LA TRISTE STORIA DI SERAFINA SCIALÒ

Udine è una piccola città dove le voci corrono veloci, specialmente se sulle labbra scorrono parole che esprimono un sentimento di pietà. In un certo senso, Udine è una città caritatevole.

Nello stesso tempo, è un luogo in cui, per riservatezza o scontrosità mai rivelata fino in fondo (forse per non prendere in prestito l’aggettivo scontrosa, con cui il poeta triestino Umberto Saba definisce la grazia della sua città… ah, quella rivalità tra due città mai del tutto superata!), ognuno si fa un po’ i fatti suoi nella routine delle giornate sempre uguali, dei fatti sempre ben noti. Ma se succede qualcosa e se quel qualcosa interessa una persona un tempo famosa e più avanti travolta dagli eventi, e se un fatto diventa cassa di risonanza per la città stessa a livello nazionale, perché in qualche modo legato a un personaggio, lui sì, ancora famoso, allora le cose cambiano. Non si tace più.

Forse per quella riservatezza che mi ha contagiata negli oltre trent’anni di vita vissuta nel capoluogo friulano, non ho voluto parlare prima di un fatto di cronaca che, in quest’ultima settimana, ha fatto discutere molto e suscitato sentimenti assai diversi e forse insoliti per la pacatezza dei cittadini udinesi.

Lo scorso venerdì (17, per la precisione), è stata trovata senza vita nell’appartamento cittadino, una donna di 63 anni che non dava notizie di sé dai primi di gennaio. Essendo dipendente di una scuola di Udine e non essendosi presentata al lavoro alla ripresa delle lezioni dopo la pausa natalizia, gli stessi colleghi hanno fatto scattare l’allarme e, allertate le Forze dell’Ordine, è stata fatta la macabra scoperta.

La donna, originaria di Catanzaro, risiedeva da decenni a Udine. Si chiamava Serafina Scialò. Nome e cognome che non dicono nulla ai più, se non ai vicini di casa (con cui, a quanto pare, aveva pessimi rapporti), i colleghi e quei pochi che la conoscevano frequentando Borgo stazione dove la sventurata abitava.

Il quotidiano locale, il Messaggero Veneto, ha dato tempestiva notizia della morte di Serafina Scialò e il giorno successivo sulla locandina ben in mostra davanti a tutte le edicole si leggeva, scritto a caratteri cubitali, “Trovata morta la ex moglie di un noto cantante”. Né nome né cognome dell’ex, ma per tutti coloro che avevano letto la notizia sulle pagine del quotidiano on line i dati anagrafici del “noto cantante” non erano un mistero: Umberto Tozzi.

Solo due giorni dopo la notizia inizia ad avere una risonanza nazionale, dapprima con qualche articolo stringato che perlopiù riprendeva quanto riportato dal Messaggero Vento, senza aggiungere nulla. Serafina Scialò: una donna fino a quel momento sconosciuta, nonostante la celebrità – si parla comunque di luce riflessa – di un tempo. Eppure, leggendo gli articoli che si fanno via via più numerosi e dettagliati con il trascorrere dei giorni, si viene a scoprire che questa ex non moglie, come ci tiene a precisare Umberto Tozzi in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ma semplicemente convivente – era stata per il cantante torinese la musa ispiratrice. La loro storia d’amore, iniziata verso la metà degli anni Settanta e terminata nel 1984, un anno dopo la nascita di un figlio, aveva ispirato canzoni di successo come «Donna amante mia», «Gloria», «Ti amo» e «Stella stai». Assieme alla compagna di allora Tozzi cantò anche il brano «Tre buone ragioni».

A pochi giorni dal ritrovamento del corpo della Scialò, senza esprimere alcun sentimento di dolore, Tozzi si affrettava a dire che dopo la separazione la donna non solo aveva incassato, in modo fraudolento, due assegni da lui firmati in bianco «per pagare dei fornitori», per un totale di 450milioni di vecchie lire, ma per anni aveva reso impossibile qualsiasi rapporto con il figlio Nicola Armando, nonostante l’intervento del giudice e i numerosi viaggi a vuoto in quel di Udine. Serafina, infatti, dopo la fine della storia d’amore con Tozzi era ritornata a vivere nella città di adozione.

Per amore del figlio, a detta del cantante, la denuncia per truffa e appropriazione indebita non aveva avuto seguito. Un amore paterno che, tuttavia, non avrebbe potuto coltivare per l’atteggiamento ostativo dell’ex compagna. Una “verità” che viene prontamente smentita dal figlio Nicola Armando il quale, in un’intervista concessa al Corriere della Sera e pubblicata oggi, afferma che la madre non avrebbe mai incassato quegli assegni e che si sarebbe sempre arrangiata lavorando per mantenere entrambi. Tozzi, sempre a detta di Nicola Armando, avrebbe pagato il mantenimento «solo quando glielo ordinò il tribunale e senza indicizzarlo. E avrebbe dovuto comprarci una casa che non comprò.»

Una storia triste, soprattutto pensando che di fronte alla morte non si dovrebbe lasciare libero sfogo al risentimento. Quello del cantante, che si precipita a dire «L’ho perdonata per il male che ha fatto a me e a nostro figlio», e quello del figlio che, pur essendosi riavvicinato al padre negli anni, frequentando la sua nuova famiglia (Tozzi, infatti, dal 1995 è sposato che Monica Michelotto da cui ha avuto altri due figli, Gianluca e Natasha), non ha mai trovato in lui la figura paterna di cui avrebbe avuto bisogno.

Tozzi è un cognome che se può, evita di usare, ci tiene a precisare Nicola.

«Io mi sono preso il mio posto nel mondo chiamandomi Nicola, non Tozzi. Ho un secondo nome e dico: piacere, Nicola Armando. Aggiungo Tozzi se proprio devo. E, se mi chiedono “parente di?”, rispondo di no».

Da quanto si legge nell’intervista, dal padre non ha avuto nessun aiuto economico, dal momento che Nicola ha dovuto interrompere gli studi di Giurisprudenza per lavorare: «Faccio un lavoro umilissimo di fatica, sono uno dei tanti che si alza presto, torna tardi ed è fiero di quello che fa».

L’umiltà va di pari passo con la dignità. Per questo le parole di Riccardo Fogli, grande amico di Tozzi, nel commentare il ritrovamento del cadavere di Serafina Scialò, mi hanno particolarmente irritata: «È una fine molto triste — ha commentato l’ex cantante dei Pooh —. Essere la ex di una star e guadagnarsi da vivere facendo le pulizie in una scuola. La vita è strana e spesso spietata. Morire da soli così… Mi spiace per Umberto che è una persona buona e sensibile e un caro amico. La Scialò è stata un pezzo importante della sua vita di uomo e di artista».

La Scialò di oggi era, invece, una donna sola e a quanto pare ancora innamorata dell’ex. Così afferma la sua amica d’infanzia Gloria (chissà se il suo nome ha ispirato la canzone…), intervista dal Corriere della Sera: «Non soltanto penso che fosse ancora innamorata di Umberto, ma sono anche certa che dopo che si sono lasciati nella sua vita non ci sia stato più alcun fidanzato».

Sembrano profetiche, a questo punto, le parole del testo della canzone “Tre buone ragioni” (vedi video sopra), unica performance canora della coppia Tozzi-Scialò:

Primo non amo che te
e un’altra non esiste in questo mondo
secondo perché mi manchi a poco a poco
e terzo questo amore non è un gioco

Nella sua vita Serafina ha affrontato sofferenze, abbandoni, solitudine. Forse per questo, almeno a quanto si legge sulla sua pagina Facebook, i suoi nervi erano a pezzi. Si sentiva perseguitata, accusava i condomini del suo palazzo di avercela con lei, a suo dire il titolare di un bar vicino addirittura l’avrebbe minacciata di morte. In un post pubblicato a dicembre chiedeva aiuto, forse sentiva la fine della sua esistenza tormentata ormai vicina, se era arrivata a chiedere che sul suo corpo venisse fatta l’autopsia. Sono scritti attribuibili a una donna fragile, quasi disturbata. Forse i 36 anni passati lontano dal suo unico amore e in una condizione che i fasti di un tempo non lasciavano presagire, l’hanno portata al delirio.

Per i magistrati, ad ogni modo, la morte è attribuibile a “cause naturali” ed è stata disposta la restituzione della salma alla famiglia. Ma anche per l’estremo saluto la cattiveria della gente non si è risparmiata: il figlio aveva chiesto al parroco di una chiesa cittadina di celebrare le esequie della madre, ricevendo il rifiuto per evitare, questa la giustificazione, l’esposizione mediatica.

Ma davvero un prete può pensare questo? Si preoccupa più di un’affluenza imponente di gente curiosa e di giornalisti (che, a parer mio, non ci sarebbe stata) che dell’anima di una donna morta in solitudine? Questo novello don Abbondio non dovrebbe nemmeno indossare l’abito sacerdotale poiché non dimostra quella caritas che dovrebbe essere la dote indispensabile per un uomo di Chiesa.

Al di là del rito funebre negato nella chiesa cittadina (si terrà comunque mercoledì nella cappella del cimitero di San Vito), mi auguro che l’ultimo viaggio di Serafina sia più felice della sua travagliata esistenza.

[le immagini sono tratte dagli articoli del Corriere e del Messaggero Veneto linkati]

7 pensieri riguardo “LA TRISTE STORIA DI SERAFINA SCIALÒ

  1. Trovo davvero difficile commentare questa triste vicenda in cui tutto ti lascia con l’amaro in bocca, dallo sfrortunato amore della Scialò al comportamento dei familari dopo la sua morte (momento in cui si dovrebbe essere il più possibile uniti per affrontare il dolore), passando per le parole di Fogli e l’inspiegabile comportamento del parroco. Che altro dire? Nulla, se non una preghiera affinché Serafina Scialò possa ottenere nell’aldilà quella tranquillità mai avuta nella vita terrena…

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  2. C’è un’altra cosa che non mi spiego: non si sa quando sia morta realmente ma diciamo che dal 7 gennaio non era rientrata al lavoro quindi mi chiedo come mai il figlio non abbia contattato sua madre per ben 10 giorni (tanto che sono stati i colleghi a lanciare l’allarme). Io telefono a mia mamma ogni sera, per dire. Evidentemente i legami familiari erano tutti compromessi. Poveretta, forse ora ha davvero trovato la pace.

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  3. In effetti anche il fatto che il figlio non chiami la madre (sapendo peraltro che non stava vivendo un periodo tutto rose e fiori, come la stessa Scialò scriveva su Facebook) è davvero triste… Spero tanto che adesso questa povera donna sia in pace.

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  4. Ci sono gli atti del tribunale che parlano chiaro, la richiesta di condanna per appropriazione indebita, le ingiunzioni per imporre di permettere un rapporto con il figlio ecc…
    D’altronde la signora non aveva alcun rapporto con nessuno (a parte qualche collega), figlio incluso.
    Per cui il tentativo del suddetto figlio di riabilitare la memoria della mamma è nobile e comprensibile, ma si tratta di una persona che aveva, sembra, oggettivi problemi, e che viveva dei ricordi di un passato glorioso.
    Pace all’anima sua, deve aver sofferto molto, specie la solitudine.
    p.s.: cosa avrebbe dovuto esternare Tozzi (“senza mostrare alcun sentimento di dolore”), dopo decenni che non aveva contatti con lei, dopo che ha detto “l’ho perdonata” (pare poco?), se è vero anche solo in parte quel che pare sia successo fra loro?

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  5. Naturalmente io ho attinto alle fonti giornalistiche trovate on line (facendo attenzione che ci fosse corrispondenza tra loro, altrimenti avrei scartato una “fonte solitaria”), non conoscevo la signora Scialò (ma ne ho sentito parlare da una mia amica che vive vicino al palazzo in cui Serafina abitava) né tanto meno sono al corrente delle liti seguite alla separazione con Umberto Tozzi.
    La mia nota “senza mostrare alcun sentimento di dolore” era più riferita alla mancata vicinanza al figlio piuttosto che al dolore che certamente non avrebbe provato nei confronti di una persona che da anni non vedeva. Tozzi non era presente nemmeno al funerale, non è stato vicino a un figlio che pure aveva cercato di riallacciare i rapporti.

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  6. Una storia davvero triste, che lascia sgomenti, non conosco i motivi della separazione ma morire così e’ immensamente doloroso anche se i rapporti erano finiti c’è sempre un figlio di mezzo e non ricordare la propria compagna nell’ultimo saluto ,lascia una tristezza infinita.
    Ero ragazzo ed ascoltavo le canzoni di Tozzi e sognavo ad occhi aperti , davvero questo fatto mi lascia senza parole……..ma io non sono nessuno per giudicare una storia d’ Amore finita malissimo, ripeto da parte di Tozzi un segno di presenza sarebbe stato un bel gesto.

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  7. E pensare che quelle canzoni bellissime di Tozzi mi piacevano così tanto! Ora che conosco com’è finita la storia le ascolteró, se mi capita, con uno spirito ben diverso.
    Posso solo immaginare che non sia stato facile per Serafina vivere accanto ad una star, che aveva tante altre “distrazioni”, in totale solitudine, dopo essere stata la musa ispiratrice di quelle canzoni. Perché Umberto Tozzi non ha mai sposato la sua donna, che tanto diceva di amare? Neanche quando ha saputo che lo avrebbe reso padre. Possibile che non abbia nulla da rimproverarsii?

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