Perché si dice?

la pagina dei detti

In questa pagina riporto alcuni detti famosi, spiegati nel significato e, quando è possibile, messi in relazione con la fonte.
La pagina è in continuo aggiornamento, quindi se volete conoscere il significato e l’origine di un detto non ancora preso in considerazione, potete lasciarmi la richiesta nello spazio dei commenti. Provvederò a documentarmi e a rispondervi quanto prima.

Buona lettura e grazie in anticipo per la vostra eventuale partecipazione! 🙂

AVERE LA CODA DI PAGLIA

Un’antica favola racconta che una giovane volpe cadde disgraziatamente in una tagliola; riuscì a fuggire ma gran parte della coda rimase nella tagliola. Si sa che la bellezza delle volpi è tutta nella coda, e la poveretta si vergognava di farsi vedere con quel brutto mozzicone. Gli animali che la conoscevano ebbero pietà e le costruirono una coda di paglia. Tutti mantennero il segreto tranne un galletto che disse la cosa in confidenza a qualcuno e, di confidenza in confidenza, la cosa fu saputa dai padroni dei pollai, i quali accesero un po’ di fuoco davanti ad ogni stia. La volpe, per paura di bruciarsi la coda, evitò di avvicinarsi alle stie. Si dice che uno ha la coda di paglia quando ha commesso qualche birbonata ed ha paura di essere scoperto.
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PER UN PUNTO MARTIN PERSE LA CAPPA

Si racconta che il monaco Martin non divenne priore perché sulla porta del convento, volendo scrivere Porta patens esto nulli claudatur onesto ossia ” Stia aperta la porta, non si chiuda a nessun uomo onesto”, mise un punto dopo la parola nulli.
L’iscrizione divenne:”La porta non si apra per nessuno, si chiuda per l’uomo onesto” .
Il detto si usa per indicare la perdita, per una disattenzione, di qualcosa importante e desiderata.
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DEUS EX MACHINA

La frase trae origine dal teatro greco: in tale ambito, quando era necessario far intervenire un dio (o più dèi) sulla scena, l’attore che interpretava il dio si posizionava su una rudimentale gru in legno, mossa da un sistema di funi e argani, chiamata appunto mechanè. In questo modo, l’attore veniva fatto scendere dall’alto, simulando dunque l’intervento di un dio che scende dal cielo. E infatti l’espressione deus ex machina significa proprio “dio che viene dalla macchina”.
L’intervento ex machina degli dèi veniva spesso usato, soprattutto dal tragediografo Euripide, per risolvere una situazione intricata e apparentemente senza possibile via di uscita. Il significato di questa espressione si è poi ampliato nel tempo, andando ad indicare qualsiasi soluzione di una storia che non presti il dovuto riguardo alla logica interna della storia stessa e appaia alquanto improbabile, usata solo per permettere all’autore di far finire la storia nel modo voluto.
L’uso di una sorta di deus ex machina è stato poi recuperato in tempi moderni, ad esempio nella narrativa poliziesca.
Nell’uso corrente l’espressione serve ad indicare l’intervento improvviso ed inaspettato di qualcuno che interviene in modo risolutivo su questioni intricate e complesse.
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SALVARE CAPRA E CAVOLI

Il detto nasce da un gioco di logica, il cui obiettivo è trasportare da una riva all’altra di un fiume un lupo, una capra e dei cavoli su una barchetta. Dato che la barca non può trasportare più di una cosa contemporaneamente, il giocatore deve trovare l’esatto ordine di azioni affinché il lupo non mangi la capra o la capra non mangi i cavoli (si assume che il lupo, in quanto carnivoro, non mangi i cavoli)
È un modo di dire con cui si intende salvaguardare con una decisione gli interessi di due soggetti.
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DULCIS IN FUNDO

È un’espressione latina che in italiano si potrebbe tradurre “il dolce giunge alla fine del pranzo”. Con tale espressione si esprime la volontà di riservare la posizione di “coda” a ciò (ma anche ad una persona) che ci è particolarmente gradita, presumendo che il dessert alla fine di un pasto costituisca una nota dolce che dà gioia (ai golosi soprattutto!).

FARE LA PARTE DEL LEONE

Il detto deriva da una favola di Fedro. Un giorno un leone va a caccia con una vacca, una capretta e una pecora. Dopo aver catturato un cervo, spartendo la preda, il leone dice: “Io prendo la prima poiché mi chiamo leone; mi assegnerete la seconda poiché sono un vostro alleato; la terza mi spetterà di diritto perché chi la toccherà, finirà male.”. Così il solo prepotente si porta via l’intera preda.
Il detto significa, quindi, riservarsi, in una spartizione, la parte migliore e più cospicua.

MALA TEMPORA CURRUNT

La frase latina significa si avvicinano tempi bui o, propriamente, corrono brutti tempi. Si impiega sia con il significato letterale, sia per lamentarsi effettivamente dell’andamento delle cose nei tempi che si stanno vivendo, sia con un intento più scherzoso di “finta” lamentazione.
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SALTARE DI PALO IN FRASCA

In passato il palo era un’insegna araldica nobiliare mentre la frasca contrassegnava l’osteria. Si pensa che il detto sia riferito al fatto che un uccellino si posasse prima su un palo e poi su una frasca, in modo del tutto casuale e senza una logica precisa. L’espressione, quindi, indica il passare da un argomento all’altro senza un nesso logico.

LA SPERANZA È L’ULTIMA A MORIRE

L’espressione deriva dal detto latino Spes ultima dea con riferimento al fatto che la Speranza era l’ultima dea a cui rivolgersi nei momenti difficili. L’origine del detto è antichissima e risale al mito greco di Pandora. Secondo il poeta Esiodo, Zeus aveva affidato a Pandora, la prima donna forgiata da Vulcano, un otre che non doveva essere aperto perché conteneva tutti i mali. Ma Pandora, per troppa curiosità, lo scoperchiò e i mali si diffusero sulla terra. Solo la Speranza rimase nel vaso e quindi tra gli uomini.
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IL TROPPO STROPPIA

Questo proverbio vuole evidenziare che in tutte le cose occorre una giusta misura di comportamento onde evitare possibili sgradite sorprese e reazioni. E’ la libera traduzione della massima di Orazio Flacco: est modus in rebus.
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PORTARE I VASI A SAMO

La frase vuol dire portare qualche cosa là dove ce n’è già in abbondanza; significa quindi fare una cosa inutile. L’isola di Samo, situata nel mare Egeo a soli tre chilometri dalle coste dell’Asia Minore (oggi Turchia), nell’antichità era molto famosa per i vasi che produceva, perchè l’argilla del suolo era finissima e si prestava in modo particolare a questa lavorazione.
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FARE IL DIAVOLO A QUATTRO

L’espressione significa “fare grande baccano o confusione”, oppure “lasciarsi andare a violente scenate di rabbia”, o “agitarsi moltissimo per ottenere qualcosa”.
Il detto si riallaccia alle Sacre Rappresentazioni medievali, di cui il Diavolo era un personaggio importante insieme alla Madonna, a Dio, all’Anima e a Santi diversi in relazione alle circostanze. Il popolo divideva queste rappresentazioni in “grandi diavolerie” e “piccole diavolerie”, a seconda che vi comparissero più o meno di quattro diavoli.
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DI PUNTO IN BIANCO

L’espressione viene usata per descrivere qualcosa che accade all’improvviso, senza preavviso.
Deriva dal linguaggio militare, e nella fattispecie dai corpi d’artiglieria pesante. Indicava il punto di arrivo della traiettoria di un proiettile sulla linea di mira naturale, cioè “ad alzo zero”; questo tipo di tiro non richiedeva operazioni di calcolo per il puntamento e poteva quindi essere sparato in qualsiasi momento. Risultava micidiale per la sua grande potenza distruttiva e sfruttava il vantaggio della sorpresa, ma poteva essere impiegato solo a distanza ravvicinata.
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SPEZZARE UNA LANCIA A FAVORE DI QUALCUNO

L’espressione significa “Prendere le difese di qualcuno, parlare in suo favore di fronte a chi l’attacca, perorare la sua causa”.
Il detto ha origine dai tornei cavallereschi, dove lo spezzare una lancia equivaleva a dichiararsi pronti a battersi. Il primo scontro infatti avveniva con le lance, che spesso si spezzavano all’impatto.
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SCAMBIARE LUCCIOLE PER LANTERNE

Il detto significa “scambiare una cosa per l’altra” a causa di un’apparente affinità tra le due.
Ha origine dal fatto che nei tempi antichi gli Arabi erano soliti accendere dei lumicini alle loro tende. Quando stavano per invadere l’Egitto, si racconta che un gruppo di soldati s’imbatté in uno sciame di lucciole, insetti a loro sconosciuti, e li scambiarono per lanterne. Pensando di avere di fronte un esercito sterminato, se la diedero a gambe.

ESSERE AL VERDE

Con questa espressione s’intende l’essere rimasti senza soldi. Ha origine dall’antica usanza di tingere di verde la parte inferiore delle candele. Quando la candela si consumava e rimaneva la parte verde, incastrata nel bocciuolo del candeliere, non si poteva avere più luce.

ESSERE UN VOLTAGABBANA

Con questo detto ci si riferisce a chi cambia idea con estrema disinvoltura, abbandona la squadra del cuore o il proprio schieramento politico.
Il detto ha origine dalla gabbana (in origine la gabbano), un soprabito lungo e piuttosto pesante, che in alcuni casi poteva foderato di pelliccia, che in passato era indossato da operai, contadini e soprattutto militari. Poiché questo soprabito poteva essere indossato anche a rovescio, cioè “rivoltato”, “rivoltare la gabbana” era un espediente molto usato dai militari che disertavano l’esercito, per non essere riconosciuti durante la fuga.
Dopo l’armistizio di Badoglio con i nuovi Alleati, i soldati italiani rimasero allo sbando, senza un ordine preciso, e furono in tanti, per non dovere prestare servizio nell’esercito nazista che intanto aveva varcato il Brennero spingendosi giù lungo la Penisola, che tornarono a casa, possibilmente con la gabbana a rovescio.
(LINK della fonte)

AVERE L’ARGENTO VIVO ADDOSSO

Si dice di una persona irrequieta, che non sta mai ferma, in particolare riferito ai bambini esuberanti.
Il detto proviene dall’espressione argentum vivum, coniata da Vitruvio nel De architectura, che identificava il mercurio. Il metallo era così chiamato per il suo colore e la sua estrema mobilità che gli conferisce la caratteristica di suddividersi, al minimo urto, in sferette sempre più piccole.
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CERCARE IL NODO NEL GIUNCO

L’espressione si usa per indicare l’atteggiamento di una persona eccessivamente meticolosa, che bada a ogni minuzia o che critica pedantemente. Può anche riferirsi a chi crea un problema inesistente, dal momento che il giunco non ha nodi.
Il modo di dire ha origine dall’espressione latina riportata da Ennio nelle Satire e da Plauto nella commedia Menaechmi (anche se Petrarca in Seniles attribuisce il detto a Terenzio).
(LINK della fonte)

DARE DEL FILO DA TORCERE

Il detto ha il significato di ostacolare, procurare noie o grattacapi. Deriva dal mondo tessile: la torcitura è una delle quattro fasi della tessitura e consiste nell’imprimere una torsione al filo conferendogli una maggior coesione e resistenza. In passato questa operazione era effettuata manualmente con il solo ausilio di rocca e fuso. Il filo da torcere era avvolto su un bastone che reggeva la matassa (la rocca), se ne svolgeva un tratto alla cui estremità veniva fissata un’asta di legno (un fuso) appesantita da una fusarola. Ottenere un filo ritorto uniforme e regolare era un lavoro reso estremamente difficile dalla irregolarità dei fili e proprio le difficoltà riscontrate in questa operazione hanno dato luogo alla nascita del modo di dire.
[FONTE]

A NEMICO CHE FUGGE PONTI D’ORO

Il modo di dire rimanda al concetto che se il nemico fugge bisogna in ogni modo agevolare la sua fuga.
Al detto si può mettere in relazione un’antica locuzione latina di Frontino (Strategemata, liber IV, De variis consiliis): Hosti non solum dandam esse viam ad fugiendum, sed etiam muniendam (Al nemico non solo bisogna concedere una via di fuga, ma anche rendergliela sicura)
[FONTE]

NON AVERE IL BECCO DI UN QUATTRINO

Il detto significa “essere senza denaro”. Il quattrino era un’antica moneta toscana che valeva quattro denari o spiccioli equivalenti ai nostri centesimi. A quel tempo, sulle monete di bronzo si usava disegnare il rostro che era lo sprone di bronzo con il quale le navi da guerra romane cozzavano agganciavano nel combattimento le navi nemiche per poter combattere sul ponte come se si trattasse di un combattimento terrestre.
Essendo il rostro simile al becco degli uccelli rapaci, nacque la frase non avere il becco di un quattrino che vuoi dire non avere una sola di quelle monetine con il becco, o, come diremmo noi, non avere un centesimo.

ESSERE IN BOLLETTA

L’espressione ha lo stesso significato del detto precedente (“Non avere il becco di un quattrino”), vale a dire “non avere denaro”. Deriva dall’antico uso di procedere all’affissione dell’elenco delle persone che, per non aver potuto pagare i loro debiti, erano state dichiarate fallite. Questo elenco era chiamato bolletta quindi essere in bolletta significava “figurare nella lista dei falliti”.

ESSERE POVERO IN CANNA

Ci sono diverse interpretazioni sull’origine del detto. Secondo alcuni deriverebbe dal bastone, costituito appunto da una canna, su cui i mendicanti un tempo si appoggiavano chiedendo l’elemosina.
Altri lo fanno derivare da un passo dell’evangelista Matteo, per la precisione la descrizione di Gesù mentre viene preparato per la crocifissione:
Quindi i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e convocarono intorno a lui tutta la coorte. Toltegli le vesti, gli gettarono addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, la posero sulla sua testa con una canna nella destra. (Matteo, 27, 27-29). La canna, dunque, indicherebbe la povertà assoluta.
La prima attestazione nota nell’italiano scritto di povero in canna ci riporta alla tradizione novellistica trecentesca, con Franco Sacchetti: «Tutti quelli che vanno tralunando [‘osservando gli astri, strologando’], stanno la notte su’ tetti come le gatte, hanno tanto gli occhi al cielo che perdono la terra, essendo sempre poveri in canna».
[FONTE]

PIANTARE IN ASSO

Il modo di dire significa “abbandonare qualcuno da un momento all’altro, senza spiegazioni”. Il detto ha origine dal mito di Teseo, l’uccisore del Minotauro, mostro recluso nel Labirinto di Creta. L’eroe aveva così salvato gli Ateniesi da un sanguinoso tributo: ogni nove anni 7 fanciulli e 7 fanciulle di Atene dovevano essere inviati a Creta e sacrificati al mostro. Teseo, per poter uccidere il Minotauro – figlio di Pasifae, moglie del re di Creta Minosse, e di un toro di cui la regina si era invaghita – ottenne l’aiuto di Arianna che, attraverso il famoso “filo” (da cui deriva il detto che rimanda alla salvezza da una situazione difficile), permise all’eroe di uscire senza problemi dal Labirinto. Dopo l’uccisione del Minotauro, i due fuggono con gli altri ateniesi liberati, facendo rotta verso Atene. Ma durante il viaggio Teseo abbandona Arianna addormentata sull’isola di Nasso.
Il detto in questione deriva in realtà da un “errore” dovuto ad ipercorrettismo. Infatti, correttamente dovremmo dire “piantare in Nasso” ma con il tempo la n di Nasso si è assimilata con la n della preposizione in ed ecco quindi che Nasso è diventato … asso!

CALMA E GESSO

L’espressione, usata comunemente per indurre qualcuno a riflettere prima di prendere decisioni affrettate, ha origine dal gioco del biliardo. Prima di ogni giocata difficile, il giocatore, infatti, prende tempo e cerca di valutare la situazione strofinando con il gesso la punta della sua stecca. [LINK della fonte]

DI PRIMO ACCHITO

Sempre dal gioco del biliardo deriva il modo di dire “di primo acchito”: l’acchito è, infatti, la posizione della palla o del pallino all’inizio del gioco. L’espressione dunque significa “al primo colpo”.

FARE QUESTIONI DI LANA CAPRINA

Il detto significa “cavillare, discutere di minuzie di scarso valore”. La locuzione ha un’origine antichissima ed è testimoniata anche nelle Epistole di Orazio dove si legge: de lana caprina rixari, con un riferimento allo scarsissimo pregio della lana di capra a differenza invece di quella più pregiata della pecora. Da qui il senso di qualcosa di infimo. [LINK della fonte]

ESSERE IL COCCO DI MAMMA

Il detto “essere il cocco di mamma” indica l’essere il figlio prediletto. “Cocco” deriva dal tardo latino coccus che significa “gallo” (infatti, in francese si dice coq e in inglese cock). Dalla stessa parola deriva anche “chioccia” e per questo “cocco”, o anche “coccolo”, sta a significare “oggetto delle cure amorose della chioccia”.

METTERCI UNA PIETRA SOPRA

L’espressione, molto diffusa nel linguaggio popolare, significa “non pensarci più”, considerare chiuso per sempre un fatto, un episodio, soprattutto in riferimento a situazioni spiacevoli, ad offese.
Nella citazione, con la “pietra” si allude alla lapide, alla pietra tombale; infatti il detto trae origine dall’uso funerario antico di molte culture che consisteva nel ricoprire le sepolture con tumuli di pietre. [LINK della fonte]

FARE IL PORTOGHESE

L’espressione rimanda alla situazione in cui, in modo furbesco, si cerca di usufruire di un servizio senza pagare il dovuto. L’origine ci riporta al XVIII secolo: la rappresentanza del governo del Portogallo a Roma organizzò uno spettacolo pubblico in piazza e per i portoghesi l’entrata era libera. Per avere l’esenzione dal pagamento del biglietto d’ingresso bastava dichiarare la propria nazionalità nell’area antistante il palco. Quando si sparse la voce, furono molti i romani che tentarono di usufruire degli inviti dichiarandosi cittadini portoghesi. Ecco, quindi, perché il modo di dire rimanda a un atto furbesco (un po’ come “mangiare a ufo”–> vedi sotto). [LINK della fonte]

MANGIARE A UFO

Il significato di “mangiare a ufo” è “mangiare gratuitamente, senza pagare” con un leggero intento sarcastico che deriverebbe dalla furbizia messa in atto da chi cerchi di scroccare un pranzo o una cena. Il detto deriva dall’espressione latina ad usum fabricae (che si può tradurre “destinato ad essere utilizzato nella costruzione”), che veniva abbreviata in A.U.F. Secondo altri si tratta dell’acronimo per ad urbis fabricam (“per la costruzione della città”). Pare che l’origine risalga alla costruzione della basilica di San Pietro a Roma perché i materiali occorrenti non erano soggetti al pagamento di dazi e la sigla A.U.F. era apposta sui carri che li trasportavano.
Tale sigla continuò a essere utilizzata per tutto il Medioevo nel caso in cui le merci fossero destinate alla costruzione di opere d’arte o religiose. Pare che l’aggiunta della O finale sia da ricondurre all’espressione Ad usum Florentinae Operae, cioè “per la costruzione delle opere fiorentine” specialmente in riferimento all’edificazione della cattedrale di Santa Maria del Fiore.
Una variante con l’aggiunta della A avrebbe origine dalla costruzione del Duomo di Milano per cui si utilizzava la sigla U.F.A. per Ad Usum Fabricae Ambrosianae (“per la fabbricazione del (Duomo di) Milano”).
Nel passaggio al detto popolare che indica il mangiare senza pagare, si sarebbe staccata la A (per la preposizione latina ad con valore di fine/scopo) mantenendo la parte U.F.O. (o la variante meno comune U.F.A.) come se fosse una parola autonoma. Certamente la parola “ufo” non ha nulla a che vedere con la sigla U.F.O., acronimo per Unidentified Flying Objects, la quale rimanda agli oggetti volanti non identificati! [Fonti: Wikipedia e firenzeurbanlifestyle.com]

[ultimo aggiornamento, 22 luglio 2018]

23 pensieri riguardo “Perché si dice?

  1. anche se sono da tanti anni in Italia,e conosco le espressioni,non ero mai andata ad vedere il vero significato e l’origine.grazie ,è stato utile e gradito.

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  2. Grazie molte per questi approfondimenti con un excursus storico notevole. Ti sarei grato se ne trovassi degl’altri. Cordilamente Mario

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  3. @ Diemme

    Nemmeno io la conoscevo. Credo di averla sentita al Milionario e così l’ho aggiunta qui. Mi ripropongo sempre di aggiornare la pagina ma poi, come sempre, non trovo il tempo. Quello dei detti è un patrimonio culturale importante e va conservato.

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  4. Bellissimi!
    Lascio il mio contributo: piantare in asso = abbandonare inaspettatamente qualcuno che si fidava di te.
    Teseo abbandona Arianna ( che l’aveva aiutato col suo filo ad uscire dal labirinto del Minotauro) sull’isola greca di Nasso Brutto ingrato!

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  5. Grazie per il contributo. Approfitto per segnalare l’ “errore” nel detto, dovuto ad ipercorrettismo. Infatti, correttamente dovremmo dire “piantare in Nasso” ma con il tempo la n di Nasso si è assimilata con la n della preposizione ed ecco quindi che Nasso è diventato … asso!

    Quanto a Teseo, indubbiamente un ingrato … come molti uomini moderni, del resto. 😦

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  6. Avendo un marito giocatore di biliardo non potevo ignorarlo! Il detto deriva dal fatto che i giocatori, per concentrarsi prima di un tiro difficile, stanno fermi anche a lungo e strofinano la punta della stecca con il gesso, azione che in realtà ha il compito di aumentare l’attrito tra biglia e stecca.

    Sempre dal gioco del biliardo deriva il modo di dire “di primo acchito”: l’acchito è, infatti, la posizione della palla o del pallino all’inizio del gioco. L’espressione dunque significa “al primo colpo”.

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  7. E il modo di dire (un po’ desueto, è vero) : “Essere un vaso di coccio tra vasi di ferro” ?
    Mi viene in mente a proposito di uno che in Italia, facendo “il diavolo a quattro”, sta, è vero, dando ” filo da torcere” a molti.
    Mala tempora currunt, anche se, la speranza è l’ultima a morire,

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  8. Ah ah, quello credo proprio che sia di manzoniana memoria, se non erro era Don Abbondio che si sentiva come un vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro!

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  9. Sito interessante. Grazie.
    Vivo all’estero da più di quarant!anni e non ho avuto possibilità di studiare in italiano bensì in francese. I miei figli sono italianissimi ma anche loro sono pesci fuori d’acqua!
    Questa sera mio figlio mi chiede: come si dice in italiano ” passer du cocq a l’ane”? Risposi saltare di palla IN frasca!! Sic.
    Cercammo dunque sul web éd. Éccoci da lei.
    Tutto questo per suggerire quando utilizza parole “difficili” di rimandare al loro significato tramite iperlink.
    Suggerirei anche una visita al sito francese expressio.fr Che sono certo la intéressera. Guardi quanto scrive sull’espressione ” pour un point Martin perdit sa cappe” !
    Di nuovo grazie

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  10. @ Carlo Della Riva

    Grazie mille per il passaggio e spero di esserLe utile anche in qualche altra occasione. Grazie anche per i suggerimenti. Molto interessante la versione francese del detto “Per un punto Martin perse la cappa”.

    Au revoir.

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  11. Perché si dice “cocco di mamma”? Qualcuno mi aveva detto che è un’espressione collegata ai cocci che usavano gli antichi romani…

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  12. @ Isabella

    “Cocco” deriva dal tardo latino coccus che significa “gallo” (infatti, in francese si dice coq e in inglese cock). Dalla stessa parola deriva anche “chioccia” e per questo “cocco”, o anche “coccolo”, sta a significare “oggetto delle cure amorose della chioccia”. Quindi il detto “cocco di mamma” indica il figlio prediletto.

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