Finché c’è inchiostro nel calamaio

Che dire? Penso che, anche se non sono una giornalista (ma in gioventù c’è stato un periodo in cui mi ero fissata con la scuola di giornalismo ad Urbino), non vorrei mai guarire dal mal d’inchiostro. 🙂

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Scrivere dev’essere proprio una malattia. Chissà quanti trilioni di parole ho scritto da quando sono nato: certamente ho cominciato da molto giovane e ancora non ho smesso. Ho scritto articoli a migliaia, post su decine di blog, note sui social network, risposte a interviste e poi prefazioni, dediche, pensieri, una mezza sceneggiatura e sei libri. Per arrivare al settimo ne ho cominciati almeno altri due, poi accantonati (temporaneamente) e abbozzati altrettanti. E adesso che finalmente ho un progetto editoriale preciso (nel senso che almeno ho finalmente scelto l’argomento, rigorosamente riservato non foss’altro che per scaramanzia) per rilassarmi cosa faccio? Scrivo, naturalmente. Se non scrivo libri, insomma scrivo dei libri. Mi rendo conto di essere irrecuperabile, ma non ho alcuna intenzione di guarire. Ho scritto a penna (biro, stilo, roller), a matita, a macchina, con il computer. Ho scritto su taccuini di tutti i tipi (ho la fissa), fogliacci, bigliettini, sui…

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