GEMELLI CONTESI: E SE LI “DIVIDESSERO” TRA LE DUE FAMIGLIE?

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Non è mia questa proposta choc. L’ “idea” è di Francesca Bolino che, a proposito della triste vicenda dei gemellini contesi, si chiede su un blog di Repubblica.it:

la soluzione più umana non sarebbe quella di dividere i gemelli affidandone uno a ciascuna coppia? […]

Mi rendo conto che sarebbe una soluzione eccezionale, che richiede energie e disponibilità eccezionali da parte delle due coppie. Ma di fronte a un caso eccezionale la soluzione può essere soltanto eccezionale.

In questi mesi su questa vicenda sono state dette molte cose. A parte la decisa condanna dell’errore umano compiuto all’ospedale Pertini di Roma, da un lato si difende la genitorialità naturale, ovvero la donna che ha dato alla luce i gemelli, dall’altro si ritiene che abbiano maggiori diritti i genitori biologici. Questo perché i due gemelli hanno il loro DNA.

Certo è che la scienza, seppur attraverso l’errore di chi l’ha applicata, non dà più ragione al 100% all’unica sicurezza che riguardava la nascita di un bambino: mater semper certa. Infatti, se dovessimo appellarci all’antico detto, i bambini nati ai primi di agosto dovrebbero essere figli della donna che li ha partoriti. Sempre sulla base del citato assunto il giudice Silvia Albano, che avrebbe dovuto occuparsi della sospensione della registrazione all’anagrafe dei bambini chiesta dai genitori biologici (cosa ormai impossibile, dato che la nascita dei bimbi è stata anticipata, è avvenuta in gran segreto e la notizia è stata diffusa solo dopo la registrazione allo Stato Civile), avrebbe comunque stabilito che i genitori dei gemellini sono quelli “sbagliati”.

Insomma, un utero non è solo un’incubatrice. Una donna, nei nove mesi della gestazione, sente crescere dentro di sé la sua creatura, la nutre, le parla, si crea tra madre e feto una simbiosi che solo la nascita interrompe. Ma quel legame speciale che si è venuto a creare per lungo tempo non potrà mai essere annullato. Prova ne sia che esistono dei casi in cui una madre “surrogata”, pentendosi della scelta operata, rivendichi il suo diritto a crescere i figli che ha dato alla luce per la gioia di altri.

Da una parte, dunque, c’è la natura e dall’altra la scienza. Proprio la scienza dice che, nell’essere padri o madri, è il DNA che conta. Non stupisce, quindi, che i genitori biologici rivendichino i propri diritti. Però come sostiene l’avvocato che difende la coppia che ha dato alla luce i bambini, accanto alla generica c’è l’«epigenetica».

La ricerca scientifica, secondo la tesi dell’avv. Michele Ambrosini, proverebbe le diverse capacità di attivazione e di «adeguamento» del DNA in base all’ambiente. «Esemplifico: i genitori biologici affermano che i due gemellini possiedono il loro DNA, giusto? Ma io obietterò che il ruolo fondamentale è quello della madre naturale, che assicura al bambino protezione e alimento. È questa trasmissione di natura a trasformare nel tempo il DNA. Mi avete capito? Insomma, pensate alla differenza che c’è tra scrivere un libro e leggerlo. Chi scrive un libro gli trasmette senz’altro il suo DNA. Ma poi il libro appartiene a chi lo legge, perché chi lo legge lo trasforma attraverso il suo filtro personale di emozioni ed umori. Ecco, questa è l’epigenetica».

Scienza a parte, il problema rimane. I genitori naturali non avranno mai la gioia di dire, osservando i propri figli, “guarda come assomiglia al nonno!” oppure “Ha preso proprio da te”. Cosa che accade, mi si potrà dire, anche nel caso di adozione. L’amore però non cambia. Certamente ma in questo caso, contrariamente a ciò che si verifica nella maggior parte delle adozioni, mamma e papà sanno chi sono i “veri genitori” dei gemellini, sanno che l’utero di un’altra donna avrebbe dovuto ospitare gli embrioni, sanno che prima o poi la verità dovrà essere raccontata ai figlioletti ignari di essere i “figli sbagliati”. E cosa potranno dire della scelta operata dai genitori?

La natura, invece, questa volta si deve arrendere. I genitori biologici non avranno il piacere di abbracciare i due fagottini, di farli crescere, di assistere ai primi passi incerti di chi si stacca dalla mano sicura di mamma e papà e vuole conoscere il mondo, di consolarli al primo ginocchio sbucciato. Non ascolteranno i primi balbettii e le prime parole, non li accompagneranno emozionati il primo giorno di scuola, non li seguiranno nelle piccole e grandi scoperte della vita. Avere dei figli e far finta di nulla non deve essere facile. Non lo è nemmeno per chi i figli li abbandona.

Quando in aprile è uscita questa notizia, qualcuno ha parlato, facendo ovviamente un’potesi, di affido condiviso fra le due coppie. Questa potrebbe essere una soluzione, tuttavia non priva di disagi per i bambini, primo tra tutti l’essere sballottati da una casa all’altra. A meno che non si opti per una scelta come quella proposta (e quindi in quel caso obbligata) da un giudice che ha stabilito che la bambina di due coniugi separati non dovesse cambiare lei casa a settimane alterne o nei week-end ma fossero i genitori ad alternare la loro presenza in un’unica abitazione che di fatto sarebbe stata quella della figlia (ne ho parlato QUI).

Tornando alla proposta di Francesca Bolino, nel tweet che mi ha portato a scoprire il suo post ho semplicemente risposto: “E’ una situazione terribile. Non posso dar ragione a Bolino ma nemmeno torto. Nn so qual è il bene x i bimbi”. E ora me lo chiedo nuovamente: qual è il bene per quei bimbi? Dividerli, farli crescere separati, affidandoli uno ai genitori naturali e l’altro a quelli biologici, sarebbe un bene per loro? Farli crescere assieme, seppur separati, come fossero amichetti o cuginetti, sarebbe possibile? La mamma che li ha partoriti potrebbe accettare di essere chiamata mamma solo dalla femminuccia o dal maschietto? La donna a cui erano appartenuti quegli ovuli potrebbe accettare di essere chiamata mamma da uno solo dei due figli? Uno è meglio di niente, direte. Allora, colei che li ha tenuti entrambi per nove mesi nella pancia, sentendosi la loro madre, sarebbe un’egoista se volesse tenerli per sé sola?

Sono interrogativi che credo non abbiano risposte. In questa brutta storia non penso ci sia spazio per i compromessi perché a qualunque soluzione si arrivasse, scontenterebbe una delle parti. La natura non sempre vuole la felicità degli uomini (Leopardi docet), la scienza ne offre solo una parvenza.

[immagine da questo sito]

LA BUONA NOTIZIA DEL VENERDÌ: TORNA A DANZARE SENZA LA GAMBA PERSA NELL’ATTENTATO DI BOSTON

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Era il 15 aprile 2013: due ordigni piazzati nei pressi del traguardo, su Boylston Street vicino a Copley Square, hanno funestato la maratona di Boston causando la morte di 3 persone e il ferimento di almeno altre 178.

Fra i feriti gravi causati dall’esplosione c’era anche Adrianne Haslet-Davis, oggi 33enne, ballerina di professione. La bomba esplosa nel luogo in cui si trovava le ha causato la perdita di una gamba. Per chi fa il suo lavoro significa normalmente abbandonare sogni e speranze e dire per sempre addio al palcoscenico.

Adrianne, però, è forte e determinata. Non si arrende, non pensa che la vita le abbia tolto tutto. Il fato le ha tolto una gamba, questo sì, ma non i sogni.
Ecco che la scienza viene in suo soccorso: un professore del Mit ha creato per lei un arto artificiale che le permette di eseguire movimenti di danza. Il sogno spezzato della giovane ballerina ha ripreso forma: Adrianne ha danzato una rumba alla Ted Conference, con il partner Christian Lightner.

«Un essere umano non può rompersi», ha detto, piangendo, alla fine dell’esibizione.

[notizia e immagine dal Corriere.it]

ALTRE BUONE NOTIZIE:

La giornata mondiale della felicità di laurin42

LE MIE ALTRE BUONE NOTIZIE

UN BACIO AL GIORNO TOGLIE IL DENTISTA DI TORNO

Poco fa, appena aperta la posta ho trovato la notifica del nuovo post dell’amica blogger e poetessa Mistral (ombreflessuose) e casualmente la poesia di oggi s’intitola Storia di un bacio.

Casualmente, dico, perché tornando a casa da scuola alla radio ho sentito un servizio che parlava delle molte virtù dei baci. In realtà la notizia non è proprio fresca. Ne parlava Scienza & Salute qualche mese fa.

Baciarsi fa bene e doveva saperlo anche Catullo visto che il suo invito a baciarlo, rivolto a Lesbia, era parecchio estenuante:

Dammi mille baci, e poi cento,
e poi altri mille, e poi di nuovo cento,
e poi ancora mille, poi cento
. (carme 5, vv. 7-9)

… poi non stupiamoci che la leggiadra fanciulla l’abbia scaricato più volte durante il tormentato idillio.

Ecco in riepilogo le virtù salutari del bacio:
– il rilascio di dopamina ed endorfine che avviene mentre ci si bacia attenua l’emicrania
– rende più bella la pelle
– aiuta a tenere sotto controllo il colesterolo (acc… ora capisco perché ce l’ho sempre alto 😦 )
aiuta la linea, visto che con un bacio si consumano 12 calorie (hai voglia …)
riduce lo stress in quanto con il bacio si eviterebbe la produzione di cortisolo e verrebbe invece stimolata la produzione di ossitocina che fa bene all’umore
– un bacio è in grado di rafforzare il sistema immunitario, grazie allo scambio di anticorpi che avverrebbe fra i due partner.

Ma non è tutto: pare che baciarsi preserverebbe anche dalle carie. Al contrario di ciò che comunemente si crede (vale a dire, che le carie sarebbero “contagiose”), grazie allo scambio di saliva fra i due partner, i denti saranno più puliti dai residui di cibo e dai batteri che causano la carie.

Insomma, un bacio al giorno toglie il dentista di torno. Che vogliamo di più dalla vita? Forse qualcuno da baciare?

Approfitto per fare le congratulazioni al regista Paolo Sorrentino che con La grande Bellezza ha vinto il Golden Globe.
Voi direte: che c’entra con il bacio, i denti e le carie? Nulla, ma il video sotto il titolo è tratto da Nuovo cinema Paradiso, il film di Giuseppe Tornatore che, dopo aver ottenuto lo stesso premio, ha concorso per l’Oscar e l’ha vinto come miglior film straniero.
Forza, dunque, Sorrentino! Speriamo che il film segua le orme dell’incantevole pellicola di Tornatore.

LA BUONA NOTIZIA DEL VENERDÌ (IN RITARDO!): SI VIVE (BENE) ANCHE DI STRESS

terza etàA Venezia si è parlato di stress, ma non solo dei suoi effetti negativi, anche di quelli positivi. Avete mai pensato che possano esserci degli effetti positivi dello stress? Be’, in fondo la classificazione dello stress ne comprende due tipi: eustress (eu: in greco, buono, bello) o distress (dis: cattivo, morboso). L’eustress, o stress buono, è quello indispensabile alla vita, che si manifesta sotto forma di stimolazioni ambientali costruttive ed interessanti. Un esempio può essere una promozione lavorativa, la quale attribuisce maggiori responsabilità ma anche maggiori soddisfazioni. Il distress è invece lo stress cattivo, quello che provoca grossi scompensi emotivi e fisici difficilmente risolvibili. Un esempio può essere un licenziamento inaspettato, oppure un intervento chirurgico. (LINK)

Un esempio, tra i tanti, emerge dalla relazione del Nobel Elisabeth Blackburn che sottolinea come una gestante stressata (un lutto o una perdita di lavoro legata alla maternità, per esempio) mette al mondo un figlio con un’aspettativa di vita più bassa. I telomeri dei cromosomi – il patrimonio genetico che si trasmette nella replicazione cellulare – del nascituro sono più corti e oggi è noto che la lunghezza di questa componente cellulare è sinonimo di una vita più o meno lunga. Il telomero ripara i danni cellulari: se i danni sono riparati non ci sono malattie. E il 20% degli ultracentenari muore di «vecchiaia», non di malattia.

La vera scoperta consiste, dunque, nel fatto che i telomeri dipendono anche dalla psiche, anche se i modi in cui quest’ultima agisce sono ancora misteriosi.
Secondo gli studiosi i 125 anni di vita media «scritti» nei geni si potrebbero raggiungere se non si odia (e si ama), si vive in stress positivo (per esempio fare un lavoro che piace o che gratifica, con vacanze regolari e senza vivere sempre connessi ai gadget tecnologici), se si pratica una religione con convinzione e senza sentirsi obbligati. Ma non solo, mangiare ciò che piace realmente e non cosa è indotto consumisticamente. Ecco il punto: lo stress negativo, e invecchiante, è quando si fa ciò che non piace ma è richiesto da altri. Dal datore di lavoro alla cosiddetta società civile, dalla religione ai genitori.

Secondo Howard Friedman, psicologo dell’università della California a Riverside, «la longevità dipende dall’essere coscienti in positivo di ciò che si fa».

E voi, di che stress siete?

[fonte Il Corriere; immagine da questo sito]

LE ALTRE BUONE NOTIZIE:

Enorme riserva sotterranea di acqua in Kenia di laurin42

LE MIE ALTRE BUONE NOTIZIE

ADDIO A RITA LEVI MONTALCINI

rita levi montalcini

Quando muore il corpo sopravvive quello che hai fatto, il messaggio che hai dato. (Rita Levi Montalcini)

Se n’è andata in silenzio, nella sua casa di Roma, la scienziata, premio Nobel per la Medicina nel 1986, e senatrice a vita Rita Levi Montalcini. Aveva 103 anni, una vita vissuta per la scienza, una grande mente, un esempio che spero possa rimanere impresso nella memoria di tutti per lungo tempo. Perché l’immortalità non è propria dell’essere umano ma degli atti che l’Uomo compie. E lei ne ha compiuti di straordinari.

ADDIO, RITA. RIPOSA IN PACE.

Dico ai giovani: non pensate a voi stessi, pensate agli altri. Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e non temete niente. Non temete le difficoltà: io ne ho passate molte, e le ho attraversate senza paura, con totale indifferenza alla mia persona. (Rita Levi Montalcini)

[video dal Corriere]

Di lei ho già parlato QUI, in occasione del suo 103esimo compleanno.

PROFEZIA MAYA: SULLA FINE DEL MONDO MARGHERITA HACK LA PENSA COSÌ

hackRiporto di seguito l’intervista all’astrofisca Margherita Hack pubblicata dal quotidiano friulano Messaggero Veneto.

La profezia dei Maya, la Hack: «Sole o asteroidi, moriremo così»

TRIESTE. Rassegniamoci, il mondo è destinato a finire ma le profezie di antiche popolazioni non c’entrano nulla. A dirlo è la scienza, o meglio l’astrofisica secondo cui la fine del sole e gli asteroidi sono le vere minacce per il pianeta terrestre.

«Il sole non è eterno, ha 5 miliardi di anni e ne vivrà altri 5, poi morirà anche lui» spiega la scienziata Margherita Hack.

Quali sono le possibili catastrofi cosmiche?

«La morte del sole è una certezza: finirà le riserve di idrogeno e per non esplodere dovrà espandersi diventando una gigante rossa, che ingoierà incendiandole Mercurio e Venere e lambirà l’orbita della terra che diventerà arida e invivibile, le temperature saranno torride, si morirà subito. Insomma, una bella infornata. Del sole, non più in grado di produrre energia, resterà solo un nocciolino centrale, la nana bianca, sarà un cadavere di stella e ci metterà miliardi di anni per raffreddarsi. L’altra minaccia riguarda la caduta di grossi asteroidi ».

Gli abitanti della terra potrebbero salvarsi?

«Sì, ma solo se tra 5 miliardi di anni sarà stato colonizzato il sistema solare: perché vorrebbe dire che la gente è scappata via dopo che un altro pianeta è stato resto abitabile».

E gli altri scenari?

«L’altra minaccia riguarda la caduta di grossi asteroidi che, però, oltre ad essere poco probabile (l’ultima è avvenuta 65 milioni di anni fa e ha portato all’estinzione dei dinosauri) non porta alla distruzione del mondo, ma solo della vita. La caduta di asteroidi solleverebbe una nuvola di terra tale da oscurare il sole per anni, ma oggi sono tutti tenuti sotto osservazione e potremmo sviarli prima che ci colpiscano».

[…]

Professoressa Hack, perché le profezie sulla fine del mondo attirano così tanto l’attenzione della gente?

«Ignoranza e superstizione. Sennò gli astrologi non farebbero tanta fortuna».

NEIL ARMSTRONG: UN GRANDE UOMO PER UN PICCOLO PASSO


Neil Armstrong, comandante della missione spaziale Apollo 11, il primo uomo ad aver messo piede sulla luna, il 20 luglio 1969, è morto all’età di82 anni in conseguenza di alcune complicazioni sopraggiunte in seguito ad un intervento chirurgico al cuore subito lo scorso 7 agosto.

Tutti ricordiamo l’allunaggio e le parole pronunciate da Armstrong nel momento in cui metteva piede sul suolo lunare: «un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità». Io non so quali vantaggi siano davvero derivati dalle missioni spaziali denominate Apollo. C’è anche qualcuno che mette in dubbio il fatto che l’allunaggio sia davvero accaduto. Stamane, commentando in famiglia la scomparsa di Armstrong, mio figlio ha detto “Un grande attore, niente di più”. Lui appartiene alla schiera degli scettici …

In ogni caso ritengo che Armstrong sia stato un grande uomo e meriti di essere ricordato per un evento di cui il mondo intero è stato quasi incredulo spettatore quel lontano giorno di luglio dello scorso secolo.

Ripubblico in parte, per l’occasione, il post che avevo scritto nel 2009 per il quarantennale.

Dell’allunaggio ricordo ben poco, ma l’atmosfera che si respirava in quel lontano 1969 non la dimenticherò mai. Ero una bambina eppure non mi persi quello storico evento, anche se probabilmente nelle lunghe ore passate davanti alla Tv fui colta dal sonno. Allora mi trovavo al mare, in vacanza. Inutile dire che nell’appartamento in affitto non c’era il televisore; non l’avevamo nemmeno a casa perché credo che i miei l’avessero acquistato un anno dopo. Al bar una folla si era riunita per assistere allo spettacolo. Noi eravamo fortunati perché avevamo il posto a sedere –a fronte, credo, di un cospicuo numero di consumazioni acquistate nelle ore passate là, senza schiodarci mai dalla sedia- e potevamo guardare agevolmente la diretta televisiva. Quelle immagini in bianco e nero mi sono passate davanti in questi giorni, innumerevoli volte. Così non riesco a capire quanto davvero mi ricordassi e quanto, invece, mi pare di ricordare vedendo Tito Stagno che annuncia, sbagliando, l’allunaggio. L’errore di Stagno, subito corretto dall’inviato negli USA Ruggero Orlando, e il bisticcio che ne seguì tra i due giornalisti, me lo ricordo benissimo. A parte il fatto che allora non mi pareva importante il momento esatto in cui il modulo lunare toccò veramente il suolo del nostro satellite, l’evento in sé mi apparve prodigioso.

Da quel giorno guardai la luna con occhi diversi. Cercavo di immaginare gli astronauti che passeggiavano, ovvero saltellavano buffamente, sul suolo lunare. Anzi, talvolta credevo di individuarne le sagome, confondendo le ombre che caratterizzano la luna osservata da quaggiù, specialmente se piena. Nonostante sapessi bene che anche la terra è sferica, o quasi, e che noi ci camminiamo sopra come se fosse piatta, mi chiedevo come facessero quegli astronauti a non cadere nello spazio. È evidente che la luna per me era più tonda o forse mi condizionavano le immagini che alla Tv venivano trasmesse: vedevo quegli uomini circondati dal buio, un buio più buio di quello che potevo osservare intorno a me di notte. Un mondo diverso, surreale. Fantasie di bambina, che altro?

Ora guardo la luna ancora una volta con occhi diversi. La vedo violata dall’uomo e incapace di difendersi da questa specie di aggressione umana. La guardo chiedendomi se mai ci sarà una stazione stabile sulla luna, una di quelle “città trasparenti” che ho visto in qualche film di fantascienza. Nel momento in cui mi rispondo di no, comprendo anche che, semmai l’uomo riuscirà a colonizzare il nostro satellite, io non ci sarò più e forse nemmeno i miei nipoti. Se li avrò.

Eppure, a quarant’anni da quel lontano dì, la NASA non ha mai smesso di pensare alla luna. Nel frattempo, però, un altro pianeta ha attirato l’attenzione di chi si occupa di missioni spaziali: Marte. Il pianeta rosso, con quel nome che trasmette la forza, quella di un dio, anzi il dio della Guerra. Quando penso a Marte non mi chiedo se mai l’uomo ci metterà piede, ma mi viene in mente la canzone di David Bowie “Life on Mars?”. C’è vita su Marte? Mah, chissà. Io sono spesso criticata in famiglia per il mio scetticismo, per il mio essere sicura che l’uomo sia davvero unico nell’universo. Non credo che da qualche parte ci possano essere degli ET che ci osservano, tantomeno sono disposta a riporre la mia fiducia nelle parole di chi dice di essere stato rapito dagli alieni. Ma so che questa è solo una mia opinione, sicuramente discutibile.

Altri scettici, però, e ben più importanti di me, hanno messo in dubbio il fatto che l’uomo sia davvero allunato quel 20 luglio del 1969. C’è chi ritiene che la missione Apollo 11 e le successive siano solo un bluff. Di recente mi è capitato sottocchio il libro di William Kaysing Non siamo mai andati sulla luna. Ho sfogliato solo alcune pagine e ne ho parlato a casa. Mio marito, fanatico filoamericano, mi ha ascoltata sgranando gli occhi. Di dubbi sulla veridicità dei fatti nemmeno parlarne, secondo lui. Mi sono sentita alquanto meschina nell’aver dubitato, anche solo per qualche ora, che la missione Apollo 11 avesse avuto luogo veramente. Però poi, senza farlo sapere al mio consorte, ho scovato un sito interessante in cui si parla dei dubbi sorti a seguito delle dichiarazioni di Kaysing e di altri che la pensano come lui. Se pensiamo che dal libro è stata tratta la sceneggiatura del film di successo “Capricorne one”, dobbiamo credere che il dubbio si è insinuato in molti americani, e non solo in loro.

Leggendo le dichiarazioni di Kaysing e le argomentazioni che porta a sostegno della sua tesi, mi sono resa conto che sono davvero convincenti. D’altra parte, dopo aver letto delle controargomentazioni qui, le mie idee si sono fatte ancor più confuse, quindi non merita che ci perda dell’altro tempo. Ma la lettura dei due siti indicati nei link merita davvero un po’ di attenzione.

Da parte mia continuerò a guardare con occhi romantici la luna, dimenticando che l’uomo c’è stato, esattamente come ho fatto nei quarant’anni che mi hanno divisa da quel lontano 20 luglio, pensando che i problemi di quaggiù siano più urgenti rispetto alle future probabili, o forse no, missioni spaziali. [LINK all’articolo originale]

LA “PARTICELLA DI DIO” E I MISTERI DELLA SCIENZA


Il bosone di Higgs, la particella che garantisce la massa a tutte le altre particelle subatomiche della materia della quale anche noi siamo formati, è stata catturata finalmente senza alcun dubbio nel superacceleratore Lhc del Cern di Ginevra. La caccia iniziata dallo scienziato inglese, presente alla scoperta, risale al 1964. (fonte: IL Corriere)

“Le religioni sono necessarie al popolo, e sono per esso un inestimabile beneficio. Quando però esse vogliono opporsi ai progressi dell’umanità nella conoscenza della verità, allora debbono essere messe da parte con la massima deferenza possibile.”. Così sosteneva Arthur Schopenhauer, in «Supplementi al mondo come volontà e rappresentazione» del 1844.

Nell’eterna lotta tra fides et ratio, siamo evidentemente arrivati ad un compromesso: la scoperta è, infatti, stata battezzata “particella di Dio“.

Misteri della scienza.

UOMINI IMBRANATI DI FRONTE AD UNA DONNA? SCIENTIFICAMENTE PROVATO

Gli uomini italiani, si sa, sono notoriamente dei dongiovanni. Sempre alla ricerca della conquista – se facile è persino meglio -, pronti a sfoderare le poche qualità di cui sono in possesso, prima fra tutte quella di perdersi in lodi sperticate (che poi, alla fine, un pregio proprio non è ma loro sono convinti che lo sia), nascondendo accuratamente i molti difetti, soprattutto il narcisismo. Ma ci sono anche quelli che, in presenza di una donna, o anche solo pensando ad essa, perdono persino la capacità di formulare una frase di senso compiuto, iniziano a sudare come se ci fossero 42 gradi all’ombra, e non ce ne sono nemmeno 10, e si tormentano le mani che non sanno dove mettere, pur sapendo esattamente dove vorrebbero metterle. Insomma, a chi non è mai successo di trovarsi di fronte ad un vero e proprio imbranato? A me sì e devo dire che poi sono quel genere di uomini che conquistano facilmente le donne sentimentali perché fanno tanta tenerezza. Insomma, scatenano in esse l’istinto di protezione, quasi volessero prendersi cura di un cucciolo impaurito e confortarlo tenendolo stretto al proprio seno. Cosa che in genere procura un enorme piacere al malcapitato – forse sarebbe meglio dire bencapitato – che mai avrebbe il coraggio di fare il primo passo.
Così ho conquistato il mio primo grande amore e me lo sono tenuto stretto per due anni. Poi, visto che il cucciolone non dava segnali di alcun risveglio dallo stato di letargo sentimentale, l’ho mollato.

Ora pare che la scienza abbia scoperto che gli uomini si imbranino di fronte alle donne mentre non avviene il contrario. Uno studio dell’Università olandese di Radboud, pubblicato su Archives of Sexual Behaviour, ha dimostrato che gli uomini sprecano un sacco di energie mentali nell’intento di fare buona impressione sulle donne, mettendo a rischio le loro prestazioni cognitive. E ciò accadrebbe addirittura senza vedere l’oggetto del desiderio.

L’esperimento è stato condotto su studenti eterosessuali di entrambi i sessi, sottoponendoli al test di Stroop che studia la capacità di concentrazione. Nell’esperimento è stato rilevato che, facendo credere al ragazzo sottoposto al test, che una ragazza lo stava osservando attraverso una webcam, venivano commessi molti più errori di quando invece gli dicevano che l’osservatore era del suo stesso sesso. Nel momento in cui gli veniva detto che il test non aveva osservatori, non commetteva errori.

Secondo lo studio, le donne non verrebbero condizionate da un eventuale osservatore invisibile. Questo dimostrerebbe, a detta dei ricercatori, che esse, al contrario degli uomini, sono portate ad approfondire la conoscenza dell’uomo che incontrano per decidere con calma se è davvero qualcuno di cui fidarsi. In questi casi, la loro concentrazione mentale addirittura aumenta.

Insomma, che dire allora dei famosi versi di Saffo, poetessa greca, che in una sua famosa ode cantava:

subito la lingua mi si blocca,
un fuoco sottile scorre sotto la pelle
i miei occhi
non vedono più nulla,
le orecchie rimbombano,
il sudore mi bagna,
e tremore tutta mi prende
.

E poco importa che l’effetto descritto le fosse provocato dalla visione di una donna, essendo la poetessa di Lesbo notoriamente omosessuale. Era pur sempre il suo oggetto del desiderio.

La conferma che in certi casi l’uomo sia imbranato ci arriva da Tiziano Ferro che, tempo fa, prima ancora di fare outing, cantava:

E scusami se rido, dall’imbarazzo cedo
Ti guardo fisso e tremo
All’idea di averti accanto
E sentirmi tuo soltanto
E sono qui che parlo emozionato
..e sono un imbranato!

Secondo un’altra ricerca condotta dall’Università di Syracuse e pubblicata su Psychology & Sociology, accade che durante qualche incontro anche la donna s’imbrani come i maschi, ma per lo più questo succede quando è stata colpita dal famoso colpo di fulmine. Quest’ultimo, infatti, sarebbe responsabile di un’alterazione delle aree cognitive cerebrali di maschi e femmine nel medesimo modo nell’arco di 5 secondi, esercitando un’azione neurochimica simile a quella indotta dalla cocaina.

Quindi, imbranati o meno, l’amore sembra essere una vera e propria droga. Ma almeno non nuoce alla salute, nemmeno quella mentale. E che sarà mai se ogni tanto capita che ci si imbrani e si rallentino le prestazioni cognitive!

[fonte: Il Corriere]