Leggendo Affari Italiani.it mi sono imbattuta in un articolo che riguarda l’intervento della giornalista di sinistra Ritanna Armeni sull’ultimo numero del settimanale Gli Altri diretto da Piero Sansonetti. Un settimanale che, altrimenti, non sarei nemmeno andata a cercare sul web.
Lei, femminista storica, accusa le “compagne” di aver confuso il femminismo con l’antiberlusconismo. Troppo concentrate, secondo l’Armeni, sugli “scandali” in cui è rimasto coinvolto il Presidente del Consiglio, dalla D’Addario a Ruby-Rubacuori, hanno perso di vista l’evoluzione delle donne nella società contemporanea.
Ecco qualche stralcio dell’articolo della Armeni:
Care amiche, ci avete pensato? Fra qualche tempo, breve a quanto pare, Berlusconi non sarà più al governo. […] Come faranno, senza Berlusconi, le donne, le filosofe, le giuriste, le politiche, le giornaliste che in questi anni si sono così tanto concentrate sul rapporto fra il premier e le donne hanno protestato contro le sue camere da letto così affollate, si sono scandalizzate per l’uso del corpo femminile, si sono indignate per le ragazze usate e poi buttate via? Contro chi protesteranno e inveiranno quando Berlusconi non ci sarà più? […] In questi giorni sono attraversata da un terribile dubbio. Che le femministe si siano fatte giocare. Che in questi due anni si siano concentrate sul premier e sui suoi vizi e non abbiano più guardato attorno a loro, a quello che succedeva alle donne e al paese. […] Attaccare lui significava attaccare un modello maschile che evidentemente non era stato sconfitto e che era ancora forte. Il comportamento di un presidente del Consiglio, di un uomo con un ruolo pubblico così importante lo giustificava, lo esaltava e, quindi, era doppiamente colpevole. Ma poi, impercettibilmente, l’indignazione e la lotta contro quel ruolo e quel modello maschile è diventata lotta e indignazione solo contro l’uomo Berlusconi. E, a questo punto, siamo cadute nella trappola. […]
In breve il femminismo si è confuso con l’antiberlusconismo e con la lotta di opposizione al premier. In questi anni per guardare le camere da letto abbiamo guardato con qualche superficialità a come le donne cambiavano e a quello che ci chiedevano. Non abbiamo riflettuto – per fare solo alcuni esempi – al fatto che una donna diventava capo della Cgil e si affiancava all’altra donna presidente della Confindustria. Che in un uno dei paesi più grandi del mondo, il Brasile, Dilma Rousseff conquistava la presidenza. Che Angela Merkel dirige la politica europea. Noi, che nei decenni scorsi ci siamo appassionate al dibattito eguaglianza – differenza […] abbiamo glissato sul nuovo ruolo che stanno assumendo nella economia e nella finanza mondiale. Non abbiamo elaborato una proposta, dico una, che potesse cambiare concretamente la loro vita. […]
Non voglio più parlare di bunga bunga e di escort. Di veline e di camere da letto. Non voglio più compiacermi del fatto che il mio mondo, la sinistra, adesso è con me nella condanna dell’uso del corpo delle donne. Ho conosciuto troppi uomini di sinistra che nella vita privata fanno o farebbero volentieri come Silvio Berlusconi. E tanti uomini, impauriti dalla donne, che usano non solo il loro corpo ma anche la loro intelligenza e la sottomettono al potere.
Non avrei mai pensato di darle ragione.
Da leggere anche il parere espresso su Affari Italiani.it da Laura Boella, docente di Storia della filosofia morale all’Università Statale di Milano:
Oggi ragazze e signore sono convinte che l’unico modo per realizzarsi professionalmente sia entrare nel mondo dello spettacolo e del gossip. Inseguono con tenacia ideali fittizi. E finiscono per confondere libertà e schiavitù. E’ su questo punto che bisogna lavorare, farlo invece sull’idea del ‘marpione’, sulla sua camera da letto, del solito ‘uomo che compra e sfrutta’ è improduttivo. E’ così. Le ragazze andrebbero aiutate fin da piccole con una forte educazione alla libertà, mentre ora da una parte regna il vuoto delle prospettive e dall’altro la società non fa nulla per aprire le porte alle donne. Un circolo vizioso. E’ uno degli aspetti più tristi del post-femminismo.
Ecco, forse il punto è un altro: il femminismo si è ucciso da sé.