curriculum vitae e documento di valutazione.
In aggiunta a questi elementi il nucleo dovrà considerare anche i risultati di indagini realizzate per rilevare l’apprezzamento dei docenti da parte dei genitori e degli studenti. Sperimentare l’utilizzo di indicatori dell’apprezzamento da parte di genitori e studenti costituisce un elemento qualificante della sperimentazione, poiché rende la valutazione più completa, significativa e soprattutto non autoreferenziale.
Gli insegnanti meritevoli saranno individuati e premiati entro aprile/maggio 2011.
E’ previsto un compenso pari ad una mensilità di stipendio.

Inoltre, una quota del 30% consentirà di rafforzare l’azione dell’INVALSI ed estendere ad altre materie e livelli scolastici l’utilizzo di test per la valutazione degli apprendimenti.

Da quando il ministro Gelmini si è insediata a Viale Trastevere non ha fatto altro che parlare di “merito”, sostenendo che, anche visti i risultati delle prove InValsi così differenti tra regione e regione nonché tra nord e sud dell’Italia, vadano premiate quelle scuole e quegli insegnanti che garantiscono un’istruzione di qualità. E questo mi sembra giusto, anche se, a rigor di logica, dovrebbe essere istituita anche una sorta di “multa” per penalizzare quelle scuole che, in assenza di oggettivi impedimenti, non riesce ad offrire agli studenti un’istruzione qualitativamente accettabile e al passo con i tempi. Ormai, infatti, il mondo del lavoro è talmente selettivo da rendere difficile la vita agli studenti più preparati, figuriamoci agli altri.

Rimango perplessa, tuttavia, riguardo agli strumenti di valutazione. Per le scuole, temo che si assisterà ad una “corsa al test InValsi“, nel senso che i docenti si affretteranno a proporre test simili, a livello di tipologia delle attività, tanto da creare una specie di studenti-automi che faranno quello e sempre quello, imparando anche tutti i sotterfugi per riuscire bene nelle prove e non far sfigurare i loro docenti. Probabilmente aumenteranno i casi di “ansia da prestazione” perché gli insegnanti scaricheranno su di loro la responsabilità del successo o dell’insuccesso. Settantamila euro non sono pochi e fanno gola a tutti, specie se insegnanti con uno stipendio assai modesto. Eh già, perché il premio alle scuole andrà al personale (e qui ci si potrebbe chiedere: personale docente o tutto il personale che opera nella scuola? nel comunicato, infatti, non si parla di docenti).
M’immagino già la gara fra istituti: premio ricco mi ci ficco! E, di conseguenza, la corsa per iscriversi nella scuola o nelle scuole premiate perché indubbiamente saranno le migliori.

Per quanto riguarda il premio al merito per i docenti, esprimo la mia perplessità sulla commissione che dovrà giudicarli: un “nucleo” composto dal Dirigente scolastico, da due docenti eletti dal Collegio dei docenti e dal presidente del Consiglio di Istituto in qualità di osservatore (per i meno esperti, il presidente del Consiglio d’Istituto è un genitore). Innanzitutto, non vorrei mai trovarmi nei panni dei docenti eletti dal Collegio (a proposito, saranno eletti su apposita candidatura a scrutinio segreto oppure tutti potranno essere eletti anche se non ne hanno alcuna velleità?): come si fa a giudicare un collega? Un conto è quando il Comitato di Valutazione deve esprimere un parere su un collega in prova (si presume giovane o comunque con minore esperienza) che, nel 99% dei casi, non sarà “bocciato”; un altro è valutare un collega sulla base del curriculum vitae (che vuol dire? quante lauree possiede? da quanti anni lavora? svolge altre attività? boh!) e soprattutto su un “documento di valutazione” non meglio precisato.
Minor timore mi incute la valutazione degli studenti e delle famiglie, purché il monitoraggio venga fatto con serietà, evitando domande del tipo: l’insegnante arriva in ritardo? spiega bene? sorride e rende piacevoli le lezioni? è obiettivo nelle valutazioni o vi tira il pacco appena gli state un tantino antipatici?

Insomma, questi progetti non mi entusiasmano. Onestamente mi aspettavo qualcosa di più, dopo mesi di lavoro da parte della Commissione Tecnica. Oppure, si tratta di notizie sommarie per cui i molti dubbi saranno chiariti ìn seguito.
Rimango dell’idea che sia una delle solite cose fatte all’italiana, senza capo né coda. Uno specchietto per le allodole. Niente di più.

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NON INCOLPARE NESSUNO


Sono inciampata per caso in questi versi di Pablo Neruda. L’ho fatto per sfuggire la pioggia che cade incessantemente e rende così triste queste giornate. Apparentemente questa poesia aggiunge tristezza alla tristezza, ma indugiando un po’ e rileggendo le parole che si rincorrono, verso dopo verso, e che sembrano seguire il ritmo delle gocce che rimbalzano sulla ringhiera di ferro, mi sono resa conto che non è così. Neruda ha scritto un inno alla speranza che mai dovremmo perdere, nemmeno nei momenti più bui. Perché alla fine i raggi del sole squarceranno le nuvole e torneranno ad illuminare la nostra vita.

Dedico questa poesia ad una persona importante, la più importante per me. Spero che legga questi versi e che sappia guardarsi dentro e poi alzi lo sguardo e si accorga che io ci sono. Ci sono sempre stata.

Non incolpare nessuno,
non lamentarti mai di nessuno, di niente,
perché in fondo
Tu hai fatto quello che volevi nella vita.

Accetta la difficoltà di costruire te stesso
ed il valore di cominciare a correggerti.
Il trionfo del vero uomo
proviene dalle ceneri del suo errore.

Non lamentarti mai della tua solitudine o della tua sorte,
affrontala con valore e accettala.
In un modo o in un altro
è il risultato delle tue azioni e la prova
che Tu sempre devi vincere.

Non amareggiarti del tuo fallimento
né attribuirlo agli altri.

Accettati adesso
o continuerai a giustificarti come un bimbo.
Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare
e che nessuno è così terribile per cedere.

Non dimenticare
che la causa del tuo presente è il tuo passato,
come la causa del tuo futuro sarà il tuo presente.

Apprendi dagli audaci,
dai forti
da chi non accetta compromessi,
da chi vivrà malgrado tutto
pensa meno ai tuoi problemi
e più al tuo lavoro.

I tuoi problemi, senza alimentarli, moriranno.
Impara a nascere dal dolore
e ad essere più grande, che è
il più grande degli ostacoli.

Guarda te stesso allo specchio
e sarai libero e forte
e finirai di essere una marionetta delle circostanze,
perché tu stesso sei il tuo destino.

Alzati e guarda il sole nelle mattine
e respira la luce dell’alba.
Tu sei la parte della forza della tua vita.
Adesso svegliati, combatti, cammina,
deciditi e trionferai nella vita;
Non pensare mai al destino,
perché il destino
è il pretesto dei falliti.

GIANNA NANNINI SCRIVE ALLA SUA PENELOPE

Ha suscitato molte polemiche e perplessità la gravidanza dl Gianna Nannini che diventerà madre a breve, a cinquantaquattro anni (c’è chi insinua anche cinquantasei). Dopo mesi di silenzio e foto rubate, compare sulla copertina di Vanity Fair mostrando orgogliosa il pancione coperto da una maximaglia grigia in cui si legge “God is a woman“, ovvero Dio è donna. Questo non lo so, ma di sicuro nel grembo di Gianna sta crescendo una bimba: si chiamerà Penelope. E a lei la mamma dedica una delicata e appassionata lettera in cui esprime tutta la gioia di poter, fra poco, stringere tra le braccia quell’amore tanto desiderato, a lungo atteso e finalmente in procinto di vedere il mondo.

«Ti chiamerò Penelope perché mi hai aspettato tanto prima di nascere. Hai aspettato che fossi pronta. Per tre volte non lo sono stata, ma oggi lo sono. Tu, il più grande amore della mia vita, arrivi dopo il dolore profondo e lo shock. Ma ci ho creduto pienamente, e ho sentito la forza per riuscirci, e ti ho desiderata così tanto che oggi, mentre ti scrivo, ti ho dentro di me».

Già, Penelope, la donna che è l’attesa per antonomasia. Una donna che, se non è una dea, di certo ha qualcosa di divino, un dono incommensurabile: la pazienza. Non lo so se Dio sia davvero donna ma la Nannini alla figlia dice che lo è e che lei lo capirà presto, lo capiranno insieme. E aggiunge: «Mi piace pensare che Io e te possa rimanere il mio inno all’amore, un amore grande che rivendichi il desiderio della donna e la sua libera scelta».

Io e te è l’album che la cantante ha inciso durante la gravidanza, in cui è compresa anche una canzone, Ogni tanto, che è dedicata a Penelope.
«Ogni tanto penso a te, sposti tutti i miei confini. Amor, che bello darti al mondo», sono le parole di una donna che ha a lungo atteso di diventare madre. Sono parole, insieme a quelle della lettera pubblicata su Vanity Fair, che fanno passare in secondo piano anche il fatto che questa mamma è un po’ attempata e che, forse, il suo è un gesto semplicemente egoistico. L’ho pensato, lo penso ancora ma ora posso dire solo: che il mondo sia bello per entrambe.

[notizia e foto da questo sito]

RUBY? CHI È?

Sabato scorso l’ormai celebre Ruby è stata ospite di una discoteca milanese, in crisi per mancanza di frequentatori. Per stessa ammissione del gestore del locale, la giovane è stata sfruttata per attirare il pubblico: «E’ una meteora che dura 15 giorni, la sfruttiamo e basta». Con un tornaconto di tutto rispetto, però: incassi più che raddoppiati. E, visto il programma futuro, che prevede le ospitate di Nina Moric, Fabrizio Corona e Lele Mora, immagino che gli affari continueranno ad andare a gonfie vele.

Questa massiccia affluenza di pubblico parrebbe una conseguenza della curiosità di vedere dal vivo la famosa minorenne, ormai maggiorenne, attorno alla quale si è scatenata l’ennesima bufera mediatica che vede come protagonista il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Parrebbe, ma l’ipotesi sembra smentita dalle interviste fatte fuori dal locale (per guardare il VIDEO clicca QUA): accanto ai “mah” e ai “mai sentita”, alcune identificazioni di Ruby appaiono alquanto fantasiose. Ad esempio, c’è chi crede si tratti di una ex concorrente del Grande Fratello e chi, invece, l’associa a Berlusconi, sì ma a quello sbagliato: Piersilvio. E alla domanda: “Piersilvio chi è?”, la risposta è stata “Il presidente della Camera”. No comment.

L’accoglienza riservata a Ruby, però, non è stata certamente degna di una star: le ragazze presenti, infatti, l’hanno insultata. Al termine più elegante “escort”, ormai tanto in voga, che nasconde la forma ma non la sostanza, è stato sostituito quello più vecchio, almeno quanto il mestiere più antico del mondo. In altre parole: diamo alle “cose” il nome che meritano.
Certo, per stare lì qualche ora senza dire una parola, seduta su un trono a ricevere gli insulti, il compenso non è poi tanto male: 2000 euro più Iva. Un lavoro pulito, tutto sommato. E poi non si può essere apprezzati da tutti, no?

Un bel modello per le nostre figlie. Ma c’è sempre la speranza che seguano l’esempio delle coetanee che l’hanno insultata. Non perché gli insulti siano un fatto positivo, ovviamente. Intendevo il dissenso, che in alcuni casi è meglio non esprimere. Come diceva il Sommo Vate: Non ti curar di lor ma guarda e passa.

[fonte: Il Corriere]

IL FEMMINISMO È MORTO? COLPA DI BERLUSCONI


Leggendo Affari Italiani.it mi sono imbattuta in un articolo che riguarda l’intervento della giornalista di sinistra Ritanna Armeni sull’ultimo numero del settimanale Gli Altri diretto da Piero Sansonetti. Un settimanale che, altrimenti, non sarei nemmeno andata a cercare sul web.
Lei, femminista storica, accusa le “compagne” di aver confuso il femminismo con l’antiberlusconismo. Troppo concentrate, secondo l’Armeni, sugli “scandali” in cui è rimasto coinvolto il Presidente del Consiglio, dalla D’Addario a Ruby-Rubacuori, hanno perso di vista l’evoluzione delle donne nella società contemporanea.

Ecco qualche stralcio dell’articolo della Armeni:

Care amiche, ci avete pensato? Fra qualche tempo, breve a quanto pare, Berlusconi non sarà più al governo. […] Come faranno, senza Berlusconi, le donne, le filosofe, le giuriste, le politiche, le giornaliste che in questi anni si sono così tanto concentrate sul rapporto fra il premier e le donne hanno protestato contro le sue camere da letto così affollate, si sono scandalizzate per l’uso del corpo femminile, si sono indignate per le ragazze usate e poi buttate via? Contro chi protesteranno e inveiranno quando Berlusconi non ci sarà più? […] In questi giorni sono attraversata da un terribile dubbio. Che le femministe si siano fatte giocare. Che in questi due anni si siano concentrate sul premier e sui suoi vizi e non abbiano più guardato attorno a loro, a quello che succedeva alle donne e al paese. […] Attaccare lui significava attaccare un modello maschile che evidentemente non era stato sconfitto e che era ancora forte. Il comportamento di un presidente del Consiglio, di un uomo con un ruolo pubblico così importante lo giustificava, lo esaltava e, quindi, era doppiamente colpevole. Ma poi, impercettibilmente, l’indignazione e la lotta contro quel ruolo e quel modello maschile è diventata lotta e indignazione solo contro l’uomo Berlusconi. E, a questo punto, siamo cadute nella trappola. […]

In breve il femminismo si è confuso con l’antiberlusconismo e con la lotta di opposizione al premier. In questi anni per guardare le camere da letto abbiamo guardato con qualche superficialità a come le donne cambiavano e a quello che ci chiedevano. Non abbiamo riflettuto – per fare solo alcuni esempi – al fatto che una donna diventava capo della Cgil e si affiancava all’altra donna presidente della Confindustria. Che in un uno dei paesi più grandi del mondo, il Brasile, Dilma Rousseff conquistava la presidenza. Che Angela Merkel dirige la politica europea. Noi, che nei decenni scorsi ci siamo appassionate al dibattito eguaglianza – differenza […] abbiamo glissato sul nuovo ruolo che stanno assumendo nella economia e nella finanza mondiale. Non abbiamo elaborato una proposta, dico una, che potesse cambiare concretamente la loro vita. […]

Non voglio più parlare di bunga bunga e di escort. Di veline e di camere da letto. Non voglio più compiacermi del fatto che il mio mondo, la sinistra, adesso è con me nella condanna dell’uso del corpo delle donne. Ho conosciuto troppi uomini di sinistra che nella vita privata fanno o farebbero volentieri come Silvio Berlusconi. E tanti uomini, impauriti dalla donne, che usano non solo il loro corpo ma anche la loro intelligenza e la sottomettono al potere.

Non avrei mai pensato di darle ragione.
Da leggere anche il parere espresso su Affari Italiani.it da Laura Boella, docente di Storia della filosofia morale all’Università Statale di Milano:

Oggi ragazze e signore sono convinte che l’unico modo per realizzarsi professionalmente sia entrare nel mondo dello spettacolo e del gossip. Inseguono con tenacia ideali fittizi. E finiscono per confondere libertà e schiavitù. E’ su questo punto che bisogna lavorare, farlo invece sull’idea del ‘marpione’, sulla sua camera da letto, del solito ‘uomo che compra e sfrutta’ è improduttivo. E’ così. Le ragazze andrebbero aiutate fin da piccole con una forte educazione alla libertà, mentre ora da una parte regna il vuoto delle prospettive e dall’altro la società non fa nulla per aprire le porte alle donne. Un circolo vizioso. E’ uno degli aspetti più tristi del post-femminismo.

Ecco, forse il punto è un altro: il femminismo si è ucciso da sé.

I GIOVANI E IL TELEFONINO: SCATTARE FOTO, SEMPRE E COMUNQUE


La notizia è già tragica di per sé: un’anziana donna è stata travolta e ferita gravemente a Trieste da un mezzo pubblico impazzito, mentre si apprestava a salire sul “proprio” autobus. In breve: l’autista del mezzo investitore, un trentenne, a causa di un malore ha perso il controllo del mezzo, mentre viaggiava nella zona antistante la stazione ferroviaria, dove si trovano numerose pensiline spartitraffico sulle quali si attendono i bus. Fatalità ha voluto che piombasse, con il proprio mezzo, su un altro autobus, schiacciando tra i due mezzi la malcapitata signora.

Per liberare l’investita, si è dovuto ricorrere ai Vigili del Fuoco che hanno utilizzato il braccio meccanico di un’autogru. La signora, trasportata al nosocomio di Cattinara, ha subito l’amputazione di una gamba rimasta maciullata nell’incidente.
Fin qui la notizia, già tragica, come dicevo. Quello che rende ancor più agghiacciante l’episodio è il fatto che, come riportato dal quotidiano Il Piccolo, i soccorritori hanno dovuto faticare non poco per allontanare dal luogo dell’incidente un gruppo di giovani che, armati di telefonino, facevano ressa per filmare o fotografare l’accaduto.

Che dire? Ormai il gusto per l’horror sembra senza limiti. La televisione e i suoi servizi hanno, secondo me, la responsabilità di far credere ai più giovani che ci si possa improvvisare fotoreporter e godere di un momento di celebrità scaricando i filmati su You Tube. La curiosità che fatti di cronaca drammatici destano nel pubblico, complice l’insistenza con cui vengono riproposte scene del delitto, interviste alle persone coinvolte o anche a semplici passanti, ormai fa scuola. Il tutto condito da quell’irrefrenabile voglia di rendersi testimoni, a tutti i costi, scattando foto e riprendendo con il telefonino i luoghi che hanno a che vedere con la tragedia in questione.

Tutto questo, perdendo di vista la tragicità del momento. Mi viene in mente, per contrasto, un’amica tailandese che, durante un soggiorno in Inghilterra, armata di fotocamera, faceva centinaia di scatti per riprendere ogni cosa, anche la meno interessante, almeno per noi occidentali. Si lasciava trasportare dal gusto, un po’ infantile, per ciò che le destava stupore e di cui desiderava un’imperitura testimonianza.

Vorrei che la curiosità fosse ancora prerogativa dei turisti e dei loro scatti innocenti. Così non è più, purtroppo.

[Fonte: Il Piccolo]

DIETA: SALTARE LA PRIMA COLAZIONE È SBAGLIATO E DANNOSO


Chi ha dei figli adolescenti lo sa: i ragazzi, per guadagnare qualche minuto di sonno in più al mattino, si alzano all’ultimo momento e saltano la colazione. Io non mi stanco mai di ripetere, a casa e a scuola, che non fare la prima colazione è un comportamento errato perché le calorie che si inglobano appena svegli costituiscono il carburante per l’intera mattinata. Non solo, consideriamo che dalla cena al momento di alzarsi dal letto passano, generalmente, almeno dieci o undici ore. Quindi non è ammissibile rimanere a digiuno per così lungo tempo, mentre al pomeriggio i ragazzi, più per noia che per “fame”, si rimpinzano di ogni schifezza, anche a distanza di una o due ore dal pranzo.

Chi salta la colazione perché vuole dimagrire, sbaglia di grosso: arriverà affamato al pranzo e mangerà di più. Chi pensa di rifarsi con la merenda di metà mattina, in ufficio o a scuola, sbaglia comunque perché il cibo che si acquista al bar o si preleva dai distributori non è mai sano come quello che si può consumare a casa. Il caffè stesso, giusto per fare un esempio, al bar è più buono ma anche leggermente più forte. Non parliamo delle brioches: molto meglio qualche fetta biscottata con la marmellata, uno yogurt o della frutta fresca, cose che generalmente fuori casa è difficile trovare.

Quello di cui non ho mai tenuto conto, fino ad oggi, è che saltare la colazione potesse essere anche nocivo per la salute. Sul Corriere leggo che questa insana, è il caso di dirlo, abitudine metterebbe a rischio il benessere del nostro cuore. E, cosa su cui riflettere maggiormente, non si limiterebbe all’età adulta, ma, a quanto pare, se la consuetudine di saltare la colazione si prolunga nel tempo, fin dalla giovane età, i rischi si aggravano. Ma quali sarebbero questi rischi? Attacchi di cuore e diabete, secondo una ricerca condotta in Tasmania dal Menzies Research Institute e pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition.

Riporto dal Corriere:

Gli studiosi hanno analizzato circa duemila persone, indagando sulle loro abitudini alimentari a partire dalla giovane età e raccogliendo i dati rilasciati da varie ricerche australiane e della Tasmania negli ultimi 20 anni. I risultati mostrano come chi ha saltato il pasto sia da bambino sia da adulto, corra rischi maggiori rispetto invece a chi la colazione abbondante l’ha sempre fatta, già nei primi anni di vita. […]
Nel caso di chi non fa colazione e non l’ha fatta a lungo sarebbero percentualmente più alti i livelli di insulina monitorati a digiuno; la circonferenza della vita risulterebbe più estesa; aumenterebbero anche i livelli di colesterolo Ldl (quello comunemente chiamato “colesterolo cattivo”) e del colesterolo totale nel sangue, tutti fattori che insieme tracciano il profilo di pazienti ad alto rischio di infarti o di diabete.

Insomma, non c’è da stare allegri. Meglio un buon caffelatte, uno yogurt e un frutto, per cominciare la giornata e … mantenersi sani più a lungo.

[LINK della fonte]

I MISSERI: RITRATTO DI FAMIGLIA IN UN INTERNO


Leggendo le ultime novità sul caso Misseri (preferisco ricordare il cognome dei carnefici piuttosto che quello di una vittima innocente), ho ripensato ad un vecchio film di Visconti il cui titolo ricordavo come “ritratto di famiglia in un interno”, mentre, in realtà, si parla di “gruppo”. Poco importa, quello che conta è il “ritratto” che si va via via delineando di questa famiglia da mesi al centro della cronaca nera, in cui i ruoli si sono spesso confusi, ribaltati, lasciando dubbi e interrogativi sulle versioni date dai vari componenti.

Il “ritratto” di questa famiglia vede in primo piano Sabrina, ventidue anni, cugina della piccola vittima, e Michele, rispettivamente padre e zio delle due ragazze. Sullo sfondo, un po’ sfuocate, le immagini della signora Cosima, la moglie del presunto carnefice, e Valentina, rispettivamente sorella e figlia dei due protagonisti.
Fin dall’inizio, fin da quel 6 ottobre, giorno in cui è stato scoperto il corpo della vittima, tutti abbiamo pensato che la confessione di Michele Misseri fosse l’unica possibile. Ci eravamo meravigliati, forse, del ruolo marginale che l’uomo aveva avuto all’inizio della vicenda, il 26 agosto, fino al ritrovamento “casuale” del telefonino bruciato. Allora era parso strano, comunque, che si trattasse solo di una casualità ed avevamo assistito all’improvvisa entrata in scena di quest’uomo, piccolo, magro, dagli occhi di ghiaccio, in cui curiosamente sembrano specchiarsi quelli della sua vittima, un uomo schivo, fino a quel momento, che approfitta dei riflettori puntati su di lui, a causa di questo strano ritrovamento, per manifestare la sua disperazione, fino ad allora repressa, per la morte della nipotina. Una nipotina, esile e bionda, così diversa dalle corpulente figlie di Michele, che lui amava proprio come fosse sangue del suo sangue.

Le lacrime di Misseri, apparentemente sincere, hanno però permesso agli inquirenti di percorrere un’altra strada nelle indagini: una scomparsa ormai accertata come non volontaria, una “questione di famiglia”. Perché, fino ad allora, è stato trascurato l’accorato appello di mamma Concetta: “Cercate in famiglia”? Ma che cosa mai poteva nascondere quella famiglia in cui la piccola scomparsa era considerata una di casa? E quella casa, quali segreti mai poteva celare? Una casa-nido in cui la piccola aveva sempre trovato protezione, accolta da tutti i componenti della famiglia come una di loro.
Ma il ritrovamento del telefonino aveva portato le indagini proprio in quella direzione, aprendo le porte di casa Misseri, del garage, e sconfinando all’esterno, nei terreni di proprietà di quell’uomo, tutto casa, lavoro e famiglia, anzi solitario entro le mura della sua stessa casa. Uno che si faceva i fatti suoi, che dormiva sulla sedia a sdraio in cucina, che aveva da tempo rinunciato al ruolo di capofamiglia, lui, unico uomo fra tre donne, dominato da loro, in particolare da Sabrina, una virago che, in qualsiasi contesto, voleva essere al centro dell’attenzione.

Sabrina, l’amata cugina, anzi un’amica, la migliore. Un punto di riferimento per la piccola che, dal “basso” dei suoi quindici anni, si faceva dominare dalla cugina più grande. Almeno fino alla scorsa estate. Si sa, a quell’età i cambiamenti sono all’ordine del giorno: ci si sveglia al mattino e ci si sente diversi, più forti, stufi di apparire sullo sfondo, semplici comparse, si cerca il primo piano, il ruolo da protagonista.
La piccola, soffrendo per il modo brusco e autoritario con cui viene trattata dalla cugina più grande, si ribella a modo suo, rivolgendo le sue attenzioni ad un ragazzo più “vecchio”, quasi in cerca di protezione, lei che, specie dopo l’allontanamento da casa del padre e del fratello, sta vivendo all’interno di un universo femminile che inizia a starle stretto.

Ivano, detto “L’Alain Delon di Avetrana”, il ragazzo con il quale Sabrina aveva un legame speciale, su cui aveva messo gli occhi la cuginetta, diventa all’improvviso il casus belli, proprio il giorno prima di quel 26 agosto, l’ultimo passato all’interno delle mura domestiche, quel giorno in cui una gita al mare avrebbe forse dato modo alle due cugine di chiarirsi. Un chiarimento cui probabilmente la piccola voleva arrivare, dopo aver sfogato la sua rabbia e la sua delusione sulle pagine del diario.
Quell’infatuazione, ovvero la gelosia che ne è scaturita, poteva essere un movente perfetto per un delitto ma forse anche un motivo plausibile per l’allontanamento volontario, ipotesi, quest’ultima, che si affievoliva sempre più man mano che passavano le settimane. Gli inquirenti sanno bene che, in questi casi, i minori ritornano sui loro passi quando si rendono conto di non poter sopravvivere, senza soldi e senza un rifugio, quando non hanno un punto di riferimento preciso. E quale poteva essere, in questo caso, un punto di riferimento preciso? Ivano era al suo posto, a casa sua, continuava a negare che ci fosse un legame sentimentale con Sabrina e che avesse fatto delle esplicite advances alla cuginetta. Lui non poteva averla rapita, tantomeno uccisa. Perché mai? Temeva forse le ire delle cugina gelosa? Troppo debole, come movente, troppo rischioso. Molto meglio rimanere in disparte, farsi i fatti propri, lasciare che Sabrina parlasse, anche a sproposito, di una gelosia che non aveva motivo di esistere.

Lo scenario cambia, però, quel 6 ottobre: la confessione, allucinante, di Misseri spazza definitivamente il dubbio su un “caso di gelosia”, per aprire uno squarcio su quella famiglia di cui fino ad allora era sembrato che la sola Sabrina facesse parte. La matassa si dipana e dai fili di lana ormai liberi prende forma un delitto efferato, con un corredo di particolari raccapriccianti, messo in atto per nascondere una colpa che nessuno, fino ad allora, aveva preso in considerazione. Quell’uomo insignificante aveva prestato delle attenzioni moleste alla nipotina: bisognava farla tacere, per sempre.
Eppure, nelle pagine del diario della piccola non c’è traccia di questo deplorevole fatto. Aveva scritto della gelosia manifestata da Sabrina a causa di Ivano, ma nessuna riga, nessun riferimento neppure velato alle molestie subite dallo zio. Strano, anche se si può supporre che chi è vittima di molestie familiari voglia solo rimuovere un evento che percepisce come una vergogna. Insomma, è cosa su cui tacere.


In questo scenario pazzesco, i due componenti della famiglia Misseri, Michele e Sabrina, hanno dei ruoli differenti a seconda della versione fornita da ciascuno: lui indica la figlia come l’unica omicida e, pur cambiando versione per ben sette volte, si ritaglia il ruolo dell’aiutante nell’occultamento del cadavere. Ma non nega la violenza post mortem, una cosa atroce che da sola è sufficiente per attribuirgli il nome di mostro. Lei dice che il padre è pazzo, che ha fatto tutto da solo, che si è inventato ogni cosa. Non cede, Sabrina, nemmeno di un millimetro. L’ha detto anche la signora Concetta, madre della vittima: è un’altra Annamaria Franzoni, non confesserà mai. D’altra parte, a conforto della tesi del padre ci sono solo indizi, mancano prove schiaccianti. La verità, quando verrà fuori e se verrà fuori, forse ci lascerà spiazzati.

Insomma, i Misseri sembrano usciti dal teatro pirandelliano: a volte appaiono come dei personaggi che “recitano a soggetto”, altre i protagonisti di Così è (se vi pare). Ad un certo punto della commedia di Pirandello, nella vana ricerca della Verità, si assiste ad una sorta di ballottaggio fra i due personaggi principali, riguardo alla pazzia:

Eh caro! chi è il pazzo di noi due? Eh lo so: io dico TU! e tu col dito indichi me. Va là che, a tu per tu, ci conosciamo bene noi due. Il guaio è che, come ti vedo io, gli altri non ti vedono… Tu per gli altri diventi un fantasma! Eppure, vedi questi pazzi? senza badare al fantasma che portano con sé, in se stessi, vanno correndo, pieni di curiosità, dietro il fantasma altrui! e credono che sia una cosa diversa.

Ecco, questa è la famiglia Misseri, ovvero la famiglia dei Misteri.
Così è, se vi pare.

CONFERENZA OCSE A PARIGI: COME CAMBIARE LA SCUOLA PER UN FUTURO MIGLIORE

Il 4 e 5 novembre 2010 a Parigi si sono riuniti i ministri dell’educazione dei 33 Paesi attualmente membri dell’OCSE, cui si sono aggiunti anche i rappresentanti di altri Stati (tra cui la Russia) candidati a far parte della prestigiosa organizzazione intergovernativa creata nel 1947 per promuovere la cooperazione e lo sviluppo economico tra le nazioni industrialmente più avanzate.
L’incontro aveva come tema Investing in Human and Social Capital: New Challenges. Ne è uscito un breve documento riassuntivo elaborato dalla presidenza a tre (Austria, Messico e Nuova Zelanda) ma condiviso da tutte le rappresentanze nazionali.

Quattro sono state le priorità individuate:
1. fronteggiare gli effetti della crisi sui sistemi educativi;
2. adeguare le competenze lavorative ai nuovi bisogni;
3. formare insegnanti preparati per il XXI secolo;
4. rafforzare le positive ricadute sociali dello sviluppo dei sistemi educativi.

Per quanto riguarda primo punto si è discusso principalmente sulla prevenzione della dispersione, obiettivo raggiungibile concentrando i piani di studio sulle competenze fondamentali e rendendo più efficaci i metodi di insegnamento e i sistemi di valutazione. Il tutto, in questi tempi di crisi, senza aumentare la spesa che ogni singolo Stato è disposto ad elargire sull’istruzione.

Per adeguare le competenze lavorative ai nuovi bisogni si è concordemente stabilito che sia necessario prevedere per tempo e anticipare i fabbisogni, procedendo all’adeguamento dei contenuti dei curricoli. Una scuola, quindi, che sia orientata verso l’ottimizzazione dell’apprendimento e che prepari gli studenti ad affrontare con un corretto bagaglio di conoscenze il mondo del lavoro.

Formare degli insegnanti preparati per il XXI secolo significa, innanzitutto, fornire gli strumenti attraverso i quali le nuove leve siano in grado di affrontare la sempre più difficile educabilità dei giovani di oggi e far sì che si riacquisti quel prestigio sociale dei docenti che ormai appare in declino. L’OCSE suggerisce di fronteggiare la situazione migliorando la formazione iniziale (per cui risulta di fondamentale importanza il tirocinio) ma soprattutto incrementando le opportunità di carriera dei docenti.

Quanto alle ricadute sociali del miglioramento dei sistemi educativi, che l’OCSE da tempo considera assai importanti (più produttività, minore criminalità, maggiore partecipazione e impegno politico, più tolleranza e così via), il documento insiste sulla necessità di sistemi più inclusivi e che offrano reali opportunità a tutti. Da questo punto di vista, conclude l’OCSE, non è sufficiente rafforzare le competenze di base (Literacy and foundation skills) ma è necessario valorizzare anche le competenze a carattere non cognitivo (non-cognitive skills) come la creatività, il pensiero critico, il problem solving e la capacità di lavorare in gruppo: competenze importanti sia per lo sviluppo economico che il buon funzionamento delle società.

Questo, dunque, l’intento programmatico dell’OCSE. Ma se guardiamo alla situazione italiana, al di là dei dati statistici, ci rendiamo conto che la nostra scuola, almeno sulla carta, ha già i requisiti per raggiungere gli obiettivi fissati nella riunione di Parigi: sulla prevenzione della dispersione si sta già facendo molto (anche a livello regionale con gli adeguati finanziamenti) e il riordino della secondaria di II grado ha già snellito molto i piani di studio, concentrandosi sulle competenze essenziali. Quanto al metodo d’insegnamento, sarebbe auspicabile una corretta formazione dei docenti (non solo delle nuove leve che avranno a disposizione il tirocinio), mentre per quanto concerne la valutazione, le prove elaborate dall’InValsi, già programmate per gli esami di stato della secondaria di I e di II grado, potrebbero fornire lo spunto per l’adozione, nell’insegnamento curricolare, di prove e modelli di valutazione simili. In questo modo si preparerebbero adeguatamente gli studenti ad affrontare quella tipologia di prove e, forse, i risultati sarebbero meno deludenti (specie in qualche regione d’Italia).

Quanto alle opportunità di carriera, il ministro del MIUR, Mariastella Gelmini, ha chiaramente e ripetutamente detto che un obiettivo da raggiungere al più presto è quello del superamento dell’avanzamento della carriera dei docenti esclusivamente sulla base degli scatti di anzianità, per lasciar posto al merito. I futuri insegnanti, poi, saranno formati attraverso il TFA (Tirocinio Formativo Attivo) e certamente più preparati ad affrontare le difficoltà e i disagi legati alla sempre maggiore “irrequietezza” delle nuove generazioni.

Rafforzare le competenze di base anche attraverso le abilità non cognitive nella scuola italiana è assai difficile: tutti gli studenti, ma anche i docenti, vorrebbero una scuola più creativa e collaborativa (con l’utilizzo di strategie diverse, ad esempio, attraverso laboratori teatrali, gruppi di studio basati sul cooperative learning, ovvero gruppi di auto-aiuto ecc. ecc.), ma i programmi stessi, troppo vasti ed onerosi, nonché “antichi”, impongono delle scelte obbligate senza lasciar troppo spazio all’inventiva. È questo, soprattutto, il limite da superare ma con la riforma della secondaria di II grado, che prevede una scuola innovativa in ambito didattico, ma con orari più stringati ed i programmi di sempre, il quarto obiettivo che l’OCSE si pone sarà molto difficile da raggiungere in Italia.

Non solo, dal punto di vista squisitamente didattico, non siamo preparati per la scuola del futuro ma costringiamo anche gli studenti più bravi ad espatriare. In un articolo del Corriere di qualche giorno fa si parlava della Scuola Galileiana di Padova, nata nel 2004, in collaborazione con la Normale di Pisa, allo scopo di formare un piccolo gruppo di giovani (solo 24 gli ammessi alla frequenza, scelti fra le miglior matricole dell’università veneta) puntando all’eccellenza. Ora si stanno laureando i primi studenti e il 95% di essi sono stati chiamati o hanno deciso di continuare i loro studi fuori dai confini nazionali. Il problema è che raramente tornano indietro. Quindi, l’istruzione in Italia non cura le eccellenze. È il sistema stesso, innanzitutto, a dover cambiare.

Questo significa che, nonostante le buone intenzioni, saremo sempre destinati a restare indietro … gli ultimi della classe, insomma.

[fonte Tuttoscuola.com]