OLIMPIADI DI RIO 2016: TRA PODIO, MEDAGLIE, PROPOSTE DI MATRIMONIO E COMING OUT

cinesi
Dedicare la vittoria a qualcuno che si ama penso sia una bella cosa. In fondo chi, nello sport o comunque in tutte le altre attività che prevedono un premio, ottiene brillanti risultati ha sempre a fianco qualcuno che lo ama ed è disposto a sacrificarsi per far sì che il suo lui o la sua lei realizzino il proprio sogno.

Tutto ciò che accade “dentro” uno schermo televisivo, al giorno d’oggi è destinato a diventare social. E diciamo che c’è anche qualcuno – più di qualcuno, molti – che ama mettersi in mostra, anche con la sola intenzione di rendere partecipe il mondo della propria felicità. Un esibizionismo innocente, diciamo così.

Talvolta si va forse un po’ troppo fuori dagli schemi. E’ il caso, ad esempio, del tenerissimo fidanzato della tuffatrice cinese He Zi, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, che le ha chiesto di sposarlo, offrendole l’anello, rigorosamente in ginocchio come si addice alle dichiarazioni di matrimonio in piena regola (QUI la fotogallery dell’evento). E non stupiamoci se lei, ancora ansimante per la gara appena conclusa e comprensibilmente emozionata per il secondo posto sul podio, abbia tentennato un po’ prima di rispondere sì. Doveva soltanto riprendere fiato.
Non dobbiamo meravigliarci, inoltre, del fatto che dopo l’assenso di lei, i due si abbracciano quasi fraternamente invece di baciasi in modo appassionato. Stiamo parlando di cinesi ed è già un miracolo che fidanzato di He Zi abbia spettacolarizzato un momento così intimo, data la nota riservatezza degli orientali in genere.

bruni
Meno stupore ha destato, a mio parere, la dedica della medaglia d’argento – un secondo posto un po’ a sorpresa nel nuoto di fondo – dell’atleta italiana Rachele Bruni: «Questa medaglia è per la mia famiglia, il mio allenatore e la mia compagna Diletta». Un’omosessualità mai nascosta, a detta della Bruni, e considerata un fatto del tutto “naturale”. Concordo pienamente ma… c’è un ma.

Il sito specializzato Outsports, riferendosi a coloro che hanno dichiarato apertamente la loro preferenza sessuale, prima o durante i Giochi, ha “contato” 49 nomi di uomini e donne a Rio, mentre a Londra i gay dichiarati erano soltanto 23. In aggiunta, il curatore della ricerca Jim Buzinski, si è dichiarato convinto che la crescita sia dovuta alla esposizione mediatica del tema negli ultimi anni, e non all’aumento della tendenza in sé, naturalmente.

In modo molto meno ortodosso, un giornalista americano è andato letteralmente a caccia di gay a Rio. Nico Hines, del «Daily Beast», ha utilizzato la app gay Grindr al Villaggio Olimpico, ricevendo diverse offerte di incontro. Il giornalista nell’articolo ha indicando nazionalità e disciplina sportiva degli atleti omosessuali, due informazioni che potrebbero bastare per identificarli. Per alcuni di loro, soprattutto quelli che vivono in Paesi dove l’omosessualità è ben lungi dall’essere accettata, questa sorta di “rivelazione”, per giunta non diretta, può essere decisamente rischiosa.
Su Slate, una testata on line che si occupa di LGBTQ, il pezzo di Hines è stato definito «squallido, pericoloso e immorale», mentre per Mic l’inchiesta è «un disastro omofobo».

Ora, permettetemi una riflessione, anzi due.

Della proposta di matrimonio in mondovisione apprezzo soprattutto il coraggio del giovane cinese ma, onestamente, al di là della tenerezza che ha suscitato, se la poteva risparmiare.

Sul fatto che la nuotatrice italiana Rachele Bruni definisca l’omosessualità un “fatto naturale” concordo pienamente. Ma è altrettanto naturale l’eterosessualità che, tuttavia, non viene sbandierata ai quattro venti (fatta eccezione per la dichiarazione del cinesino e forse qualche altra dedica al partner che non è rimbalzata con la stessa prepotenza agli onori della cronaca).

Ma c’è un’altra cosa che mi fa pensare: che si facciano delle indagini sull’orientamento sessuale degli atleti, al solo scopo di individuare i gay, e addirittura si possa concepire una “caccia agli omosessuali” con tanto di adescamento (mi si perdoni il termine che, dal punto di vista legale, costituisce un reato vero e proprio) via web, mi porta a credere che l’omosessualità sia ancora lontana dall’essere considerata un “fatto naturale”.

Spero di non essere fraintesa e mi auguro che i lettori abbiano la perspicacia di comprendere che la mia riflessione è nata soprattutto dalla rabbia nel constatare che un “fatto naturale” da una parte debba avere un certo rilievo e dall’altra sia smentito da persone – e dagli atti che ne conseguono – un po’ meschine.

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LA BUONA NOTIZIA DEL VENERDÌ: ALLE OLIMPIADI DI RIO SI LOTTA ANCHE CONTRO GLI SPRECHI ALIMENTARI

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Il questo periodo, com’è giusto che sia, tutti gli occhi sono puntati sugli atleti che stanno gareggiando per una medaglia alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Ma le buone notizie non sono solo quelle che riguardano la gara e il medagliere che ciascun Paese vuole ricco di metalli preziosi, meglio se d’oro. C’è una buona notizia che riguarda la lotta agli sprechi alimentari grazie a un progetto che fa capo a un noto chef italiano: Massimo Bottura.

Il progetto in questione si chiama “Refetto-Rio” ed è sostenuto, oltre a Bottura che ne è il promotore nonché fondatore dell’organizzazione no-profit Food for Soul, anche dal ministero delle Politiche agricole e dal sindaco di Rio de Janeiro, con la collaborazione di David Hertz, chef e fondatore di Gastromotiva, un’altra organizzazione no-profit sensibile nei confronti del consumo consapevole del cibo.

Grazie a “Refetto-Rio” il cibo in surplus del villaggio olimpico di Rio de Janeiro verrà recuperato e trasformato in pasti gratuiti per i più bisognosi. L’obiettivo è di sfamare 108 persone a sera, offrendo loro un pasto preparato con gli scarti. In questo modo si stima che per tutta la durata dei Giochi Olimpici saranno distribuiti 19mila pasti ai poveri, recuperando 12 tonnellate di eccedenze alimentari.
Ma l’attività della mensa proseguirà dopo le Olimpiadi, anche a pranzo: chi sceglierà di fermarsi potrà lasciare un’offerta, pagando un pasto per il servizio serale, che continuerà a essere gratuito. Una specie di “cena sospesa”, insomma, sulla falsariga del “caffè sospeso” o della “pizza sospesa” che ormai costituiscono una buona abitudine in molte città italiane.

Il progetto prevede, inoltre, dei corsi di cucina e sulla nutrizione a beneficio delle persone in difficoltà e dei giovani, grazie all’impegno volontario di decine di chef provenienti da tutto il mondo.

Bottura non è nuovo a questo tipo di iniziative: la struttura brasiliana, inaugurata lo scorso 9 agosto, farà tesoro di una precedente esperienza, quella del Refettorio Ambrosiano, lanciata durante Expo Milano 2015. Secondo il capo del Mipaaf (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali), Maurizio Martina, «quella di Milano è stata una best practice, replicabile in altri Paesi, che ora ha come seconda tappa le Olimpiadi in Brasile».

Il progetto, infatti, non si esaurirà nel villaggio olimpico brasiliano, ma arriverà anche in altre grandi città, come New York, allo scopo di sensibilizzare tutti contro lo spreco alimentare che è in palese contraddizione con la mancanza di cibo di cui soffrono 795 milioni di persone nel mondo.
La Fao stima 1,3 miliardi di tonnellate di cibo gettate ogni anno per un valore complessivo di 750 miliardi, 12 miliardi solo in Italia. Ridurre questo paradosso rientra anche tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 delle Nazioni Unite.

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[LINK della fonte; immagine da questo sito, da cui è stata tratta anche qualche informazione aggiuntiva]

“NOTTI SUL GHIACCIO”: IL SUCCESSO DEL PRINCIPE EMANUELE FILIBERTO E I MONARCHICI 2.0

emanule filiberto ghiaccio
Non so chi di voi, lettori di questo blog un po’ negletto, abbia seguito lo show condotto da Milly Carlucci su Rai 1 che si è concluso ieri sera con il secondo posto del principe Emanuele Filiberto. Sto parlando di “Notti sul ghiaccio“, uno spettacolo gradevole, bello, condotto con l’ineguagliabile eleganza della padrona di casa, ex pattinatrice su rotelle, che ha voluto riproporre, dopo qualche anno di stop, la gara tra pattinatori su ghiaccio improvvisati, sulla falsa riga del ben più noto e longevo “Ballando con le stelle”.

Pattinare sul ghiaccio non è certo facile e la sfida dei vip supera, in coraggio, quella dei concorrenti che si devono cimentare nel ballo. Emanuele Filiberto, già vincitore di “Ballando con le stelle” qualche anno fa, ha ottenuto il secondo posto sbaragliando concorrenti ben più abili di lui sui pattini, grazie al televoto da casa. Questo deve far riflettere sulle scelte del pubblico, condizionate più dalla simpatia che dal talento vero e proprio. Sì, perché se il bel principe con gli occhi cerulei di coraggio ne ha dimostrato parecchio, di talento come pattinatore ne ha davvero pochino.

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Il primo posto, meritatissimo, è andato all’ex campione di sci alpino, ora maestro sui campi innevati (una delle allieve più note è Maria De Filippi), Giorgio Rocca. Ma almeno due concorrenti meritavano un piazzamento migliore: Clara Alonso, star del fortunato show argentino “Violetta” e data per vincitrice da un sondaggio on line sul sito ufficiale dello show, e Chiara Mastalli, giovane attrice di già lunga esperienza – ha iniziato la carriera a soli sei anni – che non brilla certo per simpatia ma sui pattini ha dimostrato una grande abilità.

Nonostante questo, a contendersi il podio per il primo premio sono stati due uomini. Uno sportivo, muscoli d’acciaio, carattere duro (tipico dei montanari, con tutto il rispetto), di poche parole e parco anche nei sorrisi, benché nelle ultime puntate si sia sciolto un po’. Sto parlando, ovviamente, di Rocca.
L’altro mingherlino, molto elegante, sempre sorridente, educato ed espansivo nella misura che si confà ad un appartenente al nobile rango, spesso impacciato sul ghiaccio, più intento a ballare scivolando piuttosto che a pattinare nel vero senso della parola. Mentre Rocca si è lanciato il balli sfrenati, con arditi sollevamenti in aria della pattinatrice-maestra, Emanuele Filiberto tutt’al più ha prestato le ginocchia per far accomodare la sua partner per qualche secondo, traballando un bel po’ sulle lame.
Insomma, tra i due a livello di performance c’era un abisso.

Il televoto, dicevo, ha premiato uno sportivo, certamente adatto a questo tipo di prestazione. Ma il secondo posto del principe ha lasciato un po’ spiazzati i più, considerando i meriti di almeno due concorrenti, nominate prima, che forse sarebbero dovute salire sul gradino più alto del podio al suo posto.
C’è da pensare che i voti arrivati via telefono siano stati prevalentemente femminili e determinati dal fascino indiscutibile, seppur assai diverso, dei due uomini.

Su una cosa sto riflettendo da ieri sera: se si proponesse un referendum per il ritorno della monarchia, Emanuele Filiberto avrebbe molte chance di salire al trono. Sempre a patto che si usi il televoto.

Se non avete visto lo spettacolo, QUI potete vedere un’esibizione di Emanuele Filiberto, QUI una di Giorgio Rocca e QUI una di Clara Alonso, vincitrice morale… giusto per fare un confronto.

[immagine da questo sito]

PASSIONI CONDIVISE 3: I CAMPIONI IN CASA

premiazione 50 alpii
Ne hanno parlato i quotidiani locali e le riviste specializzate. Mancavo solo io e, nonostante sia passato un bel po’ di tempo dall’episodio in questione, mi arrendo e mi appresto a scrivere il terzo capitolo di “Passioni condivise” per festeggiare il debutto di una coppia speciale al rally più importante della regione.
Sto parlando, naturalmente, di un pilota speciale, mio figlio, e di un navigatore altrettanto speciale, mio marito, principale responsabile del “contagio” di questa passione che passa, quindi, da una generazione all’altra.

Nel primo post (datato 2009) avevo riflettuto sul potere esercitato su di me da mio marito, tanto da farmi condividere la passione per il rally, nonché sulla sua capacità di trasmetterla ai figli. Del resto può apparire abbastanza scontato questo fatto, dal momento che fin da piccoli erano stati trascinati ad assistere a tutte le gare che si tenevano in regione. All’inizio lo seguivo, poi mi sono stancata. Capita, infatti, che le passioni si condividano per un certo periodo ma poi arriva il giorno in cui si ammette che quella passione non era stata davvero condivisa, piuttosto subita.

Nel secondo post (datato 2010) raccontavo il debutto di mio figlio come navigatore, sempre al rally più importante di questa regione. Da spettatore passivo era diventato protagonista, seppur con in mano il roadbook e non il volante. Tanto era bastato, comunque, per destare in mio marito una malcelata invidia, dato che lui trent’anni prima, per un periodo, aveva fatto il navigatore ma poi aveva lasciato. Mi sono sempre chiesa se in qualche modo io fossi stata responsabile di questo abbandono. Se sì, non ne sono mai stata realmente consapevole.

Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti o, per meglio dire, di pneumatici ne sono stati consumati assai sull’asfalto delle prove speciali. Mio figlio già nel 2011 ha esordito al volante, fatto questo che deve aver suscitato maggiormente invidia in mio marito che, la scorsa primavera, ha ripreso la patente da navigatore dopo ben 32 anni.

bocchetta s.antonio
La gara del rally regionale non è stata realmente l’occasione del debutto di padre e figlio nello stesso abitacolo. Ma senz’altro questa è stata una gara speciale, non solo per l’ottimo piazzamento ottenuto ma soprattutto perché questo rally può essere considerato quello del cuore per entrambi. Mio figlio, nel breve discorso tenuto in occasione della premiazione e nelle dichiarazioni rilasciate ai giornali, ha detto che non avrebbe potuto correre con al suo fianco un altro navigatore, dal momento che ha tuttora impresse nella mente le automobili che sfrecciavano davanti a lui nei percorsi di gara quando ancora stava comodamente seduto sulle spalle del papà.

Insomma, questa passione che ho condiviso per un certo periodo con mio marito, da spettatrice ovviamente, è talmente forte da passare di generazione in generazione, convincendo pure il papà a riprendere il roadbook in mano e a leggere le note al figlio. Un’emozione che entrambi hanno espresso in modo inequivocabile dal podio e che ha suscitato in me un bel po’ di lacrime. Senza contare che quella sera sono arrivata a casa con la febbre … non quella delle corse, naturalmente. Pur non avendo voluto assistere alle prove speciali, se non quella spettacolo tenutasi in città, lo stress mi ha giocato un brutto scherzo.

Ed ora che mi dovrò aspettare? Di vedere mio marito, ormai con i capelli brizzolati – ma sempre un bell’uomo, eh! – non più seduto al posto del navigatore bensì con il volante in mano. Non so se questo mio sospetto diventerà realtà. Eventualmente ve lo farò sapere nel quarto capitolo.

LA BUONA NOTIZIA DEL VENERDÌ: UN CALCIO ALLA POVERTA’

brasile-bambini-calcioDopo una pausa di qualche settimana, riprendo la pubblicazione della Buona notizia del venerdì.
Nonostante l’esclusione precoce, ma meritata, della nostra Nazionale di calcio dal Mondiale brasiliano, si continua a parlare di questo amatissimo sport io rimango in tema con una notizia che riguarda il “pallone” che può, a volte, anche allontanare l’attenzione dei tifosi dal mondo luccicante dei campioni superpagati, per rivolgerla a chi possiede poco o nulla, al limite qualche sogno.

L’Ong internazionale Actionaid ha lanciato l’iniziativa “Fai goal contro la povertà. Per i sogni di 1000 bambini nel mondo. Vinci questa partita con noi”.

Si tratta di una gara di solidarietà che si pone l’obiettivo di offrire, entro il 12 luglio – data in cui si giocherà la finale dei Mondiali a Rio de Janeiro – un futuro di educazione e sicurezza per 1000 bambini in tutto il mondo.

Questa iniziativa non riguarda, tuttavia, solo i Mondiali di calcio ma è legata ad altri due importanti eventi: l’EXPO 2015 e i Giochi Olimpici Estivi di Rio 2016. La gara di solidarietà avrà come protagonisti volti noti dello sport ma non solo. Scendono in campo, è il caso di dire, anche Adriano Campolina direttore ActionAid International, Jorge Romano direttore ActionAid Brasile e volti noti del mondo dello sport e dei media tra cui Federica Balestrieri del Tg1 e Roberto Bagazzoli speaker di Radio Reporter.

Dare un calcio alla povertà significa aiutare molti dei brasiliani che vivono sotto la soglia di povertà, con particolare interesse nei confronti dei bambini che vivono una situazione svantaggiata rispetto ai coetanei del Nord del Mondo: 1 solo su 10 ha, infatti, l’accesso all’istruzione.

In Brasile sono 16 milioni le famiglie che vivono in povertà assoluta. Soltanto l’1% della popolazione possiede campi coltivabili e ben 4 milioni di famiglie sono senza terra. Nel Nord Est del Brasile il 60% delle famiglie contadine guadagna meno di 2 dollari al giorno, non ha accesso negli ospedali pubblici e le associazioni umanitarie che forniscono dei servizi sanitari non riescono a soddisfare tutte le esigenze.

Ovviamente l’impegno solidale di ActionAid Italia e ActionAid Brasile non può venire incontro alle esigenze di tutti. Nel progetto sono coinvolte circa 2200 persone, tra cui 700 bambini e ragazzi (dai 7 ai 15 anni) le cui famiglie parteciperanno a vari workshop. La creazione di classi doposcuola e l’organizzazione di attività sportive per metterà ai bambini e agli adolescenti della comunità della favela di Heliopolis (a San Paolo) di avere un’alternativa alla vita di strada.

Sempre rimanendo in tema di calcio, l’ex Ct della nazionale italiana Marcello Lippi, in occasione di un incontro presso Scuola Superiore Sant’Anna di Viareggio, la sua città, ha annunciato l’idea di creare una Fondazione benefica per aiutare gli anziani e chi vive situazioni di disagio, purtroppo sempre più frequenti oggigiorno. La raccolta fondi sarebbe possibile principalmente attraverso le partite di calcio.
Lippi ne ha parlato con l’ex giocatore del Napoli, l’argentino Diego Armando Maradona, proponendo, come inizio, un’amichevole “amici di Lippi” contro “amici di Maradona”, con formazioni composte da calciatori allenati dal mister viareggino e ex compagni del “pibe de oro”.

[fonti: Famiglia Cristiana e Buonenotizie del Corriere.it]

ALTRE BUONE NOTIZIE

Lo stato paga nido e baby sitter alle mamme italiane di laurin42

L’oca Becco di rame proposta alle Paraolimpiadi di Rio del 2016 di laurin42 (notizia del 27 giugno)

Il Metodo Montessori arriva su smartphone e tablet di laurin42 (notizia del 20 giugno)

La scuola del futuro: da Guastalla a Gaza l’architettura responsabile di laurin42 (notizia del 13 giugno)

LE MIE ALTRE BUONE NOTIZIE

Perché sono felice che l’Italia abbia perso

Un post che avrei voluto scrivere io … a parte l’uso dell’aggettivo “italiota” che sinceramente detesto.

D I S . A M B . I G U A N D O

Sconfitta dell'Italia 2014

Ebbene sì, quando ieri la squadra italiana ha incassato il goal della sconfitta, ho tirato un respirone di sollievo. Fiuuu. E perché mai? Perché sono una snob? Perché sono donna? Ma va là.

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C’È SORRISO E SORRISO

balottelli giocondaMino Raiola, agente dell’attaccante del Manchester City, Mario Balotelli, ha dichiarato: «Balotelli costa quanto la Gioconda, per cui nessuno se lo può permettere in Italia».

Ok, ma come la mettiamo con il sorriso? Quello, per me, non ha prezzo. Neanche Mastercard ce la può fare. 😦

[foto e notizia da Il Corriere]

L’ALTRA MINETTI


Minetti è un cognome che negli ultimi anni è stato associato solo ad un nome di battesimo: Nicole. L’ex igienista dentale del cavaliere, salita ai ranghi di consigliere regionale, tristemente famosa per aver avuto un ruolo da protagonista nel caso Ruby, sempre al centro delle cronache rosa, ultima la notizia di una relazione con Corona, l’ex di Belen. Ma c’è un’altra Minetti degna di maggior considerazione e ammirazione: Annalisa.

Partecipa a Miss Italia nel 1997, prima aspirante miss cieca, ma si mette in luce grazie alle indiscutibili doti canore. Da Salsomaggiore a Sanremo il passo è breve: l’anno successivo vince il Festival nella categoria “Nuove Proposte” con il brano Senza te o con te, brano scritto da Massimo Luca e Paola Palma. La vittoria è seguita da una scia di polemiche, dato che la sua disabilità l’avrebbe favorita. Ma non è il buio dei suoi occhi a farla vincere, bensì la potenza della sua voce, vera luce della sua vita.

Negli ultimi dieci anni la sua vita è cambiata: si sposa e mette al mondo un figlio, si dedica con passione allo sport, conseguendo il diploma di insegnante di spinning e praticando l’atletica leggera. Quest’ultima passione l’ha portata a vincere la medaglia di bronzo nei 1500 di corsa alle Paralimpiadi di Londra.


Felice per l’esito della gara, Annalisa dichiara: «Una grandissima soddisfazione. È stato molto bello. Tutto è possibile e io ne sono la dimostrazione in qualche modo. Sono proprio felicissima».
Ma al di là della propria soddisfazione personale, la Minetti ha parole di stima e di riconoscenza per la sua guida, Andrea Giocondi, ex mezzofondista che ha partecipato anche alla Olimpiade di Atlanta: «Andrea è stato fondamentale. Due gambe da miss le ha fatte diventare due gambe d’atleta. È stato Gesù a donarmelo e Gesù non sbaglia mai, fa tutto in maniera perfetta. In gara abbiamo parlato tanto. Abbiamo sudato in due, gioito in due. Quando abbiamo cominciato, mi ha detto: non mi importa se fai la cantante, qui devi sudare».

Un esempio da seguire, questa Minetti. Brava Annalisa!

PERÒ A ME SCHWAZER FA ANCHE UN PO’ PENA


All’inizio l’ho anche preso in giro, povero Alex. Già la sua defezione in occasione della 20 km puzzava assai. Un raffreddore, aveva detto. Ecchecaspita, per un raffreddore si dice di no ad una gara olimpica? Del resto, in barba alla celebre frase del barone Pierre De Coubertin: “L’importante non è vincere ma partecipare”, chi va all’Olimpiade solo per far presenza? Di certo non un atleta che quattro anni fa aveva vinto l’oro. Lui ci va per vincere, altroché.

E poi arriva la notizia choc: il campione altoatesino risulta dopato ai test del 30 luglio. Tutto appare strano, anche il fatto che già il 28 avesse dato forfait. Ok, quella del raffreddore poteva anche non essere una scusa ma ora sappiamo tutti la verità, ce l’ha urlata in faccia, anzi no, ce l’ha soffiata in faccia, tra lacrime e disperazione. Tutto da solo, dice, nemmeno la fidanzata Carolina Kostner sapeva nulla. Anche a lei aveva mentito, così come ai suoi genitori, ai futuri suoceri, forse ex. Già, mica è facile essere il fidanzato di … Lei, Carolina, è arrabbiata ma ha dichiarato di essere intenzionata a restargli accanto. Difficile resistere a quello che si sta rivelando un vero assalto mediatico. Difficile specie se si ha una carriera davanti, dei titoli da difendere tutto da guadagnare e nulla da perdere. Lui, Alex, a questo punto cos’ha di fronte a sé? La ridente valle alpina in quel di Vipiteno? Le caprette che gli fanno ciao come ad Heidi? Una carriera sportiva di sicuro no. Ma pare sia un gran sollievo per lui.

«Ho vissuto tre anni difficili come atleta. Dopo gli Europei del 2012 non sono stato bene e ho detto anche che volevo smettere. Non ero più lucido: non avevo più piacere ad allenarmi 35 ore alla settimana. Arrivavo alla sera distrutto e vedo la mia fidanzata solo una volta al mese. Solo a sapere che dovevo faticare mi veniva la nausea» racconta. Già, ma quando tutti si aspettano qualcosa da te è difficile deluderli. Quando lo sport, che dovrebbe essere prima di tutto un piacere, vera passione, generoso donarsi agli altri e con gli altri condividere l’attimo di gloria, diventa nausea, allora come si fa a dimostrare di essere ancora forti?
«Ho avuto paura di fallire: volevo tutto e ho perso tutto». Ma davvero voleva tutto o quel tutto lo aspettavano gli altri da lui?

«Ho perso tutto». Lucida ammissione del nulla che ora è diventato. Era un carabiniere, ha disonorato l’Arma. Ma ammette che senza di essa a 18 anni non avrebbe potuto allenarsi. Ha tradito la sua famiglia, i suoi tifosi, ha tradito anche l’Arma. Non solo: «ho deluso tanta gente e chiedo scusa. Ho tradito la loro fiducia, spero che si possa andare avanti», dice. Deludere è forse peggio di tradire? Ironia della sorte, deludere deriva dal verbo latino ludere che significa giocare. Si è preso gioco di tanti o ha ingannato soprattutto se stesso? Propenderei per la seconda.

Ora non so quale futuro aspetti Alex Schwazer. Per essere campioni ci vuole la stoffa, una stoffa dura, resistente, non facile agli strappi. Con questo strappo gigantesco la stoffa non serve a nulla. Più o meno un buco con attorno l’ex campione.

Ormai è tempo di fermarsi un po’

semmai cercare di dormire un po’

frenando i ritmi della mente lasciando indietro

quello che dice la gente (Luca Dirisio, La ricetta del campione)

[immagine da questo sito]

OLIMPIADI: SCHWAZER RINUNCIA ALLA 20 KM DI MARCIA. SI È FATTO UNA SCORPACCIATA DI PINGUÌ


L’atleta italiano (per modo di dire) Alex Schwazer ha comunicato che non parteciperà alla 20 km di marcia del 4 agosto. Ufficialmente si è beccato un raffreddore. Per me, invece, ha fatto indigestione di Pinguì

Stai a vedere che la schermitrice Valentina Vezzali a metà gara sente un po’ di fame e si mangia un Kinder Cereali

Oddio, e se Federica Pellegrini si fa un’indigestione di Pavesini?