LA SCUOLA DEL RIGORE PIACE ALLA GELMINI? AI GENITORI DEL PARINI NO

Da giorni sulla carta stampata e sui siti web si parla del caso increscioso scoppiato al Liceo Parini di Milano: una docente, assediata dai genitori “urlanti” dei suoi allievi, ha preferito capitolare e chiedere il trasferimento: «A causa di una grave situazione familiare non sono in grado si sostenere un processo diffamatorio in cui mi dovrei difendere da accuse ignobili. […] Almeno i genitori “urlanti” hanno smesso di assediarmi», ha scritto in una lettera, amaro sfogo di una professoressa incompresa.

La cosa più grave è che questa docente non è la sola ad aver subito un vero e proprio mobbing: altri quattro colleghi, stufi di essere oggetto di critiche da parte dei genitori degli allievi, pare abbiano preso un’analoga decisione.
Ma qual è il motivo del contendere? La severità. Così spiega la docente nella lettera: vessata, insultata, accusata dai genitori perché «ritenuta indegna del posto che occupo». E in questo clima «da caccia alle streghe non ho alternative che lasciare. […] Dopo 30 anni di onorato servizio per la mia futura serenità, devo cambiare scuola. […] colpevole «di pretendere un certo rigore dai propri studenti».

Non tutti i genitori, però, si sono accaniti contro questa insegnante. C’è chi prende le sue difese, anche tra gli studenti stessi: «È brava, spiega bene. Certo, pretende molto», dicono. E il supporto le arriva anche dai colleghi: «È un’insegnante rigorosa, severa e molto valida. […] i genitori non accettano che i figli prendano brutti voti a scuola».

L’addio al Parini da parte di questa professoressa non è reso meno doloroso dalla consapevolezza che finalmente sarà lasciata in pace. Il suo pensiero è rivolto, com’è giusto, ai tanti allievi che la stimano e hanno invano cercato di fermarla: «Vi lascio con profonda amarezza e grande dispiacere. Purtroppo sono costretta», ha scritto loro nella lettera.

Questa vicenda è penosa, per molti motivi.

Prima di tutto è la testimonianza di quella disistima che grava sulla scuola pubblica italiana da parte degli utenti e, in particolare, della scarsa considerazione di cui godono i docenti.

In secondo luogo fa riflettere sul potere che hanno le famiglie di distruggere le carriere degli insegnanti troppo bravi e severi: molto meglio quelli che regalano i voti, evidentemente, non importa se da loro s’impara qualcosa perché i figli, pur ignoranti, alla fine avranno in mano quel pezzo di carta conquistato senza tanta fatica, avendo avuto la libertà di fare sport, suonare, uscire con gli amici, andare a sciare tutti i week end … che poi è esattamente quel che importa a certe famiglie.

Infine questa vicenda non può far altro che convincerci, parlo di noi docenti, che la valutazione dell’operato dei docenti da parte delle famiglie e degli allievi è assolutamente sconsigliata per premiare il merito. A meno che non si voglia premiare il buon cuore di certi insegnanti piuttosto che le loro competenze in ambito didattico.

Naturalmente c’è da dire che questo è un episodio alquanto isolato (altrove, a causa della eccessiva severità dell’insegnante se ne sono andati via gli allievi: LEGGI QUI), ma non è detto che questa specie di virus non si diffonda e contagi le famiglie italiane alle quali non interessa minimamente la qualità della scuola ma la possibilità che i loro figli la frequentino ed ottengano la promozione senza troppi sforzi.