COMPUTER ADDICTION

Eccomi qui, con il mio pc ancora in riparazione (e solo dio sa quanto tempo ci vorrà per ripararlo), ad usare quello di mio figlio secondogenito, l’unico disponibile a venirmi incontro in questo momento di emergenza. Ovviamente devo stare ai suoi orari, nel senso che posso usare il suo portatile (uno dei due, in verità) quando non serve a lui. Ma è giusto così. Per il resto, ho potuto amaramente constatare che marito e figlio primogenito (che in molte cose assomiglia a me mentre l’altro è tutto suo padre) hanno un concetto di proprietà privata poco elastico: la condivisione non è tenuta in nessun conto perché per loro due il computer è un oggetto ad uso esclusivo, qualsiasi cosa accada. Le emergenze – nemmeno se imploro che mi serve per lavoro, si lasciano commuovere – non li riguardano.

In questi giorni ho potuto riflettere sul mio rapporto con il pc, giungendo alla constatazione che ormai per me rappresenta una necessità primaria. Eppure non lo volevo. Ho difeso strenuamente la mia posizione quando tutti gli altri – i miei tre uomini – reclamavano la necessità di acquistare un computer. Ma io resistevo: mai e poi mai avrei fatto entrare nella mia vita quell’orribile scatola, rinunciando alle mie amate carte. Poi ho miseramente capitolato, ma non per l’insistenza dei miei di casa, bensì per l’imposizione che ho dovuto subire da parte della scuola: mi hanno fatto frequentare un corso – che poi ho lasciato a metà perché ho capito che s’impara sbagliando, provando e riprovando e della teoria nonché dei manuali non sapevo che farmene -, mi hanno costretta ad utilizzare il computer per “mettere i voti”, essendo molto più comodo, soprattutto per la segreteria, un floppy disc (allora le penne USB non esistevano) dei tabelloni compilati a mano. E i vantaggi, poi, c’erano anche per noi docenti: prima dovevamo fare tutto a mano, dalla compilazione dei tabelloni, in più copie, a quella dei registri da archiviare e alle pagelle. Un risparmio di tempo notevole che fu subito da me apprezzato, specialmente a giugno quando, in occasione degli scrutini finali, spesso si doveva stare ore in un’aula trasformata, dal clima estivo, in una vera e propria fornace.

Messa in soffitta la vecchia Olivetti, cui ero particolarmente affezionata perché mi era servita a battere tutta la stesura provvisoria della tesi di laurea, mi convinsi che il computer effettivamente aveva facilitato la mia vita: ad esempio, in breve mi ritrovai un vero e proprio archivio di prove e verifiche che mi tornava utile ed era pronto all’uso senza dover ribattere a macchina tutta la prova anche solo per cambiarne l’intestazione. Devo ammettere, però, che difficilmente riciclo delle prove già somministrate, ma posso prendere un pezzo qua e uno là, aggiungendo qualcosa di nuovo o cambiando qualche domanda o esercizio, et voilà, il gioco è fatto: il copia-incolla non ha eguali nel risparmio di tempo. Tuttavia, la tecnologia non mi ha mai fatto cambiare idea sul fatto che anche la carta è importante: all’archivio informatico corrisponde quello cartaceo, cosa che mio marito non ha mai capito. Ma lui non ama la carta quanto me.

Poi venne Internet. Anche in questa occasione mi dimostrai alquanto restia. Prima di tutto temevo che l’utilizzo dei motori di ricerca impedisse alla testa dei miei figli di ragionare. Poi temevo che si imbattessero in siti non adatti a loro ed io non potevo avere il controllo totale, anche perché spesso ero fuori casa o, se stavo enro le pareti domestiche, ero normalmente rintanata nello studio a lavorare. Inoltre, ritenevo il web una perdita di tempo, nel senso che offriva di certo dei vantaggi nelle attività lavorative e scolastiche, ma era da me concepito più che altro come un ottimo strumento per divertirsi e trastullarsi – da parte dei miei figli, ovviamente – a scapito dello studio.
E così prendevo tempo, adducendo il pretesto del cavo telefonico: non avendo la presa del telefono in studio – luogo in cui si trovava il pc -, facevo notare ai miei uomini che sarebbe stato oltremodo antipatico utilizzare il cavo, facendolo correre attraverso mezza casa, per collegarsi ad Internet ogni volta che serviva. L’avvento del wireless segnò la mia resa incondizionata. Avevo perso anche questa battaglia, pur rendendomi conto ben presto dei vantaggi che potevo ottenere navigando su Internet in qualsiasi momento e senza dovere andare a scuola. Oltretutto, nel frattempo anche i voti per gli scrutini dovevano essere messi on line, cosa che potevo fare comodamente anche la domenica, quando la scuola era chiusa.

Fino a due anni e mezzo fa, però, il mio utilizzo del web era molto limitato. Poi, avendo aperto il blog, tutto è cambiato. Avevo scoperto che il pc non era più uno strumento di lavoro ma che potevo utilizzarlo anche per coltivare i miei interessi ed hobby. Non era più solo un dovere, era diventato soprattutto un piacere, uno strumento di condivisione che non avevo tenuto mai in alcun conto.
Ed eccomi qui, dunque, a raccontarvi queste cose e a dirvi che in questi giorni senza il mio pc ho sofferto non poco. Tutto mi è sembrato faticoso: preparare le prove per i miei studenti senza avere sotto mani l’archivio, e per giunta dovendo rimanere a scuola oltre l’orario, mi ha fatto perdere un sacco di tempo. Rendermi conto che avevo dei lavori in sospeso che dovevano attendere tempi migliori, ovvero la riparazione del mio pc, per essere ultimati mi ha oltremodo innervosita. Mi sono detta più volte scema per non aver salvato sulla penna i documenti più importanti per poi scoprire che i dati salvati non sono leggibili dal portatile di mio figlio perché ha un programma diverso e io non so come convertire i file.

A volte penso che se non avessi il pc e l’ADSL la mia vita sarebbe diversa: potrei fare una passeggiata o leggere un libro. Quante volte ho pensato: ah, se avessi un po’ di tempo per starmene tranquillamente distesa sul divano a leggere un libro tutto d’un fiato, invece che leggere qualche pagina prima di addormentarmi e nemmeno tutte le sere, così perdo anche il filo. Eppure in questi giorni non ho fatto nulla di tutto ciò. Ho corretto i compiti, quello sì, ma nel momento in cui dovevo valutarli e non potevo scaricare dal pc la griglia di correzione, mi sono ritrovata, per l’ennesima volta, a maledire il momento in cui il computer si è rotto. Allora, per evitare di usare penna, carta e righello come facevo una volta, sono rimasta a scuola un’ora in più per preparare una griglia nuova. Niente di speciale: una semplice, banalissima tabella che a casa faccio in due minuti e mezzo. Ma a scuola i computer hanno un programma diverso e, non sapendolo usare, ho impiegato un’ora invece di due minuti e mezzo!

Per concludere, mi sono chiesta: ma sono davvero computer-dipendente? Be’, se intendiamo una vera e propria addiction, forse no. Ma la vita è molto più semplice avendo sottomano un pc … anzi, lo è se si ha sottomano il proprio pc. Ora, ad esempio, ho un mal di schiena tremendo per aver scritto con quello di mio figlio. Quindi, il proprio pc è un po’ come la coperta di Linus: sai che c’è, che lo puoi accendere e spegnere quando vuoi, che non ti delude mai (nel senso che sa fare quello che vuoi tu, una tabella ad esempio), che è un compagno fedele nel tempo libero e un alleato prezioso nel lavoro, ma soprattutto tutela la tua salute perché non ti fa mai venire il mal di schiena … o quasi mai.

P.S. Ora non chiedetemi come mai, essendo un portatile, non ho spostato il pc di mio figlio per evitare il mal di schiena, dovuto al fatto che la sua scrivania è troppo alta per me … l’ho pensato solo adesso. Il fatto è che il mio è fisso …

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