FRIULI – VENEZIA GIULIA, REGIONE LEADER NELL’INSEGNAMENTO DELLE LINGUE

Leggo su Tuttoscuola.com una notizia che mi riempie d’orgoglio e che mi fa piacere riportare per i miei lettori.

Il Friuli primeggia nell’insegnamento di lingua straniera

Il Friuli Venezia Giulia è all’avanguardia in Italia per aver avviato, da oltre 10 anni, l’insegnamento in lingua straniera di discipline non linguistiche. A riconoscerlo è lo stesso ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, che ha organizzato a Trieste, nella sede della Camera di commercio, la prima conferenza nazionale sul “Content and Language Integrated Learning (CLIL)”, cioè “Apprendimento integrato di lingua e contenuto” che in Friuli Venezia Giulia coinvolge una rete di 90 scuole e 370 insegnanti.

Una situazione definita “di grande partecipazione” sia dal direttore dell’Ufficio scolastico del Fvg Daniela Beltrame, che dall’assessore regionale all’Istruzione Roberto Molinaro, presente all’apertura dei lavori assieme al consigliere del ministro Gelmini, Max Bruschi. Da parte regionale è stato evidenziato che il plurilinguismo appartiene culturalmente alla dimensione del Friuli Venezia Giulia “tanto per le minoranze che qui vivono, quanto per le tendenze europeiste maturate nella seconda metà del 900 in particolare a Trieste, tornata italiana nel 1954”.

Il Friuli Venezia Giulia ogni anno accoglie 8 mila ricercatori provenienti da tutto il mondo. La Conferenza – a cui hanno partecipato l’ispettrice per le lingue della Lombardia, Gisella Langè e i massimi esperti mondiali di CLIL come David Marsh (università di Jyvaskyla), Peeter Mehisto (institute of education di Londra) e Maria Frigols (università di Valencia) – è diventata così un riconoscimento per Trieste e il Friuli Venezia Giulia e un’occasione – è stato affermato – per condividere con il sistema Paese un’esperienza proposta dalle scuole alle istituzioni come priorità.

Be’, tra quei 370 docenti ci sono anch’io. Un’unica osservazione: non so perché il CLIL sia concepito come insegnamento in lingua straniera (normalmente l’Inglese ma, in minor misura, anche le altre lingue comunitarie) di discipline non linguistiche. Lo stesso concetto è presente nelle Indicazioni Nazionali per l’attuazione della Riforma della Secondaria di II grado che prevede l’insegnamento CLIL nell’ultimo anno del corso di studi, sempre relativamente ad una disciplina non linguistica. Sull’argomento tornerò con più calma e con un post dedicato. Ora mi limito a dire che sono cinque anni che insegno Latino e Storia in Inglese, in moduli rigorosamente interdisciplinari, e non ci trovo nulla di inadeguato nella didattica di una Lingua antica come il Latino – ma in relazione al suo aspetto di civiltà e cultura, quindi non strettamente linguistico e letterario – in lingua Inglese. Nei Paesi anglofoni, e non solo, il Latino si insegna. Che c’è di male se noi Italiani lo insegniamo anche in Inglese?

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GELMINI DA FAZIO: “CHI VA IN PIAZZA PER LA SCUOLA PUBBLICA POI MANDA I FIGLI ALLE PARITARIE”

Il ministro del MIUR, Mariastella Gelmini, nel salotto televisivo di “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, in cui sarà ospite stasera, difende la sua riforma e tuona contro le manifestazioni di ieri, tenutesi nelle maggiori piazze italiane e organizzate dai partiti d’opposizione, a difesa della scuola pubblica. Secondo il ministro molti dei partecipanti non sono coerenti: Molti di quelli scesi in piazza per la scuola pubblica poi mandano i figli alle paritarie. E aggiunge: La trovo una incongruenza e forse vuol dire che non hanno poi tutta questa fiducia nella scuola pubblica.
Pur definendo legittima la manifestazione, il ministro ritiene che sia partita da un presupposto errato e cioè l’idea che il governo abbia attaccato la scuola pubblica e la Costituzione. Sulle parole di Berlusconi c’è stato un equivoco che adesso è stato chiarito.

Difendendosi dalle accuse dei “tagli” alla scuola pubblica, la Gelmini ha osservato: Ho tagliato solo gli sprechi.
Per avvalorare il suo operato, ha fatto l’esempio degli innumerevoli corsi di Laurea inutili e bizzarri e, soprattutto, dei soldi spesi per le pulizie nelle scuole: ci sono circa 200 mila bidelli ma si spendono 600 milioni per le imprese di pulizie. Ci sono più bidelli che carabinieri per avere le scuole sporche. Basta andare in un istituto qualsiasi, ha aggiunto, per rendersene conto.

E proprio i tagli, ha spiegato, hanno permesso di liberare fondi serviti per pagare gli scatti di anzianità che altrimenti sarebbero stati bloccati. Ha proseguito, quindi, la difesa del suo operato, affermando che i docenti italiani sono pagati pochissimo perché sono troppi, un quantitativo superiore al fabbisogno, ne consegue che i “tagli” erano e continueranno ad essere necessari. Tuttavia, adeguare gli stipendi ai livelli europei è un’umpresa assai difficile: il ministro ha ricordato che chi insegna in una scuola superiore con 15 anni di anzianità in Italia prende circa 20 mila euro in meno di un collega tedesco. Dobbiamo pagarli adeguatamente – ha sottolineato – ma se cresce il numero all’infinito sono proletarizzati.

Aspettando di vedere, in verità con estrema riluttanza, la trasmissione di Fazio stasera, mi permetto qualche osservazione: la riforma ha tagliato un buon numero di ore nei piani di studio, comportando la diminuzione delle cattedre; sono state soppresse le piccole scuole (specie in montagna) operando degli accorpamenti, quindi anche con questa manovra sono diminuite le cattedre; si è proceduto alla saturazione di tutte le cattedre a 18 ore, comportando anche in questo caso un bel taglio di cattedre; è stato aumentato il numero degli allievi per classe, diminuendo, ancora una volta, il numero dei docenti.
Tutto questo a scapito della didattica e causando un superlavoro dei docenti (ne sono testimone in prima persona) che spesso si trovano in difficoltà nell’onorare gli impegni, come preparare le lezioni, correggere gli elaborati, produrre materiale didattico “innovativo”, presenziare ad un maggior numero di riunioni … Siamo pagati poco, è vero, ma lavoriamo al meglio delle nostre possibilità, almeno la maggior parte di noi. Nonostante tutto, la prospettiva, oltre a quella di dover lavorare fino a 65 anni, uomini e donne, è quella di essere proletarizzati, sempre che nel frattempo non si sia rimasti senza lavoro. C’è da stare allegri.

[fonte: Il Sole 24 ore]

AGGIORNAMENTO ORE 21:30

Nel corso della trasmissione il ministro Gelmini ha informato i telespettatori che è in vendita il suo libro di fiabe Quando diventerai grande, scritto mentre aspettava la sua bambina, Emma, edito da Mondadori. Ha tenuto a precisare che il ricavato delle vendite sarà devoluto all’Associazione Iris che si occupa, tra l’altro, delle giovani madri con problemi oncologici.

[ultimo aggiornamento: 14 marzo 2011]

BERLUSCONI: “GLI INSEGNANTI? PAGATI TROPPO POCO”


La scorsa settimana il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha dichiarato ai quattro venti che gli insegnati della scuola pubblica non sono in grado di educare gli allievi, oggi afferma che sono pagati troppo poco. Che fa? Ci vuole mettere, come si suol dire, la pezza? Oppure sente già le elezioni vicine, almeno quelle amministrative, ed è a caccia di voti e consensi? In questo caso, però, viste le difficoltà in cui naviga quel vascello senza nocchiere che ormai è la scuola italiana, dove il ministero latita e la ciurma, cioè gli insegnanti, cerca di non farlo affondare, dubito che li troverà.

Il premier, uno e bino (trino ancora no), è intervenuto, nel giro di poche ore, alla conferenza delle donne del Pdl poi, in collegamento telefonico, ad un’iniziativa del Pdl ad Avezzano, rivolgendosi agli amministratori pidiellini e supporter di Noi Riformatori accorsi nella sala del Don Orione della cittadina abruzzese.
Fra le altre cose ha parlato, come già anticipato, di scuola: ha sottolineato di non averla mai attaccata (davvero?), ma di aver semplicemente difeso il diritto delle famiglie cattoliche meno abbienti ad avere un «buono» per la scuola privata. Non voleva attaccare gli insegnanti, dunque, che nella scuola pubblica «svolgono un ruolo fondamentale». Anzi, è consapevole che il loro stipendio è «assolutamente inadeguato».

Non è dato sapere, però, con quali risorse possa adeguarlo … a cosa? Ai parametri europei, suppongo. Oppure alla dignità che spetta ad una professione ormai considerata di serie B. In ogni caso, Berlusconi ha ribadito che il suo governo per la scuola ha fatto molto: « Noi abbiamo fatto la riforma della scuola per ridare dignità agli insegnanti che ricevono per quello che fanno uno stipendio inadeguato. Per la sinistra invece la scuola è sempre stato un serbatoio elettorale dove organizzare il consenso».

Qualcosa mi sfugge: la riforma ha ridato dignità ai docenti? In che modo? Tagliando le cattedre, diminuendo le ore di lezione per alcune materie (specialmente nell’area umanisìtica e linguistica) e aumentando il numero di studenti per classe?
E che dicono della loro dignità i precari che si ritrovano in mezzo alla strada? Potrebbe sempre chiederglielo.

La sinistra ha usato la scuola come serbatoio elettorale dove organizzare il consenso? Perché lui cosa sta facendo?

Quando si dice coerenza

[fonti: Il Corriere e Leggo.it; immagine da questo sito]

ARTICOLI CORRELATI: Gli insegnanti, i meno pagati di tutti i dipendenti pubblici e Brunetta: … gli inseganti non sono pagati poco per quel che fanno

2010: UN ANNO DI SCUOLA, MESE PER MESE

Ecco, in riepilogo, i principali avvenimenti che hanno caratterizzato, nel 2010 appena trascorso, il mondo della scuola. (I LINK rimandano agli articoli che trattano gli argomenti in questione pubblicati in questo blog).

GENNAIO
Il ministro Gelmini introduce per via amministrativa il tetto del 30% per la quantità massima di alunni stranieri per classe (cioè per scuola). Severe critiche vengono mosse, da destra e da sinistra, soprattutto in considerazione del fatto che da questo calcolo dovrebbero essere esclusi gli stranieri nati in Italia (seconda generazione).
Alcuni esponenti del mondo giudiziario avanzano dei dubbi sulla costituzionalità del provvedimento e chiamano in causa pure la Convenzione dell’Onu sui diritti dei fanciulli. Inoltre, si sottolinea l’impossibilità di rispettare il “tetto” in alcune realtà geografiche (specie del nord) dove gli immigrati sono numerosi e molto più prolifici degli Italiani stessi. Tuttavia, secondo i dati del ministero, gli sforamenti del “tetto” risultano esigui.

Nello stesso tempo, un’indagine di Bankitalia insinua che la scuola pubblica stia scadendo a causa del massiccio numero di immigrati presenti nelle nostre aule scolastiche. Ciò potrebbe portare ad un rilancio della scuola privata con conseguente riduzione dei finanziamenti elargiti dallo Stato per la scuola statale a vantaggio degli istituti privati. (LINK)

Vengono resi noti i risultati di un’indagine condotta dall’InValsi che ha incaricato dei docenti esperti di visionare 6000 temi svolti all’Esame di Stato di due anni fa. Ebbene, parrebbe che errori di ortografia, uso inappropriato della punteggiatura, periodi senza senso: sono sbagli che ricorrono con preoccupante frequenza. Le polemiche non mancano. (LINK)

Alla mezzanotte del 23 gennaio, il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini ha detto sì al fidanzato, l’imprenditore Giorgio Patelli. Il rito civile è stato celebrato nell’incantevole Sirmione, sul lago di Garda, dal sindaco Alessandro Mattinsoli, alla presenza dei fratelli e testimoni Cinzia e Giuseppe e di alcuni parenti dello sposo. È la prima volta, nella storia della Repubblica, che un ministro in carica si sposa. (LINK )
Il matrimonio della Gelmini, che è già in attesa della figlia primogenita, con un divorziato suscita inutili polemiche. (LINK )

FEBBRAIO
Il 4 febbraio, il Consiglio dei Ministri approva i Regolamenti presentati dal MIUR nel giugno del 2009, già oggetto di discussione nelle Commissioni Cultura della Camera dei Deputati e del Senato, su cui anche il Consiglio di Stato ha dato parere favorevole, seppur richiedendo degli aggiustamenti.
La riforma della Secondaria di Secondo grado partirà, come previsto, dall’anno scolastico 20010/2011, per le sole classi prime e non, come annunciato in precedenza, dall’intero biennio. Per la Gelmini si tratta di una svolta epocale: la scuola secondaria di II grado, infatti, non era mai stata riformata dalla legge Gentile del 1923. Il ministro non si prende, tuttavia, ogni merito, precisando che per elaborarla abbiamo attinto sia dalla riforma messa a punto a suo tempo dal ministro Moratti sia per l’istruzione tecnica e professionale da quanto realizzato dal precedente Governo. (LINK)

La Fondazione Agnelli presenta un rapporto in merito allo stato di salute della scuola italiana. L’indagine si basa sui dati Ocse-Pisa che si riferiscono ai quindicenni italiani: al sud sono “indietro”, mediamente, di un anno e mezzo rispetto agli studenti del nord Italia. Un dato poco confortante, considerato che “rovinano” la media nazionale, anche se certamente non per colpa loro. (LINK)

MARZO
Il crocifisso rimane in aula (per ora): la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo accoglie il ricorso presentato dall’Italia contro il parere favorevole espresso dalla stessa Corte nei riguardi della richiesta inoltrata dalla signora Soile Lautsi Albertin, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all’istituto comprensivo statale Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocifissi dalle aule in nome del principio di laicità dello Stato. (LINK)

A seguito della pubblicazione di una lettera riservata, inviata dal direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, Marcello Limina, a tutti i dirigenti scolastici della regione Emilia-Romagna, con la quale si invita il personale scolastico ad evitare critiche a mezzo stampa nei confronti del Ministero, infuriano le polemiche. Il ministero si difende invocando l’obbligo di lealtà, cui sono tenuti gli insegnanti, verso lo Stato e l’Amministrazione da cui dipendono, come, del resto, tutti i pubblici dipendenti. È un problema delicato che, con riferimento alla Costituzione, chiama in causa contemporaneamente i principi di libertà di opinione del cittadino (art. 3) e gli obblighi di servizio esclusivo verso la Nazione dei dipendenti pubblici (art. 98).

Aumentano i 5 in condotta: in un Comunicato Stampa il MIUR rende noti gli esiti degli scrutini del I quadrimestre nelle scuole secondarie italiane. I dati riguardano l’80% delle scuole di I e II grado e non sono per nulla confortanti: 63.525 allievi (su un totale di scrutinati pari a 3.875.987) hanno riportato l’insufficienza nel comportamento, 11.181 in più rispetto allo scorso anno. (LINK)

I Regolamenti per la Riforma della scuola secondaria superiore vengono firmati dal Capo dello Stato, sotto forma di DpR, al termine di una lunga e travagliata procedura consultiva durata circa dieci mesi.
Dopo la firma di Napolitano, il Miur provvede, comunque, a emanare alcuni provvedimenti necessari all’avvio della riforma, come, ad esempio, l’ordinanza degli organici, senza attendere la pubblicazione dei Regolamenti in Gazzetta Ufficiale (e la conseguente entrata in vigore), provocando la reazione di alcuni sindacati che impugnano alcuni atti amministrativi davanti al Tar.

APRILE
Il 10 aprile alle 10:53 a Brescia nasce Emma, la primogenita del ministro del MIUR Mariastella Gelmini. La bambina, nata con il parto cesareo, pesa 2,9 chilogrammi e gode di buona salute, come la mamma. (LINK) Il ministro ritorna presto all’ordinaria attività politica, confermando i propositi di comportarsi come qualsiasi mamma che lavora. Le dichiarazioni avevano a suo tempo sollevato un coro di polemiche. (LINK)

Ad una settimana dal parto, la Gelmini partecipa ai lavori del tavolo delle Infrastrutture per l’Expo al Pirellone e incontra il presidente Formigoni per parlare delle novità in materia di istruzione. Si dimostra favorevole alle graduatorie regionali per il reclutamento degli insegnanti, proposta avanzata, con insistenza, dalla Lega. Il ministro dichiara di voler porre fine al “balletto degli insegnanti” che, nominati “fuori sede”, fanno di tutto per essere trasferiti più vicino al luogo di residenza l’anno successivo. (LINK)

MAGGIO
Il trattamento di fine servizio (TFS), meglio noto come liquidazione o indennità di buonuscita per i dipendenti pubblici, non esisterà più e verrà sostituito dal TFR, trattamento di fine rapporto.
Lo prevede la manovra finanziaria del decreto legge 78/2010, poi convertito in legge, che estende a tutti i dipendenti statali il TFR (già applicato dal 2000 ai nuovi assunti e al personale a tempo determinato) e, come è noto, in vigore da sempre per i dipendenti del settore privato.
Nel cambio il dipendente non ci guadagna, soprattutto se durante la carriera ha cambiato profilo professionale, come nel caso dei docenti diventati per concorso dirigenti scolastici (per quelli più anziani e di recente nomina lo svantaggio economico può essere pari ad un terzo e più).

Il 22 maggio, all’Assemblea Nazionale del Pd, Per Luigi Bersani esterna le proprie impressioni in maniera piuttosto esplicita, e nello stesso tempo offensiva, sul ministro Gelmini. Il leader del Pd, rivolto parlando degli insegnanti osserva: “Io sono per fare uscire da questa assemblea una figura eroica, i veri eroi moderni, gli insegnanti che inseguono il disagio sociale in periferia, lottano contro la dispersione”, peccato, però, che subito dopo dia una sua interpretazione personalissima, sulle relazioni che intercorrono tra il ministro e gli insegnanti asserendo che “la Gelmini gli rompe i coglioni”. (LINK)

Il 26 maggio viene reso noto il testo definitivo delle Indicazioni nazionali per il riordino dei percorsi liceali. (LINK)

GIUGNO
Con decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali del 15 giugno, vengono individuati percorsi triennali di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) per il conseguimento di qualifica professionale regionale (ne sono previste 21).
Con l’Intesa tra Stato e Regioni del 16 dicembre 2010 si prevede che presso gli istituti professionali statali, a cominciare dal 2011-12, i ragazzi iscritti ai normali corsi quinquennali per il conseguimento del diploma possano chiedere anche di conseguire la qualifica professionale regionale al termine del triennio.

LUGLIO
Il 15 luglio l’Ufficio stampa del MIUR rende nota la collaborazione di Roger Abravanel al PQM (Piano Nazonale di Qualità e Merito), un progetto attraverso il quale il ministro Mariastella Gelmini si propone di migliorare la qualità della scuola italiana, estendendo l’esperienza dei test predisposti dall’INValSi a 50 mila alunni, contro i 17.600 che hanno partecipato all’esperienza nello scorso anno scolastico. (LINK)

Dal quotidiano La Stampa viene pubblicata una lettera aperta al ministro Gelmini scritta da una studentessa la cui iscrizione è rifiutata, per mancanza di posti, dal liceo cui l’aveva inoltrata. La ragazza attribuisce la responsabilità dell’accaduto ai “tagli” operati dal ministro con la Riforma. (LINK).
Sulle pagine del medesimo quotidiano la Gelmini replica alla ragazza: “I miei tagli non c’entrano” (LINK)

La carriera dei docenti si arresterà per i prossimi tre anni. Secondo il comma 23 dell’art. 9 del decreto legge 78/2010, confermato nella legge di conversione, la progressione di carriera del personale scolastico in servizio, d’ora in poi, sarà ritardata di tre anni fino al momento della pensione e il personale incasserà gli aumenti per il passaggio di gradone sempre tre anni dopo, perdendo, quindi, altrettanti anni di aumento fino al termine della carriera.
I ritardi di riscossione costeranno complessivamente per i più giovani fino a 29 mila euro, secondo i valori contrattuali attuali.
Quegli anni “congelati” saranno, però, utili per l’anzianità pensionistica (i contributi continueranno, infatti, ad essere versati regolarmente), tutti i futuri scatti di gradone saranno ritardati di tre anni.
Per il 2011, utilizzando in buona parte i risparmi dedicati al merito, gli scatti sono assicurati da un intervento del ministro Gelmini con il benestare del ministro Tremonti.

AGOSTO
All’inizio del mese, Il MIUR, in un comunicato, rende note alcune novità per quanto riguarda la scuola. Ecco, in sintesi, di cosa si tratta: promozioni del merito e nuove assunzioni (immissioni in ruolo per 10.000 insegnanti, 6.500 unità di personale ATA e 170 Dirigenti scolastici).
Sarà bandito entro l’anno 2010 un nuovo concorso per Dirigente scolastico. I posti saranno 2.800. (LINK)

Verso metà mese il MIUR comunica i dati definitivi sugli esiti dell’Esame di Stato 2010. I non ammessi nel 2009 erano stati 17 mila (5,1%), quest’anno (con l’introduzione della norma che prevede tutte sufficienze) sono stati oltre 23 mila (cioè il 6,6%). Accanto a questo dato, si mette in evidenza una leggera flessione della percentuale del numero degli studenti che non hanno ottenuto il diploma: dal 2,15 % dello scorso anno al 2,05 del 2010. Un dato preoccupante è quello relativo ai non ammessi all’esame a causa del 5 in condotta: lo scorso anno erano poco più di 5mila, quest’anno sono stati 8.403. (LINK)

Sempre a proposito degli Esami di Stato, il ministro critica l’alta percentuale di 100 e lode al sud, in netta contraddizione rispetto ai risultati dell’InValsi che vedono gli studenti del meridione meno preparati dei compagni settentrionali. (LINK)

SETTEMBRE
I nuovi regolamenti per gli Istituti di Istruzione Secondaria di II Grado portano delle novità per chi si appresta a iniziare il prossimo anno scolastico. In primis, viene finalmente messa in primo piano la questione delle assenze: chi non frequenterà almeno i tre quarti dell’orario annuale, ovvero supera il limite dei 50 giorni, rischia la bocciatura. Con l’avvio della riforma delle superiori, dunque, la vita degli “assenteisti” abituali senza motivi validi si farà più dura. Ovviamente, però, in casi eccezionali sono previste deroghe, in quanto è possibile che le assenze frequenti o prolungate siano giustificate da patologie particolari che possano essere oggettivamente dimostrate. Ma, in generale, chi non rispetta il limite minimo, come si legge nel regolamento ministeriale, viene escluso dallo scrutinio finale, quindi costretto a ripetere l’anno.

Novità anche per il calcolo del credito scolastico che concorre al punteggio finale dell’Esame di Stato: sarà di 25 punti, cioè il massimo, solo per gli allievi che avranno una media compresa tra il 9 e il 10, non più fra l’8 e il 10, come avveniva in passato.
Per ora la nuova disposizione si applica ai ragazzi del terzo e quarto anno, nel 2011 si andrà a regime anche in quinta. (LINK anche per la precedente notizia)

In occasione dell’avvio dell’anno scolastico 2010/11, la Gelmini torna ad affrontare il problema del precariato osservando che nessun governo sarebbe in grado di assorbire 200mila precari e attribuendo la gravità della situazione attuale ai passati governi che, per ottenere consensi, avrebbe elargito incarichi annuali ai supplenti senza che ce ne fosse una reale necessità.

Da un’inchiesta condotta da ItaliaOggi, risulta che, considerando il numero dei precari, cioè 240mila, e l’assunzione prevista di 10mila all’anno, in ventiquattro anni tutti possano avere la speranza di essere nominati in ruolo. (LINK anche per la precedente notizia)

Anche il ministro Renato Brunetta si sente di dire la sua sulla situazione critica dei precari della scuola: considerando l’età media piuttosto elevata e il fatto che una buona fetta di precari non sono stati immessi in ruolo negli ultimi quindici anni, il ministro li invita a cambiar mestiere. Poi, esterna anche il suo punto di vista sullo stipendio degli insegnanti italiani che è sì più basso di quello dei colleghi europei, ma lavorano molto meno, in termini di orario. Inoltre, sempre secondo Brunetta, il sistema scolastico italiano costa tanto e rende poco, non c’è meritocrazia e altissimo è il livello di assenteismo degli insegnanti che implica legioni di supplenti. (LINK)

In risposta agli esiti dell’indagine condotta da Italiaoggi, il MIUR rassicura che ci vorrà molto meno tempo per assorbire i precari: sette anni. Questo perché i “tagli” effettivi sono stati minori rispetto al previsto: in un comunicato di Palazzo Chigi si rende noto che «nel 2009 i tagli effettuati nella scuola ammontavano a 42 mila unità ma con 30 mila pensionamenti sono scesi in realtà a 12 mila. Quest’anno il taglio previsto era di 25 mila posti ma sono scesi a duemila considerando le uscite per pensione. Dunque in totale si tratta 14 mila persone senza posto. Abbiamo motivo di credere che a queste 14 mila persone sarà trovato un lavoro.»
Viene, inoltre, resa nota la modalità di reclutamento dei docenti e l’obbligo del Tirocinio Formativo Attivo. (LINK anche per la precedente notizia)

Oscar Danilo Lancini, sindaco di Adro (Brescia), leghista, inaugura il nuovo polo scolastico dell’istituto comprensivo locale, disseminandolo di 700 “soli delle Alpi”, il simbolo che la Lega ha adottato da anni e che sventola nelle bandiere bianco verdi nelle manifestazioni del Carroccio.
Il sindaco si ostina a difendere quel simbolo come rappresentazione della cultura locale (un “sole” è inciso sul muro esterno del duomo di Adro), ignorando il fatto che “il sole” è presente in tante altre località italiane (anche al sud) e mediterranee (si trova anche in alcuni antichi templi egizi).
Il ministro Gelmini non condivide la presenza dei “soli” e incarica il direttore generale dell’Ufficio scolastico della Lombardia di disporne la rimozione. Il sindaco resiste e minaccia querele. La Lega non lo critica apertamente ma nemmeno lo difende. (la vicenda sembra una telenovela: ne ho scritto QUI e QUI)

OTTOBRE
L’inizio dell’anno porta lo scontento nelle scuola italiane. Contrari ai “tagli” della Gelmini e alle conseguenze dell’introduzione della Riforma della Secondaria di II grado, in gran parte delle scuole i professori decidono di non accompagnare gli studenti nel cosiddetto “viaggio di istruzione”, meglio noto con il termine “gita”. (LINK). Questa decisione porterà ad una crisi nel settore turismo e le agenzie di viaggio ne faranno le spese. Per ovviare alla situazione critica, alcune regioni propongono delle superofferte per le classi in gita. (LINK)

Brutte notizie per il ministro del MIUR: la Corte d’appello di Brescia condanna il Ministero della Pubblica Istruzione a risarcire con oltre 13 mila euro una professoressa bresciana per gli anni di sevizio prestati da precaria, senza percepire lo stipendio nei mesi estivi. La docente si è rivolta al Tribunale contro un’abitudine vietata da una Direttiva della Corte di giustizia europea, recepita anche dalla legislazione italiana ma finora mai applicata. Ora avrà gli stipendi estivi degli ultimi 5 anni, con gli interessi. (LINK)

Un disegno di legge presentato al Senato dalla Lega nord propone la non ammissione ai Giochi della Gioventù agli allievi che non hanno un profitto sufficiente in tutte le discipline. Ovviamente la proposta fa discutere. (LINK)

Il Parlamento approva definitivamente la legge del “collegato al lavoro” che mesi prima il Presidente della Repubblica aveva rinviato alle Camere.
Tra le diverse disposizioni ve n’è una sull’apprendistato che viene considerato come attività formativa valida ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione dal 15° anno di età. La disposizione, che affonda le sue radici normative nella legge Biagi del 2003, modifica la legge sull’innalzamento dell’obbligo di istruzione (Finanziaria 2007) che aveva disposto il limite minimo di età per l’accesso al lavoro a 16 anni, un limite che la nuova legge abbassa nuovamente a 15.

NOVEMBRE
Il 4 e 5 novembre a Parigi si riuniscono i ministri dell’educazione dei 33 Paesi attualmente membri dell’OCSE, cui si sono aggiunti anche i rappresentanti di altri Stati (tra cui la Russia) candidati a far parte della prestigiosa organizzazione intergovernativa creata nel 1947 per promuovere la cooperazione e lo sviluppo economico tra le nazioni industrialmente più avanzate.
L’incontro ha come tema Investing in Human and Social Capital: New Challenges. Al termine dei lavori, viene pubblicato un breve documento riassuntivo elaborato dalla presidenza a tre (Austria, Messico e Nuova Zelanda) ma condiviso da tutte le rappresentanze nazionali.
Quattro sono le priorità individuate:
1. fronteggiare gli effetti della crisi sui sistemi educativi;
2. adeguare le competenze lavorative ai nuovi bisogni;
3. formare insegnanti preparati per il XXI secolo;
4. rafforzare le positive ricadute sociali dello sviluppo dei sistemi educativi. (LINK )

Nel 2008 l’articolo 64 della legge 133 aveva previsto di destinare il 30% dei risparmi derivanti dai tagli di organico alla valorizzazione professionale del personale scolastico. Alla verifica del 2010 la quota destinata al 30% risulta però quasi dimezzata, ma soprattutto, dopo la nuova manovra finanziaria che ha congelato scatti di anzianità e contratto, il Governo la dirotta in buona parte ad assicurare per il 2011 proprio al progressione economica di carriera, lasciando una esigua quota per la premialità.
Il ministro Gelmini affianca al recupero degli scatti di anzianità la sperimentazione di due progetti di valutazione, con finalità premiali, riferiti il primo alla qualità delle prestazioni dei docenti e il secondo alla qualità dell’azione svolta dalle scuole. (ne ho scritto in più post: QUI e QUI)

DICEMBRE
Viene presentato a Parigi il quarto Rapporto Ocse-Pisa relativo ai livelli di competenza dei quindicenni rilevati nel 2009, con riferimento a tre discipline di base: lingua, matematica e scienze. L’Italia ne esce un po’ meglio del passato. Si tratta di miglioramenti rispetto alle due precedenti edizioni del Rapporto che avevano evidenziato bassissimi livelli di competenza dei nostri quindicenni.
Il confronto sulla competenza di lettura evidenzia un sostanziale recupero rispetto alle indagini 2003 e 2006, quando si era registrato un preoccupante abbassamento dei livelli di competenza dei nostri quindicenni rispetto alla prima indagine comparativa Pisa, quella del 2000. Recupero che riguarda in particolare le quattro regioni meridionali beneficiarie degli interventi comunitari dell’Obiettivo Convergenza, Campania, Calabria, Sicilia, Puglia.
In classifica gli studenti italiani risultano 29esimi su 74; nel 2006 erano stati 33esimi su 57.

Se gli studenti possono tirare un sospiro di sollievo, i docenti hanno poco di cui rallegrarsi, almeno in termini economici. L’annuale Budget dello Stato che il dipartimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze pubblica a fine anno conferma anche per il 2011 la previsione che il personale della scuola sarà fanalino di coda nelle retribuzioni dei dipendenti pubblici, come era già successo per il 2010.
La media generale del costo annuo medio persona, che corrisponde sostanzialmente alla retribuzione media percepita, è di 42.511 euro per dipendente pubblico.
Il costo annuo medio persona per i dipendenti del ministero dell’istruzione è invece pari a 39.640 euro, ed il più basso in assoluto tra i dipendenti di tutti i comparti pubblici. (LINK)

La sperimentazione del merito, proposta con grande entusiasmo dal ministro Gelmini, rischia un clamoroso flop. La maggior parte delle scuole interessate al progetto sperimentale per premiare il merito rifiuta, infatti, l’adesione. (ne ho scritto QUI e QUI)

Ma dopo una cocente delusione, è subito in arrivo per il ministro una grandissima soddisfazione: in pieno periodo pre-natalizio il Senato approva la riforma dell’Università, dopo mesi di accesa polemica e di valutazioni contrastanti, culminati nelle manifestazioni di protesta, anche violenta degli studenti.
L’approvazione comporta il superamento dei quasi 500 emendamenti presentati dall’opposizione. A fine anno il presidente della Repubblica promulga la legge di riforma, accompagnandola con alcune osservazioni per superare talune criticità rilevate. (LINK)

Infine, per il sindaco di Adro, Lancini, dei doni speciali da parte di ben due Babbi Natale: un ottimo cous cous preparato da una famiglia marocchina del luogo, al posto del panettone, album da disegno, pennarelli, goniometro e righello per far sì che sindaco e consiglieri possano consolarsi dipingendo tanti Soli delle Alpi sugli album, e un “pennello grande” per cancellare l’enorme simbolo padano dal tetto del polo scolastico, unico Sole delle Alpi rimasto. (LINK)

[alcune informazioni sono tratte da Tuttoscuola.com; le immagini sono tratte da questo sito]

GELMINI E SPERIMENTAZIONE DEL MERITO: ECCO PERCHÉ NO

Ormai è noto che la maggior parte delle scuole coinvolte nella sperimentazione del merito (su proposta univoca del ministro Mariastella Gelmini) ha deliberato, all’interno del Collegio dei Docenti, di non aderire alla proposta. Su diversi siti web compaiono elenchi di scuole che hanno detto no e in altri siti si riportano dei fac-simile di delibere.

Ecco, ad esempio, le motivazioni del no proposte dai Cobas:

 il rinnovato tentativo da parte del Ministero di introdurre nella scuola pubblica dei sistemi di valutazione del merito ha come scopo la diffusione della concorrenza (tra le scuole e all’interno personale docente) e la gerarchizzazione del personale;
 i singoli istituti verranno valutati in gran parte sulla base dei test Invalsi, i quali si sono dimostrati negli anni, del tutto inadeguati a misurare il livello di apprendimento degli alunni e del tutto estranei a valutare l’effettiva funzione della scuola nella crescita delle nuove generazioni;
 le verifiche esterne saranno effettuate da un team la cui “indipendenza” è tutt’altro che evidente e comprovata;
 verrà stilata una graduatoria tra le scuole e, cosa peggiore, individuata una fascia di migliori con una percentuale massima del 25%! (se le scuole fossero tutte allo stesso livello, su che base si dovrebbe scegliere chi fa parte del 25% dei fortunati?)
 verrà istituito un Nucleo ristrettissimo di persone atte a valutare il restante personale, imprimendo un duro colpo ai processi democratici decisionali interni alla scuola, accentrando sempre più i poteri nelle mani di pochi;
tale sperimentazione, se venisse attuata comporterebbe ripercussioni altamente negative per la dignità del lavoro docente, dell’insegnamento come lavoro collettivo e ancora di più per la didattica e lo sviluppo del sapere critico;

A ciò si aggiunga il fatto che la sperimentazione è sottofinanziata (come ho spiegato QUI) e le risorse sono derivate da parte dei risparmi ottenuti grazie ai “tagli” operati in seguito all’applicazione dell’art. 64 della Legge 133 (“tagli” attribuibili all’esigenza del risparmio stabilita da Tremonti piuttosto che dalla Gelmini stessa).
Di tutto questo ho già parlato in altri post; in particolare in questo avevo espresso le mie perplessità che, guarda caso, coincidono con quelle messe in evidenza dal fac-simile di delibera riportato sopra. L’unica cosa che, sinceramente, non mi aspettavo è questo coro di no; anzi, prevedevo una corsa al premio che, invece, non c’è stata. La cosa non può che farmi piacere perché denota la serietà dei docenti che sono stufi di essere presi in giro. Rimane, tuttavia, il sospetto che questa sia una presa di posizione puramente politica, come ho già detto altrove.

Dire no, almeno per me, non significa schierarsi. Qui non si tratta di essere o non essere d’accordo con questo o quel sindacato, non è una questione politica. Si tratta di essere obiettivi e di guardare il mondo della scuola “dal di dentro”, conoscendone le dinamiche. La non condivisione generale vorrà pur dire qualcosa. E non si tratta di concludere, in modo semplicistico, che la scuola italiana, e di conseguenza i docenti, non ha voglia di essere giudicata. La questione non è la valutazione in sé ma il modo in cui si pretende di valutare la scuola che non è un’azienda qualunque, dove chi è bravo e produttivo merita un premio e gli altri a casa. Perché nelle scuole ci sono tante variabili che condizionano i risultati, perché gli allievi costituiscono il “materiale umano” su cui si lavora, non plasmabile o adattabile alle esigenze del mercato. Perché se in Italia ci sono moltissime scuole che funzionano, le altre, quelle che funzionano un po’ meno, si ritroverebbero a fare le cenerentole, senza che nessuno si preoccupi di risollevarle da una condizione di debolezza che può dipendere, ancora una volta, da fattori esterni e dinamiche complesse che non sono necessariamente attribuibili all’incompetenza del corpo docente.

La non condivisione, dunque, non dev’essere letta come un “no perché no”. Piuttosto si deve ricercare la causa di questo no ed io la vedo, in particolare, nella volontà di calare dall’alto un progetto debole e non oggettivo, come dovrebbe essere, senza che nessuno abbia interpellato in primis chi lavora nella scuola e fa tutto il possibile perché non costituisca il fanalino di coda dell’istruzione europea e non europea.
La condivisione sottintende prima di tutto la conoscenza (non a posteriori, bensì a priori), e in secondo luogo la partecipazione. Gli insegnanti e le scuole chiedono di essere coinvolti in un processo che dovrebbe servire a migliorarsi, evitando tuttavia una classifica che si adatta alle canzoni della Top Ten. Noi non abbiamo nulla da vendere; i “nostri” banchi sono quelli su cui siedono dei giovani che hanno diritto di imparare per non essere gli ultimi della classe, non quelli del mercato dove si vende la frutta più bella che talvolta non è nemmeno la più buona.

[l’immagine è tratta da questo sito]

AGGIORNAMENTO DEL POST, 4 GENNAIO 2011

Mentre prosegue il dibattito fra e con i miei lettori, un esperto in materia, Giorgio Israel, stretto collaboratore del ministro Gelmini nell’ambito della formazione degli insegnanti, esprime la sua disapprovazione sugli strumenti di valutazione proposti dalla Commissione per assegnare l’ormai famigerato “premio al merito” che pare le scuole interpellate rifiutino con decisione.

Riporto sull’argomento, per brevità, un articolo apparso su Tuttoscuola.com in cui si fa un sunto della posizione di Israel, rimandando alla lettura, se interessa, dell’intero articolo che l’autore stesso ha pubblicato sul suo blog (LINK).

No alla valutazione dei docenti da parte di famiglie e studenti, e neppure da parte dell’Invalsi, come prevede la sperimentazione del Ministero: meglio affidarsi a organi ispettivi esterni.

Questa è la posizione espressa da Giorgio Israel, stretto collaboratore del ministro Gelmini in materia di formazione dei docenti, in un suo documento pubblicato nel sito della Gilda degli Insegnanti.

Le osservazioni formulate da Israel contrastano in maniera significativa con le conclusioni della Commissione che ha messo a punto il progetto di sperimentazione del merito, peraltro respinto dai docenti di molte delle scuole interessate. Secondo Israel l’Invalsi deve restare rigorosamente fuori dalla valutazione dei docenti e anche l’ipotesi di fare degli utenti, cioè studenti e famiglie, i principali attori della valutazione della scuola e dei docenti, è una “scorciatoia illusoria” anche perché esposta a gravi errori.

L’idea che la scuola sia un’azienda fornitrice di beni e servizi e che studenti e famiglie ne siano l’utenza è sbagliata: il sistema migliore di valutazione dell’istituto scolastico e dell’insegnante secondo Israel è quello affidato a competenti in materia, che sono gli ispettori e anche gli stessi insegnanti.

Più che test standardizzati servono relazioni dettagliate e libere nello stile e nei contenuti. “Quel che mi sembra fondamentale assumere come punto di vista”, sottolinea Israel – “è che il processo di valutazione deve essere inteso come un processo culturale e non come un processo manageriale

.

Sono particolarmente soddisfatta di pensarla come Israel e di aver fatto le sue stesse obiezioni. Ciò non fa che confermare che qualcosa della scuola ne capisco.

N.B. Anche se l’articolo di Israel è datato 20 novembre 2010, ne ho avuto notizia solo oggi. Lo sottolineo perché qualcuno non pensi che ne ho tratto ispirazione per il post e per i commenti, facendo mie le valutazioni sue.

PREMI AL MERITO PER I DOCENTI: LA SPERIMENTAZIONE GELMINI RISCHIA UN CLAMOROSO FLOP

Riporto il seguente articolo da Tuttoscuola.com:

Il ministro Gelmini ha deciso di sperimentare in alcune città la premialità per preparare organicamente, risorse finanziarie permettendo, un sistema di valutazione che riconosca e premi adeguatamente la professionalità dei docenti.

Dai risparmi di sistema è stata individuata una quota che dovrebbe consentire ai docenti positivamente valutati di incassare un premio di una mensilità (equivalente ad una 14.ma mensilità).

I collegi docenti delle città prescelte (Torino e Napoli) devono deliberare entro il 20 dicembre se aderire o no alla sperimentazione della valutazione dei docenti voluta dal ministro Gelmini. Le riunioni dei collegi, però, a quanto riferisce “La stampa” di Torino, si vanno concludendo con delibere negative, passate a grande maggioranza o all’unanimità.

Le motivazioni alla base dei no sono diverse e vanno dal rifiuto della commissione giudicatrice interna all’esiguità del premio, dalla mancanza di criteri univoci alla mancanza di tempo adeguato per avviare una sperimentazione seria.

Il principio della valutazione dei docenti sembra essere accettato con qualche riserva.

A Napoli sono già 27 i collegi dei docenti che hanno detto no alla sperimentazione del merito.

Circolano anche modelli di mozione da far approvare nei collegi dei docenti di Pisa e di Siracusa dove è prevista la sperimentazione del merito delle istituzioni scolastiche di I grado (premio fino a 70 mila euro).

Avevo già espresso le mie riserve (QUI) su questa sperimentazione e noto con soddisfazione che in parte coincidono con quelle dei docenti delle scuole interpellate. La conclusione più facile sarebbe: ecco, i docenti non hanno voglia di essere valutati. Quella più sensata è: i docenti non hanno voglia di essere presi in giro.

A parte i dubbi sugli strumenti di valutazione, c’è da sottolineare che, per quanto riguarda i docenti, il ministro ha spesso lamentato il fatto che la carriera degli insegnanti non può basarsi esclusivamente sull’anzianità di servizio, ma la sua proposta prevede un premio una tantum, una specie di contentino, che non ha nulla a che vedere con la progressione della carriera per meriti. A questo punto, ci vorrebbe un po’ di coerenza.

L’unica cosa sicura è che i soldi non ci sono. Allora è inutile fare delle promesse sapendo di non poterle mantenere. Gli insegnanti seri sono abituati a lavorare indipendentemente dallo stipendio che percepiscono. Un “premio” del genere potrebbe far gola a quelli che lavorano poco e si accontentano di poco e che per l’occasione si darebbero da fare. Seguendo questa logica, mi fa piacere scoprire che la maggior parte dei docenti di Napoli e Torino sono seri. A meno che questa non sia solo una presa di posizione politica. In tal caso, di serietà ce ne sarebbe davvero poca.

NOVITÀ SCUOLA 2010: BOCCIATI GLI ALLIEVI “ASSENTEISTI” E PIÙ DIFFICILE ARRIVARE AL 100 ALL’ESAME DI STATO


I nuovi regolamenti per gli Istituti di Istruzione Secondaria di II Grado (leggi: scuole superiori) portano delle novità per chi si appresta a iniziare il prossimo anno scolastico.

In primis, viene finalmente messa in primo piano la questione delle assenze, spesso ingiustificate, ovvero giustificate dalle famiglie ma senza un motivo valido, e assai frequenti soprattutto per i maggiorenni che possono firmare da soli il libretto.
Come si sa, la frequenza alle lezioni è obbligatoria e lo studio è, oltre che un sacrosanto diritto, un dovere cui non ci si può sottrarre. E non parliamo soltanto di “scuola dell’obbligo”, che comprende anche il biennio delle superiori (una volta si fermava alla terza media). Infatti, chi, assolto l’obbligo scolastico, intende proseguire gli studi (la maggior parte dei giovani, ormai) ha il preciso dovere di impegnarsi nello studio e di frequentare le lezioni.
Tuttavia, in passato è capitato di promuovere persone che avevano accumulato numerose assenze, partendo dal presupposto che tali assenze erano comunque giustificate. Per un periodo, inoltre, gli studenti sono stati esonerati dall’obbligo di presentare il certificato medico per le assenze che si protraevano per più di cinque giorni, obbligo rientrato lo scorso anno. Se non altro, in questo modo si evita che i furbetti se ne approfittino, anche se effettivamente la richiesta del certificato medico serve ad attestare l’assenza di malattie che possano costituire un pericolo per la salute della comunità.

Cosa cambia, dunque, da settembre? Chi non frequenterà almeno i tre quarti dell’orario annuale, ovvero supera il limite dei 50 giorni, rischia la bocciatura. Con l’avvio della riforma delle superiori, dunque, la vita degli “assenteisti” abituali senza motivi validi si farà più dura. Ovviamente, però, in casi eccezionali sono previste deroghe, in quanto è possibile che le assenze frequenti o prolungate siano giustificate da patologie particolari che possano essere oggettivamente dimostrate. Ma, in generale, chi non rispetta il limite minimo, come si legge nel regolamento ministeriale, viene escluso dallo scrutinio finale, quindi costretto a ripetere l’anno.

Per gli studenti che dal prossimo iniziano a frequentare il triennio sarà più difficile raggiungere il voto massimo all’Esame di Stato (leggi: Maturità) che è 100.
Nel nuovo Regolamento (vedi anche il DM n° 99 del 16 dicembre 2009) si legge, infatti, che nei licei e negli istituti tecnico-professionali il punteggio “base”, ovvero il cosiddetto “credito” che dipende dal curriculum scolastico, sarà di 25 punti, cioè il massimo, solo per gli allievi che avranno una media compresa tra il 9 e il 10, non più fra l’8 e il 10, come avveniva in passato.
Per ora la nuova disposizione si applica ai ragazzi del terzo e quarto anno, nel 2011 si andrà a regime anche in quinta.

Il vero problema sarà convincere i professori a usare anche il 10 come voto, che è una rarità nelle pagelle dove ci si ferma il più delle volte all’8 o al 9. Alcuni insegnanti, infatti, sono restii ad “alzare” i voti, anche in presenza di studenti meritevoli sia per capacità sia per impegno, considerando, erroneamente, un 8 già un ottimo voto.
A questo proposito, leggo sul quotidiano Il Messaggero alcune osservazioni fatte da un preside romano, Mario Rusconi, che è anche vice presidente dell’Anp, l’associazione di categoria. Sulla necessità di utilizzare tutta la gamma dei voti, Rusconi osserva: Oggi questo non avviene. I più risicati nel dare voti alti sono i docenti di italiano e latino, mentre quelli di matematica, chimica e fisica sono più disponibili. Comunque da quest’anno è vero che ci sarà una maggiore rigidità nell’attribuire i crediti e mi aspetto, proprio per questo, che i docenti usino tutti i voti a loro disposizione. Quanto alla severità crescente della scuola c’è stato un ritorno al rigore in questi anni che è positivo, ma con qualche esagerazione. Ad esempio sta maturando l’idea che il 5 in condotta si possa dare anche senza che ci siano stati 15 giorni di sospensione. Qualcuno ne sta abusando.

Per quanto mi riguarda, nelle valutazioni non sono mai stata “risicata” ma solo giusta, mettendo dei nove e dei dieci in pagella anche nel I quadrimestre, quindi fidandomi dei miei ragazzi e costringendoli a quel minimo di responsabilità che aiuta a crescere: come dire “mi fido, vi do 9 e 10, ma non deludetemi”. Al contrario sono rimasta spesso sconcertata nel vedere dei ragazzi davvero bravi, pieni di 8 e 9 nelle varie discipline, ma con delle insufficienze in matematica e, un po’ meno, in fisica. Ho anche assistito inerme alla fuga di qualche “buona testa” convinta di essere una nullità per un 4 in matematica. Evidentemente a Roma succede il contrario rispetto a Udine.

Quanto al 5 in condotta, Rusconi mi sembra poco informato: quella di attribuire l’insufficienza in condotta anche senza una sospensione di almeno 15 giorni non è un’idea, è un dato di fatto. In uno dei suoi tanti ripensamenti, il ministro Gelmini ha, infatti, tolto il vincolo della sospensione lunga, lasciando agli insegnanti la decisione di attribuire il 5 in condotta tenendo conto delle diverse situazioni, del ripetersi di episodi analoghi a quelli che hanno determinato una qualche sanzione disciplinare e, soprattutto, considerando il “pentimento” o meno degli studenti sanzionati e il loro reale impegno per migliorare il comportamento.
Detto questo, non credo proprio che se ne possa abusare.
Piuttosto, direi che sono finiti i tempi del “bravo, 7+” degli sketch di Cochi e Renato.

[LINK fonte]

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IO, PROF DELUSA, RISPONDO ALLA GELMINI: “I SUOI TAGLI C’ENTRANO, ECCOME”

PREMESSA:
Ho inviato una lettera, che riporto di seguito, alla redazione del quotidiano La Stampa che ha pubblicato lo “scambio epistolare” tra la studentessa Alice e il ministro del MIUR Mariastella Gelmini. Non so se sarà mai pubblicata sul quotidiano torinese né nutro troppe speranze che la signora Gelmini la legga. Ma io, prof delusa, avevo delle cose da dire e non potevo più stare zitta.

Fin d’ora mi scuso con i colleghi e con il mio Dirigente Scolastico, persone che godono della mia stima e che ogni giorno si impegnano per fare del nostro liceo una scuola di qualità, se ho fatto qualche riferimento più o meno esplicito alla nostra realtà. Ma il mio mondo, professionalmente parlando, è la scuola in cui insegno. Qualsiasi considerazione non può che nascere dalla mia esperienza di insegnante e da quel mondo che condivido con tante persone che, forse, stanno soffrendo quanto me per una scuola che dobbiamo salvare dalla deriva, prima che sia troppo tardi.

Cara Gelmini,

ho letto anch’io con attenzione la lettera di Alice, quattordicenne esclusa, causa sovrannumero, dal liceo classico da lei scelto. Anch’io ho percepito la delusione e la preoccupazione di questa ragazza che altro non chiede che poter realizzare un sogno. Da Lei, cara ministro, mi aspettavo però una risposta diversa, più onesta, più obiettiva. E invece, forse non se n’è resa conto, Lei ha alimentato quell’ansia e quella disillusione che Alice non era preparata ad affrontare. Anche Lei, come gli altri adulti con cui la ragazza si è confrontata, ha dimostrato che, quando si hanno quattordici anni, non si può fare a meno di fidarsi di chi è più grande e ha maggiore esperienza, anche quando quella innocente fiducia è “malriposta”, causa contingenze non prevedibili.

Io sono un’insegnante, cara Gelmini, una delle tante che da tanti e tanti anni si prodiga per fare del bene ai ragazzi che le sono affidati, per dare loro una formazione e una cultura di cui, in futuro, non si debbano vergognare. Io sono una delle tante che ha sacrificato, e continua a sacrificare, molto per la scuola, per migliorarsi e per far sì che la scuola stessa, se non gli insegnanti, poveretti loro, non cada sempre più in basso. L’ho fatto per lungo tempo gratis, signora ministro, ho fatto volontariato, ma l’ho fatto, scusi il bisticcio, volentieri, con la consapevolezza che la mia professione aveva, e spero continui ad avere, una dignità, al di là di qualsiasi stipendio e compenso accessorio.

Vede, cara ministro, io ho sempre voluto fare l’insegnante, fin dalle elementari. Il mondo della scuola, le aule scolastiche, i corridoi lunghi e anche un po’ bui, quella cattedra che potevo vedere stando dall’altra parte, quegli insegnanti che potevo ascoltare mentre parlavano dall’alto della pedana (che ora, ahimè, non esiste più!) su cui era appoggiata la cattedra … questo mondo, sapevo sarebbe stato il mio, un domani. E mi sono data tanto da fare, mi creda, per realizzare il mio sogno, cominciando da quello di frequentare il liceo classico. Ed ora, leggendo la delusione di Alice, mi sono chiesta: cos’avrei fatto se mi avessero detto “per te non c’è posto”? Mi sarebbe crollato il mondo addosso e, probabilmente, avrei ripiegato sull’altro liceo classico della mia città. Ma non sarebbe stata la stessa cosa: fin dagli incontri di “scuola aperta” (che ai miei tempi non c’erano), fin dagli stage che i ragazzini di terza media fanno nella mia scuola, fin dal primo ingresso nell’aula loro destinata, io leggo nei loro sguardi l’emozione e la gioia di essere lì, tanto felici da non voler essere da nessun’altra parte, tanto convinti di aver fatto la scelta giusta. Poi, magari, qualcuno si pentirà, ma agli inizi coltivano dentro di loro l’illusione, almeno, di essere al posto giusto.

Come si fa, gentile signora, a dire a questi ragazzi che i “tagli” non c’entrano? Lei lo sa, eccome, che c’entrano: non è Lei ad aver firmato, assieme ai colleghi Tremonti e Brunetta, la famosa Legge 133 e, in particolare, il famigerato articolo 64? Non rientra, forse, nella logica del risparmio la decisione di riformare la secondaria di II grado, con i quadri orario più agevoli, senza quelle inutili sperimentazioni che portano via tanto tempo agli allievi e notevoli risorse allo Stato? Non ha deciso Lei, infine, di rivedere il numero di allievi per classe (non meno di 27 e non più di 32) e di accorpare gli istituti frequentati da pochi alunni, in particolare quelli delle primarie? E questi, diciamo, “ritocchi”, non hanno come scopo principale quello di risparmiare? Non si offenda, gentile ministro, ma quando la gente parla di “tagli” non è vittima di una cattiva informazione o delle insensate critiche dell’opposizione: la gente interpreta quelle che sono state Sue decisioni, non mie, non nostre, non loro, Sue. Perché non dirlo, allora, alla povera Alice che le scuole hanno l’ordine di accettare il numero di iscrizioni che corrispondano all’organico di diritto? Un organico che non hanno deciso le scuole, ma ancora una volta Lei. Perché illudere la povera Alice che poi magari si vedrà, che forse con l’organico di fatto un posto per lei lo si troverà, che se ne occuperà Lei in persona, signora ministro? Perché fare una promessa, sull’onda dell’emotività, ad una sola allieva delusa, pur sapendo che in Italia ci saranno molte altre “Alice”? A me, scusi la sincerità, non sembra una cosa giusta.

Nonostante le parole un po’ dure, Le posso assicurare, cara Gelmini, che io sto dalla Sua parte. Ovvero, stavo, ci sono sempre stata, ho appoggiato ogni Sua proposta, prima fra tutte quella del riordino dei licei. Sono convinta anch’io che le sperimentazioni, con il loro monte ore a volte troppo esoso, erano inutili. Certo, il mio è un ragionamento da insegnante, quindi non ho mai pensato al “risparmio”, quanto alla qualità dell’apprendimento: meglio poche materie ma studiate con serietà, arricchite magari da degli approfondimenti, piuttosto che un’offerta ricca che, però, mette in difficoltà gli allievi. Insomma, sono dell’idea che sia meglio studiare poco ma bene, piuttosto che tanto ma male.

Io, cara Gelmini, ho anche un blog (questo è l’indirizzo; se avrà la compiacenza e il tempo di leggere qualche mio post, si potrà fare un’idea di come la penso), cui mi dedico con la stessa passione con la quale faccio le mie lezioni. Nel mio blog ho scritto tanti articoli su di Lei e sulla Sua riforma, prendendo spesso, se non sempre, le Sue difese. Ho dovuto subire le critiche, a volte gli attacchi, o semplicemente il compatimento da parte di colleghi che, essendo io un’insegnante di Lettere in un liceo scientifico, mi hanno considerata un’autolesionista, visto che negli anni futuri perderò un bel po’ di ore. Eppure io ho sempre difeso la Sua riforma, cara Gelmini, perché non ho mai messo in primo piano i miei interessi personali ma il bene degli studenti, le opportunità che mi ero illusa la Sua nuova scuola potesse offrire loro: una scuola migliore che premia gli studenti migliori e i più bravi insegnanti. Ho fatto un errore di valutazione, evidentemente, e lo dico con grande, gradissimo dispiacere.

Sono amareggiata nel vedere la “mia” scuola, quella in cui ho sempre creduto, andare alla deriva. Perché sa, signora ministro, studenti delusi come Alice ne vedremo tanti. Perché in tutte le scuole dovremo dire a qualcuno, forse molti, “non c’è posto per te”. Perché abbiamo dovuto procedere alla cieca nell’elaborare, per le classi prime, un’offerta formativa che potesse soddisfare le richieste dei ragazzi che si sarebbero iscritti nelle nostre scuole. Delle offerte che, pur rispettando la Sua riforma, tenessero anche conto di quell’autonomia che Lei, a parole, ha lasciato ai singoli istituti per differenziare l’offerta. Peccato che poi, con gli organici di fronte, le promesse non le abbiamo potute mantenere e ora dobbiamo trovare il coraggio di dire ai nostri futuri allievi “quella ‘sperimentazione’ non è più possibile, quel potenziamento dell’insegnamento linguistico (da lei stessa tanto auspicato) non si può più fare …”, dovremo trovare il coraggio di proporre quell’unica offerta del piano base, per il liceo scientifico, che Lei, cara Gelmini, ha caldeggiato, senza tutti quegli inutili “fronzoli” delle sperimentazioni.
Non solo, il liceo scientifico alla fine è stato depauperato poiché le province hanno affidato le “scienze applicate” agli ISIS o agli scientifici che avevano già la sperimentazione del “tecnologico”. Già, lei non c’entra, ma è stata comunque sottoscritta da Lei una riforma che non tiene conto del fatto che il “vecchio tecnologico” non trova per nulla una continuità nel “nuovo liceo scientifico delle scienze applicate”. È stata mal consigliata, evidentemente. Ma i ragazzi subiranno delle conseguenze anche in questo caso: frequenteranno un liceo che si avvicina molto al “vecchio” PNI ma che di tecnologico non ha praticamente nulla.

Vede, gentile signora, non avrei mai voluto scrivere queste cose, anche perché sono una persona molto orgogliosa e mi è difficile ammettere che avevo torto quando difendevo le Sue riforme. Ho, comunque, ancora qualche speranza di ricredermi ma, dopo aver letto la risposta data ad Alice, trovo difficile riporre in Lei la fiducia che avevo nutrito prima.
Quando Lei afferma che “i tagli non c’entrano”, si riferisce anche alla situazione degli insegnanti, oltreché degli studenti? Glielo chiedo perché dovrebbe spiegarglielo alle colleghe di Lettere che ho visto compilare in fretta e furia, e con notevole disappunto, la tardiva domanda di trasferimento (era ormai quasi la fine di giugno), perché dichiarate soprannumerarie. E non sto parlando di giovani ragazze appena laureate che hanno tutta la vita davanti e sono pronte al sacrificio per una professione in cui hanno riposto molte speranze. No, cara ministro, mi riferisco a delle donne quarantenni, anno più o anno meno, che per ottenere la nomina in ruolo hanno atteso quindici anni. Pensavano di aver trovato, dopo i “vagabondaggi” del pre-ruolo, finalmente la loro scuola, quella in cui, magari, portare a termine la loro esperienza di insegnamento con la meritata pensione.
Già, la pensione, altra spina sul fianco delle donne. Lei è una donna, ministro, ed è stata una studentessa: che ne dice di questa classe insegnante destinata ad invecchiare in cattedra, assistendo inerme all’inesorabile estensione del divario d’età tra docenti e studenti? Oh, lo so, che Lei non c’entra. Questo è vero; c’entra la UE che ha deciso così. Veramente la UE ha solo chiesto di equiparare l’età pensionabile delle donne a quella degli uomini. Perché mai aumentare l’età delle donne e non diminuire quella degli uomini? Forse in questa decisione Lei non c’entra ma si fa strada lo spettro dei “tagli”, del risparmio: le insegnanti andranno in pensione più tardi (e Lei lo sa che la maggior parte del corpo insegnante è costituita da donne!) così ci sarà un minor ricambio e i giovani avranno meno possibilità di dedicarsi all’insegnamento. Potrebbe essere un vantaggio: persone con maggior esperienza sono una garanzia di qualità (a Lei piace tanto la parola “qualità” quando si parla di scuola!). Sì, ma i nostri poveri studenti rischiano di vedere seduti in cattedra i loro nonni e bisnonni, sicuramente non al massimo della loro efficienza, diciamo pure anche un po’ rimbambiti. Ma se in tal modo si può risparmiare …

Mi rendo conto di essermi dilungata oltremodo, ma queste cose dovevo dirglieLe, signora ministro. Probabilmente me le sarei tenuta per me se non avessi letto la lettera di Alice e la Sua risposta. Ma ora mi sono sfogata e mi scuso per avrLe portato via così tanto tempo (sempre che la legga, questa lettera). Avrei voluto sostenerLa ancora una volta, ma così non è stato. Tuttavia nutro ancora la speranza di potermi fidare di Lei, in futuro. Anch’io voglio una scuola migliore, non una scuola che, ancora una volta, si sacrifica in nome del risparmio: è vero che la crisi pesa sull’intera collettività, ma non si può avere un prodotto di qualità facendo economia. E poi, noi insegnanti abbiamo in mano il futuro dei figli degli Italiani, tutti: chi mai vorrebbe risparmiare sul futuro dei propri figli?

Io amo ancora profondamente la mia professione, ma temo di non amare più questa scuola.

Cordialmente

Marisa Moles

RIORDINO DEI LICEI: IL TESTO DEFINITIVO DEI PERCORSI LICEALI

E’ stato reso noto ieri il testo definitivo delle Indicazioni nazionali per i nuovi percorsi liceali.

Il testo è scaricabile dal sito dell’ANSAS. La nota di accompagnamento informa che l’impianto generale non è stato modificato e resta impostato su chiarezza ed essenzialità.

I testi delle indicazioni, che possono essere scaricati come documento completo oppure in documenti divisi per ciascun percorso liceale, comprendono, oltre alla nota introduttiva, il profilo generale, il profilo specifico del percorso, il quadro orario e le Indicazioni di ogni disciplina.

[fonte: tuttoscuola.com]

I 5 IN CONDOTTA AUMENTANO: I NUOVI PIERINI ALLA RISCOSSA


In un Comunicato Stampa (questo il LINK ) il MIUR ha reso noti gli esiti degli scrutini del I quadrimestre nelle scuole secondarie italiane. I dati riguardano l’80% delle scuole di I e II grado e non sono per nulla confortanti: 63.525 allievi (su un totale di scrutinati pari a 3.875.987) hanno riportato l’insufficienza nel comportamento, 11.181 in più rispetto allo scorso anno.

La cosa che più fa riflettere è il numero di ragazzi insufficienti in condotta alla scuola media: 17.035, con un aumento esponenziale nel passaggio dalla prima classe alla terza. Il che autorizza a pensare che la situazione peggiori di anno in anno, nel passaggio alle superiori, dove, infatti, ben 46.490 allievi hanno avuto il 5 in condotta, con percentuali più alte ai professionali e le insufficienze diminuiscono passando ai tecnici ed arrivando ai licei. Qui, però, si assiste ad una diminuzione del numero degli indisciplinati man mano che si avvicina al quinto anno: si parte dalle 16.347 unità nella prima classe per arrivare ai “soli” 3844 allievi insufficienti in quinta. Come dire: più passano gli anni, più diventano saggi o semplicemente meno autolesionisti.

Sia alle medie che alle superiori, gli studenti che non mantengono un comportamento corretto nelle aule scolastiche sono più numerosi al sud e nelle isole e meno numerosi al nord. In entrambi gli ordini di scuola i più bravi sono gli studenti del nord est (1293 insufficienze alle medie e 2556 alle superiori). E i numeri non sono più confortanti per quanto riguarda il profitto: alle superiori, ad esempio, ben il 76% ha riportato almeno un’insufficienza in pagella, contro il 72% dello scorso anno. Le materie decisamente più ostiche sono risultate la matematica e le lingue straniere, specie l’inglese.

Di fronte a questi dati, il ministro del MIUR Mariastella Gelmini ha osservato, soddisfatta, che la nostra scuola è lontana dal 6 politico e, per quanto riguarda il voto di condotta, il comportamento è importante nella valutazione complessivo dei ragazzi, perché gli studenti sono titolari di diritti ma anche di doveri come il rispetto delle istituzioni scolastiche e dei compagni.

Certo, se trasformiamo in percentuali i dati relativi alle insufficienze in condotta, nella scuola secondaria di I grado si va dal massimo di un 2,1% ad un minimo dello 0,5%, il che fa sembrare la situazione meno preoccupante. Alle superiori, invece, la percentuale più alta di insufficienze in condotta si riscontra sempre al sud con il 4,1%, mentre i più bravi sono gli studenti del nord-est, solo lo 0,7%.

A questo punto, mi sento di fare un’osservazione: l’introduzione del 5 in condotta doveva servire da deterrente, ma così non è stato, visto l’aumento del numero di studenti insufficienti. Per fare un esempio, quando è stata introdotta la patente a punti, nell’arco di un anno sono diminuiti drasticamente gli incidenti (o comunque le vittime sulla strada) e le infrazioni in generale. Si può dire, quindi, che il provvedimento sia servito a dare una regolata al comportamento troppo dissennato al volante.
La stessa cosa non si può affermare sugli studenti che frequentano le aule scolastiche. È lecito pensare, quindi, che siamo di fronte a dei nuovi Pierini, assai diversi dal discolo e un po’ volgarotto Pierino dei film con Alvaro Vitali. I nuovi Pierini, infatti, non si limitano a fare le battutacce o gli scherzetti ai compagni più deboli o agli insegnanti più odiati. Niente più chewing-gum o colla sulla sedia del prof o ragni finti nello zaino delle ragazzine perbene. I nuovi Pierini sono tecnologicamente avanzati: armati di telefonino, fotografano i professori o i compagni, prendendo di mira i più deboli, incapaci di difendersi, e scaricano le scenette delle loro bravate su You tube. E se non hanno voglia di fare un compito in classe, non telefonano a scuola per dire che c’è una bomba (come accadeva ai miei tempi), tanto non ci crederebbe nessuno, ma entrano nottetempo nei locali dell’istituto e lo allagano. Se, poi, non vogliono riferire a casa i brutti voti delle interrogazioni o dei compiti, non si limitano a mentire ma, sempre nottetempo, penetrano negli edifici scolastici e danno fuoco non ai registri dei loro docenti, ma direttamente a tutta la sala insegnanti.
Se poi consideriamo che alla fine dell’anno scolastico spesso vengono graziati perché si deve pur sempre considerare lo sforzo per migliorare, allora comprendiamo bene che la maggior parte dei Pierini sono disposti a simulare un qualche pentimento, salvo prepararsi alla riscossa nel nuovo anno scolastico.

Eh no, cara Gelmini, non basta essere fieri di “una scuola del rigore e della severità”. La scuola deve recuperare la sua valenza educativa, deve lanciare precisi segnali per evitare che si manifestino i casi di bullismo e per venire incontro ai disagi psicologici che talvolta sono all’origine dei casi più eclatanti di comportamenti scorretti. Non solo, la scuola deve offrire ai docenti degli strumenti per arginare i fenomeni sopradescritti attraverso una seria formazione degli insegnanti (almeno nelle aree più a rischio), senza aspettare che gli stessi si muovano spinti da quella buona volontà che da anni caratterizza l’insegnamento, ma obbligandoli a corsi di aggiornamento ciclici. E poi, visto che negli ultimi anni si parla di azienda-scuola, di utenza, di offerta di un prodotto di qualità, bisognerebbe garantire a tutte le componenti -docenti, personale ATA, genitori e allievi- un supporto psicologico attraverso uno psicoterapeuta o la figura del counselor che in America è una realtà da decenni.
Per fare questo, però, ci vogliono dei fondi che il ministro non ha voglia di spendere, visto che la riforma della secondaria di II grado ha portato a dei tagli del personale per risparmiare sugli stipendi. Anche per venire incontro alle difficoltà prettamente scolastiche degli studenti, il ministro ha deciso di non investire grandi somme (in netto contrasto con la C.M. 6163 del 4 giugno 2008) e così potrà sempre dire che la “sua scuola” non regala niente a nessuno e che il solo modo per ottenere un buon profitto è quello di studiare e comportarsi bene.
Mettere sullo stesso piano i doveri della scuola, intesa come istituzione, e quelli degli studenti sarebbe un’idea. Non si può sempre ricordare a degli adolescenti che hanno dei doveri, dimenticandosi di quelli che competono allo Stato nei confronti dei suoi cittadini.