Anche questa settimana rimango nella mia zona. Voglio raccontare una storia, sconosciuta ai più. Una storia che ha come protagonista il poeta friulano Pierluigi Cappello, uno dei più importanti poeti contemporanei che, però, da anni vive ai limiti dell’indigenza.
La vita di Pierluigi Cappello è costellata da successi letterari (non solo raccolte poetiche ma anche romanzi), premi, laurea honoris causa conferitagli dall’Università di Udine, cittadinanze onorarie. Non solo gioie, anche dolori: 31 anni fa, quand’era solo sedicenne, un brutto incidente lo costrinse sulla sedia a rotelle.
La sua casa, un prefabbricato che risale agli anni del terremoto (quello del 1976 che ha semidistrutto il Friuli), è tutt’altro che confortevole e si sa quanto la gente friulana sia attaccata alla casa, la costruisce mattone dopo mattone con il sudore della fronte. Ma Pierluigi questo non lo può fare e a nulla serve la mobilitazione di tanta gente di buona volontà per fargli avere una casa decente.
Così il giornalista Paolo Medeossi la descrive in un articolo pubblicato sul Messaggero Veneto del 28 settembre 2013:
Le case dei poeti (quelli veri) sono luoghi misteriosi e irraggiungibili se si guarda alle cose con gli occhi consueti e incapaci di un sobbalzo, di un sussulto. Non ci si arriva nemmeno con il tomtom più efficace. Eppure la casa di Pierluigi Cappello, in via San Francesco a Tricesimo, a poche centinaia di metri dal Boschetti [uno dei più rinomati ristoranti friulani, NdA], è un luogo celebre, non solo in Friuli, una meta per tantissimi.
Ci sono spiriti inquieti che partono da lontano, da tutta Italia e anche dall’estero, e arrivano qui bussando timidamente alla porta che scricchiola sempre un po’. Una porta davanti alla quale vige la più assoluta democrazia perché non contano posizione economica, titoli accademici, consenso sociale o che altro, insomma una di quelle banalità che valgono in tempi distratti, fatui e incorporei.
Qui, mentre si bussa e il poeta dice “avanti”, non servono paraventi o cortine fumogene. La poesia (quella vera) ha questo potere: sembra fatta di niente, un intreccio di parole e metrica, eppure è molto concreta nell’indurre, chi vuole, a fare i conti con ciò che si è o si è convinti di essere. E chi trucca le carte è subito smascherato.
Proprio in quel prefabbricato di via San Francesco a Tricesimo una buona notizia ha raggiunto oggi il poeta: il governo Renzi gli ha concesso il vitalizio della legge Bacchelli, “in considerazione dei meriti conseguiti nella carriera artistica”.
Così commenta lo scrittore Tullio Avoledo: «Un anno di Bacchelli a Cappello costa meno di tre mesi di stipendio del portaborse di un parlamentare. Ma nessun portaborse scriverà poesie come quelle di Pierluigi. Che invece ce la fa benissimo a portare una borsa». Nonostante la carrozzina, aggiungo io.
In un periodo in cui solo a sentir parlare di vitalizi arricciamo il naso o spalanchiamo gli occhi per lo stupore davanti a cifre assurde di cui beneficiano ex politici senza troppi meriti, di fronte a questa notizia mi sembra possibile fare solo una cosa: sorridere.
Per chi non conosce questo poeta, riporto una poesia che a me personalmente piace molto:
Da lontano
Qualche volta, piano piano, quando la notte
si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio,
e non c’è più posto per le parole
e a poco a poco si raddensa una dolcezza intorno
come una perla intorno al singolo grano di sabbia,
una lettera alla volta pronunciamo un nome amato
per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo
nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato.
[immagine di Cappello da questo sito; immagine finestra da questo sito]
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