LIBRI: “LA LUCE SUGLI OCEANI” di M.L. STEDMAN

Premessa.
Questo libro mi ha incuriosita soprattutto per l’immagine di copertina in cui si vede in primo piano una bimba e sullo sfondo un faro. Ho subito pensato che qualche tempo fa quello del guardiano del faro è stato giudicato il miglior lavoro del mondo. Poi ho letto, sul risvolto di copertina del romanzo, la trama e mi ha subito colpita la storia, ambientata in Australia. Non credo di aver mai letto nulla di questo Paese e nemmeno di qualche autore australiano. E’ un Paese che non conosco affatto. Questo romanzo mi ha fatto sognare paesaggi meravigliosi e ha suscitato in me la voglia di visitare quei luoghi, mai provata prima
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ML StedmanL’AUTRICE.
La biografia ufficiale di M.L. Stedman è piuttosto scarna: di lei si dice solo che è nata e cresciuta a Perth, nell’Australia occidentale, attualmente vive a Londra. Questo è il suo primo romanzo. Nemmeno le iniziali riconducono ai due nomi di battesimo, si sa solo che M. sta per Margot.
Sul web, tuttavia, si può trovare il testo di un’intervista da cui si apprende che la scrittrice ha sempre adorato quella che lei definisce l'”arte delle parole”, anche se il suo approccio con la scrittura nasce solo dopo aver lavorato a Londra come avvocato. Siamo nel 1997: la Stedman, mentre fissa lo schermo del computer nel suo ufficio, ha l’illuminazione che proviene da Dio sa dove. Decide, quindi, di provare la scrittura creativa. Ingaggia un writing coach, e mentre si trova in Grecia per una “vacanza di scrittura creativa”, di getto scrive il suo primo racconto. Continua poi a studiare questa disciplina presso l’Università di Londra, pubblicando tre racconti raccolti in un’antologia out-of-print, Desperate Remedies, nel 2008.
La luce tra gli oceani, iniziato come un racconto di 15.000 parole, diventa un romanzo grazie anche al consiglio di un agente letterario che ne riconosce la “stoffa” per diventare un romanzo.
L’autrice, quindi, fa delle ricerche d’archivio sui guardiani del faro e sperimenta la desolazione di Capo Leeuwin Lighthouse, che ha visitato al fine trovare l’ispirazione per descrivere la vita dei protagonisti a Janus Rock.
Del suo approccio con la scrittura, M.L. Stedman dice:

I just sit down and make it up. I don’t plan, so it’s not as though I have an outline or structure. It’s an instinctive process. When I start to write I let a picture or sentence or voice come to me. (Appena mi siedo, inizio. Non pianifico nulla, quindi non è come se seguissi uno schema. Si tratta di un processo istintivo. Quando inizio a scrivere lascio che una foto o una frase o una voce vengano a me.)
(QUI potete leggere l’intera intervista pubblicata sul Sidney Morning Herald)

la luce sugli oceani cover

LA TRAMA.
Tom Sherbourne è un giovane reduce di guerra, laureato, con alle spalle una triste storia familiare: la madre aveva abbandonato la famiglia quand’era bambino e il padre aveva cercato in tutti i modi di far crescere i suoi figli (Cecil è il fratello maggiore di Tom) nell’odio nei confronti della donna che aveva distrutto la sua famiglia.
L’esperienza della guerra rappresenta per il giovane un altro trauma, un’altra pagina dolorosa della sua vita. Ha visto i suoi compagni morire sul campo e si sente un miracolato ad esserne uscito indenne. A volte un senso di colpa lo assale e per questo decide di accettare un incarico pro tempore per il Servizio fari del Commonwealth.
La vita solitaria è quello che cerca. Dopo una breve esperienza a Byron Bay, sulla costa del Nuovo Galles, arriva per lui la grande occasione: un incarico permanente sull’isola di Janus Rock che si trova affacciata tra i due oceani, ad ovest quello Indiano e ad est quello Australe.

Prima della partenza, in occasione di una cena a casa del capitano Percy Hasluk, Tom conosce Isabel, un’incantevole diciannovenne da cui si sente subito attratto, figlia di Bill, preside della scuola di Partageuse, il porto più vicino a Janus, e Violet Graysmark. Ma la vita di un guardiano del faro è dura, in completo isolamento, gli unici rapporti con il mondo esterno sono quelli con gli uomini che, ogni sei mesi, portano cibo e tutto ciò che può servire alla manutenzione del faro. Non è certo un luogo in cui mettere su famiglia.
Ma Tom non ha fatto i conti con i sentimenti della giovane Isabel (Izzy la chiamerà poi):

Isabel stessa non sarebbe stata in grado di spiegare a parole la sensazione nuova che provava ogni volta che vedeva quell’uomo. Eccitazione, forse? C’era qualcosa di misterioso in lui, come se fosse distante, nascosto dietro il suo sorriso. E lei desiderava raggiungerlo e scoprirlo.
La guerra le aveva insegnato a non dare niente per scontato. Non era consigliabile rimandare ciò che contava: la vita poteva portarti via le cose più care e non c’era modo di riaverle. Isabel cominciava a sentire l’urgenza, la necessità di cogliere un’occasione prima che lo facesse qualcun altro. (pag. 58, edizione Garzanti)

La giovane donna, oltre ad essere bella, è molto caparbia. Riesce, infatti, a conquistare il cuore di Tom e in breve si celebrano le nozze.
La coppia, con entusiasmo lei e con molte perplessità lui, inizia una vita felice con l’intenzione di mettere al mondo dei bambini. Il destino, però, è avverso: Isabel ne perde tre in poco tempo. L’ultimo nasce prematuro e già morto.
Proprio da questo triste evento prende l’avvio la narrazione con un’anticipazione dei fatti. E’ il 27 aprile 1926.

«Il giorno del miracolo, Isabel era inginocchiata al limitare della scogliera e si affaccendava intorno alla piccola croce costruita di recente con pezzi di legno trasportati dalla corrente. Un’unica nuvola paffuta navigava piano nel cielo di fine aprile che sovrastava l’isola specchiandosi nell’oceano.
“E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male”, sussurrò.
Per un istante la mente le giocò uno scherzo e lei credette di sentire il pianto di un bambino. Scacciò l’illusione e seguì con lo sguardo un branco di balene che si allontanava lungo la costa per andare a partorire in acque più calde. Udì di nuovo il vagito, questa volta più forte, trasportato dalla brezza delle prime ore del mattino. Impossibile.» (pag. 11)

Non si tratta di un’illusione: sulle coste della piccola isola di Janus, sperduta tra gli oceani, si è arenata una barca con a bordo un uomo morto e una neonata, avvolta in un maglione da donna color lavanda. Tom e Isabel immaginano che l’uomo sia il padre della piccola e che la madre sia stata travolta dalle onde e trasportata chissà dove. Quella creaturina che piange disperata, ma che si calma non appena stretta tra le braccia di Izzy, dev’essere rimasta sola al mondo.

Il primo pensiero di Tom è quello di avvisare i suoi superiori del ritrovamento del cadavere e della neonata. Ma quello per Isabel è il giorno del miracolo. Ha appena perduto suo figlio e probabilmente anche la speranza di diventare madre. Quella bambina è per lei un segno del destino: se avessero avvertito chi di dovere, l’avrebbero portata in un orfanotrofio. Se, invece, Tom avesse omesso di segnalare il ritrovamento, nessuno mai avrebbe potuto sospettare che quella neonata non fosse la loro figlia. Dopo l’infelice esito del parto prematuro, infatti, i due non avevano ancora avvertito nessuno dei parenti e la barca con i rifornimenti sarebbe arrivata da lì a due mesi.

Isabel è determinata e riesce a convincere il marito riluttante. La bambina viene soccorsa e portata al faro dalla donna che fin da subito si sente sua madre, mentre Tom seppellisce il corpo dell’uomo. Nessuno saprà mai nemmeno del ritrovamento della barca, che viene lasciata andare alla deriva, e del cadavere. Il piano è perfetto, se non fosse per un sonaglio d’argento che la bambina aveva con sé. Un oggetto cui la coppia non dà alcuna importanza come segno identificativo e che qualche anno dopo farà venire a galla la verità.

La vita di Lucy, la piccola, è felice: ha due genitori che l’adorano, passa le sue giornate in completa libertà, ascoltando il rumore del mare che, fragoroso, s’infrange sulle scogliere. Appena un po’ cresciuta, segue Isabel che si prende cura dei pochi animali che alleva sull’isola ed è affascinata dal lavoro di Tom che tiene perfettamente efficiente il faro.
Le giornate sono scandite dalla vivida luce dell’alba e da quella smorzata del tramonto, subito sostituita dalla luce magica del faro del quale sembra, talvolta, di seguire il ritmo degli ingranaggi. I suoni sono quelli della natura, accompagnati da quelli degli abitanti dell’isola sperduta: il vento che a volte soffia impetuoso, il fragore delle onde, la vocina sempre squillante e allegra di Lucy e il gaio suono di un vecchio pianoforte che Tom ha fatto aggiustare per far felice Isabel.
La natura diventa protagonista di appassionate pagine, quasi un riflesso delle gioie e dei drammi dei protagonisti:

L’oceano tuonò contro la roccia mandando una pioggia di schiuma fino a Isabel, in piedi sul bordo della scogliera, a decine di metri d’altezza. Gli spruzzi erano penetrati nel legno delle croci [quelle che Tom aveva apposto sulle tombe del figlioletti morti, NdR]e avevano inumidito il suo vestito.
«Izzy! Isabel!» La voce di Tom, sospinta dalle raffiche, volava quasi via dall’isola.
Una procellaria volteggiò nell’aria, girando in cerchio, prima di tuffarsi a piombo nell’onda frastagliata, secca come un fulmine, per pescare un’aringa. Ma la fortuna e la tempesta erano a favore del pesce, che riuscì a divincolarsi dal becco dell’uccello ricadendo in mare.
Tom percorse le poche centinaia di metri che lo separavano dalla moglie. La procellaria continuò a librarsi sulle correnti tempestose, sapendo che nel tumulto dell’acqua i pesci che erano al riparo delle rocce più profonde sarebbero facili prede. (pag. 226)

Siamo nel momento clou del romanzo: d’ora in poi nulla sarà come prima. Tom, venuto a sapere che la madre naturale di Lucy è viva, non può più tollerare il senso di colpa che lo assale ripensando al momento in cui aveva accettato di seguire il consiglio della moglie. L’uomo fa di tutto per essere scoperto, perfettamente consapevole che ciò avrebbe significato la crisi del suo matrimonio e un dolore inconsolabile per il povero cuore di Isabel. La donna, infatti, non vuole separarsi da colei che ha cresciuto come una figlia, che ama profondamente. Ritiene di essere la madre legittima perché ha abbracciato Lucy, l’ha accolta nel suo seno, l’ha cresciuta e amata. Quella donna, Hanna, sarà anche la madre naturale della bambina però per lei è una perfetta estranea.

Ma accanto alla storia di questi due coniugi ce n’è un’altra: quella di Hanna. Il ritrovamento della sua Grace è come la luce che improvvisamente squarcia il buio della sua anima. Dopo sei anni di dolore, ecco che arriva la gioia: potrà riabbracciare la figlia. Anche se il rapporto tra la figlia perduta e la madre ritrovata sarà tutt’altro che facile. Lucy-Grace, infatti, riconosce Isabel come l’unica e vera madre e da lei, all’inizio, non si vuole separare.

***

Devo essere sincera: quando ho letto nel risvolto di copertina che questo romanzo è stato conteso dagli editori di tutto il mondo e venduto in milioni di copie, ero un po’ scettica. Il successo di vendita, infatti, non sempre è sinonimo di qualità.
Al di là del fatto che la storia è avvincente, la narrazione scorre veloce, con momenti di introspezione psicologica e di suspense. E’ scritto bene, con delle pagine descrittive, soprattutto della natura dei luoghi, per nulla noiose ma che, anzi, aiutano a calare il lettore nell’atmosfera alquanto insolita dei luoghi. Insomma, credo che nessuno abbia esperienza di fari e lasciarsi affascinare dal mestiere di guardiano non è cosa di tutti i giorni.
In conclusione, è senz’altro il miglior romanzo, almeno nell’ambito della narrativa contemporanea, che io abbia letto negli ultimi anni. Affascinante e drammatico nello stesso tempo. Impone molte riflessioni, prima tra tutte quella sulla maternità. Ma alla domanda “I figli sono di chi li cresce o di chi li genera?” non si riesce a dare una risposta, specie di fronte ad un finale che, se è giusto, non è lieto per tutti.