SCUOLA: LE PROVE INVALSI S’HAN DA FARE. SÌ, SÌ


Da settimane, ormai, nelle scuole italiane si sta discutendo dei famigerati Test InValsi. In molti istituti, specialmente nell’ambito dell’Istruzione Secondaria di II grado, dove le prove InValsi si effettueranno per la prima volta, limitatamente alle classi seconde, c’è gran fermento e nei Collegi dei Docenti si discute, a volte animatamente, sull’eventualità di rifiutare quello che da molti è considerato come un inutile fardello. Insomma, queste prove InValsi non si vogliono fare, ovvero somministrare. Un termine decisamente sgradevole, manco si trattasse di dare un farmaco a quei poveri studenti le cui capacità, anzi competenze, si vogliono testare.

Sull’utilità, ovvero inutilità delle Prove elaborate dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione ho già parlato in questo post. Né ho intenzione di tornare sull’argomento. Quello che mi preme trattare ora è l’obbligatorietà o meno della somministrazione delle suddette prove.

Molti istituti, come ho detto, sono in agitazione, sollecitati anche dalle proteste del Cobas e altre associazioni sindacali avverse a questo strumento di valutazione. In alcuni Collegi dei Docenti si è pure votata l’adesione o meno all’iniziativa. Qualche tempo fa, per l’esattezza il 20 aprile scorso, il MIUR, attraverso una nota firmata dalla dottoressa Carmela Palumbo, ha ribadito l’obbligatorietà della somministrazione dei test. (LINK)

Nella nota, tra le altre cose, si legge:
Riguardo alle modalità della rilevazione nazionale, come noto, il sistema prevede la somministrazione censuaria in tutte le classi individuate dalle direttive ministeriali (classe seconda e quinta primaria, classe prima e terza I grado, classe seconda II grado). Tra di esse sono state individuate, inoltre, alcune migliaia di classi campione, per le quali la rilevazione è gestita direttamente dall’INVALSI tramite osservatori esterni, che si occupano personalmente di somministrare e correggere le prove. […]
Per le classi non rientranti nel campione la somministrazione e la correzione delle prove è affidata alle scuole […] Alle singole istituzioni scolastiche verrà restituito un rapporto sui risultati degli apprendimenti, in forma strettamente riservata, aggregati a livello di classe […]

Va da sé che, escludendo le classi campione, le prove dovranno essere somministrate dai docenti della classe, ma non necessariamente i diretti interessati, ovvero gli insegnanti di Italiano e Matematica, discipline oggetto d’indagine che, però, logicamente dovranno sobbarcarsi l’onere della correzione dei test.

Su questi due punti i sindacati si sono scatenati: in primo luogo, un’attività non pianificata a livello collegiale viene imposta e sottrae il tempo-scuola alle varie materie e relativi docenti che, essendo in servizio, teoricamente non possono rifiutarsi di sorvegliare le classi; in secondo luogo, la correzione non rientra negli obblighi contrattuali, essendo la prova “calata dall’alto”, quindi i docenti avrebbero un onere in più, quello della correzione di prove di cui, per la maggior parte, non condividono la tipologia, né le ritengono un utile strumento di valutazione tout court, tanto meno sono da considerare utili alla valutazione formativa o/e sommativa.

A queste proteste il MIUR che risponde?
In linea di coerenza anche il piano annuale delle attività, predisposto dal dirigente scolastico e deliberato dal collegio dei docenti, ai sensi dell’art 28, comma 4, del vigente C.C.N.L non può non contemplare tra gli impegni aggiuntivi dei docenti, anche se a carattere ricorrente, le attività di somministrazione e correzione delle prove INVALSI.
Conseguentemente, ferma restando l’assoluta pertinenza sotto il profilo giuslavoristico con le mansioni proprie del profilo professionale, il riconoscimento economico per tali attività potrà essere individuato, in sede di contrattazione integrativa di istituto, ai sensi degli artt. 6 e 88 del vigente C.C.N.L..

Detto in soldoni: la correzione rientra tra le attività aggiuntive (leggi “straordinarie”), quindi retribuite, attraverso la contrattazione decentrata, attingendo al Fondo d’Istituto. Parrebbe un contentino per mettere a tacere i docenti scontenti. E invece no perché essi hanno comunque qualcosa da eccepire: se la correzione dei test è da considerare attività aggiuntiva, allora non può essere imposta. Giustissimo. C’è poi chi aggiunge che il FIS dovrebbe essere utilizzato per attività decise collegialmente e rientranti nel POF (Piano dell’Offerta Formativa). Anche questo è sacrosanto. Tuttavia, al ministero non importa molto, visto che, come d’abitudine, là i conti si fanno senza l’oste.

Ma il Collegio Docenti allora può deliberare la non somministrazione delle prove? No. La dottoressa Palumbo spiega:
Ovviamente anche le funzioni deliberative del collegio dei docenti devono essere esercitate nel rispetto del ruolo di concorso istituzionale che l’ordinamento scolastico assegna alle scuole nell’ambito del Servizio nazionale di valutazione.
Quindi apparirebbero quantomeno improprie le delibere collegiali che avessero ad oggetto la mancata adesione delle istituzioni scolastiche alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti, non solo in quanto esorbitanti dalle competenze deliberative proprie del collegio dei docenti elencate dall’art. 7 del d.lvo. 297/94, ma soprattutto perché in contrasto con la doverosità delle rilevazioni.

A questo punto, converrebbe rassegnarsi. E invece no. Qualcuno obietta che la doverosità delle rilevazioni è tale solo per il MIUR e che se al Collegio è impedito di deliberare, si tratta proprio di un atto di forza al quale, a maggior ragione, bisogna opporsi. Viene lesa la libertà didattica, viene sottratto del tempo alle regolari lezioni, viene imposto un carico di lavoro in un periodo dell’anno in cui ce n’è fin troppo. Anche queste osservazioni sono legittime. Tuttavia, c’è un piccolo particolare che dovrebbe convincere gli incerti sull’impossibilità di rifiutare la somministrazione delle prove InValsi: esse sono obbligatorie per gli studenti, quindi i docenti non possono impedire loro di svolgerle.

A tagliare la testa al toro contribuisce l’avvocato dello Stato Laura Paolucci: in una lettera pubblicata sul sito dell’Ufficio scolastico regionale del Piemonte spiega che le prove sono obbligatorie per le scuole e il collegio dei docenti non ha nessun potere di deliberare in merito.

Non è la prima volta che la dott.ssa Paolucci interviene su questa spinosa questione. Già nel 2009, infatti, aveva chiarito, in una nota, che le prove quindi hanno una “vocazione” esterna alla singola istituzione scolastica, servono (devono servire, non possono servire che) ad operare riflessioni in termini sistemici (al fine di una successiva ed eventuale ricaduta su norme o azioni di carattere generale: ad es. programmi, indicazioni didattiche e metodologiche, benchmarking, ecc.). Precisa, inoltre che nessuna norma attribuisce questa competenza (diversa essendo la valutazione periodica dell’apprendimento e del comportamento degli studenti spettante ai docenti) alle istituzioni scolastiche. Né conseguentemente agli organi amministrativi (organi collegiali e dirigente scolastico) che tali istituzioni compongono né al personale docente a titolo “individuale”. Essendo, quindi, svincolato l’InValsi dalle istituzioni scolastiche ed essendo a tale istituto, e solo ad esso, demandato il compito di provvedere alla misurazione periodica degli apprendimenti nelle varie istituzioni scolastiche, secondo l’avv. Paolucci ne deriva che è metodologicamente scorretta sul piano giuridico l’impostazione della questione in termini di uso di discrezionalità da parte degli organi dell’istituzione scolastica: la questione, se affrontata in seno di collegio dei docenti, non dovrebbe essere proposta all’ordine del giorno né successivamente gestita come se quell’organo avesse un potere deliberativo in proposito. (per leggere l’intera nota della dott.ssa Paolucci CLICCA QUI)

Esaminata la questione nella sua complessità non mi resta che suggerire ai colleghi che non condividono la somministrazione delle prove: le fate svolgere, sorvegliate (perché l’orario di servizio va comunque rispettato), le raccogliete, fate un bel pacco e lo rispedite al mittente. Non mi pare di aver letto alcuna norma che possa ostacolare quest’azione. Forse all’Invalsi se ne faranno una ragione e il MIUR cambierà strategia.