UNA PALPATINA, SENZA MALIZIA, NON È REATO

palpeggiamento sedereÈ di poche ore fa la notizia che la Cassazione ha stabilito che il palpeggiamento del sedere di una donna, da parte di un uomo “buontempone” che non ha, cioè, cattive intenzioni ma solo un irrefrenabile vizio di scherzare, non costituisce reato.

La notizia, riportata da Tgcom , ha dell’incredibile, almeno per me. Significa che qualsiasi uomo non colto da “ebbrezza sessuale”, ma soltanto con il vizio di avere le mani un po’ troppo lunghe, può permettersi una palpatina qua e là, così, solo per scherzare, e rimanere impunito. La cosa ancora più incredibile, sempre secondo il mio parere, è che la Camera ha appena approvato la Proposta di Legge per punire con maggiore severità il reato di violenza sessuale. Certo, una palpatina non è paragonabile ad uno stupro, ma non si capisce perché, nonostante questo impiegato fosse già stato condannato a un anno e due mesi di reclusione per violenza sessuale –con la sospensione della pena, ovviamente- dal Tribunale di Ferrara, sia arrivata l’assoluzione prima dalla Corte d’Assise e d’Appello di Bologna e, in ultimo, dalla Cassazione.
La motivazione di quest’ultima e definitiva sentenza è la seguente: la parte offesa ha riconosciuto che l’impiegato era solito praticare degli scherzi, anche se di cattivo gusto, toccando le colleghe di lavoro. Un comportamento che, sempre secondo la Suprema Corte, è di certo poco raffinato e caratterizzato da abitualità, ma non dettato, evidentemente, dalla volontà di molestare le vittime prescelte.

A me pare semplicemente disgustoso, così come mi sembrano inaccettabili i commenti che, purtroppo, spesso si sentono, riferiti a belle ragazze magari un po’ troppo svestite, del tipo “se vanno in giro così, se la cercano”. A parte il fatto che ogni donna è libera di vestirsi, pettinarsi e muoversi come vuole, senza dover per forza correre il rischio di essere violentata per strada. Tutt’al più è un senso di decenza che una deve sentire dentro di sé. Così come il “buontempone” deve avere l’accortezza di frenare l’istinto giocherellone perché lo scherzo è bello se dura poco. E comunque, in questo caso, a me lo scherzo non sembra bello per nulla. Ma ancora più “brutta” è, sempre secondo il mio punto di vista, una sentenza della magistratura che umilia le donne e le rende legittimamente preda di scherzi idioti che rimangono impuniti. M’immagino già quanti altri “impiegati” approfitteranno di questa sentenza per sfogare i bassi istinti. Mi chiedo perché non abbiamo noi donne il coraggio di scherzare in questo modo con gli uomini. Sarà mica una questione di maggiore educazione o, perché no, di un quoziente intellettivo più alto?

FOTO DI ELUANA: INDAGATO IL PROFESSOR AMATO DE MONTE

Sulla triste vicenda di Eluana Englaro non è ancora calato il silenzio. Mai avremmo pensato che ora, dopo che tutto è finito, dopo che il suo cuore ha smesso per sempre di battere, si parlasse ancora di lei, della sua vita e della sua morte.

Elauna, morta lunedì 9 febbraio alle 19 e 45 presso la struttura di assistenza per anziani “La Quiete” di Udine, ha trascorso i suoi ultimi giorni assistita dal professor Amato De Monte, primario di Anestesia dell’Ospedale del capoluogo friulano. A lui era stato affidato il compito di portare Eluana da Lecco a Udine e di applicare il protocollo per la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione della giovane, nel rispetto della sentenza della Corte di Cassazione che, dando ragione al padre di Eluana, Beppino Englaro, aveva accolto l’istanza più volte rigettata da altri tribunali.

Chi non ricorda le parole del professor Amato, a commento della sua esperienza; lui, medico, abituato a confrontarsi ogni giorno con la vita e la morte, si era definito “devastato come uomo, come padre, come medico e come cittadino. Tutta la società civile – aveva aggiunto – dovrebbe riflettere sullo scollamento tra il sentire sociale e la posizione della politica e della chiesa sul tema della vita vegetale.”

Subito dopo la morte di Eluana, De Monte era stato convocato presso l’Ordine dei Medici di Udine per essere “interrogato”; un atto dovuto, avevano detto. Tant’è che nessun capo d’imputazione era emerso, né per la Procura né per l’Ordine. Caso chiuso, dunque. Almeno così credevamo.
Oggi, tuttavia, il nome del professor De Monte è ricomparso sulle pagine della stampa: autorizzato dalla famiglia, il medico avrebbe scattato delle foto definite “cliniche” al povero corpo di Eluana, a testimonianza di quanto stesse accadendo nel segreto della camera che ha ospitato la ragazza negli ultimi giorni di vita. Un segreto violato, a quanto pare, visto che la Procura di Udine, dopo aver ascoltato dei testimoni, persone che a quella camera avevano libero accesso – l’equipe, fra medici e paramedici, era costituita da circa quindici persone – ha emesso un avviso di garanzia nei confronti del medico. Il reato ipotizzato sarebbe, secondo i carabinieri che indagano sul caso, la violazione del articolo 650 del Codice Penale che concerne l’inosservanza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria. Vale a dire che scattare quelle fotografie significa violare il protocollo legale – lo stesso voluto da Beppino Englaro – che imponeva, tra l’altro, il rispetto della privacy. Fra i vari divieti c’era anche quello di scattare fotografiche o video per mezzo di fotocamere o telefonini. Bisogna precisare, tuttavia, che tali regole erano state determinate dalla famiglia, assieme ai suoi legali, con preciso riferimento a terzi e per tutelare la ragazza dalla curiosità morbosa che avrebbe potuto manifestarsi nei suoi confronti nonché da occhi indiscreti.

Gli inquirenti, però, sono del parere che il divieto valesse anche per i familiari e per tutte le persone che hanno assistito Eluana nei suoi ultimi giorni a “La Quiete”. Di parere opposto è l’avvocato udinese Giuseppe Campeis, uno dei legali di Beppino, che conferma la validità delle regole sulla privacy solo in riferimento a terze persone; ribadisce, inoltre, che la decisione di far scattare le fotografie è stata presa per testimoniare quanto stesse effettivamente avvenendo all’interno della stanza di Eluna nel periodo compreso tra il suo arrivo, la notte del 2 febbraio, e il suo decesso, la sera del 9.

Insomma, pare che un provvedimento preso per tutelare gli ultimi giorni di Eluana si ritorca contro chi l’ha voluto. Per ora si sa che il rullino non è stato sviluppato e che è possibile che la Procura chieda il sequestro della macchina fotografica. Le indagini nel frattempo proseguono: in queste ore, a Udine, sono state infatti sentite alcune persone, dal servizio d’ordine che ha fatto la guardia sulla porta della casa di riposo 24 ore al giorno nel periodo della permanenza di Eluana nella struttura udinese, fino a chi ha avuto accesso, su specifica autorizzazione, alla stanza della donna in stato vegetativo persistente durante i giorni di sospensione dell’alimentazione e idratazione che ha protratto la sua vita fin dal 18 gennaio 1992, giorno in cui un incidente d’auto le aveva impedito per sempre il ritorno a casa.

AGGIORNAMENTO DEL POST. 26 febbraio 2009

L’indagine sulle foto scattate ad Eluana si allarga. Altre tre persone risultano indagate: la giornalista Marinella Chirico che domenica 1 febbraio era stata invitata da Beppino Englaro a trascorrere qualche ora nella stanza della figlia, il fotogiornalista Francesco Bruni e l’infermiera Cinzia Gori, compagna del dottor Amato De Monte.

Bruni avrebbe già consegnato spontaneamente le foto ai carabinieri, mentre per le foto scattate da De Monte è stata chiesta l’acquisizione alla Procura della Repubblica di Udine. «Le foto sono state consegnate dal medico alla famiglia Englaro – spiega l’avvocato di Englaro, Giuseppe Campeis – e sono ora custodite da Beppino Englaro che non ha alcuna nessuna intenzione di consegnarle senza un atto di sequestro». E su questo il Procuratore Antonio Biancardi dovrebbe decidere nei prossimi giorni.

Una battaglia legale, dunque, si profila da parte degli avvocati di Englaro, convinti che non vi sia stata alcuna violazione della legge in quanto, ribadiscono, si tratterebbe di “fotografie cliniche” che sarebbero state scattate proprio su richiesta del papà di Eluana. A confermare ciò è lo stesso professor Vittorino Angiolini, legale della famiglia e collega dell’avvocato udinese Campeis; ora si teme, sempre secondo i legali, che a seguito delle iniziative intraprese dalle forze dell’ordine le foto possano essere rese pubbliche. In tal caso, la famiglia «si riserva ogni azione giudiziaria a tutela della privacy di Eluana».

Intanto nemmeno le polemiche si placano. Il neurologo Gianluigi Gigli, ordinario di Neurologia all’Università di Udine e operante presso la locale Azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia, si dice sconcertato dagli avvenimenti delle ultime ore. «Solo in una piccola città come Udine ed in una piccola regione come il Friuli, – afferma – avrebbe potuto determinarsi una concentrazione di poteri tanto compatta da essere impermeabile a ricorsi, ispezioni ministeriali, Nas e polizia». Non dimentichiamo che il medico in questione si era fatto promotore del Coordinamento friulano “Per Eluana e per tutti noi” e che sia prima della morte della donna, sia dopo la sua scomparsa aveva sparato a zero contro tutti coloro che si erano prodigati affinché la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione, come previsto dalla Corte di Cassazione, fosse applicata.