#CAPPUCCINODAY: PERCHÉ A TRIESTE VE LO SERVONO IN TAZZA PICCOLA?

capo in b

L’8 novembre in Italia si festeggia il #cappuccinoday, una bevanda calda che dal nome rimanda al colore del saio dei frati cappuccini. Sembra che l’inventore del cappuccino sia Marco d’Aviano, frate appartenente all’Ordine dei frati minori cappuccini, il quale sarebbe stato inviato a Vienna nel settembre 1683 da Papa Innocenzo XI per una missione diplomatica. Trovatosi in una caffetteria viennese, il frate, con l’intento di attenuare il gusto troppo forte del caffè, avrebbe aggiunto un po’ di latte. La nuova bevanda, inconsapevolmente da lui scoperta, avrebbe assunto il nome di kapuziner, che nella lingua tedesca significa appunto “cappuccino”.

Ci sono tuttavia altri racconti legati alla “scoperta” del cappuccino. Altre fonti attribuiscono l’invenzione a Franz Georg Kolchitzky il quale fu principale artefice della liberazione di Vienna dall’assedio ottomano. In cambio del suo aiuto, gli sarebbero stati offerti molti sacchi di caffè ma a Kolchitzky, come a tutti i viennesi, il caffè alla turca non piaceva perché troppo forte quindi vi aggiunse qualche goccia di latte.

Leggende a parte, in tutta Italia il cappuccino viene servito in tazza grande e il latte schiumato a volte viene cosparso di cacao. A Trieste, invece, tale bevanda viene servita nella stessa tazzina usata per il caffè espresso, mentre se il cliente vuole il cappuccino tradizionale deve chiedere un caffè latte.

La città giuliana è nota con l’etichetta di “capitale del caffè” grazie alle numerose industrie che trattano questo tipo di prodotto e grazie anche al suo porto che da oltre due secoli è la principale meta italiana per l’importazione dei chicchi. Inoltre, Trieste faceva parte dell’impero austro-ungarico quindi non ci deve stupire il fatto che la nuova bevanda da Vienna sia stata importata in città direttamente dall’Austria. Ciò tuttavia non spiega il motivo per cui il cappuccino a Trieste sia paragonabile al caffè macchiato servito nei bar al di là del ristretto confine cittadino. Pare quindi che non ci sia risposta alla domanda: “Perché a Trieste il cappuccino è servito in tazza piccola?”.

Se siete turisti e ordinate un cappuccino, probabilmente il cameriere vi chiederà “grande o piccolo?”, senza dubitare del fatto che siate foresti. Un triestino, infatti, chiede semplicemente un capo, con la variante assai diffusa di capo in b se lo vuole servito in un piccolo bicchiere. Naturalmente è possibile chiedere anche il nero in b e tutte le sue varianti che verranno servite in vetro.

Un’altra curiosità è relativa all’espresso: a Trieste si chiede un nero. Ma se vi trovate in Friuli e siete triestini, attenzione: l’ordine sarà evaso servendovi un… bicchiere di Merlot! Infatti, ordinando al bar un vino rosso si dice “un taj di neri”, il che alle 7 del mattino, per esempio, non è proprio il massimo. Specialmente se poi volete intingervi un cornetto (o croissant oppure briosche… anche qui i termini sono diversi a seconda del luogo in cui vi trovate).

Proprio per non smentire la fama di “capitale del caffé”, a Trieste ci sono innumerevoli varianti in cui viene somministrata la bevanda. Oltre al nero e al capo in b, potete chiedere un macchiato caldo o freddo (in questo caso vi serviranno un nero con a parte il latte freddo), un gocciato, un deca (decaffeinato) nero oppure capo, ma se volete un cappuccino in tazza grande dovete chiedere un caffè latte.

E ora non mi resta altro da fare che augurare a tutti un buon cappuccino!

[fonti: ansa.it, triesteprima.it, discovertrieste.it, sangiustocaffè.com, bora.la. L’immagine è tratta da questo sito]]

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