LIBRI: “IO CREDO. DIALOGO TRA UN’ATEA E UN PRETE ” di MARGHERITA HACK e PIERLUIGI DI PIAZZA

In uscita il libro Io credo. Dialogo tra un’atea e un prete, curato dalla giornalista della Rai regionale del Friuli – Venezia Giulia Marinella Chirico, nota a livello nazionale per aver ottenuto, lei sola, il permesso di vedere Eluana Englaro nelle ultime ore di vita.

Il libro, edito da Nuova Dimensione, rappresenta un sunto di quasi vent’anni di incontri tra un’atea, l’astrofisica Margherita Hack, e un prete, Pierluigi Di Piazza, due persone apparentemente distanti (“il diavolo e l’acqua santa”, come scherzosamente osserva la Hack) che si interrogano sui valori fondamentali che orientano l’azione umana e sui temi del vivere quotidiano.
La Hack non ha bisogno di presentazioni e il suo ateismo è cosa ben nota, visto che non perde l’occasione di ribadirlo in ogni intervento pubblico. Pierluigi è stato mio collega di religione più di vent’anni fa, un grande uomo di Fede, soprattutto un grande Uomo. Da anni si occupa degli emarginati, prodigandosi nell’ambito dell’ integrazione e dell’accoglienza, dirigendo il Centro di Accoglienza Balducci alle porte di Udine.

La presentazione del libro è prevista presso il Centro Balducci martedì 27 novembre alle ore 20 e 30.

Ecco un “assaggio” del libro pubblicato sul numero odierno del quotidiano Messaggero Veneto:

Dal libro emerge una grande consonanza sull’etica. Si può dire che uno cerca il bene dell’uomo in nome di Dio e l’altra in nome dell’uomo?
M.: «Io credo nella libertà e nella giustizia. La mia filosofia si riassume nel “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” e nell’“Ama il prossimo tuo come te stesso”. Sento quindi il dovere etico di andare incontro a chi è più debole, più povero, più sofferente. Non credo alla natura divina di Gesù, ma lo considero il primo socialista, e probabilmente la più grande figura mai apparsa nella storia umana».
P.: «Io credo in Dio. Ma va precisato in quale. Perché c’è il Dio dei ricchi e quello dei poveri, il Dio di chi vuole la guerra e quello di chi vuole la pace, di chi è razzista e di chi accoglie, di chi è corrotto e mafioso e di chi combatte mafie e corruzione, di chi sfrutta e inquina l’ambiente e di chi lo difende. Credo nel Dio di Gesù, che ci impegna ad accogliere l’altro e a lottare per un’umanità più giusta».

[…]

A dividervi non è il “fare” in vita, ma l’atteggiamento verso la morte e il dopo morte?
M.: «Non credo ci sia un aldilà. L’atomo di idrogeno è praticamente immortale, e le molecole che oggi sono Margherita Hack si sparpaglieranno nell’atmosfera, serviranno a costruire altre persone o oggetti, chissa… Ma io non ci sarò più. Vedo il cervello come un hardware, e l’anima come un software che non gli sopravvive. La morte non mi fa paura, la perdita dell’autosufficienza e l’accanimento terapeutico sì».
P.: «Dobbiamo assumerci una maggiore responsabilità verso la vita, perché troppo spesso la morte è provocata. Dalla fame, dall’ingiustizia, dalle guerre. La morte è rottura delle relazioni umane di cui è tramata la vita. Ed è il cuore del mistero: credo che in quel momento la vita venga accolta, sebbene non sappiamo spiegare dove e come. Non è una fiducia irrazionale, è un pensiero che avverto indimostrabile ma ragionevole. Nella morte è il senso primo dell’affidamento a Dio, hanno detto Küng e Martini. Come annunciano le Scritture, vedremo il volto di Dio, anche se non possiamo sapere quale sarà. Né quale sarà il nostro volto».

AGGIORNAMENTO DEL POST, 27 NOVEMBRE 2012

Sono riuscita ad andare alla presentazione del libro di Margherita Hack e Pierluigi Di Piazza. Devo dire che ne è valsa la pena, considerando anche il fatto che se l’astrofisica è nota a tutti per la sua arguzia, per le sue battute e le risposte secche, la vera rivelazione, per molti ma non per me, è stato questo prete straordinario che ha messo in luce non tanto la forza della sua fede quanto la debolezza. Una riflessione, la sua, che a volte lo porta lontano dalla chiusura ostinata della Chiesa nei confronti della scienza o di quelli che considera dei tabù sociali, come ad esempio l’omosessualità o il divorzio, e etici e morali, prima di tutto il discorso della fine vita e del testamento biologico.

Un’atea e un prete molto più vicini di quanto possa sembrare.

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