SESSO IN PISCINA DAVANTI AI BAGNANTI. UN TRENTENNE E UNA MINORENNE DENUNCIATI

Sono frequentatori assidui della piscina di Cividale del Friuli. Due amici, così vengono definiti. Lui trentenne, lei ancora minorenne anche se i diciotto anni li compirà tra un mese. Con il caldo che fa in questi giorni la piscina, con ampio prato all’aperto, è il rifugio di molti friulani che abitano nei dintorni di Udine. Un luogo dove fare una nuotata, rinfrescarsi e togliersi di dosso, almeno per qualche ora, il caldo appiccicoso portato da Caronte, l’anticiclone africano che, implacabile, ha raggiunto la nostra penisola.

Nessuno degli utenti, comunque, si sarebbe mai aspettato di assistere a scene di sesso più che esplicite a bordo piscina, o quasi. Insomma, i due, infischiandosene del luogo pubblico e piuttosto frequentato, hanno dato spettacolo, aggrovigliati su un lettino da spiaggia, a quanto pare senza imbarazzo alcuno. Sono stati alcuni giovani, quindi quasi coetanei dell’uomo ma con la testa più a posto, ad avvertire il personale della piscina che ha fatto intervenire i Carabinieri.

I due, portati in Caserma e denunciati per Atti osceni in luogo pubblico, hanno sminuito l’accaduto definendo le loro solo “effusioni”. Non si conosce la reazione dei genitori della minorenne chiamati dai militi dell’Arma. Credo che un applauso non gliel’abbiano fatto, o almeno spero.
Meno turbato il procuratore capo di Udine, Antonio Biancardi, che ha commentato così l’episodio: «Alcuni ragazzi si divertono a consumare rapporti sessuali più o meno completi alla luce del sole, con una “leggerezza” che lascia sgomenti». Una leggerezza che rimarrà impunita, ovviamente, ma che non deve lasciarci indifferenti né rasseganti di fronte ad atteggiamenti che si teme possano diventare normali. Forse se il reato fosse davvero punito, magari con una bella multa e l’obbligo di svolgere delle attività socialmente utili per tot tempo, si metterebbe un freno una tale audacia e disinibizione.

[fonte: Messaggero Veneto]

TORTA DI MELE LIGHT

Visto il gradimento ottenuto dai brownies per i miei studenti, mi lancio in un’altra ricetta, questa volta light. So che le attuali temperature scoraggiano l’uso del forno, però ora ho più tempo a disposizione per preparare le torte, pur facendomi la sauna ogni volta.

Io sono a dieta da gennaio. Ho dovuto eliminare i grassi, specie quelli di origine animale. All’inizio pensavo che non fosse proprio possibile preparare una torta di mele senza il burro. Volevo provare a sostituirlo con la margarina o con l’olio di semi, poi però mi sono inventata questa torta che è riuscita benissimo pur senza l’aggiunta di alcun condimento. L’esecuzione è facilissima e, se si dispone di un robot, è velocissima.

Ingredienti:

200 grammi di farina 00
100 grammi di farina Manitoba
150 grammi di zucchero (se si preferisce, si può usare quello grezzo di canna; in questo caso la dose dovrebbe essere 200 gr. A me, tuttavia, questa torta piace anche meno dolce)
3 uova intere
100 ml di latte parzialmente scremato
4 mele di media grandezza (io ho usato le fuji perché avevo quelle in abbondanza ma si possono usare anche di altre qualità)
50 grammi di uvetta
30 grammi di pinoli (se piacciono, non sono indispensabili)
1 bustina di lievito
1 bustina di vanillina
1 bicchierino di Marsala

Preparazione:

Sbucciare le mele, affettarle sottili (io uso la grattugia “quadrata”; in teoria andrebbero cosparse di succo di limone perché non anneriscano ma io non lo faccio quasi mai), aggiungere l’uvetta ed eventualmente i pinoli, irrorando il tutto con il Marsala. Accendere il forno e impostarlo sui 170 gradi (se non è ventilato anche 180 gradi). In una ciotola (se fate a mano, altrimenti nel contenitore del robot) montare i tuorli con lo zucchero, aggiungere quindi a cucchiaiate le due farine alternandole con il latte. Poi versare la bustina di vanillina e il lievito, nonché le mele tenute da parte. Per ultimi aggiungere gli albumi montati a neve fermissima con un pizzico di sale, avendo cura di mescolare dal basso verso l’alto per non smontarli. Versare il composto ottenuto in uno stampo tondo di 26 cm (io uso anche quello rettangolare di 30×22 cm circa), precedentemente imburrato e cosparso di pane grattugiato, cospargerlo con un po’ di zucchero (meglio se di canna) e metterlo nel forno per circa 45 minuti. È bene comunque controllare la cottura con uno stuzzicadenti. Lasciare la torta nel forno spento per cinque minuti prima di estrarla (lo faccio sempre, per qualsiasi torta).

Buon appetito!

[nell’immagine: Bimba con cesto di mele di Calidè, olio spatolato, 50×70, da questo sito]

LADRI AL SUPERMERCATO: I POLIZIOTTI PAGANO LA “REFURTIVA”

Un caso che è destinato a diventare all’ordine del giorno, di questi tempi. Molte sono le famiglie che si trovano in difficoltà e che non riescono ad arrivare a fine mese. Molte sono quelle senza reddito perché i componenti, spesso solo il capofamiglia, sono rimasti senza lavoro e non hanno i soldi nemmeno per i beni di prima necessità. Spesso si sente di furti commessi nei supermercati (a volte anche rapine improvvisate e maldestre) da gente disperata.
Questo è il caso di un uomo egiziano, regolare in Italia, che, rimasto senza lavoro, si è visto costretto a rubare pannolini e omogeneizzati per sfamare due figli piccoli.

E’ successo a Siena. Il proprietario del supermercato ha visto due uomini entrare e uscire con delle buste senza passare dalla cassa. Ha chiamato, dunque, la polizia pur senza l’intenzione di denunciare l’egiziano, ed il fratello complice, ma solo per chiarire la situazione. Alla fine i poliziotti si sono accollati il costo sella spesa e hanno attivato i servizi sociali.

Quanti, però, troveranno sulla loro strada dei poliziotti così umani e potranno contare sulla solidarietà umana?

[LINK della fonte]

EUROPEI DI CALCIO 2012: GRANDE ITALIA! MA DOVE?


Chiedo scusa in anticipo ai veri tifosi di calcio. Io non lo sono, mi limito a seguire la nazionale ai mondiali e agli europei. Pertanto la mia vuole essere solo una riflessione che, ne sono certa, potrà essere condivisa dai tanti che, come me, guadagnano in un mese meno di quanto i calciatori spendono in un solo giorno per i loro capricci.

Abbiamo visto una bella partita, ieri sera. Su questo concordo. Anche se sinceramente mi hanno annoiato a morte i mille passaggi di palla tra i nostri calciatori prima di arrivare all’agognato slancio verso la porta avversaria. Molto più agili e svelti i giocatori britannici che, tuttavia, sembravano assediati dai nostri e avevano ben poche speranze di gioco per concludere. Se non erro, il possesso di palla dei nostri è stato quasi del 70% e ciò può essere apprezzabile.

Arrivare ai rigori, secondo me, poteva essere evitato. Non mi lancio in giudizi tecnici in quanto sono del tutto impreparata. ma non ho ben compreso il motivo per cui i telecronisti, gli stessi azzurri e i commentatori che hanno monopolizzato Rai1 fino a tarda notte hanno spesso ripetuto che abbiamo giocato contro una squadra inesistente. Ma quale? Se così fosse, perché allora i nostri calciatori non hanno segnato 27 gol e non hanno vinto nei tempi regolamentari?

Ok, in attacco gli Inglesi sono stati un po’ mosci. Certo: erano impegnati a pressare (si dice così?) i nostri sempre in attacco. Quindi, a rigor di logica, se la squadra britannica fosse stata davvero inesistente, lo sarebbe stata anche in difesa. Glielo vogliamo concedere almeno questo merito? E se qualcuno dovesse obiettare che il gioco del calcio ha come obiettivo quello di mandare il pallone in porta, allora mi chiedo: come mai i nostri non hanno saputo superare la barriera degli avversari?

Una partita finita ai rigori non è un vanto, secondo il mio modestissimo parere, di cui gloriarsi. Certo, se non si fosse conclusa così e se la dea bendata avesse premiato lo sforzo degli avversari in difesa, i nostri sarebbero già sul volo di ritorno. E naturalmente tutti a quest’ora starebbero maledicendo la sfortuna, protestando per la vittoria degli avversari del tutto immeritata. Perché? Solo quella degli azzurri è meritata?

Sarà perché io non sono una tifosa vera, ma durante le partite che seguo non vedo altro che i milioni di euro spesi per dei giocatori, alcuni dei quali pieni di sé nonostante le prestazioni mediocri (vedi Balotelli che non mi è sembrato all’altezza del suo superingaggio; molto meglio Di Natale, il primo a segnare in partita dandoci un po’ di speranza), che fanno solo il loro dovere: correre dietro un pallone, sudare per vincere e godere di fama eterna nei secoli dei secoli. Amen.

[foto da Il Corriere]

MADRI

Tre fatti di cronaca oggi impongono una riflessione. Protagoniste tre madri, molto diverse tra loro, rappresentanti di quel variegato universo in cui essere madri non è mai semplice e mai scontato che si faccia la cosa giusta per i propri figli, o perché non si può o perché non si vuole. A volte perché non si è proprio in grado di intendere e volere.

La prima madre è Sonia, giovane indiana che, impotente, ha assistito alla morte della sua bambina. La piccola Mahi aveva solo quattro anni e, proprio nel giorno del suo compleanno, mentre giocava spensierata, è precipitata in un pozzo profondo 25 metri. Da lì il suo corpicino è stato estratto esanime dopo ottantatré ore, troppe. La vicenda ha riportato alla mente quella analoga accaduta nel lontano 1981 ad Alfredino Rampi. Il caso aveva inaugurato, purtroppo, la “diretta televisiva sulla morte”. Della madre di Alfredino ricordiamo tutti il dolore, la partecipazione a quella lotta contro il tempo, confortata dall’abbraccio di molti, persone conosciute o mai incontrate prima, tutte unite dal dolore. Persino il vecchio presidente Pertini era andato a seguire da vicino la vicenda.
La madre di Mahia, invece, a conclusione della tragica vicenda ha denunciato di «essere stata chiusa in una stanza» e di «non avere ricevuto informazioni reali sulla salute della figlia».

La seconda madre non ha un nome, solo due iniziali: J. P. Ha tre figlie: due bambine di 2 e 8 anni, ben tenute e nutrite, con cui esce spesso. Poi c’è quell’altra, quella di cui si vergogna, con cui non si fa vedere in giro. Dice che lei sta con il padre o con una zia. E invece la bimba, dieci anni, vive rinchiusa in un armadio, come un relitto umano. Ha dieci anni e solo 15 chili, appena tre in più rispetto all’ultima visita medica fatta sei anni fa. Dice che la mamma non la porta con sé, mentre con le sorelle va a fare la colazione fuori, perché “si sporca sempre e si fa la pipì addosso”. Di una cosa è certa: non vuole tornare a casa.
La madre ventinovenne è stata arrestata. Vive a Kansas City, nella civilissima America.

La terza madre si chiama Mistie Rebecca, ha trentadue anni ed è americana. Da quindici anni non vedeva suo figlio sedicenne che vive con il papà. Poi lo ritrova grazie a Facebook. Non è un “incontro” casuale, lei sa che si tratta di suo figlio, sangue del suo sangue. Eppure lo adesca, gli invia delle foto hard e intrattiene con lui una relazione amorosa.
Mistie Rebecca viene scoperta, arrestata e condannata per incesto dalla Alta Corte della Contea di Napa, California. Quattro anni e otto mesi.
Lei commenta così la decisione dei giudici: «Non credo che dovrei essere accusata di incesto perché c’è qualcosa chiamata attrazione genetica che è un fenomeno molto potente e accade al 50% delle persone imparentate che si ricongiungono dopo un lungo periodo di lontananza».

TUTTI “PAZZI” PER LE NOZZE TRA LUCA ZINGARETTI E LUISA RANIERI … ANCHE LA GIORNALISTA


Non so quale interesse possa suscitare il matrimonio, definito “dell’anno” – poveri noi! -, tra l’attrice Luisa Ranieri e il Montalbano della tv, Luca Zingaretti. Io stessa, pur apprezzando il simpatico attore e la bella attrice, non avrei mai scritto questo post se non mi fossi imbattuta in un articolo in cui dei due neosposi si dice che “convogliano a nozze“. Allibita, pensando ad un refuso, sono andata a vedere il video cui l’articolo rimandava e anche lì la giornalista, presumibilmente l’autrice del pezzo, ripeteva che i due attori “convogliano a nozze”.

Ora, credo che tutti sappiano che il modo di dire è “convolare a nozze” e che il verbo “convogliare” ha tutt’altro significato. Posso supporre che nell’euforia di annunciare le nozze dell’anno, la giornalista sia impazzita di gioia, tanto più che Zingaretti e la Ranieri hanno scelto di sposarsi in Sicilia, proprio dove si gira la serie di Montalbano, e il sito su cui è apparso l’articolo è e20sicilia.tv.

Non vorrei sembrare una prof in vacanza che, avendo finito di correggere i temi dei propri allievi, se ne va in giro per il web a caccia di errori di ortografia o svarioni folkloristici, ma nello stesso video, parlando della location, proprio come si trattasse di un “ciak si gira” e non di nozze vere, il castello di Donnafugata utilizzato anche come set di Montalbano, lo si definisce maniere quando in realtà la parola esatta è maniero. E nell’elencare gli invitati al matrimonio, il regista de “La meglio gioventù”, è diventato Marco Tullio Giordano anziché Giordana.

Insomma, capisco tutto, l’euforia e il piacere di avere come ospiti in Sicilia due attori del calibro di Zingaretti e Ranieri, ma rileggere i testi sarebbe chiedere troppo?

STAMATTINA VI HO VISTI TUTTI CONCENTRATI …


AI MIEI STUDENTI DI QUINTA

Stamattina vi ho visti tutti concentrati, da lontano. Con quei fogli a quadretti davanti, a cercare le risposte ai quesiti della prova di matematica, a provare e riprovare, qualcuno tranquillo, sicuro di quel che stava facendo, qualcun altro molto più perplesso. Alcuni inquieti, con quel movimento sussultorio delle gambe che tante volte ho osservato durante l’esecuzione dei compiti in classe. Le ragazze con i capelli raccolti, con quel caldo insopportabile, quel caldo che doveva proprio arrivare improvviso, in concomitanza con l’inizio degli esami. Un caldo che solo una “vecchia” prof come me può sopportare tenendo ostinatamente i capelli sciolti. Ma sudavo, eccome se sudavo.

Anche ieri mattina vi ho visti tutti concentrati, da lontano. Con i fogli a righe davanti, intenti a ricomporre in ordine i pensieri sparsi per elaborare un tema decente, Almeno, spero lo sia stato. Non so nemmeno che tracce avete scelto, avrei voluto passare veloce fra i banchi e sbirciare qua e là. Me l’hanno impedito, ovvero mi hanno consigliato di chiedere l’autorizzazione alla presidente che, però, in quel momento non c’era. E me l’avrebbe data, certamente, l’autorizzazione, la conosco da così tanti anni … alla fine ho rinunciato però sono riuscita a vedere qualche testa che si sollevava dal foglio, come se aveste percepito la mia presenza. Come quando, durante i compiti, smettevate immediatamente di parlottare un secondo prima del mio passaggio dalle vostre parti.

Mi sembra così strano, così ingiusto che io non sia lì con voi ad accompagnarvi nell’ultima avventura da liceali. È come se mancasse qualcosa, è come se quel cordone ombelicale che ha tenuti uniti a me tutti voi facesse fatica a spezzarsi. I miei allievi! Una parola che ha origine dal verbo latino alo, nutro. Eh sì, vi faccio ancora una lezione di latino, l’ultima. Nutrire trasmettendo il sapere senza rinunciare alle emozioni, nutrire dei cuccioli che, ormai svezzati, stanno per prendere il volo. Questo è il nostro mestiere, quella cosa meravigliosa chiamata “insegnamento”.

Anche stamattina, quando poi mi sono avvicinata per sorvegliare la classe che mi era stata assegnata, ho visto gli sguardi alzarsi da quel foglio a quadretti. Ho percepito qualche sussurro, qualcosa come “sono quelle le scarpe arancioni”, l’ultimo acquisto di cui avevo parlato con alcune di voi. Sì, sono quelle. Belle vero? Mi avete definito una prof elegante: quella di oggi forse è stata l’ultima lezione. O forse no.

In teoria da oggi dovrebbero iniziare le mie vacanze. In pratica ho ancora delle questioni burocratiche da sbrigare negli uffici. Potrei farlo domani o magari sabato mattina. Mi toglierei il pensiero e da lunedì sarei davvero libera da impegni. Ma voi non ci sarete, nei prossimi giorni. E allora credo proprio che andrò negli uffici lunedì, farò un veloce passaggio fra i banchi per regalarvi un sorriso di incoraggiamento. Avviso subito le ragazze che non avrò le scarpe arancioni: non avete idea del numero esorbitante di vesciche che mi hanno procurato in tre ore di passeggiate su e giù per il corridoio. Neanche avessi fatto la maratona di New York …

E poi magari ci sarò anche per gli orali. Al diavolo le vacanze! Inizieranno per me e per voi nello stesso momento. Verrò a sostenervi, ad incoraggiarvi, a pregare con voi o a fare esercizi di respirazione assieme ai più tesi di voi. Non verrò ad ascoltarvi, lo prometto. Oddio, se proprio qualcuno me lo chiedesse … non sarebbe professionale ma chiedendo il permesso magari lo si potrebbe fare. E forse sarò ancora assieme a voi ad aspettare con il batticuore l’esposizione dei voti. Perché, ormai è chiaro, io senza di voi non ci posso stare.

Sono afflitta dalla sindrome da inizio vacanze, quella sensazione di vuoto, come se qualcosa mancasse, come lo stomaco che brontola quando ha fame … Ogni anno arriva inesorabilmente con gli stessi sintomi. Ed è inutile che mi ripeta che sono stanca, stanchissima, che ho bisogno di riposo, che ho tante cose da fare in casa (ad esempio, cambiare il guardaroba visto che nell’armadio ho ancora i vestiti invernali e quelli estivi sono appesi sparsi ovunque capiti in quasi tutta la casa). È proprio inutile che ripensi a quanta fatica abbia fatto per arrivare alla fine delle lezioni, con tutti quei compiti da correggere, tutte le interrogazioni da fare (nelle altre classi perché voi ve la siete cavata alla grande!), quella voglia di starmene a casa senza fare assolutamente nulla, almeno per qualche giorno. Eppure non ho ancora incominciato. Anche questo pomeriggio, tornata a casa quasi alle quattro, avrei voluto sedermi sul divano e dormire fino alle otto di stasera. E invece sono qui a scrivere a voi, di voi, per voi. Un post l’ho dedicato alle quinte negli ultimi quattro anni. Per voi non avrei fatto un’eccezione, tanto più che, in barba a quel che si dice, che tutti gli studenti sono uguali come ogni scarrafone è bello a mamma sua, ci sono classi e classi. Attenti, non sto dicendo che gli studenti non sono tutti uguali all’interno della stessa classe (non sarebbe deontologicamente corretto nemmeno pensarlo), sto dicendo che non tutte le classi sono uguali e la vostra è una di quelle speciali.

Questo non è un post d’addio, non so nemmeno se lo leggerete, presi come siete dallo studio per le ultime prove. È solo un post che nasce dalla voglia di esprimere il mio dispiacere nel non potervi accompagnare fino in fondo, anche se so che siete in buonissime mani. È un post che dovevo scrivere per dirvi ciò che, nel ruolo di insegnante o quello di commissario, non avrei potuto dirvi. Per farvi sentire la mia vicinanza e il mio tifo per voi, un tale tifo che nemmeno per l’Italia agli Europei di calcio!

Nel “libro della memoria” uno spazio per voi ci sarà sempre. Spero che anche voi manteniate di me un buon ricordo e … non giratevi dall’altra parte se mi incontrate per strada!

Buona fortuna, ragazzi.

BROWNIES PER I MIEI STUDENTI


L’ultimo giorno di scuola ho portato ai miei studenti di quinta la torta brownie. Ho fatto davvero un grande sacrificio per prepararla perché il venerdì pomeriggio ero rimasta a scuola fino alle 15 e 30 e, appena arrivata a casa, mi attendeva un superlavoro tipico degli ultimi giorni di lezione. Ma avevo fatto una promessa e dovevo mantenerla. In ogni caso, se non si è troppo stanchi e non si hanno mille altri impegni preparare questa torta è davvero rilassante. In più è molto semplice.

Ho parlato di torta ma in realtà i brownies (detti anche chocolate brownies o Boston brownies), al plurale, sono dei dolci tipici americani che, secondo la “leggenda” corrente, sono stati citati per la prima volta nel Boston Cooking School Cookbook, nel 1896. Secondo altre fonti sarebbero nati al Palmer House Hotel di Chicago durante la World’s Columbian Exposition del 1892, grazie alla sbadataggine di un cuoco che aveva preparato una torta al cioccolato dimenticando di introdurre il lievito nell’impasto.
L’usanza di utilizzare il plurale brownies è dovuta al fatto che si usa servire questo dolce tagliato a cubetti, come fossero dei pasticcini.

Ad ogni modo, si tratta di un dolce buonissimo di sicuro successo. Ai miei studenti è piaciuta moltissimo tanto da decantare le mie doti pasticcere in casa (dopo avermi premiato per l’eleganza, ora i miei studenti si congratulano per la torta … insomma, a casa dubiteranno che io abbia insegnato loro Letteratura italiana e latina!). 🙂
Una mamma, non mi ricordo di quale studentessa, ha chiesto la ricetta. Ovviamente me ne sono dimenticata così rimedio adesso riportandola qui.

Premessa: nella ricetta originale non è previsto il lievito (tutt’al più si possono mettere un paio di cucchiaini), gli albumi non vanno montati a neve ma le uova vanno introdotte intere nell’impasto e si utilizza solo la farina 00. Io, però, preferisco questa ricetta, anche se si allontana da quella originale, perché i miei figli mi rimproverano sempre se le torte non lievitano a dovere. Inutile dire che questa non è una vera torta … la preparassi seguendo la ricetta originale, di certo mi direbbero che non so fare le torte “alte”.

Ingredienti:

200 gr. di farina 00
100 gr. di farina Manitoba (fa lievitare meglio l’impasto e lo rende più leggero)
50 gr. di cacao amaro
200 gr. di burro a temperatura ambiente
4 uova intere
200 gr. di zucchero (io ne uso solo 150 gr perché mi piace più amara)
100 gr. di gherigli di noci tritate (meglio se si utilizza la qualità Pecan)
latte freddo q.b. (generalmente mezzo bicchiere)
1 bustina di vanillina
1 bustina di lievito
2 pizzichi di sale
50 gr. di gocce di cioccolato (facoltative; io non le uso quasi mai)
glassa al cioccolato per la copertura

Preparazione:

In una ciotola lavorare il burro ammorbidito, ma non fuso, con lo zucchero. Aggiungere i tuorli uno alla volta, continuando a mescolare, poi incorporare le farine a cucchiaiate alternate al latte. Aggiungere il cacao, la vanillina, il lievito e le noci tritate (se decidete di utilizzarle, aggiungete anche le gocce di cioccolato), quindi gli albumi montati a neve fermissima con il sale, avendo cura di mescolare dal basso verso l’alto (per non smontarli) e non con movimenti circolari, come si usa di solito. Il composto deve essere abbastanza sodo, non liquido.
Versare in uno stampo rettangolare (io utilizzo uno di quelli usa e getta tipo domopack che misura circa 30 cm x 22) e far cuocere in forno già caldo e alla temperatura di 180 gradi (se ventilato, bastano anche 170°) per circa 40 minuti. Ad ogni modo è bene usare uno stuzzicadenti per controllare la cottura prima di spegnere il forno. Lasciare il dolce nel forno spento per 5 minuti prima di estrarlo.

Quando il dolce è freddo, cospargetelo con la glassa (le ricette si trovano ovunque, nei libri e sul web, io comunque, anche perché avevo poco tempo, ho usato quella pronta di Pane Angeli, buonissima). In alterativa, si può cospargere, prima di introdurlo nel forno, il dolce con noci tritate e gocce di cioccolato, nella quantità desiderata.
Servire i brownies dopo aver tagliato il dolce a cubetti e preferibilmente accompagnato da uno spruzzo di panna montata. Io, ovviamente, in classe la panna non l’ho portata perché avrebbe reso più complicato mangiare il dolce con le mani.

A questo punto, provare per credere! 😉

A PROPOSITO DI MATURITÀ …

Maturità non è la durezza di chi vuole controllare la vita, ma la duttilità resistente

di una struttura che rimanendo sé stessa sappia accogliere gli smottamenti dell’esistenza fino a farli

suoi, per rendersi ancora più temprata al fuoco e al freddo dell’esperienza, come si faceva un tempo con

il ferro dolce delle spade per renderle fortissime.

Alessandro D’Avenia dal suo blog Prof 2.0

[immagine dallo stesso sito]

MINISTRO SEVERINO: “UTILIZZARE DETENUTI PER LAVORI RICOSTRUZIONE EMILIA”

Finalmente un’idea brillante! Proviene dal ministro della Giustizia Paola Severino e riguarda la possibilità di utilizzare i detenuti, quelli non pericolosi, per la ricostruzione nelle zone colpite dal recente sisma.

«Vorrei lanciare un’idea – dice il ministro – quella di rendere utile la popolazione carceraria, quella non pericolosa, per i lavori di ripresa del territorio». E ancora: «Momenti come questi potrebbero vedere anche parte della popolazione dei detenuti tra i protagonisti di un’esemplare ripresa». (fonte: Il Corriere)

Sono d’accordo con lei. In fondo, il mantenimento dei detenuti nelle carceri grava sulla collettività. Credo sia un buon modo per rendersi utili e per pagarsi vitto e alloggio. Se poi fosse prevista una piccola gratifica per il lavoro svolto, ancora meglio.