L’ORTOGRAFIA SUL WEB E L’APOSTROFO DI SAVIANO


Purtroppo è cosa nota che gli scritti che viaggiano sul web siano pieni di refusi (ne ho scritto QUI, uno dei miei primissimi post di questo blog). Dal quotidiano on line ai messaggi su FB o Twitter, dai testi scritti sui blog ai commenti lasciati dai lettori parrebbe che la lingua italiana, non solo ortograficamente parlando, sia sempre più sconosciuta. E i dati relativi a vari concorsi pubblici, anche per posti altamente qualificati, ne sono la conferma. Non parliamo, poi, degli errori grammaticali e ortografici commessi dagli studenti di tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Ho più volte trattato questo argomento e sempre con una certa tristezza, come accade quando si vede maltrattato l’idioma materno, specie se si cerca di insegnarlo nel miglior modo possibile ai propri studenti. Ma le nuove generazioni, e quelle vecchie che le emulano, scrivendo avvalendosi delle nuove tecnologie sono convinte che la cosa più importante sia farsi capire dall’interlocutore che di certo non andrà per il sottile facendo notare gli errori e non criticherà l’uso ed abuso delle abbreviazioni più fantasiose.

Ricordo un “vecchio” tema in classe, proposto ai miei allievi proprio sull’uso delle nuove tipologie di scrittura. Una ragazza, decisamente brava e con l’incredibile, al giorno d’ggi, attitudine per la scrittura curata, scrisse:

Come esseri umani, creature dotate di raziocinio, custodi di sentimenti, desideri e speranze, non potremmo ritenere possibile l’esistenza di qualcosa di più naturale dell’amore per la conoscenza e la padronanza della lettura e della scrittura. In un mondo frenetico e in continua evoluzione come quello in cui viviamo e continueremo a vivere, la fruizione inestimabile del contatto umano attraverso la scrittura ha assunto, negli anni, connotati molto particolari come, per fare un esempio di facile comprensione, le e-mail e gli sms, lettere della moderna generazione di scritti, figli di una realtà ormai dipendente dalla tecnologia più varia.
Secoli di tradizione epistolare, di messaggeri impavidi pronti a rischiare tutto, spesso anche la propria vita, pur di proteggere il prezioso contenuto di quei testi del cuore che erano le lettere – portatrici di speranza, attesa e salvezza -, soppiantate dall’impellente fretta di un mondo troppo moderno e innovativo, troppo giovane per dare ascolto all’esperienza passata di quella realtà ormai scomparsa che era l’”era della corrispondenza via corriere”. Al giorno d’oggi, tuttavia, appare quasi impossibile anche solo sperare che il “popolo scrittore” possa volgere il proprio sguardo all’universo ormai trascorso e mutato delle lettere e del loro intervento di incomparabile importanza nella vita di tante e tante anime in fremente attesa di una risposta. L’improbabilità di tale auspicabile evento è resa evidente dagli effetti della diffusione globale della tecnologia dei cellulari e degli elaboratori elettronici quali i computer e, soprattutto, dell’immediatezza di risposta grazie alla quale ci è permesso accedere a qualunque genere d’informazione.

Adesso ditemi quante adolescenti sarebbero in grado di utilizzare l’idioma natio in modo così soave oltreché corretto. Ben poche. E non parliamo dei maschi.
Attente lettrici di romanzieri davvero mediocri come Moccia (solo per fare un esempio … d’altra parte io non ho grande esperienza nell’ambito della narrativa per teenagers), le ragazze d’oggi non solo scrivono poco e male, anche quando non ricorrono ad un linguaggio deturpato da abbreviazioni e adornato da simboli grafici di ogni specie, ma hanno anche a disposizione un repertorio lessicale assai limitato, ahimè.

Ma lasciamo stare gli studenti e veniamo a chi della scrittura ne ha fatto una professione, peraltro ben remunerata. Prendiamo Roberto Saviano, per esempio. Come riporta Bebbe Severgnini su Il Corriere, lo scrittore partenopeo, in un messaggio su Twitter, ha commesso un grossolano errore ortografico, uno di quelli che i miei allievi nemmeno fanno più, se non altro per non sentirmi sbraitare ogni volta e per non vedere le sottolineature triple sui compiti in classe. Ecco il testo (sul cui contenuto non mi soffermo, visto che non è al centro della mia riflessione):

«Khadz Kamalov, un giornalista coraggioso, è stato ucciso. 70 giornalisti russi uccisi in Russia. Qual’è il peso specifico della libertà di parola?»

Così lo commenta Severgnini:

«Mi è piaciuto il tweet newyorkese di Roberto Saviano (77.657 followers). Per la sostanza, ovviamente; ma anche per quell’apostrofo di troppo («Qual è…»). Poi l’ha corretto, ma non deve vergognarsi: anzi. Tutti sbagliamo, e su Twitter non esistono correttori automatici (per fortuna). Non solo: quell’apostrofo è la prova che RS, i tweet, se li scrive da solo.»
Poi continua: «Twitter è un esercizio nuovo e antichissimo: Callimaco, Marziale, Poliziano, Voltaire, Achille Campanile, Ennio Flaiano, Leo Longanesi e Indro Montanelli (coi «Controcorrente») se la sarebbero cavata benone. Bravi come loro, in giro, non ce ne sono più. Ma esistono molte persone brillanti con il passo breve e la battuta secca.»

L’articolo di Severgnini è simpatico e, per non dilungarmi oltreché per non andare off topic, vi invito a leggerlo tutto.
Tornando a Saviano, se è vero che in un primo momento ha provveduto a correggere l’errore, poi ci ha ripensato e ha pubblicamente dichiarato, ovviamente sempre su Twitter:

«Ho deciso 🙂 continuerò a scrivere qual’è con l’apostrofo come #Pirandello e #Landolfi. r.»

Va be’, contento lui, noi ce ne faremo una ragione. Allora, forse dovrei invitare i miei studenti a scrivere “esiglio” con gl emulando Foscolo? Gradirei una cortese risposta dal signor Saviano … nel frattempo, però, continuerò a raccomandare ai miei allievi di non usare il gl perché oggigiorno “esilio” si scrive senza.

[immagine da questo sito]

SAVIANO: SCORTA NEGATA, NIENTE PREMIO A LONDRA

La Metropolitan police non ha ritenuto opportuno assegnare la scorta a Roberto Saviano, da anni minacciato di morte dalla mafia e scortato, in Italia, 24 ore su 24,in occasione del ritiro del premio internazionale Pinter a Londra. Per la polizia inglese non era giustificata da motivi di sicurezza.

La decisione della MET Police ha suscitato molte polemiche:
è stata accusata, infatti, di non sostenere la libertà di parola (il che a me, onestamente, sembra eccessivo) e di lanciare un messaggio negativo. Secondo me, invece, il messaggio è più che positivo: in questi tempi di crisi è giusto risparmiare i soldi dei contribuenti.

Patetico, poi, mi sembra il dispiacere con cui l’organizzazione del premio ha spiegato di non aver potuto pagare una protezione privata, dal momento che la loro organizzazione non ha finanziamenti ed è senza scopo di lucro.
Alla fine, Saviano ha mandato un’amica a ritirare il premio (1000 sterline).

Ma io mi chiedo: con tutti i soldi che ha, derivati dalle vendite di libri, dai diritti dei film, dalle ospitate televisive ecc. ecc., non poteva pagarsi di tasca sua la scorta, anche a costo di spendere tutti i soldi del premio? Avrebbe certamente lanciato un messaggio positivo, visti i tempi di crisi.
Oppure la sua non era una motivazione sufficiente per recarsi a Londra facendosi carico delle spese per la sua sicurezza che qui in Italia gli paghiamo noi?

[fonte della notizia: Il Corriere]

ALDO GRASSO: A MESSA CON FAZIO E SAVIANO

Come sempre Aldo Grasso, nelle sue critiche televisive, sa cogliere nel segno. Sguardo distaccato, raramente elogia e il più delle volte dà un quadro lucido e obiettivo dei programmi televisivi di successo.

Questa volta è Vieni via con me di Fazio ad attirare la sua attenzione. Una trasmissione, anzi la trasmissione di successo targata Rai 3 che ha portato la rete cenerentola della Tv di Stato sulla vetta dell’auditel. Un programma che, per il solo fatto di aver superato i 9 milioni di telespettatori, è considerato dagli estimatori una ventata di novità. Ma quale novità? A leggere l’articolo di Grasso pubblicato sul Corriere, sembra una trasmissione vecchia di secoli, anzi millenni. Una specie di Messa in cui il prete officiante è Fazio con la complicità di Saviano … addirittura un Cristo che racconta le parabole. E anche i chierichetti non mancano.

Ecco uno stralcio dell’articolo:

«Vieni via con me» non è un format, è un calco. Di una cerimonia religiosa, di una messa, di una funzione liturgica. La proposta degli elenchi, di ogni tipo, su ogni argomento, assomiglia molto alle litanie: più che alla vertigine della lista, lo spettatore cede volentieri al fascino della supplica accorata, alla devozione popolare, alla lamentazione come unica fonte di speranza e di conforto, al mantra. Volete una prova? A ogni voce degli elenchi provate ad aggiungere un ora pro nobis. L’officiante è facile individuarlo: ne ha tutti i modi, i comportamenti, spesso le affettazioni; è Fabio Fazio. Che ha una capacità straordinaria, tipica di alcuni celebranti: quella di trasferire sui suoi numerosi fedeli quell’aura di senso di colpa che gli trasfigura il volto. La doglianza gli dà potere, mostrarsi vulnerabile (i ricchi contratti non gli impediscono di piangere sempre miseria) è la sua garanzia di invincibilità, tra un Alleluia e una Via Crucis.

E poi c’è lui, la vittima sacrificale, il Cristo in croce. Se Roberto Saviano si mettesse una parrucca assomiglierebbe in maniera impressionante al Cristo di Pasolini. È una reincarnazione cinematografica. I suoi interventi (le sue parabole) sono incontrovertibili perché, segretamente, iniziano con una premessa: «In verità, in verità vi dico». Per non parlare di tutti i chierichetti che hanno preso parte al rito. Ok, andate in pace, la messa non è finita.

AMEN

GIOVANNI MINOLI: BERSANI E FINI? LE VELINE DI FAZIO. E BERLUSCONI VINCE SEMPRE

Un bellissimo intervento, quello di Giovanni Minoli in una video-intervista per Corriere.it-Spotlight. Con una lucida serenità di giudizio, osserva che “la politica è stata mangiata dalla televisione” e spara a zero sul programma di Fazio e Saviano, un format, come tanti altri, nulla di originale o di creativo. Per di più un format di proprietà della Endemol, società di cui è azionista Berlusconi.

Mentre la puntata di lunedì scorso faceva il boom di ascolti e con oltre 9milioni di telespettatori, più del 30% di share, batteva il Grande Fratello della Marcuzzi su Canale 5, mentre i due politici, Bersani e Fini, facevano da veline a Fazio, l’unico che se la rideva era Berlusconi. Sì, proprio lui. Lui è l’unico vincitore. Lui che, essendo azionista della Endemol, alla fine ha avuto la meglio su tutti perché produce entrambi i programmi, sia il GF sia Vieni via con me, il programma di Fazio. La Rai mette a disposizione solo gli studi.
“È un segnale della mancanza di contenuti che non trova risposte, è inevasa”, osserva Minoli.

Un esempio da seguire? Quello di Marchionne che ha rispolverato la Cinquecento e l’ha esportata in America. La Rai, afferma Minoli, “è piena di Cinquecento nei suoi archivi, basta mettersi a cercare”. E continua: “La catena di trasmissione e di formazione dei saperi televisivi si è interrotta a favore dei venditori di format, mentre la televisione dovrebbe allevare i suoi creativi”.

Nemmeno su Santoro si risparmia: “Il metodo Santoro è dichiaratamente di parte, non c’è finzione. Ovvero, nella finzione lui è un bravo sceneggiatore e un bravo interprete della sua sceneggiatura.”

E la Rai del futuro qual è? “è quella del digitale terrestre. Se saprà cogliere questa opportunità, la Rai ritroverà il suo ruolo centrale di servizio pubblico. Altrimenti, sarà una balena spiaggiata attaccata dai cacciatori di balene che se la porteranno via”.

Per vedere il VIDEO dell’intervista CLICCA QUI.