#SANREMO2020: IL SOGNO DI AMADEUS SI È AVVERATO MA…

Sanremo ventiventi – come l’ha chiamato in modo quasi ossessivo Amadeus durante le interminabili cinque serate del Festival – è andato bene. Oltre alle più rosee aspettative, a quanto pare. Per eguagliare il successo in termini di audience dicono che bisogna andare indietro di 25 anni. L’evento sanremese del millennio. Attenzione, però, il terzo millennio dell’era cristiana è ancora giovane, ne deve passare di acqua sotto i ponti. Magari l’acqua travolgerà per sempre la canzone italiana che, almeno per ora, non sembra sofferente. O magari ci saranno altri festival in grado di superare il 70°.

Confesso che ho seguito le serate un po’ a spizzichi e bocconi. Senz’altro non avrei potuto rimanere sveglia fino alla fine (solo ieri ho fatto le 2 e 20 attendendo la proclamazione del vincitore), dovendo andare al lavoro. Come dice la mia amica blogger Ester Maero, bisognerebbe proclamare la settimana sanremese festa nazionale, solo così sarebbe possibile fare le ore piccole ogni notte.
Anche se ho cercato di leggere alcuni commenti sulle testate giornalistiche e ho guardato qualche spezzone della kermesse su Raiplay, non mi sento di scrivere un vero e proprio post, quanto piuttosto una raccolta di pensieri sparsi, sulla falsa riga dei tweet che ho postato sul mio account Twitter durante l’interminabile settimana sanremese.

Il conduttore. Amadeus è stato bravo e soprattutto spontaneo. Aveva gli occhi luccicanti come quelli di un bambino che guarda il mondo con stupore e meraviglia, quel bambino che, canzone dopo canzone, negli anni ha coltivato un sogno: non cantare a Sanremo ma calcare il palcoscenico dell’Ariston come conduttore. Non ha mai perso quell’espressione di gioia e quasi incredulità, come se ogni sera si chiedesse “ma sta capitando davvero a me?”. Al di là delle polemiche che hanno preceduto il festival, credo sia riuscito a far ricredere chi non lo riteneva all’altezza.


L’amicizia. Pare che quello che si è appena concluso sia stato il festival delle grandi amicizie. Fiorello e Tiziano Ferro, onnipresenti, hanno fatto da spalla ad Amadeus e, come se ci fosse una sorta di competizione tra i due nell’adempiere a questo compito, è nata qualche scaramuccia. Tiziano Ferro, durante la seconda serata, ha lanciato con successo su Twitter l’hashtag #fiorellostattezitto, tanto che lo showman siciliano giovedì non si è presentato sul palcoscenico. Personalmente ringrazio il cantautore di Latina: la presenza di Rosario è stata invadente, ha dilatato oltremodo la durata delle serate e a lungo andare è risultato noioso (almeno a mio parere). Ho avuto l’impressione che le sue incursioni sul palco divertissero solo l’amico Amadeus. Inoltre non mi è piaciuto il fatto che nelle prime scene durante la serata di martedì i riflettori fossero rivolti verso di lui. Sarà stata anche una cosa studiata ma Amadeus si meritava di aprire il festival. Forse gli autori pensavano che Fiorello aumentasse lo share?

Le canzoni. Non mi esprimo sulle canzoni in gara perché devo ammettere di non averle nemmeno sentite tutte. Credo che la vittoria di Diodato sia meritata: la sua era l’unica canzone, tra quelle ascoltate, che ho gradito fin dalle prime note. Ma di canzoni in cinque serate ne abbiamo sentite tante. Troppi ospiti, quasi tutti italiani, qualche performance di troppo (Albano Romina e i Ricchi e Poveri, che ho pure apprezzato, hanno fatto dei mini concerti), senza contare la presenza a cadenza regolare sul palco di Tiziano Ferro… mi è piaciuto il duetto con Massimo Ranieri (“Perdere l’amore” è una canzone senza tempo) ma Ferro è stato anche lui, come Fiorello, troppo invadente.

Gli ospiti e la gara. Alla fine, con tanti pezzi ascoltati, chi si ricordava più le canzoni in gara? Ricordo che una volta al Festival di Sanremo, non a caso dedicato alla canzone italiana, gli ospiti erano tutti stranieri (o quasi), proprio perché l’attenzione del pubblico doveva essere concentrata sulla gara. La scelta di Amadeus e degli altri autori non mi è piaciuta per niente.

Le donne. Fin dall’inizio il conduttore aveva detto che sarebbe stato accompagnato da molte donne. Ma dieci, caro mio, forse sono troppe. E fra quelle dieci chi si è salvata davvero? Forse la Clerici e la zia Mara (Venier), ma sono delle veterane e non c’è da stupirsi. Anche l’albanese Alketa Vejsiu ha dato prova di essere all’altezza del ruolo che, per carità, non era da valletta ma da co-conduttrice. Una parlantina che neanche Fiorello…
Le signore del Tg 1, Laura Chimenti e Emma D’Aquino, oltre a essere davvero brave, hanno dimostrato che la classe non è acqua. Al contrario di Diletta Leotta che, rifatta dalla testa ai piedi, grazie anche al fratello chirurgo plastico, ha avuto il coraggio di dire che la bellezza non è un merito, come se la sua fosse naturale. Poco dopo, però, ammette che lei è a Sanremo perché è bella. E quindi? È dai tempi di “Oltre le gambe c’è di più”, tormentone che risale a quasi 20 anni fa, cantato da Jo Squillo e Sabrina Salerno (anche lei ospite alla settantesima edizione di Sanremo), che non si è ben capito cosa ci sia di più, almeno in certe donne.

Le mise. Ora si dice outfit ma io sono antica, quindi affezionata all’elegante parola francese. Impeccabile Amadeus che ha sfoggiato dei completi molto particolari, tutti confezionati per l’occasione dallo stilista preferito del conduttore: Gai Mattiolo. Il completo che ho preferito è stato il primo della serata finale perché in genere il broccato, che caratterizzava la maggior parte dei completi sfoggiati, non mi fa impazzire.
Sulle donne vorrei stendere un velo pietoso ma mi limiterò a dire che, al di là dei centimetri di pelle scoperti (nei punti giusti, naturalmente), non è il pudore che manca ma l’eleganza. Una su tutte: la cantante Elodie che ha sfoggiato delle scollature vertiginose e si è esibita ogni volta palpandosi il seno come se volesse controllare che fosse tutto a posto, che nulla scappasse di qua e di là. A parte le giornaliste Emma D’Aquino e Laura Chimenti, signore dell’eleganza, mi è piaciuta molto l’attrice Cristiana Capotondi che ha fatto un’apparizione fugace ieri sera ma sufficiente per dare una lezione di signorilità a molte altre, come Elettra Lamborghini e il suo lato b in bella mostra (d’altronde per il twerking…). Nonostante la schiena scoperta quasi totalmente, Cristiana non è riuscita ad apparire volgare.
Fra i cantanti in gara, basterà citare Achille Lauro che ha fatto sfoggio di mise tanto esagerate quanto improbabili. Merita comunque un elogio per la coerenza. Se voleva far parlare di sé, dato il modesto valore del pezzo portato al festival, c’è riuscito.

Sanremo per il sociale. Il Festival di Sanremo ormai da molti anni si occupa del sociale. All’inizio non gradivo che si inserissero nella gara canora storie strappalacrime perché già la vita quotidiana per tutti noi ha i suoi problemi, almeno quando ascoltiamo delle canzoni vorremmo essere spensierati per un po’. Forse la mia era un’idea sbagliata: la kermesse musicale italiana più seguita nel mondo è il palcoscenico ideale per lanciare anche i messaggi che esulano dal mondo spensierato delle canzonette (anch’esse, tra l’altro, a volte portatrici di messaggi tutt’altro che frivoli). Ben venga allora l’intervento di Rula Jebreal, giornalista palestinese, che ha raccontato episodi della sua vita e della vita di sua madre – che si uccise quando lei era piccola –, mescolandoli con citazioni di testi di famose canzoni italiane sulle donne.
L’ospite che ha maggiormente toccato il mio cuore è stato, però, Paolo Palumbo, giovanissimo rapper malato di Sla il quale, attraverso le parole della sua canzone, ha dato una bella lezione di vita a tutti noi che a volte ci lamentiamo per cose davvero futili. Lui, nonostante l’immobilità completa e una vita che dipende dal respiratore e dalla peg per l’alimentazione, si ritiene un ragazzo fortunato. Riesce a muovere solo gli occhi e “parla” attraverso il comunicatore verbale ma apprezza anche il solo fatto di essere vivo.
Mi è piaciuto di meno il monologo sulla diversità di Tiziano Ferro che si conclude con le parole: “Non sono sbagliato. Nessuno lo è.”, e la rivendicazione di una vita felice e dell’amore, cosa di cui è più consapevole ora che ha 40 anni (e fresco sposo di Victor). Caro Tiziano, la felicità e l’amore sono un diritto a prescindere che tu sia gay o etero. Nessuno può giudicare e non c’è bisogno di ribadirlo perché sì, ci sono ancora gli hater, c’è ancora chi fa il bullo nei confronti degli omosessuali, ma questi sono degli imbecilli che non hanno alcun senso di civiltà e non c’è nessun monologo che possa servire a insegnarglielo.

Il rispetto. Mi spiace dirlo ma ciò che ha caratterizzato soprattutto questo 70° Festival di Sanremo è la mancanza di rispetto.
Nei confronti dei telespettatori che, con ogni probabilità, hanno perso una parte considerevole delle cinque serate che sono terminate troppo tardi.
Nei confronti dei cantanti in gara che spesso si sono esibiti dopo l’una di notte. Stemperare la tensione che si accumula nel corso delle ore è davvero difficile e lo stress di certo non aiuta le performance.
Nei confronti dell’orchestra, visto che i maestri, nonostante l’abbondanza di parti dialogate o monologate in cui non era richiesto il sottofondo musicale, mi sono sembrati agli arresti domiciliari per cinque-sei ore di trasmissione. Una cosa disumana, se poi è anche vero (non lo credo) che il compenso ammontava a 50 € per serata, sarebbe riduzione in schiavitù.
Nei confronti di alcuni ospiti, come Zucchero, che si sono esibiti in tarda serata… e poi, qualcuno comincia ad avere una certa età!


L’eroe. In prima fila, elegante e composto, seduto vicino a mamma Giovanna Civitillo, si è goduto ogni serata fino all’ultimo istante, cantando tutte le canzoni in gara (credo che i testi li conosca solo lui…), senza dar mostra del minimo cedimento. Per me José Alberto Sebastiani, figlio decenne di Amadeus, è il vero eroe di questo interminabile Festival di Sanremo duemilaeventi (e non ventiventi come dice Amadeus sul calco dell’inglese). Ha dimostrato, inoltre, un animo sensibile alzandosi in piedi per primo, dando il via a una meritatissima standing ovation, quando si è esibito Paolo Palumbo, il cantante rap malato di Sla. Un ragazzino davvero bene educato, promette bene.

[immagine sotto al titolo da questo sito; immagine di Fiorello_Amadeus_Ferro da questo sito; foto Chimenti_D’Aquino da questo sito; foto Capotondi da questo sito: immagine José Alberto e Giovanna Civitillo da questo sito]

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SANREMO, IRENE E I FIGLI DI

Irene

Calato, finalmente, il sipario sul 66° Festival della Canzone Italiana, cerchiamo di voltare pagina ma non ci riusciamo. Sanremo ci perseguiterà ancora per tutta la domenica, almeno, dato che i vari contenitori del pomeriggio di Mamma Rai saranno trasmessi dall’Ariston, e per le settimane a venire.

Questo è stato il festival dei troppo, secondo me: troppe puntate, troppo lunghe, troppe canzoni, troppi ospiti, troppi valletti (la sola Virginia Raffaele, con la sua poliedricità, poteva bastare), troppi vestiti…
Un merito a questo festival comunque non possiamo negarlo: l’aver distolto l’attenzione del pubblico dai fannulloni comunali, timbratori di cartellini a tradimento.

Ma non è di questo che voglio parlare. La mia vuole essere una riflessione sui figli di. Partendo da Irene Fornaciari, figlia di quel mostro sacro della canzone italiana che di nome fa Adelmo ma che tutti conoscono come Zucchero.
Ebbene, la bella e brava Irene, figlia di cotanto padre, è stata relegata all’ultimo posto della classifica dei big (ammesso che lei lo sia davvero e non solo grazie all’eredità paterna… le colpe dei padri, ma anche le virtù, ricadranno sui figli). Qualcuno ieri ha detto che non dobbiamo dimenticare che la kermesse sanremese è all’insegna delle canzoni e non dei cantanti. Eppure il pezzo di Irene era molto bello, buona la musicalità e interessante il testo, se non altro attuale. Forse considerato troppo studiato per attirare l’attenzione del pubblico. Sempre che questo possa essere considerato un difetto, dal momento che chi partecipa al Festival non dimentica che il pubblico vuole la sua parte.

Io penso che Irene abbia, in qualche modo, scontato la colpa di essere figlia di. Nella serata di ieri, l’ultima, è stata ripescata e riammessa alla gara. Subito sui social si sono scatenati i maligni che hanno insinuato che papà Zucchero si sia comprato interi call center… Semplice insinuazione, verità, non so. Ma credo che la canzone della Fornaciari, non solo la sua voce, meritasse una posizione più alta in classifica.
Anche il suo illustre papà non ebbe miglior fortuna nel lontano 1985 quando con “Donne” guadagnò il 20° posto, battuto nella sfiga da un certo Garbo di cui non conserviamo memoria. Speriamo che Irene segua le sue orme.

Miglior sorte è toccata agli altri figli di: quelli dei talent.
Ormai dobbiamo farcene una ragione: le voci più belle, i talenti più autentici arrivano da lì. Il mondo musicale è così complicato e difficile da raggiungere, considerando anche la crisi profonda della discografia italiana, che la vetrina dei talent offre una delle poche chance di farsi conoscere. Si chiamino essi “Amici” di Maria, “X Factor”, “The voice” o “Ti lascio una canzone” che ha consegnato su un piatto d’argento la vittoria ai ragazzi del Volo lo scorso anno.

annalisa

Partendo dal fondo della classifica di quest’ultima edizione di Sanremo, maggior fortuna avrebbero meritato Alessio Bernabei (14°) e Annalisa (che di cognome fa Scarrone ma è meglio dimenticarselo), data per probabile vincitrice e relegata all’11° posto. Entrambi usciti dal talent di Canale 5, figli di Maria che da decenni si rivela mamma affettuosa di corteggiatori e cantanti.

Annalisa è ormai una cantante affermata e penso non sentirà in futuro il “disonore” di un così modesto piazzamento.
Che dire invece di Alessio Bernabei? Lui, oltre ad essere figlio di Maria, è anche il figliol prodigo uscito dalla band dei Dear Jack che l’aveva consacrato nel mondo musicale degli ultimi anni. Che sia prodigo non so; in fondo non è noto di quale patrimonio si sia appropriato, in diritti SIAE, lasciando il gruppo né se in futuro, dopo aver sperperato il gruzzoletto, tenterà di essere riammesso nella vecchia famiglia musicale. Per ora chiamiamolo ingrato e anche un po’ presuntuoso: la sua “defezione”, per il momento, non ha giovato né a lui né ai vecchi compagni, nemmeno ammessi alla finale.

E che dire di Valerio Scanu? Il piazzamento al 13° posto è la vera sorpresa di Sanremo 2016. Già vincitore nel 2010, dopo aver tentato di rimettersi in gioco partecipando all’ “Isola dei famosi” e al talent condotto da Carlo Conti “Tale e quale show”, e dopo essersi autoprodotto un album sperando di riconquistare un posto di riguardo nel panorama musicale degli ultimi anni, nonostante il seguito dei fan che mai l’hanno abbandonato, a partire dalle famose zie, non si è classificato fra i primi.
Anche se il ragazzo mi sta cordialmente antipatico, come non ho mancato di dichiarare in un post di qualche anno fa, la sua canzone è l’unica che, svegliandomi stamattina, mi è tornata in mente. In fondo è ciò che chiediamo ai pezzi presentati al festival.

Veniamo ora ai figli di “X Factor”. Bistrattata Noemi, che pure ha presentato una canzone non banale, nel testo, con una buona musicalità e una splendida voce, arrivata solo ottava. Miglior fortuna è toccata a Lorenzo Fragola (5°), vincitore dell’edizione del talent nel 2013, anche se a me non è piaciuto particolarmente.

Il posto d’onore è, invece, toccato a Francesca Michielin, giovanissima e bellissima, spontanea e innocente. Mi ha ricordato la giovane Elisa quando ha vinto il festival con la sua “Luce” nel 2001. Lei, secondo me, è la vera vincitrice di Sanremo 2016 e credo che il suo riscatto avverrà attraverso le vendite del pezzo, bellissimo e cantato con una voce davvero splendida.

Il terzo posto sul podio è toccato al giovane Giovanni Caccamo, già vincitore della sezione Giovani lo scorso anno (e ciò, a mio parere, rimane troppo poco per considerarlo un big), affiancato da un’altra figlia di Maria, Deborah Iurato, vincitrice del talent “Amici” nel 2014. Bella voce, scarsa presenza. Ma se è vero che la canzone e non chi la esegue ha il predominio, anche questa a me è sembrata alquanto modesta.

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Se ci pensiamo bene, in fondo la vittoria di questo Sanremo è stata conquistata da altri figli di: gli Stadio, gruppo scoperto e portato in auge dall’indimenticabile Lucio Dalla fin dagli anni Settanta. Questa vittoria, non inattesa, è forse paragonabile a quella conquistata da Roberto Vecchioni nel 2011. Un ritorno all’antico, dunque. E non poteva essere diversamente in un festival che ha celebrato i 50 anni di carriera dei Pooh e di Patty Pravo. E anche l’inossidabile Renato Zero, l’unico che si salva tra gli “antichi”, non scherza. Gran brutti modelli: ora il nostro governo li additerà come esempio di longevità lavorativa per prolungare l’età pensionabile fino ai 90 anni.

Tuttavia, gli anni passano e si vede, anzi, si sente. I Pooh, specie Facchinetti, dovrebbero farsi controllare le coronarie; la bionda Patty ha più capelli (ammesso che siano i suoi) che voce. E anche Currieri, leader degli Stadio, è testimone del tempo che avanza.

Ma a Sanremo vince la canzone e non gli interpreti, vero? Be’, a me non è piaciuta nemmeno quella. Un giorno mi darai ragione?

[immagini da questo sito]

VAROUFAKIS HA CHIESTO 1000 EURO AL MINUTO PER UN’INTERVISTA DA FAZIO? HA FATTO BENE!

Foto Nicoloro G.  27/09/2015   Milano  Trasmissione televisiva su Rai 3 ' Che tempo che fa '. nella foto Fabio Fazio e l' ex ministro delle Finanze greco Gianis Varoufakis.
Foto Nicoloro G. 27/09/2015 Milano Trasmissione televisiva su Rai 3 ‘ Che tempo che fa ‘. nella foto Fabio Fazio e l’ ex ministro delle Finanze greco Yianis Varoufakis.
Ha fatto clamore la notizia, diffusa nei giorni scorsi su tutti i quotidiani e nei vari telegiornali, secondo la quale l’ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis ha chiesto ben 24mila euro per farsi intervistare da Fabio Fazio su Rai3.

La trasmissione è nota: “Che tempo che fa”. La puntata è quella andata in onda lo scorso 27 settembre. Solo ora, tuttavia, è stato reso noto l’importo elargito, e si parla di 24mila euro netti, e non certo attraverso la Rai. E’ stato, infatti, lo stesso Varoufakis a divulgare la notizia sul suo blog. L’ex ministro ha pubblicato i compensi percepiti dal luglio scorso per ogni ospitata tv. Dalla lista si evince che la Rai è l’unica tv ad aver pagato una cifra così ingente. Per fare un esempio, quando Varoufakis ha partecipato al programma “Question Time” sulla Bbc inglese non ha percepito un euro e il viaggio offertogli è stato in classe Economy. Ovviamente la Rai gli ha pagato il viaggio in classe Business…

Onestamente non capisco tutto il clamore sorto da questo “caso”. Si grida allo scandalo perché si tratta di un politico e non di uno showman? Perché, invece, non si prendono in considerazione gli esosi compensi che mamma Rai, con i nostri soldi, è pronta ad elargire per gli ospiti illustri invitati a Sanremo?

Sapete cosa vi dico? Varoufakis ha fatto bene a chiedere un compenso così elevato!

Noi siamo noti per gli sprechi, per l’atavica pratica del “passo più lungo della gamba“. L’ex ministro se ne è approfittato? Buon per lui.

Finché le cose non cambieranno, noi italiani saremo sempre famosi per il denaro pubblico buttato letteralmente fuori dalla finestra.

“NOTTI SUL GHIACCIO”: IL SUCCESSO DEL PRINCIPE EMANUELE FILIBERTO E I MONARCHICI 2.0

emanule filiberto ghiaccio
Non so chi di voi, lettori di questo blog un po’ negletto, abbia seguito lo show condotto da Milly Carlucci su Rai 1 che si è concluso ieri sera con il secondo posto del principe Emanuele Filiberto. Sto parlando di “Notti sul ghiaccio“, uno spettacolo gradevole, bello, condotto con l’ineguagliabile eleganza della padrona di casa, ex pattinatrice su rotelle, che ha voluto riproporre, dopo qualche anno di stop, la gara tra pattinatori su ghiaccio improvvisati, sulla falsa riga del ben più noto e longevo “Ballando con le stelle”.

Pattinare sul ghiaccio non è certo facile e la sfida dei vip supera, in coraggio, quella dei concorrenti che si devono cimentare nel ballo. Emanuele Filiberto, già vincitore di “Ballando con le stelle” qualche anno fa, ha ottenuto il secondo posto sbaragliando concorrenti ben più abili di lui sui pattini, grazie al televoto da casa. Questo deve far riflettere sulle scelte del pubblico, condizionate più dalla simpatia che dal talento vero e proprio. Sì, perché se il bel principe con gli occhi cerulei di coraggio ne ha dimostrato parecchio, di talento come pattinatore ne ha davvero pochino.

giorgio-rocca

Il primo posto, meritatissimo, è andato all’ex campione di sci alpino, ora maestro sui campi innevati (una delle allieve più note è Maria De Filippi), Giorgio Rocca. Ma almeno due concorrenti meritavano un piazzamento migliore: Clara Alonso, star del fortunato show argentino “Violetta” e data per vincitrice da un sondaggio on line sul sito ufficiale dello show, e Chiara Mastalli, giovane attrice di già lunga esperienza – ha iniziato la carriera a soli sei anni – che non brilla certo per simpatia ma sui pattini ha dimostrato una grande abilità.

Nonostante questo, a contendersi il podio per il primo premio sono stati due uomini. Uno sportivo, muscoli d’acciaio, carattere duro (tipico dei montanari, con tutto il rispetto), di poche parole e parco anche nei sorrisi, benché nelle ultime puntate si sia sciolto un po’. Sto parlando, ovviamente, di Rocca.
L’altro mingherlino, molto elegante, sempre sorridente, educato ed espansivo nella misura che si confà ad un appartenente al nobile rango, spesso impacciato sul ghiaccio, più intento a ballare scivolando piuttosto che a pattinare nel vero senso della parola. Mentre Rocca si è lanciato il balli sfrenati, con arditi sollevamenti in aria della pattinatrice-maestra, Emanuele Filiberto tutt’al più ha prestato le ginocchia per far accomodare la sua partner per qualche secondo, traballando un bel po’ sulle lame.
Insomma, tra i due a livello di performance c’era un abisso.

Il televoto, dicevo, ha premiato uno sportivo, certamente adatto a questo tipo di prestazione. Ma il secondo posto del principe ha lasciato un po’ spiazzati i più, considerando i meriti di almeno due concorrenti, nominate prima, che forse sarebbero dovute salire sul gradino più alto del podio al suo posto.
C’è da pensare che i voti arrivati via telefono siano stati prevalentemente femminili e determinati dal fascino indiscutibile, seppur assai diverso, dei due uomini.

Su una cosa sto riflettendo da ieri sera: se si proponesse un referendum per il ritorno della monarchia, Emanuele Filiberto avrebbe molte chance di salire al trono. Sempre a patto che si usi il televoto.

Se non avete visto lo spettacolo, QUI potete vedere un’esibizione di Emanuele Filiberto, QUI una di Giorgio Rocca e QUI una di Clara Alonso, vincitrice morale… giusto per fare un confronto.

[immagine da questo sito]

NON ABBIAMO MAI TEMPO PER LEGGERE? TUTTE SCUSE

1856 - Alfred Stevens (jeune femme lisant)

La lettura, in quanto occupazione inesorabilmente solitaria, implica una sensazione di egoismo che è difficile da sostenere con serenità. Una madre che esasperata dal caos domestico si chiude in cucina a stirare prenderà questo piccola azione di barricamento come legittima e giustificata; la stessa madre che si chiude marito e figli fuori dalla camera da letto per leggere mezzora in santa pace lo percepirà come un lusso che è ingiusto concedersi.

Da lettrice che ha sempre mille cose da fare e crede di non avere mai il tempo per leggere, concordo pienamente con questa riflessione di Matteo B. Bianchi (QUI potete leggere l’intero articolo, molto interessante).

Quant’è vero che consideriamo, a volte, la lettura un lusso che non possiamo permetterci, qualcosa che ci svia dai doveri. Un piacere che, immancabilmente, viene dopo ciò che ci sentiamo obbligati a fare. Tuttavia, non pensiamo quasi mai al tempo che sprechiamo durante la giornata, quando accendiamo pigramente la tv anche se non c’è proprio nulla di interessante da vedere, oppure quando stiamo incollati davanti al monitor del pc in attesa di qualcosa di interessante da scoprire.

Concedersi il lusso della lettura, sottraendo il tempo ai doveri, non è cosa da biasimare, né dobbiamo pensare che la lettura ci impegni maggiormente, specie a livello mentale, dello stare in ozio sul divano con il televisore acceso o alla scrivania davanti al computer.

Forse dovremmo volerci un po’ più bene e regalarci qualche ora piacevole in compagnia di un buon libro. E pazienza se non riusciamo a leggere più di 10 o 20 pagine alla volta. C’è sempre il tempo per recuperare.

P.S. detto da una che trova sempre qualsiasi scusa per non leggere durante il periodo scolastico … però è anche vero che con gli occhiali da presbite mi stanco molto, dovendo già leggere o i testi scolastici o i compiti degli studenti. Aggiungo, anche se sono consapevole che possa sembrare una scusa, che faccio molta fatica a concentrarmi e quindi trovo meno impegnativo accendere la tv o stare al pc. 😦

[nell’immagine: Jeune Fille Lisant – 1856 Alfred Stevens (1823-1906) da questo sito]

CASO SCOTTI: RISO AMARO

renzi scotti
Il dott. Scotti, non quello del riso ma quello della tv (che poi, parlando di spot, sono la stessa cosa), ha inoltrato un’insolita richiesta al presidente del Consiglio Matteo Renzi: toglimi il vitalizio. Semplice apparentemente: uno che è stato parlamentare per 5 anni e che di mestiere fa il conduttore tv, non ha bisogno di quei soldi, non li vuole. Ma rinunciare non si può.

«Troveremo il modo di accontentarlo, – assicura Renzi – ma è il segnale di una persona che si rende conto che anche il piccolo contributo personale è giusto».

Gerry Scotti è una persona onesta e potrebbe costituire un buon esempio per tutti quelli che non hanno bisogno di vitalizi e pensioni d’oro, visto che con il loro patrimonio potrebbero garantire il futuro ad almeno un paio di generazioni.

E’ possibile che non si possa accogliere una richiesta del genere? Per risollevare le sorti economiche dell’Italia basterebbe un gesto così semplice condivisibile da molti: non li voglio questi soldi, riprenditeli.
Lo Stato che è così avaro nel dare e tanto sollecito nel ricevere, dai poveri diavoli che non riescono a pagare le tasse anche perché dello Stato sono creditori, non potrebbe essere altrettanto sollecito nel riprendersi quei soldi che persone oneste e altruiste come Gerry Scotti non vogliono?

Questa storia fa sorridere. E’ un riso amaro, però.

[fonte: Il Corriere; immagine da questo sito]

AGGIORNAMENTO DEL POST, 16 MARZO 2014

Invito chi mi segue e i lettori di passaggio a leggere questo interessante (e spiritoso, come nello stile del critico) contributo di Aldo Grasso per il Corriere.it.

Tra le altre cose spiega che il vitalizio cui ha diritto Gerry Scotti non è al momento percepito dal conduttore televisivo ma lo sarà al compimento del 65° anno di età (ora di anni ne ha 57), come previsto dalla Legge.
Ciò si è venuto a sapere dallo scambio di cinguettii avvenuto tra Scotti e il premier Renzi. A tale proposito, Grasso chiosa:

«Una precisazione dovuta: rinuncio ad un vitalizio previsto solo al compimento dei 65 anni, quindi tra 8. A tutt’oggi non ho percepito nulla». E poi ancora: «Grazie a tutti. È solo un piccolo gesto di fronte ai sacrifici di tanti». Pare che Matteo Santo Subito gli abbia risposto: «È la tua risposta definitiva? L’accendiamo?». 🙂

“FUORICLASSE 2, IL MINESTRONE DELL’ORTOLANO” di GIAN PAOLO POLESINI

littizzetto fuoriclasse

Solo per mancanza di tempo, non d’idee, non ho scritto nulla sulla prof Littizzetto. L’altra sera ero al telefono con mio fratello e, quando l’ho avvisato che stava per iniziare la puntata di “Fuoriclasse “” e dovevo interrompere la conversazione, mi ha detto: “Una prof che guarda alla tv una fiction ambientata in una scuola: puro masochismo”. E come potrei non dargli ragione?

Ha ragione, certo, ma mi sento masochista non tanto per il motivo addotto dal fratellone quanto perché, nell’ordine:

1. Non sopporto la Littizzetto e nemmeno Starnone, l’Apollo ispiratore (non posso certo definire Starnone “Musa”) della fiction
2. La scuola delle fiction (vedi la Pivetti detective, ad esempio) è quanto mai fasulla e, nel momento in cui vorrebbe essere aderente al modello esistente, patetica
3. Quando gli attori non sono tali (la Littizzetto proviene dal cabaret e pure Macorè, che in ogni caso mi piace come recita ma non in “Fuoriclasse 2”, con quella cadenza veneta che fa rabbrividire i veneti doc) non può uscirne un prodotto di qualità. Si salverebbe Scarpati ma anche lui, frequentando la famiglia Martini che, avendo necessità di cure e il medico ce l’ha pure in casa, dimostra quanto sia poco efficace la medicina in tv, soprattutto perché fa disimparare la recitazione anche a chi ne aveva avuta in sorte almeno una qualche parvenza.

Detto questo, lascio la parola a Gian Paolo Polesini, giornalista del Messaggero Veneto, che ha fatto un’analisi lucida e dettagliata della fiction littizzettiana, di gran lunga migliore di quanto avrei potuto fare io.

Buona lettura.

Vediamo un po’ quant’è ricco il minestrone scolastico diFuoriclasse 2.

Nemmeno quello dell’ortolano, guarda.

Littizzetto. Lucianina fa Sanremo, subito dopo vince – toh il caso a volte – l’Oscar del personaggio femminile dell’anno e, ancora con in faccia il ventocontro di Arisa, è la prof Passamaglia, fiction spottata dai Premi regia televisiva. 360° perfetti. Sovraeposta.

Scuola. È il luogo con più tentativi d’imitazione televisiv/cinematografici. Impossibile glissare le ovvietà, anche chi mai volesse fare l’estroso. Ripetitiva.

Ragazze isteriche. Se il maschio più trasgressivo – 21 anni in quinta e di notte consegna le pizze – è comunque un buon diavolo, le signorine altresì fanno collezioni di scalpi. Potendo loro gestire un Girmi attaccato alla spina, vi scaraventano dentro chiunque abbia le minime sembianze di una simile. Umorali.

Sala insegnanti. Di solito mancano i “normali”. O davvero la realtà li ha geneticamente modificati o la tele insiste nel dipingerli così. Alieni.

Amorini tra prof. Sarà l’odore del gesso (ma esiste ancora nelle classi?) oppure di pennarello indelebile (più probabile), sarà che il latino ha delle affinità elettive con la matematica, sarà che l’insegnante di ginnastica ha sempre quei panta aderenti, sarà che… Banali.

Amorini fra alunni. Giustamente incontrollabili.

Bullismo. Qui si riduce al furto di un cellulare. Non fa danni. No, perché a volte l’insistere peggiora le cose. Un bel tacer… Evitabile.

Bidello. Finisce con l’essere spesso immaginato un po’ scemo e faccendiere. Quelli veri si facciano sentire.Stereotipo.

Preside. Scarpati molla la sua famiglia d’origine per diventare un preside veramente suonato. Se Lele Martini incontrasse uno così gli prescriverebbe almeno cinquanta gocce di En prima dei pasti. Lungodegenti

Lei aspetta un figlio. Ma ha 46 anni. E ne ha già uno di 17. Nella prima puntata non riesce a dirlo al suo uomo (collega, ovvio). Lo tengo o non lo tengo? Il diversivo.

Recitazione. Scricchiola come la scalinata del castello di Elsinore. Littizzetto è una cabarettista, Neri Marcorè non strappa applausi live e il tutto il resto declama da tv. Ovverosia, male. Pressapochismo.

I mostri: Ricordate Ugo Tognazzi nel primo episodio de I mostri di Risi? Il suo personaggio educa il figliolo a fregare il prossimo. Resterà fregato lui. Così il vicepreside col bimbo asino. Più facile risistemare la pagellina disastrata col trucco che con lo studio. Italiani.

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HITLER E MUSSOLINI, CHI ERANO COSTORO? IDEE CONFUSE DEI CONCORRENTI DELL’ “EREDITÀ” DI CONTI

Ha quasi dell’incredibile l’ignoranza (non solo nel senso buono del termine …) che i concorrenti di giovedì scorso, alla trasmissione “L’eredità” condotta da Carlo Conti su Rai1, hanno esibito, con fin troppa nonchalance. L’argomento del quiz, nel quale si deve indovinare la data corretta (relativamente all’anno) di un certo evento, era ovviamente la storia, praticamente un’illustre sconosciuta.

La prima domanda è stata: «In quale anno Adolf Hitler diventa cancelliere in Germania?». Sembrerà incredibile, ma i concorrenti hanno, nell’ordine, contestualizzato l’evento nel 1948, nel 1964 e nel 1979. 😯 In pratica la data esatta è stata azzeccata dall’ultima concorrente solo perché era rimasta l’unica. Lo si evince dalla faccia perplessa della signorina, mentre quella di Conti esprimeva incredulità.

Non contenti, al secondo quesito che riguardava Mussolini, i concorrenti hanno replicato la figuraccia. Questa volta viene chiesto in quale anno Mussolini ricevette a Palazzo Venezia il poeta americano Ezra Pound e la risposta di una concorrente è: 1964. A quel punto il simpatico Carlo Conti, imbarazzato anche lui, interviene con fare ironico dicendo: «Io farei un ripassino di storia, ma leggero eh».

Ora non dite, per favore, che la colpa è della scuola e degli insegnanti che non fanno il loro dovere. La responsabilità è, invece, dello studio che è sentito sempre più come un dovere, in relazione al buon esito di una prova, e non come un mezzo per farsi una cultura permanente. Fosse anche soltanto per partecipare ad un quiz nella speranza di vincere un gruzzolo … di questi tempi pare essere il sogno di molti.

IL “VALORE” DI FABIO FAZIO E IL “COSTO” DELL’ISTRUZIONE

Fabio FazioA volte prima di parlare cerco di mordermi la lingua. Un po’ perché per certi versi mi sembra fiato sprecato e un po’ perché temo sempre di essere fraintesa. Anche quando scrivo, ci penso bene prima di battere sui tasti del pc; è ovvio che non mi mordo la lingua, diciamo che in tutti i modi cerco un diversivo che mi allontani dall’idea di scrivere qualcosa.

Mi sono trattenuta quando ho sentito, con grande soddisfazione, che per una volta i nostri politici, al di là dello schieramento, sono d’accordo su qualcosa. E’ successo, ad esempio, per Renato Brunetta (Pdl) e Beppe Grillo (M5S) riguardo allo stratosferico compenso che Fabio Fazio, conduttore televisivo, percepirà nei prossimi tre anni: quasi 2 milioni di euro l’anno.

Brunetta si lamentava, due giorni fa, del fatto che non solo la cifra è esorbitante, ma che il contratto di Fazio non era affatto scaduto (la naturale scadenza, infatti, era giugno 2014) e che il presentatore avrebbe preteso un rinnovo prima della sua partecipazione al Festival di Sanremo 2014, ovviamente per alzare il tiro.

Sorvolo su altri fatti che riguardano questo argomento e mi fermo solo un attimo a riflettere sui contratti dei lavoratori.
Fazio, lavorando per la Rai, è come fosse un dipendente statale. E’ vero o no?
Allora mi chiedo: perché il contratto dei lavoratori della scuola è scaduto da quattro anni, gli scatti sono bloccati e nella migliore delle ipotesi tutto si sbloccherà nel 2015, se non addirittura due anni dopo? Anche noi lavoriamo per lo Stato e certamente ci accontentiamo di compensi di gran lunga più modesti delle richieste del conduttore.
Ah già, dimenticavo: fra un’ora e l’altra non abbiamo gli spot pubblicitari.

Oggi leggo sul Corriere che l’azienda difende Fazio. A tal proposito osserva il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi: «Ci sono professionalità, come quella di Fazio ma anche altre, che sono un grande valore per la Rai e per i telespettatori. Fazio peraltro non è un costo per l’azienda, ma una fonte di profitto e garantisce un’informazione trasparente, seria e di altissima qualità».

Non avevo capito: la cultura è costituita dalle canzonette sanremesi e dalle chiacchierate in uno studio televisivo mentre noi a scuola non produciamo nulla, non costituiamo un profitto per ‘”azienda Italia”, ma solo un costo.
E la nostra professionalità? Ah, quella vale zero.
A sentir molti, noi insegnanti costituiamo solo un un costo troppo alto per lo Stato. Il ministero dell’Istruzione non può essere uno stipendificio, che diamine!

L’indignazione di fronte alle dichiarazione di Gubitosi è unanime.
La mia è solo uno sfogo, non ha alcun “valore” e non costa nulla alla società. Intendiamoci.

[immagine da questo sito]

TRA SAN REMO E SAN VALENTINO IL PAPA C’HA MESSO LO ZAMPINO

papa ratzingerCom’è noto lunedì scorso Papa Benedetto XVI ha annunciato le sue dimissioni. Fatto inaudito, scioccante, epocale … e via, i commenti monopolizzano i media.

Non stiamo qui a discutere sul perché abbia scelto proprio l’11 febbraio. L’ultima ipotesi fantasiosa è quella che riguarda la somma dei numeri di tale data, 18, multiplo di 6, numero del diavolo. Ma va’ al diavolo … la disputa tra Gesù e il diavolo, tra l’altro, è stata oggetto di discussione da parte del teologo Ratzinger, ma non credo avesse in mente proprio questo.

La scelta della data ha un altro perché: tra San Remo e San valentino il Papa c’ha messo lo zampino. Grazie alla sua decisione ci ha salvati dall’uragano mediatico che puntualmente ogni anno proviene dalla cittadina ligure che del Santo porta il nome. San Remo è passato in secondo piano: prima viene il Papa, le sue dimissioni, tutti i quesiti che ora l’opinione pubblica si pone: come dovremo chiamarlo una volta lasciato il Soglio di San Pietro? E se si stabilisce nella piccola struttura conventuale all’intero dei giardini vaticani, incontrando il Papa, quello in carica, come si appelleranno a vicenda? Sua Santità a Eminenza? Sua Eccellenza per entrambi? E quando Ratzinger morirà, avrà diritto ad essere sepolto in San Pietro, assieme ai suoi predecessori?

luciana littizzettoPersino Bruno Vespa ha dedicato l’intera prima serata di lunedì alla rinuncia papale, relegando in seconda il festival canoro più famoso al mondo. Già, com’è San Remo ai tempi della spending review? Be’, il budget è quello che è, non ne poteva uscire un Sanremo migliore. Se non altro hanno risparmiato un bel po’ di stoffa per i vestiti della Littizzetto, anche se sarebbe stato meglio coprirle le gambe. Vabbè che i collant 250 denari (per fortuna anche qui abbiamo risparmiato qualche euro!) gliele coprono abbastanza ma in fatto di eleganza, lasciamo perdere.
Quand’è arrivata in carrozza si è visto benissimo che la fatina Smemorina ha fatto il lavoro a metà: ha trasformato la zucca in carrozza, i topini in splendidi cavalli bianchi ma la Lucianina l’ha lasciata così com’era. D’altronde le fate i miracoli non li sanno fare e nemmeno San Remo.

Anche gli ospiti sono decisamente modesti. Quel Crozza lì, ad esempio, non ha certo il carisma di un Benigni che se non altro come saltinbanco fa sempre la sua bella figura. E poi, si son mai sentiti fischi durante i monologhi del Roberto nazionale? Ma nemmeno in direzione del Celentano vestito Armani in limited edition, anzi exclusive edition stile raccolta differenziata. Ve lo ricordate? Il modesto smoking di Crozza sarà costato un decimo …

santo-san-valentinoPassando all’altro Santo, Valentino, il Papa dimissionario ci ha salvato dai servizi di rito dei tiggì: quanto spenderanno in media gli innamorati fra fiori, regali, cene a lume di candela? Che regalo fare al proprio amore per non ripetersi, specie se la coppia è di lunga data? E quali versi scegliere per omaggiare l’amore della propria vita, o quanto meno pro tempore ché l’amore, si sa, non è più eterno? Ratzinger ci ha salvato anche da questo. Pensate un po’ quale vantaggio insperato ha avuto la rinuncia papale.

Papa Benedetto XVI, secondo me, sarà pur sempre il Papa (se Berlusconi continua ad essere Presidente e lo sarà a futura memoria), San valentino è pur sempre San Valentino, ma San Remo non è più San Remo, hanno eliminato pure lo storico stacchetto: San Remo è sempre San Remo. L’avete notato?

E dire che non volevo scrivere nulla su Sanremo quest’anno. A pensarci bene, però, il post è sul Papa … e sui santi.