NIENTE GITE SCOLASTICHE PER PROTESTA. LE AGENZIE SULL’ORLO DEL FALLIMENTO


Era prevedibile: la protesta degli insegnanti che si rifiutano di portare in viaggio di istruzione (leggi: gita) gli allievi ha avuto ripercussioni negative sulle entrate dei tour operator.
I motivi della protesta li ho spiegati in questo post. Anche se originata, in particolare, dai cosiddetti “tagli” del ministro del MIUR, Mariastella Gelmini, la decisione di disertare i viaggi scolastici ha motivazioni più profonde, prima fra tutte quella della responsabilità, a livello penale e non solo civile, cui sono soggetti i prof che accompagnano i ragazzi.

Leggo su L’Espresso che il danno che ne deriverà al settore turismo si aggira sui 650 milioni di euro all’anno. Questo perché la protesta, partita quasi in sordina e senza il supporto dalle maggiori organizzazioni sindacali, si è estesa rapidamente in tutte le scuole della penisola. Se da una parte l’economia ne soffrirà, dall’altra finalmente l’opinione pubblica potrà comprendere le ragioni degli insegnanti che sono stufi di immolarsi per il bene di tutta la collettività.
L’ultima manovra finanziaria ha, infatti, tolto l’unica diaria che spettava ai docenti che accompagnavano gli allievi all’estero. Perché già da tempo, non era prevista per le “gite” in Italia. Ma, spostando l’attenzione dalle ragioni dei prof a quelli degli studenti, si può concludere che a farne le spese saranno soprattutto quelli che frequentano i licei linguistici o gli istituti per il turismo che dovranno rinunciare ai viaggi all’estero, utili per chi studia le lingue straniere.

Da parte loro, le agenzie turistiche fanno quello che possono per non perdere i guadagni: in Lombardia, ad esempio, un’agenzia di viaggi è arrivata a proporre di pagare di tasca sua i professori, pur di evitare la cancellazione delle gite. Ma c’è chi si è spinto oltre: nel Lazio, la Fiavet ) ha chiesto alla Regione un bonus economico per gli istituti che sceglieranno il Lazio come meta per le gite scolastiche.
Andrea Costanzo, presidente della Fiavet regionale, spiega: Abbiamo sempre avuto a cuore le problematiche legate ai viaggi di istruzione. Riteniamo fondamentale promuovere questo tipo di incontri, perché i rapporti tra agenti di viaggi, dirigenti scolastici e istituzioni devono essere sempre più chiari e diretti. In Piemonte, Alberto Cirio, Assessore regionale al Turismo, ha aperto uno sportello che elargirà 150 euro a ogni classe che potrà dimostrare di aver effettuato viaggi di istruzione all’interno dei confini regionali.

Alla Fiera annuale, tenutasi a Rimini, gli operatori turistici hanno lanciato l’allarme. Secondo le stime del Centro Studi turistici di Firenze, il fatturato garantito dalle “gite scolastiche” lo scorso è stato di 651 milioni di euro, un miliardo se si considera anche l’indotto. Ora questo business sarà notevolmente ridimensionato, mettendo in crisi non solo le agenzie turistiche ma anche le famiglie di chi vi lavora. Ezio Moretti, presidente della Caravan Tour, ha osservato: L’anno scorso abbiamo mosso, per parlare solo del mio gruppo, 300 mila studenti, per un fatturato di 26 milioni di euro. Ho quaranta dipendenti, giovani, quasi tutte donne: rischiano di restare per strada. Moretti, che ha già carta e penna in mano per scrivere ai prof “luddisti”, come sono stati soprannominati, esprime il suo malcontento, pur comprendendo anche le motivazioni che hanno spinto i professori a rinunciare ai viaggi di istruzione: Capiamo le vostre ragioni, ma non mettete nei guai altri lavoratori, se cala il business dovrò licenziarli. Già se viene meno il 20 per cento di gite è un disastro.

Che dire? Dovremmo essere mossi a pietà? Certamente non siamo insensibili ai problemi di chi vive con le “gite” scolastiche, ma perché dovremmo accollarci una responsabilità enorme senza nemmeno un rimborso spese?. Mi dispiace, ma ognuno fa i conti nelle proprie tasche, specialmente in questi tempi di crisi.

SCUOLA. I PROF PROTESTANO: STOP ALLE “GITE”

Chiariamo subito una cosa: quelle che dai ragazzi – e anche dai genitori – vengono chiamate “gite”, in realtà hanno un nome preciso ed è “viaggi di istruzione”. Il chiarimento è doveroso perché altrimenti passerebbe il messaggio che la scuola sia un tour operator che porta le classi a zonzo, senza un preciso obiettivo didattico.
Al contrario, il viaggio di istruzione viene pianificato per rispondere a precisi obiettivi didattici o educativi. Ad esempio, i cosiddetti soggiorni sulla neve, che di didattico apparentemente non hanno nulla, servono a creare un approccio – per chi ancora non ce l’ha – con l’ambiente montano e, allo stesso tempo, con gli sport “alpini”: sci alpino e di fondo, soprattutto, ma anche snowboard, pattinaggio sul ghiaccio e, talvolta, particolari attività legate al territorio (qui in Friuli, ad esempio, si fa provare anche la passeggiata con le “ciaspe”, termine che deriva dal ladino e che rimanda a particolari racchette che permettono di spostarsi agevolmente sulla neve a piedi). Di importanza non secondaria, l’obiettivo della socializzazione che ci si prefigge in questo tipo di “viaggi”.
Più evidenti sono, però, gli obiettivi didattici nei viaggi tradizionali: le città d’arte o le capitali europee dove si possono fare gli stage linguistici.

Dei problemi legati ai viaggi di istruzione ho parlato già in questo post. È inutile ripetere che, specie se le classi che si portano in giro sono costituite da minorenni, la responsabilità dei docenti è enorme. Succede, quindi, che molti professori non se la sentano di partecipare ai viaggi di istruzione e non si possono biasimare. Tuttavia, è anche vero che difficilmente gli allievi e le loro famiglie digeriscono la mancata “gita”: il più delle volte viene interpretata come una punizione.

Quest’anno c’è nell’aria molto malumore nelle scuole italiane, a causa dei “tagli” operati dal ministro Gelmini (ma sarebbe più corretto attribuire la colpa anche a Tremonti per l’ormai famoso art. 64 della Legge 133). Basta guardarsi intorno per capire che la “scure” ha colpito ovunque: molte sono, infatti, le scuole in cui sia il personale ATA che docente è assai meno numeroso rispetto agli anni scorsi.
Per questo motivo, gli insegnanti di molte scuole, in tutta l’Italia, hanno deciso il “blocco” dei viaggi d’istruzione.

Tale decisione, tuttavia, può essere attribuita anche ad una profonda riflessione sul ruolo che, nell’ambito educativo, hanno i viaggi stessi. Spesso, infatti, l’alta valenza culturale o educativa viene trascurata, dai ragazzi, a favore di un’occasione per stare insieme e per far bisboccia, senza il controllo delle famiglie e nel tentativo di far fessi i prof. Alla fine, li si può portare a vedere musei, chiese, mostre … quel che importa, però, è passare qualche giorno fuori casa e dormire in albergo. Gli insegnanti, perciò, devono sventare alcuni “riti di iniziazione” che possono interessare anche i più giovani (studenti delle medie e del biennio delle superiori): sesso, droga ed alcool, per intenderci.

Un altro spunto di riflessione su questa consuetudine che pareva destinata a non morire mai l’ha offerto il periodo di crisi che sta mettendo in difficoltà molte famiglie. In sintesi ci si chiede se sia opportuno far spendere delle cifre anche parecchio esose (fino a 500 euro e oltre) ai genitori di ragazzi che potrebbero avere due o tre figli in età scolare e sarebbero, quindi, impossibilitati a mandarli tutti in “gita”, negando tale possibilità ad ogni figlio, per non fare discriminazioni. È bene ricordare che, sebbene sulla carta appaia il contrario, avere un finanziamento all’uopo per le famiglie “bisognose” è in realtà assai difficile. Talvolta si devono compilare carte su carte e una richiesta di tal genere diventa una vera e propria umiliazione.

Tornando alla protesta dei prof, non è da sottovalutare il taglio dei finanziamenti che vedono gli insegnanti costretti ad accollarsi le spese di “sopravvivenza”, come trasporti e vitto, per cui non è prevista più una diaria, specie per i viaggi all’estero. In ottemperanza al decreto del 31 maggio, infatti, sono stati tagliati i fondi con cui venivano erogati agli insegnanti i rimborsi per i pasti ed i trasferimenti. Un provvedimento analogo a quello che taglia le spese di trasferta ai magistrati, senza tener conto del fatto che gli stipendi delle due categorie sono ben differenti. Chi ne farà le spese saranno gli studenti, è vero, ma non si può pretendere che, oltre alla responsabilità che grava sui docenti – responsabilità non solo civile ma anche penale, è bene sottolinearlo -, si debba decurtare il già misero stipendio per portare le classi in viaggio di istruzione.

L’ “effetto Gelmini” non si è fatto attendere. Ora bisognerà prepararsi alle proteste degli studenti che malvolentieri accetteranno quelle degli insegnanti.