L’ELENCO DI STARNONE SULLA SCUOLA LETTO A “VIENI VIA CON ME”: IL TRIONFO DEI LUOGHI COMUNI E DELL’OVVIETÀ


Uno dei noiosissimi elenchi letti durante l’ultima puntata di “Vieni via con me” – programma di Fazio e Saviano vincitore di ascolti per una rete cenerentola come Rai 3 – è opera di Domenico Starnone. Ed è il trionfo dei luoghi comuni e dell’ovvietà, molto lontano dalla situazione della scuola italiana oggi. Si vede che Starnone, ex insegnante e ora giornalista, (ha collaborato e collabora a giornali come L’Unità e Il Manifesto, per cui è stato redattore per le pagine culturali), sceneggiatore (sua, ad esempio, la sceneggiatura del film La scuola, anno 1995, di Daniele Luchetti, e si vede!) e scrittore. Quest’ultima attività gli ha dato lustro ai tempi dell’uscita di Ex cattedra, pubblicato anche su Il Manifesto, in cui racconta la sua esperienza di insegnante negli anni 1985-86, seguito da un’ulteriore pubblicazione per Feltrinelli, la più recente Ex cattedra e altre storie di scuola, in cui, sulla quarta di copertina, descrive il volume come una teca, la custodia di vecchie pagine nate dal gusto di raccontare e dall’amore per la scuola pubblica, un luogo di esposizione per un’esperienza definitivamente conclusa.

Ho letto il libro di Starnone, non sono prevenuta. Per certi aspetti concordo con le sue osservazioni, per altri mi chiedo dove sia questo grande amore per la scuola pubblica e mi rallegro del fatto che quella di insegnante, per lui, sia un’esperienza definitivamente conclusa.
La cosa che mi fa più indignare è che l’elenco, letto da Starnone durante la trasmissione di Fazio, ha iniziato a girare per le scuole e rischia di diventare il vademecum dello studente contestatore, ma molto ignorante, che, pur di andare contro questo governo, impugna la lettera e la stravolge a suo modo. Ovvero, legge nell’elenco tutto ciò che di negativo si dice sulla scuola italiana come se fosse la situazione reale, e tutto ciò che di positivo si osserva come se fosse la scuola ideale, quella che gli studenti vorrebbero e che invece non hanno. Perché? Per colpa di Berlusconi, tanto è sempre e comunque colpa sua. La Gelmini è anche meglio non calcolarla, tanto non pensa con la sua testa ma esegue gli ordini del cavaliere, azzera i suoi pensieri per accogliere quelli del suo mentore. Essì, ormai questo è ciò che si pensa, è ciò che credono anche gli studenti universitari che sono in agitazione contro una riforma che nemmeno conoscono. Non vorrei essere rimproverata anch’io di non pensare con la mia testa, ma sono costretta a condividere il pensiero di Berlusconi quando ha detto: Gli studenti bravi sono quelli che studiano e non protestano. Con questo non si vuol significare che è vietato protestare ma che è doveroso informarsi, leggere, riflettere, ognuno con la propria testa, e poi concludere che non c’è motivo alcuno per protestare. La riforma dell’Università, più di quella della scuola secondaria di II grado, è davvero ottima.

Ma vediamo in che cosa consiste il famoso, e scontatissimo, elenco di Starnone.

1. La scuola peggiore è quella che si limita a individuare capacità e meriti evidenti. La scuola migliore è quella che scopre capacità e meriti lì dove sembrava che non ce ne fossero.
2. La scuola peggiore è quella che esclama: meno male, ne abbiamo bocciati sette, finalmente abbiamo una bella classetta. La scuola migliore è quella che dice: che bella classe, non ne abbiamo perso nemmeno uno.
3. La scuola peggiore è quella che dice: qui si parla solo se interrogati. La scuola migliore è quella che dice: qui si impara a fare domande.
4. La scuola peggiore è quella che dice: c’è chi è nato per zappare e c’è chi è nato per studiare. La scuola migliore è quella che dimostra: questo è un concetto veramente stupido.
5. La scuola peggiore è quella che preferisce il facile al difficile. La scuola migliore è quella che alla noia del facile oppone la passione del difficile.
6. La scuola peggiore è quella che dice: ho insegnato matematica io? Sì. La sai la matematica tu? No. 3, vai a posto. La scuola migliore è quella che dice: mettiamoci comodi e vediamo dove abbiamo sbagliato.
7. La scuola peggiore è quella che dice: tutto quello che impari deve quadrare con l’unica vera religione, quella che ti insegno io. La scuola migliore è quella che dice: qui si impara solo a usare la testa.
8. La scuola peggiore rispedisce in strada chi doveva essere tolto dalla strada e dalle camorre. La scuola migliore va in strada a riprendersi chi le è stato tolto.
9. La scuola peggiore dice: ah com’era bello quando i professori erano rispettati, facevano lezione in santa pace, promuovevano il figlio del dottore e bocciavano il figlio dell’operaio. La scuola migliore se li ricorda bene, quei tempi, e lavora perché non tornino più.
10. La scuola peggiore è quella in cui essere assenti è meglio che essere presenti. La scuola migliore è quella in cui essere presenti è meglio che essere assenti.
Da “Vieni via con me” del 29 novembre 2010 (elenco di Domenico Starnone)

Ed ecco il mio elenco:

1. La scuola migliore è quella che valuta i meriti in modo oggettivo. Finché le lodi all’Esame di Stato si sprecano laddove i risultati dell’Ocse smentiscono l’eccellenza, la valutazione non sarà mai oggettiva.
2. La scuola migliore è quella che non boccia se può garantire agli allievi un prosieguo degli studi volto a perfezionare l’apprendimento e a consolidare le conoscenze, competenze e abilità. Promuovere ragazzi con delle evidenti carenze non fa il loro bene ma solo il loro danno.
3. La scuola migliore è quella in cui si permette agli studenti di fare domande a patto che ascoltino le risposte e imparino a rispettare le opinioni altrui.
4. La scuola migliore è quella in cui anche chi sembra nato solo per zappare sia messo in condizione di imparare ad esprimere concetti elaborati, ad usare la testa per aspirare ad occupazioni future anche manuali, purché al “lavoro delle braccia” si accompagni anche quello della mente.
5. La scuola migliore è quella in cui si riesce a far apparire facile anche ciò che superficialmente e sulla base dei pregiudizi viene catalogato come difficile.
6. La scuola migliore è quella che si mette in discussione prima ancora di discutere se un allievo meriti un 3 in matematica o in qualsiasi altra materia.
7. La scuola migliore è quella che insegna sempre a pensare autonomamente, a fare delle scelte in base alle proprie attitudini. Rimane il fatto che deve dare un modello di comportamento senza per questo mortificare le aspirazioni individuali.
8. La scuola migliore è quella che non si va a riprendere chi le è stato tolto perché sarebbe un’impresa impossibile. Può, tuttavia, cercare di convincere chi non apprezza il suo operato che la strada più percorribile è quella della conoscenza, non la strada fatta di asfalto e macchiata di sangue.
9. La scuola migliore è quella in cui la serenità di giudizio è la garanzia di una valutazione in base ai meriti degli studenti e non al 730 dei genitori.
10. La scuola migliore è quella che insegna a dare un senso a quello che si fa in classe e ad apprezzarla più di qualsiasi giorno di “vacanza” rubato.

Di fronte all’elenco di Starnone, tuttavia, mi sento di fare delle osservazioni.

Prima di tutto, non si deve fare di tutta l’erba un fascio: le realtà scolastiche in Italia sono tali e tante per cui è quasi impossibile parlare di “scuola italiana”.

In secondo luogo, non capisco perché la scuola migliore debba essere quella che non boccia. Se mi rivedo nei panni di liceale, ricordo che il mio professore di Latino e Greco era temuto dai ragazzi e apprezzato tantissimo dai genitori perché “picconava”, ovvero non era di manica larga con i voti. Se non studiavamo, ci beccavamo le insufficienze e lui era bravo perché severo. Ora che sono un’insegnante, i ragazzi che hanno un profitto insufficiente sono quelli che non hanno dei bravi insegnanti perché se la classe va male non è colpa degli studenti che non si applicano, ma dei docenti che non fanno il proprio dovere. C’è qualcosa che non va: quando ero al liceo se non studiavo (è solo un’ipotesi perché in realtà ho sempre studiato) era colpa mia e il mio prof era bravo; ora se i miei allievi vanno male in Latino (anche questa è solo un’ipotesi …) è colpa mia perché non sono una brava prof (idem). Ma è sempre e solo colpa mia?

Infine, pur ammettendo che la scuola migliore sia quella che non perde per strada delle “buone teste”, rimane il fatto che se abbiamo le classi costituite da 27-30 allievi, venire incontro alle difficoltà del singolo è praticamente impossibile. Da questo punto di vista il fallimento, però, non è degli insegnanti, ma dell’istituzione. Forse si spera che con i famosi “premi al merito” annunciati dalla Gelmini la situazione possa cambiare? Se agli insegnanti sarà riconosciuto il merito in base ai risultati dei loro allievi, non sarà difficile assistere ad un miracolo: tutti diventeranno dei geni … altro che zappatori!

Visto che ne ho parlato a scuola con i miei allievi, ecco il video di una scena dal film “La scuola” di Daniele Luchetti: “Oddio è caduto Vasco!”

E per dimostrare che le idee di Starnone sulla scuola sono rimaste ferme al 1995, ecco “Nato per zappare”

ALDO GRASSO: A MESSA CON FAZIO E SAVIANO

Come sempre Aldo Grasso, nelle sue critiche televisive, sa cogliere nel segno. Sguardo distaccato, raramente elogia e il più delle volte dà un quadro lucido e obiettivo dei programmi televisivi di successo.

Questa volta è Vieni via con me di Fazio ad attirare la sua attenzione. Una trasmissione, anzi la trasmissione di successo targata Rai 3 che ha portato la rete cenerentola della Tv di Stato sulla vetta dell’auditel. Un programma che, per il solo fatto di aver superato i 9 milioni di telespettatori, è considerato dagli estimatori una ventata di novità. Ma quale novità? A leggere l’articolo di Grasso pubblicato sul Corriere, sembra una trasmissione vecchia di secoli, anzi millenni. Una specie di Messa in cui il prete officiante è Fazio con la complicità di Saviano … addirittura un Cristo che racconta le parabole. E anche i chierichetti non mancano.

Ecco uno stralcio dell’articolo:

«Vieni via con me» non è un format, è un calco. Di una cerimonia religiosa, di una messa, di una funzione liturgica. La proposta degli elenchi, di ogni tipo, su ogni argomento, assomiglia molto alle litanie: più che alla vertigine della lista, lo spettatore cede volentieri al fascino della supplica accorata, alla devozione popolare, alla lamentazione come unica fonte di speranza e di conforto, al mantra. Volete una prova? A ogni voce degli elenchi provate ad aggiungere un ora pro nobis. L’officiante è facile individuarlo: ne ha tutti i modi, i comportamenti, spesso le affettazioni; è Fabio Fazio. Che ha una capacità straordinaria, tipica di alcuni celebranti: quella di trasferire sui suoi numerosi fedeli quell’aura di senso di colpa che gli trasfigura il volto. La doglianza gli dà potere, mostrarsi vulnerabile (i ricchi contratti non gli impediscono di piangere sempre miseria) è la sua garanzia di invincibilità, tra un Alleluia e una Via Crucis.

E poi c’è lui, la vittima sacrificale, il Cristo in croce. Se Roberto Saviano si mettesse una parrucca assomiglierebbe in maniera impressionante al Cristo di Pasolini. È una reincarnazione cinematografica. I suoi interventi (le sue parabole) sono incontrovertibili perché, segretamente, iniziano con una premessa: «In verità, in verità vi dico». Per non parlare di tutti i chierichetti che hanno preso parte al rito. Ok, andate in pace, la messa non è finita.

AMEN

GIOVANNI MINOLI: BERSANI E FINI? LE VELINE DI FAZIO. E BERLUSCONI VINCE SEMPRE

Un bellissimo intervento, quello di Giovanni Minoli in una video-intervista per Corriere.it-Spotlight. Con una lucida serenità di giudizio, osserva che “la politica è stata mangiata dalla televisione” e spara a zero sul programma di Fazio e Saviano, un format, come tanti altri, nulla di originale o di creativo. Per di più un format di proprietà della Endemol, società di cui è azionista Berlusconi.

Mentre la puntata di lunedì scorso faceva il boom di ascolti e con oltre 9milioni di telespettatori, più del 30% di share, batteva il Grande Fratello della Marcuzzi su Canale 5, mentre i due politici, Bersani e Fini, facevano da veline a Fazio, l’unico che se la rideva era Berlusconi. Sì, proprio lui. Lui è l’unico vincitore. Lui che, essendo azionista della Endemol, alla fine ha avuto la meglio su tutti perché produce entrambi i programmi, sia il GF sia Vieni via con me, il programma di Fazio. La Rai mette a disposizione solo gli studi.
“È un segnale della mancanza di contenuti che non trova risposte, è inevasa”, osserva Minoli.

Un esempio da seguire? Quello di Marchionne che ha rispolverato la Cinquecento e l’ha esportata in America. La Rai, afferma Minoli, “è piena di Cinquecento nei suoi archivi, basta mettersi a cercare”. E continua: “La catena di trasmissione e di formazione dei saperi televisivi si è interrotta a favore dei venditori di format, mentre la televisione dovrebbe allevare i suoi creativi”.

Nemmeno su Santoro si risparmia: “Il metodo Santoro è dichiaratamente di parte, non c’è finzione. Ovvero, nella finzione lui è un bravo sceneggiatore e un bravo interprete della sua sceneggiatura.”

E la Rai del futuro qual è? “è quella del digitale terrestre. Se saprà cogliere questa opportunità, la Rai ritroverà il suo ruolo centrale di servizio pubblico. Altrimenti, sarà una balena spiaggiata attaccata dai cacciatori di balene che se la porteranno via”.

Per vedere il VIDEO dell’intervista CLICCA QUI.