GELMINI-BRAMBILLA: 6 EURO A TESTA AGLI STUDENTI PER LE GITE DELL’UNITÀ D’ITALIA

Come credo sia noto, quest’anno la maggior parte dei docenti delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado ha aderito ad una specie di “sciopero bianco” rinunciando ad accompagnare gli allievi nei viaggi d’istruzione (leggi “gite”). QUI ne ho spiegato le motivazioni.
Visto che tale decisione ha comportato un notevole danno alle agenzie turistiche che ogni anno incassano, proprio grazie alle “gite”, circa 650 milioni di euro, il ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, e quello del Turismo, Michela Brambilla, hanno reso noto che, per sostenere il progetto “Dai Mille a un milione di studenti alla scoperta dell’unità d’Italia”, verranno stanziati 6 milioni di euro a favore delle scuole che vorranno visitare i luoghi storici del Risorgimento italiano.

Le proposte da parte delle scuole interessate al progetto dovranno essere presentate dall’11 marzo al 15 aprile, mentre le gite potranno essere realizzate per tutto il 2011.
Secondo il ministro Gelmini tale finanziamento consentirà di ridurre la spesa che le famiglie dovranno sostenere per i viaggi; aver recuperato questi soldi in un momento di tagli e di difficoltà economiche è un fatto estremamente positivo.

Il problema, tuttavia, pare essere sempre quello: chi accompagnerà le classi sui luoghi del Risorgimento? Il progetto Gelmini-Brambilla basterà per indurre i docenti, che hanno già manifestato l’intenzione di bloccare le gite, a fare dietro front? Io ne dubito molto, nonostante ritenga che lo sforzo dei ministri sia lodevole. Tuttavia, a conti fatti, considerando che gli studenti italiani sono circa un milione e lo stanziamento è di appena 6 milioni, posto che tutte le scuole aderiscano al progetto portando tutti gli studenti nei luoghi che hanno contrassegnato l’impegno dei nostri avi nel fare dell’Italia un Paese unito, la cifra pro capite sarebbe di appena 6 euro. Troppo poco per essere un contributo a favore delle famiglie che risparmierebbero una miseria, più o meno il costo di un pranzo al sacco.

Andare in gita, però, implica pagare i trasporti (sia il treno che il pullman hanno dei costi eccessivi), gli ingressi ai musei o alle mostre nonché le guide, visto che recentemente degli insegnanti, rei di illustrare agli allievi la storia dei posti visitati, sono stati zittiti dai custodi (LINK). Insomma, lo sforzo in apparenza appare lodevole ma, come sempre, ha tutta l’aria di essere propagandistico e per nulla conveniente a livello economico.

[fonte Tuttoscuola.com; foto Brambilla-Gelmini da Infosannio.com]

BERLUSCONI: “NELLA SCUOLA PUBBLICA GLI INSEGNANTI NON SONO IN GRADO DI EDUCARE”

Silvio Berlusconi è intervenuto oggi su vari temi e in differenti occasioni. E’ intervenuto a voce e con messaggi scritti al congresso del partito repubblicano, a quello dei Cristiani Riformisti e al convegno dei giovani del Pdl. Al congresso dei cristiani-riformisti il capo del governo ha parlato di scuola: la scuola pubblica non educa, ha detto, e c’è il rischio che ai genitori possa essere impedito di scegliere per i figli una scuola privata, lasciandoli così in balia di insegnanti che non sono in grado di educare.
(da Il Sussidiario.net)

Berlusconi si è scagliato contro la scuola pubblica, rivendicando la libertà di iscrivere i figli in altri istituti, visto che in quelli di Stato «gli insegnanti inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie». (da Il Corriere)

MA CHI GLIEL’HA DETTO? HA FATTO IL GIRO DELLE SCUOLE ITALIANE PER POTER AFFERMARE CHE GLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA PUBBLICA NON SONO IN GRADO DI EDUCARE?

CAVALIERE, MI CONSENTA, QUESTA VOLTA MI HA PROPRIO OFFESA. E LO SCRIVO ANCHE MAIUSCOLO.

AGGIORNAMENTO DEL POST, 27 FEBBRAIO 2011

BERLUSCONI: «FRAINTESO DALLA SINISTRA, COME SEMPRE» – «Come al solito, anche le parole che ho pronunciato sulla scuola pubblica sono state travisate e rovesciate da una sinistra alla ricerca, pressoché ogni giorno e su ogni questione possibile, di polemiche infondate, strumentali e pretestuose» ha affermato Silvio Berlusconi in una nota diffusa da Palazzo Chigi: «Desidero perciò chiarire nuovamente, senza possibilità di essere frainteso, la mia posizione sulla scuola». «Il mio governo – aggiunge – ha avviato una profonda e storica riforma della scuola e dell’Università, proprio per restituire valore alla scuola pubblica e dignità a tutti gli insegnanti che svolgono un ruolo fondamentale nell’educazione dei nostri figli in cambio di stipendi ancora oggi assolutamente inadeguati. Questo non significa – sottolinea – non poter ricordare e denunciare l’influenza deleteria che nella scuola pubblica hanno avuto e hanno ancora oggi culture politiche, ideologie e interpretazioni della storia che non rispettano la verità e al tempo stesso espropriano la famiglia dalla funzione naturale di partecipare all’educazione dei figli».

GELMINI – Della questione ha parlato anche la stessa Gelmini: «Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del premier un attacco alla scuola pubblica è figlio dell’erronea contrapposizione tra scuola statale e scuola paritaria. Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana, la scuola può essere sia statale sia paritaria. In entrambi i casi è un’istituzione pubblica, cioè al servizio dei cittadini». Silvio Berlusconi, ha aggiunto il ministro dell’Istruzione, ha solo difeso la libertà di scelta educativa delle famiglie. (da Il Corriere)

MA QUESTE PRECISAZIONI HANNO CHIARITO QUALCOSA? PER ME NO. QUELLO CHE HA DETTO L’AVEVAMO CAPITO BENISSIMO … L’ESSERE DI DESTRA O DI SINISTRA E’ DEL TUTTO ININFLUENTE. 😦

NUOVO AGGIORNAMENTO, 28 FEBBRAIO 2011

Oggi come 17 anni fa. Davanti alla platea del congresso dei Repubblicani e all’assise dei Cristiano Riformisti, il premier ha riletto il programma elettorale del primo Berlusconi del 1994 […] 17 anni dopo, quell’attacco alla scuola pubblica ha scarsa credibilità per la sua deludente generalizzazione e indiscriminatezza, e visto che nel frattempo al ministero dell’istruzione si sono succeduti soprattutto ministri di centro destra.

Ma proprio sull’attacco alla scuola pubblica o, meglio, sull’implicita difesa della scuola privata Berlusconi ha toccato l’apice della contraddizione, visto che proprio il suo governo è quello che, ancor meno di altri governi di centro-sinistra, ha poco assistito la scuola paritaria in termini di finanziamenti e di sostegno, come ben sanno le associazioni delle scuole private e la stessa Chiesa di Roma, ripetutamente delusa, sotto questo aspetto, da quello che forse ritiene (o riteneva) governo “amico”. (da Tuttoscuola.com)

All’accusa di Berlusconi nei confronti dei docenti della scuola pubblica […] risponde, tra i tanti che hanno reagito alle parole del premier, il segretario della Cisl-scuola, Francesco Scrima, prendendo le difese degli insegnanti.

Abbia rispetto – ha dichiarato Scrima rivolgendosi al premier senza mai nominarlo – per chi tiene in piedi con competenza e dedizione, tra mille difficoltà, un servizio fondamentale come quello che la scuola pubblica rende al Paese. Alla scuola e agli insegnanti tutti continuano a delegare tutto: non c’è argomento sul quale, all’occorrenza, non gli si attribuiscano responsabilità e colpe. Questa volta l’accusa ai docenti è di “inculcare” valori che sarebbero difformi da quanto richiesto dalle famiglie.” Entrando poi nel merito dell’accusa, il segretario della Cisl-scuola ha dichiarato con una punta di ironia “Ci chiediamo a quali modelli valoriali si faccia riferimento, visti quelli che quotidianamente la società, a vario titolo, propone ai nostri ragazzi nel loro tempo extra scolastico“.

Quella di Scrima è una difesa non pregiudiziale, pacata e ferma.

La stragrande maggioranza degli insegnanti offre ogni giorno a milioni di studenti, con competenza e dedizione, un impegno che meriterebbe ben altro riconoscimento. È grazie a loro se la scuola continua ad essere, in un paese fortemente percorso da egoismi e faziosità, luogo che promuove responsabilità, ascolto reciproco, integrazione”.

Alla fine Scrima conclude con un invito esplicito: “Chi ha compiti di Governo, li sostenga col suo apprezzamento e soprattutto con scelte di politica scolastica che facciano dell’istruzione e della formazione, come accade in atri paesi, un settore prioritario di investimento”. (da Tuttoscuola.com)

IMPORTANTE: QUI POTETE LEGGERE IL PARERE DI GIORGIO ISRAEL E SERGIO BELARDINELLI SULL’ATTACCO DEL PREMIER ALLA SCUOLA PUBBLICA.

[ULTIMO AGGIORNAMENTO: 8 MARZO 2011]

GIORNALISTI CORAGGIOSI


Cerco di tenermi alla larga dalle notizie che mi riempiono d’angoscia. Le leggo, beninteso, ma preferisco non parlarne. Mi spaventa tutto ciò che sta succedendo in alcuni Paesi dell’Africa Mediterranea: prima in Egitto, ora in Libia. Leggo sui giornali le cronache della rivolta quasi senza rendermi conto che dietro le parole che vediamo scritte sulle pagine dei quotidiani e sui siti Internet ci sono degli uomini che affrontano mille pericoli e disagi per portarci la loro testimonianza.

Ora, però, non posso fare a meno di pensare a questi giornalisti coraggiosi. In particolare il mio pensiero è rivolto a Pino Scaccia, inviato del Tg1, che ora si trova in Libia e sul suo blog dà le notizie che può quando può. Ora si trova nel centro della rivolta, come lui stesso dice nell’ultimo post scritto prima di partire e su cui lascia, appena ne ha la possibilità, commenti lapidari, giusto per tranquillizzare i suoi lettori, tra cui ci sono anch’io.

Vi invito a leggere il suo post e a pensare, anche per un solo istante, a quanto coraggio derivi da un’enorme dedizione per il proprio lavoro.

[foto da Affaritaliani.it]

BAMBINO DI OTTO ANNI BESTEMMIA: LE MAESTRE GLI FANNO LAVARE LA BOCCA COL SAPONE. DENUNCIATE

Un’altra cronaca scolastica che vede come protagonisti due maestre e un bambino bestemmiatore, a soli otto anni. Quante volte è successo di sentire, da parte dei genitori o educatori, la minaccia: “Se dici parolacce, ti faccio lavare la bocca con il sapone”? Molte. E quante volte chi ha lanciato la minaccia l’ha messa in pratica? Poche.

Le due maestre sotto accusa, pare esaperate dall’estrema vivacità dello scolaro e dalla sua predisposizione a dire parolacce, di fronte ad una bestemmia, fatto odioso se riferito all’insana abitudine di molti adulti ma odiosissimo se vede protagonista un bimbo di otto anni, hanno davvero messo in pratica la minaccia e gli hanno fatto lavare la bocca con il sapone. Hanno fatto benissimo, non vedo nulla di eccessivo in questo gesto, nulla di umiliante, nulla di violento. Eppure sono state denunciate dai genitori del bambino bestemmiatore che ammettono pure l’insana abitudine del pargolo.

Il fatto è successo in un istituto primario di Sant’Ambrogio, nella provincia di Torino, in Val di Susa. Dopo aver denunciato il fatto ai carabinieri, la madre si è rivolta alla dirigente scolastica chiedendo la sospensione delle due maestre. Ma mentre le indagini della magistratura proseguono, come atto dovuto di fronte ad una denuncia per abuso dei mezzi di correzione, la dirigente scolastica Claudia Rolando non ha manifestato alcuna intenzione di allontanare le insegnanti: «Fino a quando non ci sarà una decisione della magistratura le due colleghe resteranno al loro posto, si tratta di insegnanti competenti e di grande professionalità».

Solidale con le colleghe anche il resto del personale della scuola che le dipinge come persone serie e capaci. Anche gli altri genitori difendono le maestre e scrivono in un comunicato: «Quanto accaduto non modifica la nostra opinione nei confronti delle insegnanti, a cui chiediamo di restare e di terminare il ciclo di studi. I comportamenti irrispettosi e violenti di quel bambino si stavano protraendo dall’inizio dell’anno sia nei confronti delle insegnanti, sia nei confronti degli altri bambini della classe. Alcuni genitori, stanchi, avevano deciso di portare altrove i propri figli, tant’è che il numero di alunni della classe è sceso in breve tempo da 25 a 18 bambini».

Eppure c’è qualcuno che difende la “piccola vittima”. Secondo il presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori Antonio Marziale «L’episodio è da verificare, ma qualora risultasse vero ci troveremmo davanti all‘ennesima lesione di diritti fondamentali perpetrati in un luogo deputato, invece, alla tutela dei bambini. Un bambino di otto anni che bestemmia non ha cognizione di causa. Certo non è da sottovalutare l’attivismo che lo sprona ad essere indisciplinato ed è bene utilizzare le tecniche più idonee per allinearlo ai principi dell’educazione, purché queste non ledano alla sua dignità di persona». Perché, quel bambino non usa mai il sapone per lavarsi?

Insomma, la punizione viene vista come un’azione degna di essere calata nel Medioevo, non ai giorni nostri. E non importa se la mamma del bambino ammette che «Lui ha sbagliato a dire quelle parolacce e soprattutto a bestemmiare, è un comportamento che dà fastidio anche a me», le maestre sono colpevoli e basta.

Ma io mi chiedo: perché quella madre, invece di denunciare le maestre, non ha fatto lavare lei la bocca con il sapone a suo figlio? Se le dà tanto fastidio che bestemmi, perché ha permesso che diventasse un’abitudine?

[fonte: Il Corriere]

BESTIE SCHIFOSE

Ognuno ha le sue debolezze. Anch’io ho le mie e, visto che ormai i lettori, più o meno abituali, sono diventati parecchi, ho deciso che almeno una delle mie debolezze debba essere svelata. A me fanno schifo, anzi ribrezzo, gli insetti. Odio tutto ciò che vola semplicemente per il fatto che non ne ho il controllo, mentre loro – gli insetti – possono tranquillamente atterrare su di me senza chiedermi il permesso.

Non posso dire che gli insetti mi facciano paura – a parte le api e le vespe perché possono pungere e scatenare reazioni anche gravi -, mi fanno proprio schifo. Alcune specie riesco a dominarle: le mosche, ad esempio, le scaccio e le zanzare le uccido. So che potrò sembrare crudele ma non sono San Francesco e con gli animali non ci parlo. Alcune bestie mi stanno simpatiche, ovviamente, ma gli insetti no. Nemmeno le formichine … da quando ho avuto la cucina invasa e mi alzavo di notte per vedere da dove arrivassero. Le ho debellate con l’esca, quindi non le ho uccise, se il solo pensiero vi dovesse turbare.

Ci sono degli insetti che assolutamente non tollero: le cimici della soia. Non è questa la stagione del loro proliferare; di solito compaiono a fine agosto e mi rompono terribilmente le scatole perché potrei tranquillamente prendere ancora il sole in terrazza – almeno fino ad ottobre – e invece quelle schifose me lo impediscono. Non potrei nemmeno concepire l’idea di starmene sdraiata sul lettino, ad occhi chiusi, e trasformarmi in una pista d’atterraggio per quelle bestie schifose.

E allora? perché ne parlo proprio ora? Perchè le schifosissime, quelle che sono sopravvissute all’inverno nascondendosi in qualche fessura e lontano dalla mia vista – altrimenti le avrei scacciate – si stanno svegliando. Fuori c’è il sole e, nonostante durante la notte il termometro scenda ancora sotto lo zero, le cimici, che oltre ad essere schifose sono pure stupide, credono sia già primavera. Oddio, lo potremmo credere anche noi, sentendo questo tepore, se non avessimo davanti il calendario. Ecco, diciamo quindi che sono ignoranti, non stupide, perché ignorano che la primavera deve ancora arrivare.

A questo punto confesserò una cosa: la repulsione che provo ogni volta che vedo una cimice è tale da farmi venire la pelle d’oca. Anche se ci sono quaranta gradi, i brividi che mi corrono lungo la schiena sono il chiaro segnale del ribrezzo che provo.
La cosa che mi dà più fastidio è che queste bestie schifose sono dotate di speciali ghiandole, poste all’estremità del corpo (ben visibili perché hanno un colore più chiaro, spesso bianco), da cui espellono un liquido maleodorante per difendersi dagli attacchi di altri insetti. Questo fa sì che non si possano schiacciare, altrimenti non mi farei alcun problema ad ucciderle. Sì, perché io mi chiedo come mai il buon dio, o chi per lui, abbia creato ‘sti cosi verdastri, ignoranti e disgustosi, che emanano un odore terrificante che se s’impregna nel tessuti – tende o abiti – non se ne va via dopo un lavaggio solo, ma dopo due o tre e alle volte è necessario ricorrere alla pulitura a secco.

Negli anni avrei dovuto imparare a conviverci. E invece no, per quanto mi sforzi di fare l’indifferente, non riesco a far finta che non esistano né sono in grado di affrontarle in qualche modo per scacciarle via. Quindi mi tocca per forza ricorrere agli uomini di casa, ovvero a mio marito e il mio figlio più piccolo, il grande no perché, putroppo, l’ho fatto a mia immagine e somiglianza.
Nell’operazione di recupero e allontanamento delle bestie schifose, nel caso in cui abbiano osato entrare in casa o stazionare nella veranda in attesa della primavera, mio marito ha adottato diverse strategie: dapprima, munito di pinzetta per francobolli, le ha prese per le zampine, tranciandone un paio, e buttate fuori dalla finestra, vive ma handicappate; poi ha utilizzato una bottiglia di plastica riempita d’aceto che, posta sotto il naso delle verdastre, le rimbambisce facendole cadere nel liquido che poi le uccide, spero tra le più atroci sofferenze; infine, le cattura con un bicchiere capovolto, passa sotto un cartoncino intrappolandole e le libera fuori dalla finestra. In questo modo, però, lo sterminio completo non ci sarà mai, anche se questo gesto di umana pietà lo inorgoglisce. Mio marito, infatti, non è nemico delle cimici e ha iniziato a credere che io, pazza furiosa che grido ogni volta che ne vedo una, lo stavo costringendo ad una crudeltà inaudita.

Ma me personalmente interessa poco o nulla passare per crudele. Io mi faccio gli affari miei e se loro continuano a volare in giro senza invadere i miei spazi, nessuno le tocca, tantomeno io. Ma loro sono stupide perché cercano rifugio anche nel bucato steso al sole, si vanno ad infilare nelle tasche dei pantaloni, nei cappucci delle felpe e tra le pieghe di asciugamani e lenzuola, con il rischio di finire sotto la piastra rovente del ferro. A parte che se le dovessi “cuocere” alla piastra m’importerebbe ben poco, ma se malauguratamente mi capitasse di stirarne una, dopo sarei costretta a rilavare più volte il capo e mi troverei la casa impestata da quella puzza orribile e nauseante. Per scongiurare questo pericolo, devo procedere ad una lunga e noiosa ispezione dello stendino prima di farlo rientrare in casa. A volte, poi, l’operazione si rivela del tutto inutile perché quelle si vanno ad infilare in ogni dove e non si fanno scoprire.

Insomma, perché ho scritto questo post? Perché le bestie schifose e ignoranti con il sole stanno uscendo dai loro rifugi invernali. Ora ce n’è una proprio vicino a me, intrappolata sotto un bicchiere, appoggiato sul pavimento, che molto coraggiosamente ho capovolto sopra di lei, in attesa che qualcuno la scacci via. Mio marito mi ha detto che è stufo di fare l’acchiappacimici. Non mi resta che confidare nel buon cuore del mio piccolo … peccato, però, che debba aspettare il suo ritorno stasera. Nel frattempo mi adatterò a convivere con lo schifoso vicino … tanto da sotto il biccchiere non esce.

P.S. Volevo postare la foto di una di queste bestie schifose ma anche quella mi fa troppo ribrezzo. Comunque, per chi non le conoscesse (FORTUNATISSIMO/A!!!!), fanno parte della famiglia delle Pentatomidae e potete trovare QUI tutto quello che c’è da sapere.

CHI ERA IL COGNATO DI ULISSE?

Questa domanda si sono posti numerosissimi internauti che, in modo del tutto fortuito, si sono imbattuti nel mio blog. Questo l’ho capito sulla base dei termini ricercati nei motori di ricerca (tra parentesi i numeri corrispondenti alle persone che hanno digitato le parole in questione): cognato di ulisse (337), cognato ulisse (126), il cognato di ulisse (68), ulisse cognato (40), ulisse il cognato (4), nome cognato ulisse (4), cognato ulisse odissea (4), fratello di penelope moglie di ulisse (3), odissea cognato di ulisse (3), cognato,ulisse (3), chi è il cognato di ulisse? (2), ulisse cognato ettore (1), ulisse cognato penelope (1), il cognato di ulisse? (1), il cognato di ulisse, eneide (1), il cognato d’ulisse (1), penelope cognato ulisse (1), chi è il cognato di ulisse (1), l cognato di ulisse? (1), cognato and ulisse (1), il fratello di penelope moglie di ulisse (1), odissea, cognato di ulisse (1), odissea ulisse cognato di (1), eurilico cognato ulisse (1), cognato odisseo omero (1), cognato di ulise (1), come si chiama il cognato di ulisse?? (1), nome del cognato di ulisse (1), ulisse e il cognato (1), fratello di penolope ulisse (1), cognayo ulisse (1).

Tutto questo in una manciata di minuti, cinque al massimo. Prima di realizzare che così tante persone cercavano, tutte nello stesso tempo, notizie sul cognato di Ulisse, mi sono chiesta: come mai un mio vecchio post, Le donne di Ulisse: Penelope, l’amata sposa … ma tradita, suscita così tanto interesse? Solo dopo ho capito che tutti volevano sapere chi fosse il cognato di Ulisse e Google li ha mandati qui. Il bello è che nel mio post non hanno trovato la risposta. Spero, almeno, che qualcuno si sia fermato a leggere una delle mie Pagine d’Epica di cui sono piuttosto orgogliosa.

Insomma, in pochi minuti il post su Penelope è stato visualizzato 722 volte, su un totale di 1722 (toh! che combinazione: fino ad oggi era stato letto esattamente 1000 volte) da quando è stato pubblicato, il 13 maggio 2010.

Ma come mai tutta questa curiosità? Ho scoperto che i miei visitatori stavano guardando la fiction su Rai 1 “Fuoriclasse”, con la Littizzetto. Io avevo il televisore spento perché stavo lavorando ma, incuriosita, l’ho acceso perché ho capito, già in altre circostanze, che se c’è un’impennata nelle visite ad un determinato post, anche non recente, c’è sempre un nesso con ciò che viene trasmesso in Tv. Effettivamente nella fiction si stava parlando di questo cognato di Ulisse, ovvero … Euriloco. Ecco, dunque, la risposta.

Ma io mi chiedo: se uno guarda una fiction cosa fa? contemporaneamente cerca su Google chi è il cognato di Ulisse? Manco fosse un concorso a premi! Mah, per me è inconcepibile che si sprechi il tempo a fare ricerche in rete, perdendo di vista la trama del film o della fiction. A parte casi particolari, o tengo accesa la tv o il pc.
In ogni caso ringrazio i numerosi visitatori e spero che non me ne vogliano se solo ora ho risposto al loro quesito.

LINK per vedere (o rivedere) l’ultima puntata di Fuoriclasse.

SANREMO 2011: VITTORIA MANCATA PER EMMA MARRONE


La vincitrice di Amici 9, Emma Marrone, si è unita alla rock band milanese, i Modà in occasione di Sanremo 2011. Per la ragazza è la prima esperienza su un palco così importante, mentre i Modà avevano partecipato a Sanremo Giovani nel 2005. Entrambi sono stati protagonisti delle hit parade dell’estate e dell’autunno e il brano Arriverà si è rivelato un successo di pubblico fin dalla prima serata. Eppure non ha avuto la meglio sul brano Chiamami ancora amore, magistralmente interpretato dal veterano della canzone d’autore italiana Roberto Vecchioni.

Quest’anno, dunque, a Sanremo ha vinto la poesia in musica. Avesse ottenuto la vittoria, per la terza consecutiva dopo le vittorie di Marco Carta e Valerio Scanu, un’altra cantante ex di “Amici” di Maria De Filippi, sarebbe stato decisamente troppo. A dispetto di chi dice che i cantanti usciti dai Talent Show non sono cantanti veri, loro possono contare su migliaia di fan e fanno lievitare i proventi delle case discografiche. Il secondo posto guadagnato da Emma e i Modà conferma questi presupposti, anche se i giovani, almeno questa volta, hanno dovuto chinare il capo di fronte ad un maestro della canzone italiana che, pur non avendo fan avezzi al televoto come gli ex amici di Maria, ha avuto la meglio.

Il posto d’onore, comunque, se lo sono meritati. La canzone è gradevole, la voce di Francesco Silvestre, leader dei Modà, è davvero possente e in certi punti sovrasta quella di Emma. Lei in ogni caso si difende, anche se a me non è mai particolarmente piaciuta.
Molto bella, inoltre, la versione presentata, nella serata dei duetti, con il contributo della splendida voce di Francesco Renga che ha indubbiamente valorizzato il pezzo.

Un’unica cosa: ma a quale sarta si è rivolta Emma? Un abbigliamento terribile e poi … la pettinatura della seconda serata (vedi video sotto) era inguardabile: sembrava avesse in testa una verza ossigenata. Poveretta.

Piangerai come pioggia tu piangerai e
Piangerai come pioggia tu piangerai
te ne andrai come le foglie col vento d’autunno triste tu
Te ne andrai … certa che mai ti perdonerai
Ma si sveglierà … il tuo cuore in un giorno
[d’estate rovente in cui sole sarà
E Cambierai … la tristezza dei pianti in
sorrisi lucenti tu sorriderai
E arriverà … il sapore del bacio più dolce
e un abbraccio ti scalderà…
Arriverà … una frase e una luna di quelle
che poi ti sorprenderà
Arriverà … la mia pelle a curar le tue
voglie … la magia delle stelle
Penserai … che la vita è ingiusta e
piangerai … e ripenserai alla volta in
cui ti ho detto no…
Non ti lascerò mai…
Poi di colpo il buio intorno a noi…
Ma si sveglierà … il tuo cuore in un giorno
d’estate rovente in cui sole sarà
E cambierai … la tristezza dei pianti in
sorrisi lucenti tu sorriderai
E arriverà … il sapore del bacio più dolce
e un abbraccio che ti scalderà
Arriverà … una frase e una luna di quelle
che poi ti sorprenderà
Arriverà … la mia pelle a curar le tue
voglie … la magia delle stelle …
La poesia della neve che cade e rumore non fa…
La mia pelle a curar le tue voglie …
La poesia della neve che cade e rumore non fa
te ne andrai come le foglie col vento d’autunno triste tu
Te ne andrai … certa che mai ti perdonerai
Ma si sveglierà … il tuo cuore in un giorno
d’estate rovente in cui sole sarà
E Cambierai … la tristezza dei pianti in
sorrisi lucenti tu sorriderai
E arriverà il sapore del bacio più dolce
e un abbraccio ti scalderà
Arriverà una frase e una luna di quelle
che poi ti sorprenderà
Arriverà … la mia pelle a curar le tue
voglie … la magia delle stelle
Penserai … che la vita è ingiusta e
piangerai … e ripenserai … alla volta in
cui ti ho detto no…
Non ti lascerò mai…
Poi di colpo il buio intorno a noi
Ma si sveglierà … il tuo cuore in un giorno
[d’estate rovente in cui sole sarà
E cambierai … la tristezza dei pianti in
[sorrisi lucenti tu sorriderai
E arriverà … il sapore del bacio più dolce
[e un abbraccio che ti scalderà
Arriverà … una frase e una luna di quelle
che poi ti sorprenderà
Arriverà … la mia pelle a curar le tue
[voglie … la magia delle stelle
La poesia della neve che cade e rumore non fa
La mia pelle a curar le tue voglie
La poesia della neve che cade e rumore non fa

[LINK]

SANREMO 2011: VINCE IL PROF VECCHIONI CANTANDO L’AMORE


Un prof-cantautore che di certo non ama le manifestazioni canore. Eppure debuttò proprio a Sanremo nel 1968 come autore, in coppia con Lo Vecchio, della canzone Sera cantata da Giuliana Valci e Gigliola Cinquetti. Seguì la partecipazione al festival come cantante: nel 1973 arrivò ottavo con il pezzo L’uomo che si gioca il cielo a dadi .

Il brano di quest’anno, Chiamami ancora amore, non è particolarmente festivaiolo ma ha una sonorità che arriva diretta al cuore e un testo che richiama fatti d’attualità, come le manifestazioni studentesche contro le riforme Gelmini. In questo Vecchioni rivela la sua anima del prof che non riesce ad allontanarsi completamente dalla cattedra che ha, negli anni, occupato sia come insegnante al liceo (è laureato in Lettere Classiche) sia come docente universitario.

Una vittoria forse annunciata, la sua, e al centro di una vera e propria bufera che si è scatenata oggi stesso dopo che uno dei responsabili di Rai Trade ha rivelato la sua posizione di capoclassifica al televoto. Una gaffe che avrebbe potuto invalidare completamente il televoto: la Codacons ne aveva, infatti, tempestivamente chiesto l’annullamento e il rimborso agli utenti che avevano telefonato o mandato gli sms. Ma evidentemente la fuga della notizia non ha avuto conseguenze se non l’abbandono della conferenza stampa da parte di Gianni Morandi che lancia pure un vaffa in direzione dell’incauto collaboratore.

Mentre Morandi si dichiarava indispettito per l’accaduto, in quanto avrebbe potuto danneggiare l’amico Vecchioni, quest’ultimo, serafico, osservava: «Mi fa sicuramente piacere sapere di essere primo nel televoto di ieri. È la conferma che il brano sta arrivando alla gente, quindi come non esserne contenti. Non penso di essere danneggiato, qualsiasi cosa accada sono già felice per l’affetto e l’accoglienza tributata a Chiamami ancora amore». (LINK)

I fatti gli hanno dato ragione. Decisamente frastornato – e da questo si capisce che non è abituato a questo genere di manifestazioni – una volta salito sul palco dell’Ariston, per l’ennesima volta, ringrazia Morandi per averlo invitato, dichiarando apertamente che altrimenti non avrebbe mai partecipato al festival. Quasi non vorrebbe ricantare Chiamami ancora amore: «Ormai l’ho cantata sei volte… vuoi che ti faccia Luci a San Siro?», osserva quasi in tono di supplica. Poi, però, si arrende: il vincitore di Sanremo ha l’obbligo di esibirsi dopo la proclamazione della vittoria. Prende in mano il microfono e, ancora incredulo, confessa: «Non me l’aspettavo mai…»

Una vittoria meritata? Per me sì: la canzone è bella, la voce pulita e potente, nonostante gli anni passino anche per Vecchioni. Il testo mi pare un po’ troppo polemico ma d’altra parte è lo specchio dei tempi. La cosa più importante è che abbia vinto la canzone d’autore, come Vecchioni stesso ha osservato subito dopo la vittoria: “Sono contento perché è un pezzo che coniuga la canzone d’autore con quella popolare“.
Quindi, bravo Roberto! Come non essere orgogliosi di un collega?

E per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare

Per il poeta che non può cantare
per l’operaio che non ha più il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendo il pensiero

per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore

Perché le idee sono come farfalle
che non puoi togliergli le ali
perché le idee sono come le stelle
che non le spengono i temporali
perché le idee sono voci di madre
che credevano di avere perso
e sono come il sorriso di Dio
in questo sputo di universo

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Continua a scrivere la vita
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
che è così vera in ogni uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore

Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Perché noi siamo amore

[post aggiornato alle ore 11.30]

VOCE DEL VERBO BRIFFARE: DA MILANO A SANREMO, MINETTI DOCET E CANALIS DI(S)CIT


La lingua italiana è in continua evoluzione, si sa. Lo è da quel lontano 1861, giusto per restare in tema, quando pare che Massimo D’Azeglio abbia detto: “Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani” e la questione della lingua non era affatto un dettaglio insignificante. Fatta l’Italia, era necessario creare anche una lingua comune.

Poi nel tempo si presentò il pericolo delle invasioni barbariche a livello linguistico: in questo caso, gli Inglesi l’hanno fatta da padroni. Ma, a onor del vero, sono stati gli Italiani a saccheggiarli, non viceversa.
Nel nostro idioma i prestiti linguistici e i calchi semantici sono il risultato di questo saccheggio che, tuttavia, non ha causato danni a terzi, solo a noi stessi e alla dignità linguistica di un idioma che deriva, per la maggior parte, dalla lingua dei nostri avi: il Latino. Che ci piaccia o no, siamo eredi degli antichi Romani, anche se poi la diffusione del Latino volgare ha dato luogo a delle differenziazioni linguistiche evidenti nelle variegate parlate regionali. Tra tutte queste, poi, grazie alle cosiddette tre corone fiorentine, Dante-Petrarca-Boccaccio, il posto d’onore l’ha avuto il Toscano. Quindi, che ci piaccia o no, tutti parliamo toscano, anzi fiorentino. E se c’è qualcuno che arriccia il naso, se ne deve fare una ragione visto che anche Alessandro Manzoni, lombardissimo, scontento della lingua usata nella prima stesura del suo romanzo, I Promessi Sposi, se n’è andato umilmente a sciacquare i panni in Arno. Non a caso, proprio al noto romanziere, nominato senatore del neonato Regno d’Italia, fu affidato l’incarico di suggerire una soluzione possibile alla questione della lingua.

Tutto questo preambolo era doveroso, essendo tutto il popolo italiano, in questo periodo, immerso nelle celebrazioni dei 150 anni dall’unificazione dell’Italia. E anche questo lo dobbiamo accettare, che ci piaccia o no. Se poi anche il festival più famoso della nostra amata patria, quello di Sanremo, ha dedicato un’intera serata all’evento che tanto fa discutere i nostri politici – , festa sì festa no -, allora di un minimo di riferimenti storici, secondo il mio parere, non si può proprio fare a meno.

Sanremo, poi, c’entra in questa mia riflessione sulla lingua. Perchè? Perché Elisabetta Canalis, l’italiana più invidiata dalle italiane per aver imbrigliato il bel George Clooney, oggi in conferenza stampa, a proposito dell’intervista all’attore americano Robert De Niro, se n’è uscita con questa frase: «Io sono soddisatta di come è andata. E, comunque, sull’intervista a De Niro, con Gianni non ci siamo mai briffati». Ma che vo’ dì? Vi chiederete. Trattasi di un neologismo lanciato nel mondo dei vip, e ormai tristemente calato anche in quello dei nip, dalla consigliera regionale della Lombardia Nicole Minetti, balzata all’onore delle cronache, si fa per dire, nell’ambito del caso Ruby.

Il verbo briffare, così usato ed abusato dalla Minetti, almeno stando alle intercettazioni pubblicate, deriva dall’inglese briefing che significa “colloquio per dare disposizioni”. Quindi l’Elisabetta nazionale, supercriticata per l’inglese non brillante ostentato durante l’intervista a De Niro, nonostante la relazione con il bel Clooney (ma evidentemente lui, vivendo spesso sul lago di Como, conosce meglio l’italiano di quanto la sua ragazza conosca l’inglese, quindi avrà rinunciato ad insegnarglielo e useranno il nostro idioma per comunicare), dichiarandosi soddisfatta, voleva forse dire che era andata meglio di quanto si potesse sperare, dato che lei e Gianni non si erano nemmeno consultati, ovvero lui non l’aveva convocata ad un colloquio per darle istruzioni. Perché, ci sarebbe andata? Visto che non era presente nemmeno alla conferenza stampa in occasione della presentazione del festival, avrei i miei dubbi.

Insomma, una volta la Milano-Sanremo era una gara ciclistica. Ora è la strada che percorrono i neologismi per passare dalla bocca di una belloccia a quella di una bellissima. O no?

[foto by Vanity Fair.it]

VIVA L’ITALIA, VIVA SANREMO, VIVA BENIGNI

Me lo devo sorbire questo show da 250mila euro. Non mi piacerà, già lo so. Lui non mi piace mai. Ma lo guarderò e poi commenterò.

Eccomi qua. Devo dire che pensavo peggio. Forse ero un po’ prevenuta, conoscendo il soggetto. E invece Benigni si è attenuto, senza molte divagazioni dal sapore politico e antigovernativo, al compito che gli è stato affidato per questa serata del Festival di Sanremo 2011 dedicata all’unificazione dell’Italia: l’esegesi dell’inno di Mameli. Non che abbia detto cose sconosciute; ci sono molti testi reperibili facilmente su Internet, che spiegano e commentano il nostro inno nazionale. Diciamo che lui ci ha messo l’interpretazione che, come sempre, è molto molto originale. Ma tant’è … Benigni è sempre Benigni!

Entra a cavallo, un bianco cavallo molto garibaldino, sbandierando il tricolore. Viva l’Italia. Sicuramente un debutto originale e in tema per questo Festival di cui sembra essere diventato ospite fisso. D’altronde, l’audience in calo rispetto alla prima serata (dai 12 milioni ai 10 scarsi) impone un intervento come il suo, in terza serata, per risollevare le sorti dello share. Il risultato? Quindici milioni di Italiani incollati al video durante i cinquanta minuti del suo intervento. Be’, niente male.

Prima battuta: dov’è la vittoria? Sembra scritto per il Pd. Poi, però si ricompone e prosegue serio.

Mameli, dice, era minorenne quando ha scritto il testo dell’inno nazionale. Aveva solo vent’anni e ai suoi tempi la maggiore età si raggiungeva a ventun’anni. Il povero Goffredo, però, nemmeno li ha raggiunti: è morto sei mesi dopo la stesura dell’inno, combattendo per la sua Italia, per quella vittoria.
Segue – c’era da aspettarselo – la divagazione sulle minorenni, ma si limita a citare, dal palco dell’Ariston, com’è giusto, la Cinquetti che cantava, proprio a Sanremo, “Non ho l’età” … salvo poi aggiungere che si era spacciata per la nipote di Claudio Villa. Fragorosa risata del pubblico. Sorrido anch’io.
Poi – difficile resistere alle tentazioni – parla di Ruby e dice che per scoprire se fosse o non fosse la nipote di Mubarak bastava andare all’anagrafe e vedere se Mubarak di cognome fa Rubacuori.
A questo punto teme che arrivino delle telefonate in diretta, come succede spesso di questi tempi nelle trasmissioni televisive, da parte di due persone. Poi si consola vedendone almeno una in platea

Ed ecco che affronta il discorso dell’unità dicendo che è sacra, fatta da persone straordinarie: prima di Mazzini e Garibaldi, c’erano i Carbonari, Silvio Pellico che ha scritto Le mie prigioni … altra risata del pubblico. E poi c’era la casa reale dei Savoia, Vittorio Emanuele II che a Teano s’incontrò con Garibaldi e hanno vinto. Emanuele Filiberto, invece, s’incontrò con Pupo a sanremo e hanno vinto pure loro … quasi.

Arriva il momento di Cavour, il secondo grande statista dell’Italia; alla fine della carriera lo beccarono con la nipote di Metternich. Eh, sì, la tentazione della battuta è forte.
I giovani del Risorgimento hanno dato la vita per noi, dice Benigni. Garibaldi era un mito, come Che Guevara, era detto il diablo, bello, ardimentoso, l’eroe dei due mondi … “non sto parlando di Marchionne”, aggiunge, ammiccando sottovoce.

La cultura italiana, sostiene, è nata prima della nazione stessa, unico caso al mondo. E questo è decisamente vero.
Il vero patriota non ritiene mai il suo Paese il migliore ma l’allegria di vivere in un Paese che piace è sano patriottismo. Amarlo troppo è sbagliato. Non esiste il troppo amore, si ama e basta. Uno è morto, non è troppo morto. Amore e morte sono uguali. Quando si “sente” la bandiera, si vive un attimo eterno.

Cavour, Mazzini e Garibaldi sono entrati in politica e ne sono usciti più poveri. Una cosa memorabile. Sorriso ironico.

A questo punto Benigni spiega che la parola Risorgimento è stata usata per la prima volta dall’Alfieri, è una parola mistica, è una resurrezione. L’Italia era un corpo saccheggiato, il più bello del mondo. Ed è vero: basta andare un po’ in giro per i musei del mondo per rendersene conto.

Ed ora arriviamo, finalmente, all’inno. Il comico toscano spiega che Mameli, l’autore del testo, e Novaro, autore della musica, erano a Genova e lì hanno composto la marcetta che è perfetta per un inno, ed è anche commovente. Novaro lesse il testo e si commosse, si buttò sul pianoforte, bruciò tutto con la candela ma si ricordò benissimo il testo, lo sapeva già a memoria. Poi, dice, caso strano che si ricordi l’inno di Mameli, che ha scritto il testo, e non di Novaro, il musicista. Come dire “la Traviata di Piave”, che è il librettista.

Fratelli d’Italia,
l’Italia s’è desta;
dell’elmo di Scipio
s’è cinta la testa
.

Inizia – era ora – l’esegesi, partendo dai primi versi. L’Italia sé desta, ovvero svegliamoci per realizzare i sogni. L’elmo di Scipio è quello di Scipione l’Africano che nel 202 a Zama sconfisse Annibale, è il più grande generale di tutti i tempi perché con quella battaglia vinta ha dato agli Italiani, e non solo, la cultura, altrimenti saremmo diventati tutti Fenici. Per trovare dei generali così dobbiamo arrivare a Waterloo, a Napoleone e Wellington. Poi agginge che ogni impero che c’è nel mondo è una pallida versione di quello romano.

Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma;
ché schiava di Roma
Iddio la creò
.

Qui, dice Benigni, qualcuno sbaglia credendo che il soggetto sia l’Italia schiava di Roma (vero Umberto?) e invece è la vittoria che si inchina di fronte all’Italia.

Stringiamci a coorte!
La coorte è la decima parte della legione romana. Il motto dei Romani era divide et impera, quindi restando uniti, stretti alla coorte, si vince.

Noi siamo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l’ora suonò
.

A questo punto il comico parla della bandiera e dice che c’era già prima dell’unificazione dell’Italia. L’aveva inventata Mazzini, il fondatore della Giovane Italia. La bandiera unisce così come la lingua che è la nostra identità più profonda. I poeti, osserva Benigni, ci hanno dato la lingua ma anche la bandiera, con i suoi colori, è stata ispirata dalla poesia. Dante, nel XXX canto del Purgatorio introduce Beatrice, su un carro e circondata dai fiori, sopra un candido velo cinta d’olivo, con indosso un verde manto e vestita di rosso vivo. Mazzini, quindi, si è ispirato per la bandiera a questi colori: bianco, rosso e verde.

Uniamoci, amiamoci;
l’unione e l’amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?

Qui fa una divagazione sulle donne del Risorgimento, eroine che, come Anita Garibaldi morta incinta, hanno dato la vita per l’Italia. Le altre, purtroppo, me le sono perse. Diciamo che stavo iniziando ad annoiarmi.

Dall’Alpe a Sicilia,
dovunque è Legnano;
ogn’uom di Ferruccio
ha il core e la mano;
i bimbi d’Italia
si chiaman Balilla;
il suon d’ogni squilla
i Vespri suonò
.

In pochi versi sono racchiusi i diversi luoghi della penisola oppressi dallo straniero, da nord a sud. Legnano è una città simbolo della riscossa dei comuni settentrionali, unitisi nella Lega Lombarda, contro il Barbarossa. La vittoria contro l’imperatore fa sì che Legnano sia dentro l’inno di Mameli. Segue una divagazione sulla scuola e sulla necessità di far vivere agli studenti questa festa (implicita polemica nei confronti della Gelmini che vorrebbe le scuole aperte il 17 marzo prossimo).

Segue il riferimento a Francesco Ferrucci e all’assedio di Firenze (2 agosto 1530) con cui l’imperatore voleva abbattere la repubblica. Narra quindi l’episodio di Ferrucci che, morente, venne vigliaccamente finito con una pugnalata da Fabrizio Maramaldo, un capitano di ventura al servizio di Carlo V. «Vile, tu uccidi un uomo morto», furono le celebri parole d’infamia che l’eroe rivolse al suo assassino.
Poi il riferimento a Balilla, un quattordicenne protagonista di un atto eroico a Genova, dominata dagli asburgici. Il giovane lanciò la prima pietra contro i nemici e il popolo li spappolò. Poi nel ventennio gli misero la camicia nera
A Palermo i francesi, gli Angioini, avevano determinato la reazione dei cittadini ai Vespri, detti poi siciliani. L’insurrezione del Lunedì di Pasqua del 1282 contro i francesi si estese poi a tutta la Sicilia, scatenata dal suono di tutte le campane della città. Ne parla anche Dante nell’VIII canto del Paradiso:
se mala segnoria, che sempre accora
li popoli suggetti, non avesse
mosso Palermo a gridar: “Mora, mora!”
. (vv. 73-75)

Son giunchi che piegano
le spade vendute;
già l’aquila d’Austria
le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia
e il sangue Polacco
bevé col Cosacco, ma il cor le bruciò
.

Continua il commento dell’inno. Qui si fa riferimento ai mercenari austriaci che hanno venduto l’aquila (simbolo dell’impero) e all’Austria che con l’aiuto della Russia aveva smembrato la Polonia.

L’ultima parte dell’esegesi è apparsa alquanto affrettata, anche perché deve aver occupato più tempo del dovuto, quindi ringrazia e augura a tutti di essere felici, ricordando che la felicità è fatta di semplici cose, non care.


L’intervento di Benigni si conclude con una toccante interpretazione dell’inno, immaginando di essere un soldato che riflette tra sé e sé sul significato del testo.
Lo ammetto: ha commosso anche me. Una delle rare vote in cui riesco a seguire un intero intervento di Benigni … non solo perché avevo promesso di commentarlo. Chi ha letto la prima stesura del post, avrà notato che ho cambiato anche il titolo. Per una volta, forse l’ultima per me, mi sento di esclamare: viva Benigni!

[POST AGGIORNATO IL 18 FEBBRAIO 2011. Foto tvblog]

AGGIORNAMENTO DEL POST, 21 FEBBRAIO 2011

Anche se in ritardo, segnalo questo bell’articolo di Gian Antonio Stella su Il Corriere: Sotto l’elmo di Benigni