
Si è spenta a 91 anni appena compiuti l’astrofisica Margherita Hack. Da una settimana era ricoverata all’ospedale di Cattinara a Trieste, città di adozione in cui viveva dagli anni Sessanta, dopo aver lasciato la Toscana di cui era originaria.
Era nata a Firenze il 12 giugno 1922.
È stata professoressa ordinaria di astronomia all’Università di Trieste dal 1964 al 1º novembre 1992 anno nel quale fu collocata “fuori ruolo” per anzianità.
È stata la prima donna italiana a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste dal 1964 al 1987, portandolo a rinomanza internazionale.
Membro delle più prestigiose società fisiche e astronomiche, Margherita Hack è stata anche direttore del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Trieste dal 1985 al 1991 e dal 1994 al 1997.
Era membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei (socio nazionale nella classe di scienze fisiche matematiche e naturali; categoria seconda: astronomia, geodesia, geofisica e applicazioni; sezione A: Astronomia e applicazioni).
Ha lavorato in numerosi osservatori americani ed europei ed è stata per lungo tempo membro dei gruppi di lavoro dell’Esa e della Nasa.
In Italia, con un’intensa opera di promozione ha ottenuto che la comunità astronomica italiana espandesse la sua attività nell’utilizzo di vari satelliti giungendo ad un livello di rinomanza internazionale.
In segno di apprezzamento per il suo importante contributo, le è stato anche intitolato l’asteroide 8558 Hack. (notizie dal Messaggero Veneto)
IL MIO COMMENTO
L’ultima volta che ho visto Margherita è stata in occasione della presentazione del libro, scritto a quattro mani con don Pierluigi Di Piazza, Io credo. Dialogo tra un’atea e un prete (ne ho parlato QUI). Sì, l’ultima volta, perché ho sempre sentito la Hack come una di famiglia (era molto amica di uno zio di mio marito, grande scienziato scomparso negli anni Novanta), oltre ad essere una mia concittadina.
Nel novembre scorso l’ho vista molto affaticata, fisicamente. La mente no, quella era sempre vivace, lucida, così come la sua favella. Uso apposta questa parola così inusuale per la sua derivazione dal verbo latino fabulare, “parlare”, e perché ricorda la parlata toscana che nei cinquant’anni trascorsi a Trieste non aveva mai abbandonato.
Ma il suo parlare non era semplicemente trasmettere pensieri a voce, emettere suoni, era soprattutto affascinare. Ecco, questa è la dote che nell’astrofisica ho sempre apprezzato. Anche il suo modo di trasmettere il sapere, quasi sempre strettamente legato alla sua scienza, era dote poco comune.
Al di fuori della veste ufficiale, tuttavia, era una donna particolare. Schietta fino a rasentare l’insulto, quando qualcosa o qualcuno non la convinceva, arrogante ogni qual volta la sua determinazione le faceva scordare il concetto di diplomazia nei rapporti interpersonali. Ecco, questo era il lato di Margherita che non ho mai apprezzato. Appena poco più di un anno fa avevo espresso il mio disappunto sulla sua gestione di una vicenda personale – il mancato rinnovo della patente – in cui non aveva lesinato schiettezza e arroganza.
Era una grande scienziata, è cosa nota, com’era nota la sua simpatia politica per la sinistra e il suo ateismo mai tenuto nascosto, anzi, com’era sua abitudine, urlato. Molti tendono a considerare queste caratteristiche come imprescindibili: se uno crede nella scienza non può credere in Dio e preferibilmente deve essere comunista.
Non sempre è così. Lo scienziato suo amico, ad esempio, era un fervente cattolico. Ricordo ancora l’entrata quasi trionfale in chiesa, attraverso la navata centrale, rigorosamente in ritardo, in occasione del funerale di mio zio. Sprezzante di tutto e di tutti ma allo stesso tempo alla ricerca del primo piano, dell’attenzione generale. Pensai che dovesse essere stato per lei uno sforzo quasi titanico presenziare alla funzione religiosa. Ma l’amicizia non ha confini di fede o di ideali politici.
Leggo basita alcuni commenti all’articolo che Il Corriere dedica alla scomparsa della Hack. Sembra che il cordoglio debba essere espresso solo da quelli di sinistra e dagli atei. I credenti, invece, devono esultare perché della morte di una che ha sempre disprezzato Dio loro non si curano, anzi, le augurano di bruciare nelle fiamme dell’inferno.
Eppure Margherita aveva una profonda spiritualità, molto meno ipocrita rispetto a tanti che si professano credenti e poi gioiscono della morte di una persona. Essere comunisti non è una colpa, essere atei non è un peccato. Se uno è ateo non crede al peccato e chi ha fede, se solo ricorda l’insegnamento di Gesù (scagli la prima pietra chi è senza peccato), non può e non deve giudicare. La morte annulla tutto ciò che siamo stati e come lo siamo stati. Il resto non conta.
In un’intervista concessa a Marinella Chirico (la giornalista del Tg regionale del Friuli – Venezia Giulia che ha curato l’edizione del libro Io credo), a proposito della morte, Margherita Hack aveva espresso la sua condivisione della logica epicurea che sostiene quanto sia infondata la paura della morte perché quando c’è lei, noi non ci siamo (Dalla Lettera a Meneceo di Epicuro).
Non solo il suo sguardo è stato per tutta la vita elevato al cielo (anche negli ultimi tempi in cui si era incurvata a tal punto da dover usare le stampelle per muoversi), LEI era davvero figlia delle Stelle:
«Tutta la materia di cui siamo fatti noi l’hanno costruita le stelle, tutti gli elementi dall’idrogeno all’uranio sono stati fatti nelle reazioni nucleari che avvengono nelle supernove, cioè queste stelle molto più grosse del Sole che alla fine della loro vita esplodono e sparpagliano nello spazio il risultano di tutte le reazioni nucleari avvenute al loro interno. Per cui noi siamo veramente figli delle stelle».
Intervista su Cortocircuito
Dopo la scomparsa di Rita Levi Montalcini, la dipartita della Hack costituisce la perdita di un’altra grande scienziata che ha accompagnato l’umanità nel passaggio dal XX al XXI secolo.
Ovunque tu sia, Margherita, riposa in pace.
“VORREI CREPARE SENZA AMMALARMI“. L’INTERVISTA DEL VIDEO CORRIERE PER I 90 ANNI DELLA HACK
MARGHERITA RACCONTA LA SUA VITA. VIDEO CORRIERE

IL RICORDO DI DON PIERLUIGI DI PIAZZA
Ho conosciuto personalmente Margherita Hack il 23 giugno 1993 quando l’ho invitata nella chiesa di Zugliano per una riflessione sul rapporto possibile fra fede e ateismo, piú direttamente fra persone che si considerano credenti e altre non credenti.
La motivazione che mi sollecitava partiva dalla percezione che, contrariamente a situazioni considerate definitive e congelate, le storie delle persone sono in movimento e che certo fideismo e certo ateismo specularmente si contrappongono nell’immobilità; che invece dalle due dichiarazioni il discorso, il dialogo, il confronto possono iniziare, approfondirsi, riscontrare differenze e convergenze.
CONTINUA A LEGGERE >>> [articolo del Messaggero Veneto]
L’ULTIMA INTERVISTA AL “PICCOLO”: «Urania Carsica va riaperta, è patrimonio della scienza» LINK
«Ti amo». Così all’alba Aldo, il compagno di una vita, ha salutato la sua Margherita. Articolo di Paola Bolis per Il Piccolo
«Il Credo di Margherita Hack: la vita, la morte, la malattia, il rifiuto delle cure», articolo di MARINELLA CHIRICO per il blog del Corriere la 27esima Ora
[la giornalista del Tg regione Friuli – Venezia Giulia, grande amica dell’astrofisica Margherita Hack, era al suo capezzale al momento della morte. Sulle pagine de Il Piccolo, quotidiano di Trieste, ha scritto un bell’articolo sull’amica scomparsa, non ancora leggibile on line. Nel necrologio la Chirico ha salutato Margherita chiamandola semplicemente Marga, soprannome che usava sempre nelle presentazioni del libro Io credo]
[ULTIMO AGGIORNAMENTO: 2 LUGLIO 2013; foto dal Messaggero Veneto]
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