LE ACROBAZIE LINGUISTICHE DELL’ONOREVOLE ISIDORI

Eraldo Isidori, elettrauto in pensione, è un deputato del nostro Parlamento dove siede dal 2010, dopo che un altro rappresentante del suo schieramento, la Lega, aveva dato forfait. Originario della provincia di Macerata, ha espresso in aula il suo parere sul principio della certezza della pena, per far sì che chi viene condannato sconti effettivamente il periodo di detenzione previsto dal codice per quel reato, utilizzando delle acrobazie linguistiche notevoli. Ecco il testo del discorso:

«Il carcere è un brentinsario … non è un villaggio di vacanza. Si deve scondare la sua pena perscritta che gli aspetta. Lo sapeva prima fare irreato! Io ritengo come Lega di non uscire prima della sua pena erogata. Grazie.»

Che dire? A me Isidori fa tenerezza. Ha fatto l’elettrauto per tutta la vita? Avrà senz’altro delle conoscenze che noi non abbiamo. Per il suo lavoro non era di certo necessario essere oratori. Ma nel momento in cui uno viene eletto al Parlamento (con uno stipendio – e futura pensione – di tutto rispetto), dovrebbe quantomeno esprimersi in un linguaggio comprensibile.

La lingua italiana dovrebbe essere uno strumento di coesione ma, si sa, quelli della Lega l’Italia non la vogliono unita. Le acrobazie linguistiche dell’on. Isidori potrebbero essere l’inizio del federalismo.

DEI TRIESTINI FACCIAMO UN FALO’. PAROLA DEL LEGHISTA DORDOLO

Ecco, solo ieri ho scritto un post su questo consigliere friulano che, di fronte all’omicidio di una donna indiana in provincia di Piacenza, da parte del marito che ha poi gettato il corpo della sventurata nel fiume Po, ha commentato che in quel modo l’uomo aveva inquinato il fiume sacro alla Lega.

Inutile sottolineare che il razzismo di certi – e sottolineo certileghisti non si esprime solo nell’odio contro gli extacomunitari, o comunque stranieri, ma anche nei confronti dei loro vicini di casa.

Che altro dire?

Da triestina, vivendo da quasi 27 anni in Friuli, esprimo la mia indignazione. Nella speranza, tuttavia, che individui come Dordolo siano l’eccezione, all’interno del partito, e non la regola.

Speranza vana?

bollettino trieste

(dopo questo leggi ancheDordolo parte seconda: espulsione dalla lega e licenziamento dalla regione“, clicca qui)

I triestini? “Slavo triesticoli“, oppure più sobriamente “puzzolenti barcaioli“. La Triestina? Una società ingloriosa da estinguere con una sottoscrizione affinché sparisca per sempre, così per schiacciarli (sempre i triestini) sotto i piedi. Il tono, troppo raffinato anche per l’osteria numero venti, e i pensieri (?) hanno un autorevole autore: trattasi di un Consigliere comunale di Udine, anzi capogruppo della Lega Nord, il simpatico Luca Dordolo. Avete capito bene: un rappresentante delle istituzioni, che su facebook ha postato questo garbato appello a sottoscrivere una colletta per rilevare la società alabarda per poi estinguerla, “così – prosegue il Dordolo – dovranno partire da zero con un altro nome tipo SIAMOSLAVI o ZASTAVASEMACHINACHEVA“. Le citazioni usate dal nostro autore fanno trapelare un

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CONSIGLIERE LEGHISTA FRIULANO SULL’OMICIDIO DI PIACENZA: “IL CORPO DELLA DONNA HA INQUINATO IL SACRO FIUME”

Il fatto è accaduto qualche giorno fa a Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza: un uomo indiano ha ucciso la moglie perché troppo “occidentale” e ha gettato il cadavere nel fiume Po. (QUI la notizia nei dettagli)

A proposito del sanguinoso fatto di cronaca, uno dei tanti che purtroppo interessa la violenza familiare le cui vittime privilegiate sono le donne, il consigliere comunale di Udine, Luca Dordolo, ha così commentato sulla sua pagina Facebook:

«Maledetto, inquinare così il nostro sacro fiume…» E ancora: «Vorrei vedere io se andassimo a defecare o sgozzare mucche e maiali sul Gange, cosa direbbero…». E per concludere: «Ah già, già lo fanno…Ah beh, allora…..:o)». [LINK della fonte]

Io non ho parole ma mi chiedo: c’è un limite alla follia? Ma cosa aspettano quelli della Lega a cacciarlo? Ah, dimenticavo: probabilmente sono tutti d’accordo con lui.

[la foto è tratta dalla pagina Fb di Luca Dordolo]

AGGIORNAMENTO DEL POST, ORE 20.50

Il nuovo segretario regionale del Carroccio Piasente chiede le dimissioni di Luca Dordolo: “Mi scuso, non è la Lega che vogliamo” (LINK)

Bene. Sono felice di essermi sbagliata.

FIGLI DI …

Nella cassaforte della Lega, un fascicolo con su scritto “The family”.

Elenco spese: sanitarie e scolastiche, multe pagate, l’assicurazione per la casa di Gemonio, un carnet di assegni con sopra la scritta «Umberto Bossi», 20.000 euro di spese per il tutor del figlio Renzo.

MA COME? Lo scorso agosto la CEPU aveva reso noto che avrebbe offerto GRATUITAMENTE l’assistenza dei tutor per gli studi universitari del giovane Renzo Bossi. In un articolo apparso su Vanity fair la Cepu dichiara che visti i pressanti impegni politici del giovane Bossi (classe 1988), non è lui ad andare in classe a seguire le lezioni, ma sono gli insegnanti di sostegno del Cepu che si recano direttamente a casa sua. (notizia da Il Corriere)

Andiamo avanti.

Dalle «confessioni reciproche» di Belsito e Dagrada nei giorni in cui il tesoriere temeva di essere allontanato dopo i primi scoop sugli investimenti di 7 milioni di rimborsi elettorali in Tanzania. (LINK)

Nadia (Dagrada, NdR) : «Lui (Bossi, ndr ) non ha idea del cumulo di spese, fidati, tu gli devi far capire che se questi vanno a vedere quelle che sono le spese, lui e la sua famiglia sono finiti. E poiché si tratta di cose della famiglia, non sono cose che compri tu, perché sono tutte per loro, perché le auto sono per loro, i ragazzi sono per loro, il figlio le spese sono loro, il diploma è loro, i lavori di casa sono loro».

E ancora:

«Capo, noi manteniamo i tuoi figli»
Belsito e Dagrada indugiano sulle spese per i figli del senatur, a cominciare da Renzo.
Nadia : «Quella cifra che tu gli hai dato era la cifra dei titoli di studio, ma c’è tutto il restante, e se ci mettono le mani i Castelli e Stiffoni di turno, tu non puoi garantire che le cose restino segrete». Si passa a un altro punto.
Belsito : «E’ possibile avere l’elenco degli scontrini? Renzo (dice, ndr ) “voglio confrontarmi con il mio calendario per vedere se era vero che erano con me”» (la scorta).
Nadia : «Giuro che non ho parole».
Belsito : «Ma io non posso reggere così, dai, questi sono una gabbia di pazzi. Questo (Renzo, ndr ) ha paura che (quelli della scorta, ndr) erano in albergo per cavoli loro».
Nadia : «Ma sono lì segnati, c’è tutta benzina, ristoranti, è quasi tutta benzina».
Belsito : «A me (Renzo, ndr) ha detto che paga di tasca sua, ti giuro».
Nadia : «Ma che non dica cavolate, neanche il caffè in Regione, non paga neanche il caffè» (Renzo è consigliere regionale lombardo, ndr) […]

IO NON HO PAROLE.

BELL’E PAPÀ

“Mio figlio non è un trota qualunque”, pare abbia detto Antonio Di Pietro riferendosi alla carriera politica del figlio Cristiano. Ovviamente, l’allusione più che esplicita è al figlio di Umberto Bossi, Renzo, che poco più che ventenne ha ottenuto il suo “scranno” sicuro, lautamente ricompensato con 15mila euro mensili, al Consiglio Regionale della Lombardia. Pare anche che il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, abbia additato il rampollo del leader della Lega, che ha tribolato non poco per ottenere il diploma di maturità, come l’esempio a dimostrazione del fatto che l’università non serve. Peccato che il giovane Bossi la stia frequentando (oddio, “frequentando” in effetti è una parola grossa) e che il Cepu gli fornisca docenti a domicilio gratis per fargli superare gli esami.

Ma dopo la divagazione torniamo al giovane Di Pietro, poliziotto da diciannove anni, sposato con prole, candidato alle elezioni regionali in Molise. In segno di protesta al circolo di Termoli dell’Italia dei valori si sono dimessi in blocco contestando la sua candidatura come una scelta «familistica». Cosa, questa, che a Cristiano pare incomprensibile. Lui, infatti, è da dieci anni in politica, ha iniziato attaccando manifesti e studiando per fare il politico di professione. La prima candidatura è arrivata sei anni fa e lui di anni ora ne ha trentasette, quindi la gavetta l’ha fatta, eccome.

Guarda un po’, ha iniziato sei anni fa alle elezioni comunali a Montenero di Bisaccia, il paese di suo padre Antonio. Una spintarella da papà l’ha avuta, sì, ma solo all’inizio. Poi i cittadini di Montenero, capacissimi di ragionare con la propria testa, l’hanno votato e fatto risultare il primo degli eletti.

Una carriera politica limpida come il sole, dunque. Peccato che quelli di Termoli … «Credo siano stati manovrati da qualcuno. A livello regionale a Termoli avevano votato a favore della mia candidatura», tenta di spiegare ma il fatto è davvero incredibile. Addirittura quelli dell’Italia dei valori di Termoli hanno paragonato la candidatura di Cristiano Di Pietro a quella della Minetti: «Possono accostarmi a chi vogliono. Io ho il mio lavoro. Come la Minetti ha il suo», osserva.

Certo, ognuno fa il suo lavoro, anche Renzo Bossi lo fa e anche la Minetti. Il problema, secondo me, è: lo sanno fare o la spintarella implica che non sia così importante avere delle capacità? Senza fare illazioni, anche perché non conosco l’operato di nessuna delle persone citate, per me il dubbio rimane. So per certo, tuttavia, che molti giovani bravi e preparati sono a spasso perché non sono bell’e papà o papi, che dir si voglia.

[dall’intervista a Cristiano Di Pietro su Il Corriere]

DU IU NNO PADANIA?

Su segnalazione di Pino Scaccia, posto un divertentissimo video pubblicato dal Corriere on line. Si tratta di un’inchiesta, curata dal movimento giovanile del PdL guidato da Giorgia Meloni; i giovani hanno chiesto a un campione di intervistati stranieri in giro per il mondo se conoscessero o meno la Padania.

Mentre dimostrano di conoscere l’Italia, Roma, il Colosseo, Giulio Cesare, Berlusconi e la pizza, gli intervistati non sanno cosa sia la PadaniaBossi né Alberto da Giussano né la cassuela.

Be’, nessuno è perfetto. 🙂

E SE TRASFERISSIMO IL TROTA NEI MARI DEL SUD? by MARCELLO VENEZIANI

In seguito alle polemiche sul trasfe­rimento dei ministeri al Nord e all’inchiesta sui presunti illeciti per favo­rire la carriera politica di Renzo Bossi, avrei una controproposta per la Lega: il trasferimento del Trota al Sud.

Per mimetizzarsi nel suo nuovo am­biente, il Trota dovrebbe ribattezzarsi con un nome scelto fra un trittico di pe­sci terroni: sgombro, pezzogna o spi­gola, che ha il vantaggio del doppio passaporto perché al Nord si chiama branzino e dunque lui conserverebbe un legame con la Padania.

Sedi indicate per il trasferimento: Napoli, Caserta provincia, Calabria saudita, grandi scuole di vita e malavi­ta.

Il decentramento della famiglia Bos­si avrebbe le seguenti utilità: modica quantità dei Bossi distribuita in varie zone d’Italia, come esige il federali­smo; accoglimento della richiesta dei sudisti secessionisti per i quali ci vor­rebbe un Bossi al Sud; sradicamento del Trota dall’habitat mefitico che lo ha inguaiato e gli impedisce di mostra­re il suo talento; possibilità di proseguire i suoi studi di stregoneria, fattu­re e malocchio presso università di me­gere, vajasse e veggenti assai più quali­ficate; possibilità di conoscere meglio l’illegalità studiandone la pianta, ov­vero laddove nasce e fiorisce; liberar­lo dall’ingombrante protezione del Pa­dre Boss e metterlo nelle stesse condi­zioni dei suoi coetanei, i ragazzi di 23 anni, provando giù al Sud quanto è du­ro trovarsi un lavoro.

Sempre che Napolitano non ritenga incostituzionale mutare una trota d’acqua dolce in pesce d’acqua salata.

PUBBLICATO SU IL GIORNALE.IT.

BONANNI: “IL GOVERNO, È MEGLIO CHE VA VIA”

Tutti in attesa a Pontida … anche i miei lettori che, incuriositi, stanno leggendo in massa il post su Il Giuramento di Berchet. Tra poco Umberto Bossi parlerà. Di che cosa? Dei ministeri, almeno quattro, che vuole spostare al nord (a Milano e Monza, per l’esattezza) e della riforma fiscale.

Anche Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, è dello stesso avviso: la riforma fiscale è urgente. Questo si aspetta dal governo: che la vari al più presto.

Precisamente, nel suo discorso di ieri, Bonanni si è espresso in questi termini: “Diciamo al governo che se vuole un piccolo barlume di senso dopo tutto quello che è successo, la sua presenza o fa le riforme o lo diciamo chiaro e forte: è meglio che va via, nell’interesse di tutti”.

Ma che bravo oratore! Chissà cosa direbbe il maestro per eccellenza dell’eloquenza, Marco Tullio Cicerone.
Insomma, una cosa si è capita di Bonanni: la sintassi non è il suo forte.

Qualcuno si sarà forse stupito che il segretario della Cisl e gli uomini della Lega siano d’accordo almeno sul tema della riforma fiscale. Chissà cosa dirà Bossi fra poco a Pontida. Secondo me darà ragione a Bonanni così tutti potranno essere confortati dal fatto che i due parlino lo stesso linguaggio …. sgrammaticato.

150 DELL’ITALIA: FESTA SÌ, FESTA NO

“Italia sì, Italia no …” cantava Elio con le sue Storie Tese. Oggi, mentre si discute sulla festa nazionale che pareva già indetta per il 17 marzo, in ricordo dell’unificazione dell’Italia, la questione è un’altra: festa sì? festa no? Per il momento non è chiaro se sarà festa oppure no.

Il 20 gennaio scorso pareva che il Consiglio dei Ministri avesse deliberato per la proclamazione della festa nazionale, una tantum. In occasione del 150esimo anniversario e poi per altri cinquant’anni ci si può tranquillamente dimenticare di quest’evento. Mi chiedo, quindi, come mai altre feste civili continuino ad essere celebrate: il 25 aprile, per esempio, o il 2 giugno.

La proposta ha subito suscitato delle polemiche: la prima ad espirmere la propria contrarietà fu Emma Marcegaglia. Il Paese è in crisi, non è proprio il caso di far festa con il rischio, poi, che si faccia anche il ponte, considerato che il 17 marzo cade di giovedì. In Italia, si sa, i ponti si fanno con facilità, eccetto quello sullo Stretto di Messina di cui si parla da decenni.

A ruota segue la disapprovazione della Lega: Calderoli, infatti, sostiene che in un periodo di crisi come quello attuale appare paradossale caricarsi dei costi di una giornata festiva, un evento significativo quale il 150esimo dell’Unità d’Italia può essere celebrato degnamente lavorando e non restando a casa. Ma che tale obiezione provenga proprio dalla Lega non stupisce nessuno: come ben dice il mio amico frz40 in un commento ad un suo post, se si trattasse dell’anniversario dell’indipendenza della Padania, una settimana di festa, per Calderoli, sarebbe andata benissimo.

Ora ci si mette anche il ministro del MIUR Mariastella Gelmini, contraria alla chiusura delle scuole: «Il miglior modo di celebrare il 17 marzo e’ quello di dedicare questa giornata alla riflessione sui valori dell’Unita’ d’Italia. Io credo che, nella scuola, questo obiettivo non si raggiunga stando a casa. Non si deve equiparare l’anniversario a una qualsiasi giornata di vacanza. E’ giusto invece dedicare le ore di lezione all’approfondimento e alla conoscenza della nostra storia unitaria. In questo modo la scuola potra’ svolgere un ruolo da protagonista nelle celebrazioni».

Mi chiedo, quindi, come mai si rifletta così bene stando a casa sul significato della Liberazione, del giorno dedicato ai lavoratori o quello in cui si ricorda la nascita della Repubblica Italiana. E si riflette standosene tra le quattro mura domestiche – sempre che non lo si faccia durante un’allegra scampagnata fra amici, cosa ben più probabile – tutti gli anni, badate bene. Il 17 marzo, invece, si festeggerebbe solo quest’anno.

Lo stesso tipo di riflessione l’ha fatta anche Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, secondo il quale «non si possono fare guerre di principio su una celebrazione così importante» e aggiunge: «poiché la ricorrenza si può celebrare solo in quell’occasione, se ne dovrà sicuramente parlare in classe, ma non è detto che si debba fare necessariamente il 17 marzo: si può anche creare un dibattito e un confronto sull’Unità d’Italia il giorno prima o il giorno dopo». E se qualcuno ha qualcosa da obiettare sul mancato rispetto dei 200 giorni di lezione, «le scuole potranno rimanere chiuse, per poi recuperare le lezioni non svolte quel giorno attraverso l’eliminazione di una delle vacanze meno rilevanti». Poiché il 25 aprile quest’anno coincide con il Lunedì dell’Angelo e il Primo Maggio cade di domenica, si potrebbe eliminare proprio quel 2 giugno che, a pochi giorni dalla fine delle lezioni, appare pure un po’ scomodo, proprio quando si devono concludere i programmi e terminare le verifiche per la salvezza dei soliti ritardatari.

Senza contare il caos che, proprio nelle scuole, si è venuto a creare. Dopo che a palazzo Chigi il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, solo pochi giorni fa, ha annunciato la festa nazionale per il 17 marzo, in molti istituti è già stato deliberato il giorno di vacanza e in alcuni casi, su richiesta dei genitori, è stato già concordato il fatidico ponte.
Ora i presidi chiedono chiarimenti e lamentano che questo clima polemico abbia contribuito a rovinare la festa.

Insomma, che si faccia o meno festa a scuola, poco importa, sinceramente. Ma è una questione di principio: la Gelmini ha, infatti, caldamente incoraggiato le attività rivolte all’educazione dei fanciulli, delle scuole di ogni ordine e grado, nell’ambito della Cittadinanza e Costituzione. Va da sé che fare un giorno di vacanza in questa occasione per gli studenti rimane sempre un’opportunità in più per dormire fino a tardi ed evitare compiti in classe ed interrogazioni. Ma quel che conta è il messaggio che si lancia: una “festa” è sentita come “vacanza” (a chi mai salterebbe in mente di andare a scuola il giorno di Natale o a Capodanno?); recarsi al lavoro o andare a scuola significherebbe non attribuire ad una “festa” il significato che le è dovuto.

La questione, secondo me, è un’altra ed è politica. Già la Lega ha mostrato la sua contrarietà, dimostrando come questa unità l’Italia ce l’abbia solo sulla carta. Poi ci sono anche le rimostranze che provengono da regioni, diciamo così, separatiste: «Non mi sembra il caso di festeggiare e posso dire che non è una questione etnica e non vogliamo offendere nessuno. I 150 anni per noi non rappresentano soltanto Garibaldi e i moti di fine Ottocento ma ci ricordano la separazione dalla nostra madrepatria austriaca. Noi non abbiamo fatto iniziative per favorire l’Unità d’Italia come altre regioni. Non volevamo nel 1919 e non volevamo nel 1945. Successivamente abbiamo accettato il compromesso dell’autonomia amministrativa. Se gli italiani vorranno parteciparvi lo possono fare, certamente noi non ci opporremo», così si esprime il presidente della giunta provinciale altoatesina, Luis Durnwalder. E noi Italiani lo ringraziamo, naturalmente.

C’è qualcos’altro da aggiungere?

Io una cosa l’avrei: VIVA L’ITALIA!

[Fonti: LINK 1, LINK 2, LINK 3 e LINK 4]

ARTICOLO CORRELATO: Friuli – Venezia Giulia: per celebrare l’unità d’Italia la bandiera asburgica al posto del tricolore?

BABBO NATALE DONA IL COUS COUS AL SINDACO DI ADRO

Oscar Danilo Lancini, sindaco di Adro, in provincia di Brescia, è balzato agli onori, si fa per dire, delle cronache per aver piazzato ben settecento simboli del Sole delle Alpi nel polo scolastico del suo comune. (ne ho parlato QUI)

I simboli incriminati, in quanto palesemente rinvianti al partito della Lega Nord, sono stati rimossi, su invito del ministro Mariastella Gelmini. Ma pare che il lavoro di rimozione non sia affatto concluso. inoltre, recentemente Lancini aveva espresso la sua preoccupazione per il rischio che le tradizioni locali fossero soppiantate da quelle degli emigrati, in particolare i mussulmani. Il sindaco, infatti, si era detto preoccupato che il cous cous potesse sostituire, nel nord d’Italia, il panettone. Per questo due Babbi Natale speciali hanno portato dei doni decisamente insoliti al sindaco di Adro: un piatto di cous cous, album da disegno, pennarelli, goniometro e righello. E poi ancora un “pennello grande per il simbolo grande”, ricordando un vecchio spot pubblicitario.

Nonostante l’assenza di Lancini e della sua Giunta, i pacchi dono sono arrivati a destinazione sotto lo sguardo divertito degli uomini della Digos e dei Carabinieri. I regali erano anche accompagnati da una letterina, come nella migliore tradizione natalizia, con la differenza che questa lettera l’ha scritta personalmente Babbo Natale al sindaco di Adro. Fra le altre cose nello scritto si legge:

Caro Oscar, ho letto la tua lettera pubblicata da un quotidiano: mi sono molto commosso tanto da inserirti al primo posto per la consegna dei regali. Vista la tua preoccupazione che il cous cous sostituisca nel Nord d’Italia il panettone, ho fatto una verifica e mi sono recato in una forneria artigianale di Adro: il panettone lo fanno ancora! Allora per convincerti ne ho fatto confezionare uno per te facendoci mettere sopra il tuo amato sole delle Alpi, senza conseguenze giudiziarie come avviene per chi lo piazza su una scuola pubblica. Al panettone ho aggiunto pennarelli, goniometri e righelli perché, quando avrai rimosso i simboli dalla scuola, ti possa consolare con i tuoi assessori e consiglieri disegnandoli su un album e, se vorrete, sulle pareti della sezione della Lega.

Per brindare, poi, è stata consegnata una bottiglia di acqua minerale (forse per non offendere la sensibilità dei mussulmani che non bevono alcolici) e, infine, il sindaco è stato avvisato del prossimo arrivo della Befana che provvederà anche lei a portare i suoi doni.

Il cous cous è stato preparato da una famiglia marocchina residente ad Adro e il grande pennello servirà per cancellare il Sole delle Alpi ancora visibile sul tetto della scuola.
L’iniziativa è nata da alcuni simpatizzanti del comitato ‘Via i simboli di partito dalla scuola pubblica’, nato spontaneamente su internet con tanto di profilo su Facebook.

E a Pasqua? Volerà finalmente una colomba, in segno di pace, sul tetto della scuola privo del simbolo leghista?

[fonte: Giornalettismo.com]