VERITÀ E BUGIE SUL COVID-19

Il Covid-19 non fa più paura. Dall’ormai lontano febbraio pare che la situazione sia migliorata, l’epidemia in Italia è sotto controllo, nonostante il sorgere di focolai in alcune regioni, le terapie intensive sono semivuote, pochi i malati ricoverati in altri reparti, pochi anche i decessi, sempre paragonandoli al numero dei peggiori momenti, ormai si pensa al mare, alle vacanze, alla discoteca, ai divertimenti. Soprattutto, a settembre le scuole devono riaprire senza restrizioni di sorta: tutti in aula appassionatamente. Ci abbracceremo, ci baceremo, tutto sarà come prima. Abbiamo bisogno di normalità.

Tutto giusto, per carità. Ma siamo proprio sicuri che fra meno di due mesi il Covid-19 sarà un lontano ricordo?

Chi lo può dire? Gli esperti, sentenzierà con tono assolutamente certo qualcuno. Sì, ma quali esperti? Possiamo davvero fidarci di quanto dicono, spesso in contraddizione l’uno con l’altro?

Io non ho tutte queste certezze. Non posso dimenticare l’inizio di questa brutta storia, quando la Cina sembrava lontana, quando eravamo sicuri che ci saremmo salvati semplicemente bloccando i voli da quel Paese, quando esperti virologi, come la dott.ssa Gismondo dell’ospedale Sacco di Milano, si divertivano a ridicolizzare i “colleghi” più cauti, voci autorevoli del mondo della medicina, specialmente della microbiologia e virologia, che avevano fin da subito messo tutti in allerta. Figuriamoci, il Covid-19 è poco più di un’influenza, sosteneva la Gismondo, anzi i decessi sono pochi, meno di quanti ne causi il virus stagionale, muoiono i vecchi e comunque chi è già afflitto da altre patologie.

Qualcuno ha provato a smentirla. Non faccio nomi e cognomi perché, purtroppo, questa vicenda che riguarda la salute pubblica che è un bene comune, è diventata una questione politica. Io non mi schiero mai dalla parte di chi condivide le mie idee politiche (anche se, obiettivamente, so più da quale parte non stare che da quale parte stare) su questioni che richiedono soprattutto il buonsenso. Un’opinione personale, in questi casi, rimane tale se non supportata da fatti obiettivi, inconfutabili. Ho dato credito alla dott.ssa Gismondi fidandomi della sua chiara fama (personalmente non l’avevo mai sentita nominare, come la maggior parte di noi, ma il curriculum è di tutto rispetto) poi ho iniziato a ragionare con la mia testa affidandomi alle statistiche. Non c’è stato bisogno di ulteriori smentite riguardo alle affermazioni forse troppo precipitose della virologa: ci hanno pensato i fatti stessi.

Ha taciuto per molto tempo, la dott.ssa Gismondo. L’ha fatto, credo, affidandosi al buonsenso. Qualcuno ne ha chiesto il licenziamento? No.

C’è, tuttavia, chi sta lontano dalle provette e dai microscopi dei laboratori, sta in corsia, persone che indossano camici di colore diverso ma tutte unite dalla stessa passione per la propria professione, dalla stessa coscienza con cui si sono assunte e si assumono la responsabilità nei confronti di questo virus insidioso che nel mondo continua a mietere vittime: i medici e il personale sanitario in genere. Queste sono le sole persone che hanno potuto toccare con mano la gravità della situazione nei momenti peggiori, che hanno dovuto arrendersi, impotenti, di fronte alla morte di migliaia di persone, che hanno trovato la forza di rimanere in piedi ore ed ore, senza mai guardare l’orologio, che hanno stretto le mani a chi non ce l’ha fatta, che hanno accarezzato per l’ultima volta i pazienti privati della vicinanza dei propri cari. Non sono eroi, come tengono a precisare, hanno fatto il loro dovere, dimostrando dedizione nei confronti della professione che hanno scelto consapevoli che la loro missione è quella di salvare la vita e non di lasciarla andare via. Eppure sono stati testimoni di morte, gli unici a essere rimasti in stretto contatto con il maledetto Covid-19 che ha portato via anche molti di loro. Queste sono le cose che non dobbiamo mai dimenticare.

Ora c’è un infermiere di Cremona che mette in guardia: il Covid-19 non è un lontano ricordo, i contagi aumentano, le persone si ammalano, alcune gravemente.

Ci mette la faccia e il nome, nel testo postato sul suo account Facebook: Luca Alini. Dice cose inconfutabili:

Il coronavirus non si è dimenticato di fare il suo lavoro e da bravo virus fa quello che deve: infetta nuovi ospiti per sopravvivere. Niente di più e niente di meno. Noi esseri umani, invece, dall’alto della nostra intelligenza ed evoluzione tecnologica e scientifica, facciamo finta che non esista, qualcuno pensa non sia mai esistito […] anche se per fortuna la situazione non è grave “come a febbraio o a marzo o all’inizio di aprile, quando i Covid erano 30 su 30 in reparto più altrettanti ricoverati in altri reparti, quando su 30 pazienti 26 erano ventilati”, non possiamo permetterci di dimenticare che “il virus esiste, non è magicamente sparito e sta mietendo ancora vittime in altre parti del mondo. Da noi ha già dato, ma non sta scritto da nessuna parte che non possa ricominciare a farsi vivo”. (LINK all’articolo da cui è tratto il passaggio)

Si è attirato un sacco di critiche quell’infermiere. Ha dovuto cancellare il post, dopo che l’Azienda sanitaria dell’ospedale presso cui lavora, attraverso le parole del Direttore sanitario Rosario Canino, si è affrettata a ridimensionare l’allarme: “Non sono i casi gravi di marzo. Ci sono stati dei ricoveri in questi giorni in reparti ordinari, in parte legati a focolai già noti”.

C’è chi accusa Luca Alini di procurato allarme, chi ne chiede a gran voce il licenziamento. Eppure le parole del suo post sono dettate dalla saggezza e soprattutto dalla consapevolezza di chi ha dovuto far fronte a un’emergenza inattesa e che certamente non può essere smentita dato che i numeri parlano da sé: quasi 35mila vittime, più di 240mila casi accertati. I casi crescono e decrescono con effetto altalena, i morti ci sono ancora sebbene in numero limitato. Ma questo quadro non dà garanzie per il futuro, dice solo l’unica cosa certa: il virus c’è, non è sparito. Se poi diamo un’occhiata a ciò che accade nel mondo, la pandemia sfiora i 12,5 milioni di contagi da Covid-19, di cui 3 milioni solo negli Stati Uniti.

Allora non iniziamo a dire ciò che ci ha tratti in inganno mesi fa: sì, ma l’America, settentrionale o meridionale che sia, è lontana e i voli dai Paesi non sicuri sono stati bloccati. Esattamente questo accadde alla fine di gennaio per i voli dalla Cina, eppure il coronavirus è entrato di prepotenza nel nostro Paese da ogni dove, seguendo strade alternative. Non certo per sua iniziativa.

Che cos’ha detto di sbagliato l’infermiere cremonese? “Non sta scritto da nessuna parte che non possa ricominciare a farsi vivo”. Nulla che possa essere oggettivamente smentito.

La stessa Gismondo sull’eventualità dello scoppio di nuovi focolai in autunno, ha recentemente dichiarato: «Certamente ci saranno ancora focolai e saranno più di adesso. Ma noi, a differenza di quanto è accaduto a marzo, non verremo colti di sorpresa».

Che il virus ci abbia giocato un brutto scherzo, per di più in pieno clima carnevalesco, è sicuro. Sulla sorpresa avrei delle riserve. Quando si viene colti di sorpresa significa che quello che è accaduto non era prevedibile. Il Covid-19 non era previsto, certamente, ma le falle del nostro sistema sanitario hanno messo in luce la poca disponibilità di chi ci governa, e ci ha governato, a prevenire o almeno a gestire situazioni di emergenza. Da noi si preferisce curare piuttosto che prevenire – nonostante il motto “prevenire è meglio che curare” – ma quando si ha di fronte un nemico invisibile che non può essere affrontato con armi certe (una cura sicura ancora non c’è e il vaccino chissà quando verrà prodotto e con quali costi), allora emerge non solo la difficoltà di curare ma anche, a volte, l’impossibilità di farlo per mancanza di uomini e mezzi.

Le conseguenze dei tagli alla Sanità – come del resto quelli alla scuola – sono di fronte agli occhi di tutti. Questa è una certezza.

Ma forse c’è un’altra verità da non sottovalutare: la mancanza di responsabilità da parte di chi, contro ogni evidenza scientifica, fa finta che tutto andrà bene, che nessun pericolo è imminente e che, nella peggiore delle ipotesi, l’esperienza ci salverà. Così vediamo la noncuranza di quelli che si accalcano nelle strade della movida, nelle spiagge perché di sacrifici ne abbiamo fatti tanti durante il lockdown e abbiamo bisogno di ossigenarci (anche i malati di Covid19 avrebbero avuto bisogno di maschere di ossigeno che non c’erano…), di quelli che non indossano la mascherina anche se dovrebbero, tanto non serve, e che non rispettano la distanza di sicurezza. Li abbiamo di fronte agli occhi, ogni giorno, quando siamo al supermercato o facciamo la fila alla Posta e ci stanno appiccicati addosso. Nei luoghi aperti non serve, così io che la indosso sempre proteggo chi mi incrocia sul marciapiede standomi a pochi centimetri mentre io non sono affatto protetta.

Cosa abbiamo imparato dalle interminabili settimane di segregazione? A che cosa è servito quel sacrificio? Sicuramente ad arginare il fenomeno e a rendere, per quanto possibile, meno grave la situazione. Se allentiamo le difese, in nome della vita da vivere che è un diritto sacrosanto specialmente dopo la reclusione, tutto potrebbe ricominciare da capo.

Non voglio essere catastrofista e in verità cerco di guardare al futuro con ottimismo. Forse quello che mi manca è la fiducia nel genere umano che, una volta passata la tempesta, si dà alla pazza gioia infischiandosene del senso civico che dovrebbe essere lo strumento migliore per vivere la collettività con equilibrio e mirando al bene comune. Perché le cose capitano, oggi a me domani a te, ma se collaboriamo forse ce la caviamo meglio entrambi.

Questa è l’unica verità che conosco.

[immagine Gismondo da questo sito; immagine Alini da questo sito]

GEMELLI CONTESI: E SE LI “DIVIDESSERO” TRA LE DUE FAMIGLIE?

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Non è mia questa proposta choc. L’ “idea” è di Francesca Bolino che, a proposito della triste vicenda dei gemellini contesi, si chiede su un blog di Repubblica.it:

la soluzione più umana non sarebbe quella di dividere i gemelli affidandone uno a ciascuna coppia? […]

Mi rendo conto che sarebbe una soluzione eccezionale, che richiede energie e disponibilità eccezionali da parte delle due coppie. Ma di fronte a un caso eccezionale la soluzione può essere soltanto eccezionale.

In questi mesi su questa vicenda sono state dette molte cose. A parte la decisa condanna dell’errore umano compiuto all’ospedale Pertini di Roma, da un lato si difende la genitorialità naturale, ovvero la donna che ha dato alla luce i gemelli, dall’altro si ritiene che abbiano maggiori diritti i genitori biologici. Questo perché i due gemelli hanno il loro DNA.

Certo è che la scienza, seppur attraverso l’errore di chi l’ha applicata, non dà più ragione al 100% all’unica sicurezza che riguardava la nascita di un bambino: mater semper certa. Infatti, se dovessimo appellarci all’antico detto, i bambini nati ai primi di agosto dovrebbero essere figli della donna che li ha partoriti. Sempre sulla base del citato assunto il giudice Silvia Albano, che avrebbe dovuto occuparsi della sospensione della registrazione all’anagrafe dei bambini chiesta dai genitori biologici (cosa ormai impossibile, dato che la nascita dei bimbi è stata anticipata, è avvenuta in gran segreto e la notizia è stata diffusa solo dopo la registrazione allo Stato Civile), avrebbe comunque stabilito che i genitori dei gemellini sono quelli “sbagliati”.

Insomma, un utero non è solo un’incubatrice. Una donna, nei nove mesi della gestazione, sente crescere dentro di sé la sua creatura, la nutre, le parla, si crea tra madre e feto una simbiosi che solo la nascita interrompe. Ma quel legame speciale che si è venuto a creare per lungo tempo non potrà mai essere annullato. Prova ne sia che esistono dei casi in cui una madre “surrogata”, pentendosi della scelta operata, rivendichi il suo diritto a crescere i figli che ha dato alla luce per la gioia di altri.

Da una parte, dunque, c’è la natura e dall’altra la scienza. Proprio la scienza dice che, nell’essere padri o madri, è il DNA che conta. Non stupisce, quindi, che i genitori biologici rivendichino i propri diritti. Però come sostiene l’avvocato che difende la coppia che ha dato alla luce i bambini, accanto alla generica c’è l’«epigenetica».

La ricerca scientifica, secondo la tesi dell’avv. Michele Ambrosini, proverebbe le diverse capacità di attivazione e di «adeguamento» del DNA in base all’ambiente. «Esemplifico: i genitori biologici affermano che i due gemellini possiedono il loro DNA, giusto? Ma io obietterò che il ruolo fondamentale è quello della madre naturale, che assicura al bambino protezione e alimento. È questa trasmissione di natura a trasformare nel tempo il DNA. Mi avete capito? Insomma, pensate alla differenza che c’è tra scrivere un libro e leggerlo. Chi scrive un libro gli trasmette senz’altro il suo DNA. Ma poi il libro appartiene a chi lo legge, perché chi lo legge lo trasforma attraverso il suo filtro personale di emozioni ed umori. Ecco, questa è l’epigenetica».

Scienza a parte, il problema rimane. I genitori naturali non avranno mai la gioia di dire, osservando i propri figli, “guarda come assomiglia al nonno!” oppure “Ha preso proprio da te”. Cosa che accade, mi si potrà dire, anche nel caso di adozione. L’amore però non cambia. Certamente ma in questo caso, contrariamente a ciò che si verifica nella maggior parte delle adozioni, mamma e papà sanno chi sono i “veri genitori” dei gemellini, sanno che l’utero di un’altra donna avrebbe dovuto ospitare gli embrioni, sanno che prima o poi la verità dovrà essere raccontata ai figlioletti ignari di essere i “figli sbagliati”. E cosa potranno dire della scelta operata dai genitori?

La natura, invece, questa volta si deve arrendere. I genitori biologici non avranno il piacere di abbracciare i due fagottini, di farli crescere, di assistere ai primi passi incerti di chi si stacca dalla mano sicura di mamma e papà e vuole conoscere il mondo, di consolarli al primo ginocchio sbucciato. Non ascolteranno i primi balbettii e le prime parole, non li accompagneranno emozionati il primo giorno di scuola, non li seguiranno nelle piccole e grandi scoperte della vita. Avere dei figli e far finta di nulla non deve essere facile. Non lo è nemmeno per chi i figli li abbandona.

Quando in aprile è uscita questa notizia, qualcuno ha parlato, facendo ovviamente un’potesi, di affido condiviso fra le due coppie. Questa potrebbe essere una soluzione, tuttavia non priva di disagi per i bambini, primo tra tutti l’essere sballottati da una casa all’altra. A meno che non si opti per una scelta come quella proposta (e quindi in quel caso obbligata) da un giudice che ha stabilito che la bambina di due coniugi separati non dovesse cambiare lei casa a settimane alterne o nei week-end ma fossero i genitori ad alternare la loro presenza in un’unica abitazione che di fatto sarebbe stata quella della figlia (ne ho parlato QUI).

Tornando alla proposta di Francesca Bolino, nel tweet che mi ha portato a scoprire il suo post ho semplicemente risposto: “E’ una situazione terribile. Non posso dar ragione a Bolino ma nemmeno torto. Nn so qual è il bene x i bimbi”. E ora me lo chiedo nuovamente: qual è il bene per quei bimbi? Dividerli, farli crescere separati, affidandoli uno ai genitori naturali e l’altro a quelli biologici, sarebbe un bene per loro? Farli crescere assieme, seppur separati, come fossero amichetti o cuginetti, sarebbe possibile? La mamma che li ha partoriti potrebbe accettare di essere chiamata mamma solo dalla femminuccia o dal maschietto? La donna a cui erano appartenuti quegli ovuli potrebbe accettare di essere chiamata mamma da uno solo dei due figli? Uno è meglio di niente, direte. Allora, colei che li ha tenuti entrambi per nove mesi nella pancia, sentendosi la loro madre, sarebbe un’egoista se volesse tenerli per sé sola?

Sono interrogativi che credo non abbiano risposte. In questa brutta storia non penso ci sia spazio per i compromessi perché a qualunque soluzione si arrivasse, scontenterebbe una delle parti. La natura non sempre vuole la felicità degli uomini (Leopardi docet), la scienza ne offre solo una parvenza.

[immagine da questo sito]

LA BUONA NOTIZIA DEL VENERDÌ: TORNA A DANZARE SENZA LA GAMBA PERSA NELL’ATTENTATO DI BOSTON

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Era il 15 aprile 2013: due ordigni piazzati nei pressi del traguardo, su Boylston Street vicino a Copley Square, hanno funestato la maratona di Boston causando la morte di 3 persone e il ferimento di almeno altre 178.

Fra i feriti gravi causati dall’esplosione c’era anche Adrianne Haslet-Davis, oggi 33enne, ballerina di professione. La bomba esplosa nel luogo in cui si trovava le ha causato la perdita di una gamba. Per chi fa il suo lavoro significa normalmente abbandonare sogni e speranze e dire per sempre addio al palcoscenico.

Adrianne, però, è forte e determinata. Non si arrende, non pensa che la vita le abbia tolto tutto. Il fato le ha tolto una gamba, questo sì, ma non i sogni.
Ecco che la scienza viene in suo soccorso: un professore del Mit ha creato per lei un arto artificiale che le permette di eseguire movimenti di danza. Il sogno spezzato della giovane ballerina ha ripreso forma: Adrianne ha danzato una rumba alla Ted Conference, con il partner Christian Lightner.

«Un essere umano non può rompersi», ha detto, piangendo, alla fine dell’esibizione.

[notizia e immagine dal Corriere.it]

ALTRE BUONE NOTIZIE:

La giornata mondiale della felicità di laurin42

LE MIE ALTRE BUONE NOTIZIE

LA BUONA NOTIZIA DEL VENERDÌ: CERVELLI ATTIVI PIÙ A LUNGO SE SI STUDIA MUSICA DA PICCOLI

Uno studio condotto da Nina Kraus, neurobiologa presso la Northwestern University, ha rilevato che se da bambini si studia musica il cervello tende a rimanere giovane a lungo.

Da tempo la scienziata porta avanti una ricerca sugli effetti che la musica può avere sulla plasticità cerebrale e sulle abilità cognitive. Nella sua ultima ricerca ha coinvolto 44 adulti tra i 55 e i 76 anni per valutare la prontezza del loro cervello nel reagire alla percezione di suoni vocali.

L’esperimento consisteva nel misurare l’attività elettrica della regione del tronco encefalico che processa i suoni mentre i soggetti ascoltavano una voce che pronunciava ripetutamente una sillaba. I risultati hanno dimostrato che chi aveva seguito da bambino lezioni di musica, per un periodo dai quattro ai quattordici anni, mostrava una più rapida risposta cerebrale alla percezione del suono, di circa un millisecondo più veloce rispetto a chi invece non aveva familiarizzato da piccolo con uno strumento musicale.

Come ammette Nina Kraus, si tratta di differenze minime ma se le consideriamo per milioni di neuroni, allora possono fare la differenza nella capacità di un anziano nel reagire ai suoni.

Quella della Northwestern University non è l’unica ricerca di questo tipo. Anche al meeting annuale della Society for Neuroscience sono statI presentati vari studi che hanno confermato che lo studio della musica può avere un effetto positivo su certe funzioni cognitive.

Per altri dati vi invito a leggere l’articolo originale.

Per il momento, imitando la sempreverde Raffaella Carrà (sarà merito della musica e della danza?) mi limito a dire:

MUSICA MAESTRO! 🙂

ALTRE BUONE NOTIZIE

Una biologa insegna le tradizioni Maya per produrre cibo, reddito e salvare le foreste di laurin42

LE MIE ALTRE BUONE NOTIZIE

UN BACIO AL GIORNO TOGLIE IL DENTISTA DI TORNO

Poco fa, appena aperta la posta ho trovato la notifica del nuovo post dell’amica blogger e poetessa Mistral (ombreflessuose) e casualmente la poesia di oggi s’intitola Storia di un bacio.

Casualmente, dico, perché tornando a casa da scuola alla radio ho sentito un servizio che parlava delle molte virtù dei baci. In realtà la notizia non è proprio fresca. Ne parlava Scienza & Salute qualche mese fa.

Baciarsi fa bene e doveva saperlo anche Catullo visto che il suo invito a baciarlo, rivolto a Lesbia, era parecchio estenuante:

Dammi mille baci, e poi cento,
e poi altri mille, e poi di nuovo cento,
e poi ancora mille, poi cento
. (carme 5, vv. 7-9)

… poi non stupiamoci che la leggiadra fanciulla l’abbia scaricato più volte durante il tormentato idillio.

Ecco in riepilogo le virtù salutari del bacio:
– il rilascio di dopamina ed endorfine che avviene mentre ci si bacia attenua l’emicrania
– rende più bella la pelle
– aiuta a tenere sotto controllo il colesterolo (acc… ora capisco perché ce l’ho sempre alto 😦 )
aiuta la linea, visto che con un bacio si consumano 12 calorie (hai voglia …)
riduce lo stress in quanto con il bacio si eviterebbe la produzione di cortisolo e verrebbe invece stimolata la produzione di ossitocina che fa bene all’umore
– un bacio è in grado di rafforzare il sistema immunitario, grazie allo scambio di anticorpi che avverrebbe fra i due partner.

Ma non è tutto: pare che baciarsi preserverebbe anche dalle carie. Al contrario di ciò che comunemente si crede (vale a dire, che le carie sarebbero “contagiose”), grazie allo scambio di saliva fra i due partner, i denti saranno più puliti dai residui di cibo e dai batteri che causano la carie.

Insomma, un bacio al giorno toglie il dentista di torno. Che vogliamo di più dalla vita? Forse qualcuno da baciare?

Approfitto per fare le congratulazioni al regista Paolo Sorrentino che con La grande Bellezza ha vinto il Golden Globe.
Voi direte: che c’entra con il bacio, i denti e le carie? Nulla, ma il video sotto il titolo è tratto da Nuovo cinema Paradiso, il film di Giuseppe Tornatore che, dopo aver ottenuto lo stesso premio, ha concorso per l’Oscar e l’ha vinto come miglior film straniero.
Forza, dunque, Sorrentino! Speriamo che il film segua le orme dell’incantevole pellicola di Tornatore.

LA BUONA NOTIZIA DEL VENERDÌ: IL CIOCCOLATO NON FA INGRASSARE

mangiare cioccolata
Lo ammetto: questa per me è una buonissima notizia, forse non proprio culturalmente alta, diciamo anche un po’ frivola. Ma volete mettere il senso di colpa che dobbiamo superare ogni volta che facciamo sciogliere in bocca un misero quadratino di cioccolata? La notizia che il cioccolato non fa ingrassare diventa socialmente utile. Una società più felice, che vive con ottimismo e si consola con la serotonina, nel caso debba affrontare qualche difficoltà, potrebbe anche essere più produttiva. Con i tempi che corrono, la cioccolata potrebbe sconfiggere la crisi mondiale. O no??

Secondo alcuni ricercatori della facoltà di Medicina e della facoltà di Attività fisica e Scienze dello sport dell’Università di Granada (Spagna), che hanno pubblicato i risultati dei loro studi sulla rivista Nutrition, non solo il cioccolato non farebbe ingrassare ma avrebbe anche molte proprietà salutari, come “un importante effetto antiossidante, effetti antitrombotici, anti-infiammatori e anti-ipertensivi”, inoltre, aiuterebbe “a prevenire le malattie ischemiche del cuore”.

Il team spagnolo ha dimostrato che il maggior consumo di cioccolato è associato a più bassi livelli di grassi totali (il grasso depositato su tutto il corpo) e grasso centrale (quello addominale), a prescindere dal fatto che l’individuo svolga o meno una regolare attività fisica, dalla dieta seguita o dall’età più o meno adulta.
Secondo una prima ipotesi degli scienziati, l’effetto potrebbe essere in parte dovuto all’influenza delle catechine (gruppo di sostanze antiossidanti appartenenti alla categoria dei flavonoidi) sulla produzione di cortisolo e sulla sensibilità all’insulina, entrambi gli ormoni legati strettamente a sovrappeso e obesità.

Lo studio è stato condotto su 1.458 adolescenti di età compresa tra i 12 e i 17 anni partecipanti a uno studio finanziato dall’Unione Europea, denominato HELENA (Healthy Lifestyle in Europe by Nutrition in Adolescence), che monitora l’obesità e il sovrappeso.

I risultati dei ricercatori di Granada sono confortati da quelli ottenuti da un’altra equipe, questa volta californiana,la quale ha scoperto che il consumo di questa sostanza è associato ad un indice di massa corporea più bassa.

Che altro dire se non BUON CIOCCOLATO A TUTTI?

A proposito, voi quale cioccolato preferite?
Io quello con le nocciole intere e rigorosamente al latte.

[link della fonte; immagine da questo sito]

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La storia di Yash di laurin42

Socialità di michelechefailprof

LE MIE ALTRE BUONE NOTIZIE

LA BUONA NOTIZIA DEL VENERDÌ (IN RITARDO!): SI VIVE (BENE) ANCHE DI STRESS

terza etàA Venezia si è parlato di stress, ma non solo dei suoi effetti negativi, anche di quelli positivi. Avete mai pensato che possano esserci degli effetti positivi dello stress? Be’, in fondo la classificazione dello stress ne comprende due tipi: eustress (eu: in greco, buono, bello) o distress (dis: cattivo, morboso). L’eustress, o stress buono, è quello indispensabile alla vita, che si manifesta sotto forma di stimolazioni ambientali costruttive ed interessanti. Un esempio può essere una promozione lavorativa, la quale attribuisce maggiori responsabilità ma anche maggiori soddisfazioni. Il distress è invece lo stress cattivo, quello che provoca grossi scompensi emotivi e fisici difficilmente risolvibili. Un esempio può essere un licenziamento inaspettato, oppure un intervento chirurgico. (LINK)

Un esempio, tra i tanti, emerge dalla relazione del Nobel Elisabeth Blackburn che sottolinea come una gestante stressata (un lutto o una perdita di lavoro legata alla maternità, per esempio) mette al mondo un figlio con un’aspettativa di vita più bassa. I telomeri dei cromosomi – il patrimonio genetico che si trasmette nella replicazione cellulare – del nascituro sono più corti e oggi è noto che la lunghezza di questa componente cellulare è sinonimo di una vita più o meno lunga. Il telomero ripara i danni cellulari: se i danni sono riparati non ci sono malattie. E il 20% degli ultracentenari muore di «vecchiaia», non di malattia.

La vera scoperta consiste, dunque, nel fatto che i telomeri dipendono anche dalla psiche, anche se i modi in cui quest’ultima agisce sono ancora misteriosi.
Secondo gli studiosi i 125 anni di vita media «scritti» nei geni si potrebbero raggiungere se non si odia (e si ama), si vive in stress positivo (per esempio fare un lavoro che piace o che gratifica, con vacanze regolari e senza vivere sempre connessi ai gadget tecnologici), se si pratica una religione con convinzione e senza sentirsi obbligati. Ma non solo, mangiare ciò che piace realmente e non cosa è indotto consumisticamente. Ecco il punto: lo stress negativo, e invecchiante, è quando si fa ciò che non piace ma è richiesto da altri. Dal datore di lavoro alla cosiddetta società civile, dalla religione ai genitori.

Secondo Howard Friedman, psicologo dell’università della California a Riverside, «la longevità dipende dall’essere coscienti in positivo di ciò che si fa».

E voi, di che stress siete?

[fonte Il Corriere; immagine da questo sito]

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Enorme riserva sotterranea di acqua in Kenia di laurin42

LE MIE ALTRE BUONE NOTIZIE

ADDIO A RITA LEVI MONTALCINI

rita levi montalcini

Quando muore il corpo sopravvive quello che hai fatto, il messaggio che hai dato. (Rita Levi Montalcini)

Se n’è andata in silenzio, nella sua casa di Roma, la scienziata, premio Nobel per la Medicina nel 1986, e senatrice a vita Rita Levi Montalcini. Aveva 103 anni, una vita vissuta per la scienza, una grande mente, un esempio che spero possa rimanere impresso nella memoria di tutti per lungo tempo. Perché l’immortalità non è propria dell’essere umano ma degli atti che l’Uomo compie. E lei ne ha compiuti di straordinari.

ADDIO, RITA. RIPOSA IN PACE.

Dico ai giovani: non pensate a voi stessi, pensate agli altri. Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e non temete niente. Non temete le difficoltà: io ne ho passate molte, e le ho attraversate senza paura, con totale indifferenza alla mia persona. (Rita Levi Montalcini)

[video dal Corriere]

Di lei ho già parlato QUI, in occasione del suo 103esimo compleanno.

PROFEZIA MAYA: SULLA FINE DEL MONDO MARGHERITA HACK LA PENSA COSÌ

hackRiporto di seguito l’intervista all’astrofisca Margherita Hack pubblicata dal quotidiano friulano Messaggero Veneto.

La profezia dei Maya, la Hack: «Sole o asteroidi, moriremo così»

TRIESTE. Rassegniamoci, il mondo è destinato a finire ma le profezie di antiche popolazioni non c’entrano nulla. A dirlo è la scienza, o meglio l’astrofisica secondo cui la fine del sole e gli asteroidi sono le vere minacce per il pianeta terrestre.

«Il sole non è eterno, ha 5 miliardi di anni e ne vivrà altri 5, poi morirà anche lui» spiega la scienziata Margherita Hack.

Quali sono le possibili catastrofi cosmiche?

«La morte del sole è una certezza: finirà le riserve di idrogeno e per non esplodere dovrà espandersi diventando una gigante rossa, che ingoierà incendiandole Mercurio e Venere e lambirà l’orbita della terra che diventerà arida e invivibile, le temperature saranno torride, si morirà subito. Insomma, una bella infornata. Del sole, non più in grado di produrre energia, resterà solo un nocciolino centrale, la nana bianca, sarà un cadavere di stella e ci metterà miliardi di anni per raffreddarsi. L’altra minaccia riguarda la caduta di grossi asteroidi ».

Gli abitanti della terra potrebbero salvarsi?

«Sì, ma solo se tra 5 miliardi di anni sarà stato colonizzato il sistema solare: perché vorrebbe dire che la gente è scappata via dopo che un altro pianeta è stato resto abitabile».

E gli altri scenari?

«L’altra minaccia riguarda la caduta di grossi asteroidi che, però, oltre ad essere poco probabile (l’ultima è avvenuta 65 milioni di anni fa e ha portato all’estinzione dei dinosauri) non porta alla distruzione del mondo, ma solo della vita. La caduta di asteroidi solleverebbe una nuvola di terra tale da oscurare il sole per anni, ma oggi sono tutti tenuti sotto osservazione e potremmo sviarli prima che ci colpiscano».

[…]

Professoressa Hack, perché le profezie sulla fine del mondo attirano così tanto l’attenzione della gente?

«Ignoranza e superstizione. Sennò gli astrologi non farebbero tanta fortuna».