VENI, VIDI … VISA: VENNI, VIDI … COMPRAI!

Ormai quasi in tutta Italia è iniziata la corsa ai saldi. A guardare i servizi dei vari Tg, con le code interminabili di fronte ai negozi, anche quelli “in”, mi parrebbe di dover dar ragione al nostro attuale governo e all’ “uomo dell’anno”, Mr Tremonti, secondo i quali la crisi sarebbe ormai un lontano ricordo. Però, quando poi mi fanno vedere i cortei di protesta dei lavoratori che rischiano di perdere il posto o quando sento le lamentele dei portavoce della Confesercenti secondo i quali i consumi sarebbero sempre in ribasso e più di 30mila (o 300mila?!?) esercizi commerciali hanno chiuso, è il caso di dire, bottega, allora non ci capisco più nulla. Cosa fare, quindi? Un giro in città per vedere la realtà con i miei occhi.

Detto, fatto. Da casa mia al centro cittadino ci sono più o meno due chilometri. Già passando dalla via principale, piuttosto trafficata, mi rendo conto che i pochi negozi rimasti – gli altri, infatti, hanno chiuso – sono pressoché vuoti. Allora mi convinco che in centro la situazione possa essere diversa. Ebbene, anche lì nessun assalto e molti esercizi stanno sì svendendo tutta la merce, ma non per i saldi, per “cessata attività”. In compenso stanno crescendo come funghi i bar; non i bar normali, quelli di una volta, bensì i bar per “giovani”, quelli che tengono le porte (generalmente porte-finestre che ricoprono l’intera facciata) spalancate e i tavolini all’aperto in tutte le stagioni, giusto per non far perdere il vizio ai fumatori, e soprattutto tengono la musica a tutto volume per la gioia dei passanti e del vicinato, se non proprio per quella degli avventori.
Io spesso mi chiedo: ma cos’avranno ‘sti giovani che mangiano e bevono a tutte le ore del giorno e della notte? Il verme solitario? E poi, non hanno null’altro da fare? Chessò, lavorare, studiare …

Percorsa tutta la via principale, mi addentro nel cuore cittadino, quello in cui, nel medioevo, era sorto il cosiddetto “mercato nuovo”. Anche qui, negozi semideserti ma la piazza risuona del vociare gioioso dei bimbi, abituali frequentatori del posto. Decido di farmi un giro in uno di quei grandi store di abbigliamento stranieri, generalmente affollato, se non altro perché d’inverno fa caldo e d’estate c’è l’aria condizionata. In effetti qualcuno c’è: si scalda un po’ e si asciuga dalla pioggia che cade fitta fitta. Ma alla cassa non c’è fila e nemmeno ai camerini di prova. Ricordo che, appena aperto il negozio, circa due anni fa, pagare la merce richiedeva mezzora e ai camerini c’erano almeno tre commesse che avevano come unico compito quello di contare i capi da provare e di consegnare al/alla cliente un gettone su cui era contrassegnato il numero corrispondente. Ora ai camerini c’è il libero accesso e trovare una commessa a cui chiedere qualcosa è un’impresa ardua. Immagino che anche lì qualcuna abbia perso il lavoro.

Faccio ancora un giro e un posto pieno di gente lo trovo: il tabacchino. Lì c’è la coda non per acquistare le sigarette, per fortuna, ma per comprare i biglietti dei gratta e vinci e per giocare al Superenalotto o al nuovissimo WinForLife. Evidentemente c’è chi spera di vincere qualcosa per poter poi acquistare la merce in saldo, sempre che l’eventuale vincita possa essere incassata prima che il periodo delle offerte finisca. Spes ultima dea.

Io non gioco mai – lo fa mio marito, senza vincere mai nulla! – e faccio gli acquisti che devo/voglio/posso fare pagando con la carta di credito. Chissà perché crea l’illusione di non spenderli affatto quei soldi, come se si trattasse di una tessera ricaricabile che si ricarica da sola. Un po’ come quando i miei figli, da piccoli, mi chiedevano di comprare qualche stupidaggine e rispondevo che non avevo soldi: replicavano che potevo sempre usare il bancomat. Hanno anticipato i tempi: oggi non c’è la pubblicità che ti dice che, se proprio non hai sogni irrealizzabili, “per il resto c’è Mastercard”?
Io, però, uso la Visa … Venni, vidi … comprai.

P. S. Il titolo del post si rifà alla scritta che compare su un simpatico magnete che tengo attaccato sul mio cassetto in sala insegnanti: una rivisitazione del celebre detto Veni, vidi, vici di Cesare.