QUANDO DIVENTO RAZZISTA

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Vivo in un quartiere multietnico e fino a qualche anno fa lo ritenevo una ricchezza, un elemento di folklore multiforme.

Osservavo le donne africane con i loro abiti variopinti, cariche di peso e di bambini, uno dei quali, il più piccolo, attaccato alla schiena per mezzo di grandi foulard. L’antesignano dei moderni marsupi che, però, nella nostra cultura vanno appesi sulla pancia: con la testina rivolta verso il seno della madre i piccoli possono godere, per qualche tempo, di un dolce dondolio, sentendosi quasi ancora nella culla del grembo materno; con la faccina rivolta verso il mondo, perché i cuccioli possano scoprirlo a poco a poco.

Mi facevano tenerezza quei genitori che, all’uscita da scuola (le elementari), chiedevano in un italiano stentato com’era passata la mattinata. Corretti, ogni volta, dai figlioletti che l’italiano lo masticano meglio di mamma e papà.

Rimanevo affascinata dallo splendore degli abiti con cui la gente di colore si apprestava a presenziare alle funzioni domenicali. Con quel loro passo ondulante, figlio del ritmo innato che molti di noi invidiano, perché molleggiati proprio non siamo. Non come loro, almeno.

Ho vissuto questi anni felice di stare in un posto che, solo a nominarlo, faceva orrore. “Ma come fai a vivere lì?” mi chiedevano in molti. E ogni volta sgranavo gli occhi per una domanda che per me non era affatto scontata. Ridevo pensando che certi pregiudizi sono duri a morire.

Ora non rido più.

Questo pomeriggio, mentre stavo andando a prendere l’automobile, per fortuna in compagnia di mio marito, ho assistito ad una zuffa tra extracomunitari. Volavano parole grosse, tuttavia a noi incomprensibili. Gli spintoni sembravano preludere ad un pestaggio in piena regola. Ad un certo punto, quello che è sembrato il più fuori di testa degli altri, si è avviato a grandi passi proprio verso il parcheggio della nostra automobile. Lì per lì, lo giuro, non mi è venuto in mente né di allontanarmi né di infilarmi di corsa nell’auto. Sono rimasta immobile mentre il figuro mi ha superato e ha preso da un’aiuola proprio dietro a me una bottiglia vuota di birra (il che dimostra l’inciviltà di certe persone… se si è recato proprio in quel posto è evidente che l’aveva buttata lui poco prima), se l’è infilata in tasca e si è di nuovo diretto verso il luogo, distante una decina di metri, dove era scoppiato l’alterco.

Mio marito ed io ci siamo messi al riparo in macchina, lui ha chiamato il 113 e, nemmeno fosse chiara l’urgenza, è stato tempestato da domande tipo “dove, come, cosa, chi, quando, perché”, mentre il tipo fuori di testa si lanciava in mezzo alla strada, dove tra l’altro c’è sempre parecchio traffico e passano gli autobus, per inseguire, con la bottiglia in mano, la sua vittima.
Non vi dico il fuggi fuggi generale, le urla, gente alle finestre… l’aggressore ha, quindi, cambiato arma: ha preso una stampella, forse strappata a qualche invalido seduto su una panchina lì vicino, e ha cominciato a colpire ripetutamente il malcapitato che, onestamente, non ho capito perché non si fosse dato a gambe levate invece di star lì a prendersele. Quando è arrivata la polizia, la testa stava sanguinando copiosamente.
Non so come sia andata a finire perché ce ne siamo andati. Io avevo il cuore che batteva a mille.

La scorsa settimana la mia estetista mi ha raccontato di un incontro ravvicinato con un profugo armato di coltellaccio da macellaio. Non scendo in particolari ma vi dico solo che è successo di mattina in un piccolo parco dove solitamente le mamme o le nonne portano i bambini.

La mia città è invasa dai profughi. Si tratta di gente senza controllo che dorme per strada e anche dentro ai portoni o nei cortili delle case.
Se la maggior parte mi fa pena, per i criminali non provo nessuna pietà. E non mi si venga a dire che anche di italiani delinquenti ce n’è in grande quantità in giro nelle nostre città. Lo so.

Una volta cercavo di difendere gli immigrati. Ancora oggi li difendo: quelli che hanno un lavoro e una casa, che pagano l’affitto, che vivono in pace, rispettando le nostre leggi e il nostro diritto di vivere ugualmente in pace.

Ma di fronte ad episodi come quelli descritti divento razzista. Mi dispiace.

16 pensieri riguardo “QUANDO DIVENTO RAZZISTA

  1. Marisa, non stai dicendo eresie. Io, come te, ho sempre avuto una buona parola per gli immigrati, ma ultimamente sto diventando un po’ insofferente al loro transitare spavaldo nelle metropolitane, metropolitane che ne sono invase. E se poi guardo le “baraccopoli” al ciglio della strada, specie in alcune zone di Roma, allora no. Non ci sto più.
    Gli episodi che hai raccontato sono ancora più estremi e non possono passare inosservati. È chiaro che uno abbia certe reazioni e si domandi che cosa ci faccia certa gente qui e perché non stiano a fare qualcosa di più socialmente utile.
    Ti direi comunque di girare con un po’ più d’attenzione e stare alla larga il più possibile da queste situazioni, se mai dovessero ricapitare.

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  2. Il problema è sempre la mancanza di controllo. Questa gente non è controllata all’ingresso in Italia, non sappiamo nulla dei loro trascorsi e delle loro turbe e, in ogni caso, anche dopo che le hanno esternate in Italia restano in circolazione a fare danni.

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  3. Ciao e buonasera. Secondo me non sei razzista, sei solo incavolata a morte. Purtroppo, qui, non ci si sente tutelati mai. E se chiami per denunciare quel qualcosa che sta accadendo, le 600 domande delle forze dell’ordine te le becchi tu. A mio parere non sei razzista. Sei stanca come tanti altri dei furbi che fanno ciò che vogliono e non pagano mai le conseguenze. E se tu diventassi davvero razzista, ricorda che sarebbe colpa tua ! Ti parlerebbero di ” mente chiusa che non sa accettare il diverso”.

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  4. Ciao, ci sono alcune cose con non capisco.
    1 – Se la zuffa con relativo pestaggio fosse avvenuto tra tuoi corregionali indigeni saresti stata più rilassata?
    2 – Qual è stato l’aspetto che più ti angosciava durante lo svolgersi di quel deprecabile fatto, l’incapacità di comprendere cosa si stavano urlando, il timore di essere incolpevolmente coinvolta, il degrado che emergeva da tutta quella situazione, un certo grado di indifferenza generale (l’importante è scansarsi), come se ormai episodi del genere fossero considerati normali, il trattamento “burocratico” di una situazione di emergenza?
    3 – Trovo facile difendere “quelli che hanno un lavoro e una casa, che pagano l’affitto, che vivono in pace, rispettando le nostre leggi e il nostro diritto di vivere ugualmente in pace”, persone praticamente invisibili, ma se venisse a mancare una sola di queste peculiarità la persona diverrebbe indifendibile, e perciò si dovrebbe per forza diventare razzisti? Quale è la misura di trasgressione dallo standard che siamo disposti ad ammettere?
    4 – Più che di razzismo non sarebbe più analitico parlare di disturbo? Non potrebbe darsi che ci si trovi in uno stato emotivo generale schizofrenico, in parte esogeno, che ci porta a considerare intollerabili alcuni aspetti sociali perché ne siamo testimoni e potenziali vittime, mentre ci fa passare sopra ad autentiche tragedie in forza di una nostra presunta inviolabilità?
    5 – Ferma restando la condanna di ogni violenza, quale pensi sia la sorgente (se vuoi le cause) di tali comportamenti pericolosi e delittuosi, e quali gli eventuali rimedi? Pensi che l’autodafé di definirsi razzisti sia assolutorio e ti dispensi da ogni altra riflessione sgradevole?
    6 – Non trovi che il tanto sbandierato “rispetto” altro non sia che una forma ipocrita di ignoranza, un voler mantenere le distanze senza voler fare il minimo sforzo di comprensione e, per dirla tutta, non potrebbe darsi che noi non aneliamo veramente a una società multiculturale, a un’effettiva integrazione di libero scambio, bensì a una totale assimilazione, come se il nostro modo di pensare (il migliore possibile secondo i tanti Pangloss che vedo circolare) fosse un blob destinato a crescere all’infinito?

    Ahoj
    Stelio

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  5. Personalmente la penso come te. Alla faccia dei finti buonisti ad ogni costo, a quelli che dicono “Ma anche gli italiani erano emigranti”, sì…ma col cavolo che si permettevano queste oscenità. Che solo da noi accadono. Provaci in Germania che mi vien da ridere….
    Un abbraccio 🙂

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  6. @ Scrutatrice

    Immagino che nelle grandi città la situazione sia anche più difficile, specialmente in certi quartieri. Quello che sconcerta me e i miei concittadini è il fatto che questa città sia stata sempre molto tranquilla e a cose del genere non eravamo abituati. Poi c’è da dire che a tutto ci si abitua ma onestamente non credo che l’abitudine faccia sbollire la rabbia.

    @ Diemme

    Infatti. Si dovrebbe fare come in Svezia: caricare chi non ha diritto a rimanere come rifugiato sui voli charter e rimandarli a casa. Da noi, invece, non si altro che compilare fogli di via e questi rimangono indisturbati a girovagare per le città, molti commettendo crimini e rimanendo impuniti. Se questa è civiltà…

    @ Fabio Agnelli

    Buonasera a te. Sì, effettivamente sono parecchio incavolata. Sono stata già accusata di razzismo, anni fa, da un marocchino che piazzava la macchina in mezzo al cortile impedendo alle auto di fare le manovre di entrata e uscita dai garage. Allora gli ho fatto notare che si trattava solo di osservare delle regole e che me la sarei presa anche con un italiano. Gli ho tradotto in francese il regolamento condominiale, nel caso non fosse in grado di capirlo in italiano. 🙂

    @ frz

    Vero. Purtroppo temo che peggiorerà sempre più e non è esattamente quello che sognavamo per i nostri figli e nipoti. 😦

    @ my3place

    1. No, avrei reagito allo stesso modo, peccato però che ho mai assistito a zuffe del genere da parte dei miei corregionali. Vivo nella terra del buon vino: tutt’al più alzano un po’ il gomito e cantano allegramente, stonando un po’.
    2. Tutto mi ha infastidita; angosciata davvero solo l’aver assistito ad un episodio per me incomprensibile… a prescindere dalla lingua.
    3. Per me ogni trasgressione è condannabile, a prescindere.
    4. Non credo si tratti di “stato emotivo generale schizofrenico”. Personalmente preferirei essere considerata razzista piuttosto che “disturbata”.
    5. La causa secondo me è che questa gente non ha altro da fare tutto il giorno. Quelli che lavorano e hanno una famiglia non hanno il tempo di andare in giro ad azzuffarsi. Quanto a me, non credo mi spetti trovare soluzioni né ho alcuna intenzione di assolvermi.
    6. Personalmente non trovo. Credo nell’integrazione e nella convivenza pacifica tra diverse culture. L’assimilazione non è la soluzione però c’è il rischio che spetti a noi assimilarci…

    @ cucinaincontroluce

    Cara Tatiana, sono d’accordo. Non nego che anche i nostri connazionali da migranti abbiano trasgredito e si siano dati ad atti criminali, ma è vero che in altri Stati europei certe cose non succedono. In Italia tutti si approfittano dell’impunibilità garantita, italiani compresi.
    Buona notte. Un abbraccio.

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  7. Con il grande dispiacere devo rinunciare a seguire tuo interessantissimo blog. Credo di essere arrivato a un punto dove le nostre opinioni sono diametralmente opposte.
    “Al inizio non avevo niente contro di loro. Non mi erano simpatici, ma non li consideravo come delle persone che potevano fare parte dalla mia cerchia, ma tutto sommato non li odiavo. Poi…. col tempo… anche aiutato dalla stampa ho cominciato a vederli con altri colori. Erano furbi, sporchi, nauseanti. Capii che non potevano far parte dalla nostra società”. Questo racconto (sincero) appartiene ad un ex guardia SS ad Auschwitz.
    Ovviamente non voglio far paragonare il tuo racconto con quello del SS-ista. No.
    Ma dalla tua rabbia (che può essere anche logica fino ad un certo punto) manca un piccolo particolare da notare. Un particolare che – senza renderti conto – lo trascuri.
    Chi E’ il vero colpevole della situazione che avete vissuto? Come mai si è arrivato ad una città (che può vantarsi per la sua tranquillità) diventare violenta? Sono domande che potresti cercare di risponderti da sola.
    Sono loro? I “non-italiani” colpevoli di tutto ciò? Hanno portato loro la violenza nella città? Oppure questa situazione è soltanto il seguito ad una passività menefreghista di una società che aveva notato anche prima di tutto ciò che succede ma ha chiuso gli occhi facendo finta che il problema non esiste? E quando dico “società” mi riferisco anche alle sue autorità che hanno l’obbligo di vegliare a tutto ciò.
    Non mi va di dire che “se non fossero i rumeni(etc,etc), sarebbero comunque arrivati i terroni”. No. Ma non si può colpevolizzare etnicamente una parte di persone dicendo “se sono razzista….. è per colpa vostra”.
    Non ha nessun fondamenta.
    Io sono anni che grido a destra e sinistra del impotenza delle autorità che dovrebbero difenderci. E questo degrado (di sicuro) lo avrai visto anche tu. Che cos’hai fatto per combattere questa cosa? Niente. Ne tu, ne tuo marito, nessuno. Ci avete guardato impassibili allo scempio che si preconfigurava, con l’idea che – comunque – non vi toccherà.
    Ma ora è successo. Ed invece di guardare il vero nocciolo della problema….. preferite a collocarvi dalla sponda razziale. Certo, è più facile cosi. Problema risolto.
    P.S. Con grande amarezza devo disdire la mia “follow” di un blog che ha una padrona apertamente dichiarata cosi. Io resto sempre dall’altra parte della riva. Buon proseguimento.

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  8. @ Marisa Moles

    Grazie dell’attenzione, anche se, vista la complessità del problema, sarebbero necessarie delle considerazioni più articolate (ma anche sostantivate, aggettivate, punteggiate… :-D).
    Diciamo che in parte hai fornito le risposte che mi aspettavo, anche se, lo confesso, qualche domanda era parzialmente retorica.

    1 – Giusto provare sgomento di fronte alla violenza, quale che sia la lingua e la forma. Se non ti è mai capitato di assistere a episodi simili interpretati da soggetti di italica stirpe è perché probabilmente sei saggia ed eviti ambienti insicuri e poco raccomandabili. Oppure sei stata fortunata.
    Quanto al bere, magari si trattasse di vino del Collio, giacché si fa gran consumo di intrugli ad alto tenore alcolico e beveroni eccitanti, veleni che si mascherano dietro il nome di “drink” e di qualche marchio che passa nei media fino all’ipnosi indotta. Altro che stonati, si è praticamente “stoned”.

    2 – Lo vedi? Quasi sempre ci spaventa ciò che non comprendiamo. Già è difficile capire la violenza, e quando di questa non se ne conoscono le cause e le possibili dinamiche è normale provare sgomento. Nella tua mente hai trovato immotivata, assurda tutta quella violenza, ed essendo quella appunto priva di logica hai temuto che essa, colpendo a caso, ti prendesse di mira.
    Ti invito a seguirmi in una specie di gioco. Immagina.
    Immagina di comprendere il loro idioma. Immagina che la vittima sia un emerito figlio di puttana. Immagina che approfittando della fiducia e della forza si sia scopato la moglie di quell’altro. Immagina che che gli abbia anche sottratto quei quattro soldi che aveva. Immagina che per buona mano gli abbia molestato la figlioletta di pochi anni. Immagina pure che non sia la prima volta che il figlio di puttana abbia esibito quei comportamenti malsani. Immagina che non serva niente denunciarlo, tanto nessuno fa niente.
    Immagina.
    Non vedi con la fantasia altre persone che lo maledicono, lo insultano, e incitano la vittima a farsi finalmente giustizia da sé?
    Con molta pobabilità nulla di quanto ho fantasticato era vero, più facile che tu abbia assistito a una semplice sopraffazione per futili motivi, però non ti è mai capitato di udire tra i tuoi civilissimi corregionali delle frasi del tipo “se lo becco gli spacco le gambe” o peggio ancora? Sono tanto diversi da quell’energumano, o magari lo sono solamente perché vorrebbero farlo ma non ne hanno il coraggio?

    3 – Ooooo bene, abbiamo incontrato una spada.
    Dimmi un po’, la trasgressione per te è inconcepibile, è inammissibile, è inaccettabile? (sono valide anche più risposte).
    Dimmi un po’, sei sicura di essere esente da qualche trasgressione? Mai parcheggiato in seconda fila? Mai mangiato o bevuto qualcosa (nella qualità o nella misura) che i medici e i nutrizionisti ti chiedono di evitare? Mai pagato qualcosa “amichevolmente”, senza fattura o scontrino? Mai detta una bugia?
    Mai? Allora noi due dobbiamo tenerci reciprocamente lontani, come materia e antimateria. Se nel famoso tormentone di Tonino Guerra si afferma che l’ottimismo è il profumo della vita, la trasgressione è il pepe, e come il pepe va usato, con parsimonia ma senza vergogna, e sempre crudo. Del resto non è forse vero che anche nell’antica Roma si usava saggiamente affermare “Semel in anno licet insanire”?
    Scherzi a parte, la mia domanda comunque verteva su aspetti più drammatici della trasgressione, aspetti che tu bocci con la massima intransigenza.
    Vedi, il rispetto delle regole sociali, il rispetto delle leggi, la cortesia, la bonarietà, la serenità sono un lusso, un di più che solamente noi con la panza piena possiamo concederci. Nella malaugurata ipotesi di una catastrofe, una guerra, una carestia, una siccità, molte delle civilissime ed educatissime persone che si riempiono la bocca di parole come etica, rispetto e buone maniere si comporterebbero come lupi spietati, e in pochi manterrebbero la dignità che ci si aspetta da un essere umano. È già successo e (speriamo di no) succederà ancora.
    Purtroppo il disagio materiale e il degrado portano “ob torto collo” o per predisposizione a trasgredire, in varia misura, e noi non possiamo limitarci a mostrarci inorriditi e censori, saremmo come quelle odiose figura della buona società vittoriana che trattavano come appestati o come bestie i poveracci che sopravvivevano di espedienti e malaffare nei vicoli del West End.

    4 e 5 – Perfetto, senza volerlo hai confermato i miei sospetti, ovvero che si preferisce sapere di essere cattivi piuttosto di non sapere cosa si è.
    Non dispiacerti di essere razzista, lo siamo tutti (santi esclusi). Ognuno di noi ha dentro un piccolo fascista e razzista, un cavernicolo renitente alla civiltà che non perde occasione di farsi sentire. L’esistenza umana consiste proprio nel contenere quegli istinti primitivi, distruttivi e autodistruttivi, per avanzare sulla via della conoscenza, della comprensione, della collaborazione e dell’amore.
    Purtroppo la società nella quale ci troviamo a vivere è tutt’altro che perfetta e, peggio ancora, non sta volgendo verso quell’evoluzione auspicabile, anzi si dà il caso che si venga sollecitati all’ignoranza televisiva, al settarismo sociale, all’accanita competizione e al profitto sopra di tutto. È ovvio che tali esercizi non porteranno mai alla felicità, e perciò gli sponsor di questo meccanismo disumano hanno bisogno di indirizzare il nostro intimo “disturbo” verso obiettivi plausibili, imbastendo paure e innalzando mura, solleticando egoismo e presunzione, e noi pur avvertendo come “sbagliati” quegli atteggiamenti non possiamo fare a meno di cadervi, preferendo essere cattivi ma salvi piuttosto che incerti padroni delle nostre scelte.

    6 – Quando aspetti culturali diversi vengono a contatto si possono verificare tre situazioni.
    La prima, la più facile è la separatezza, la formazione di aree omogenee, isole, ghetti, come vuoi chiamarle, tra le quali il solo rapporto è costituito dal disprezzo, e ogni contatto sfocia in conflitto, anche perché le zone più periferiche della zona omogenea (quale che sia, una nazione, una casta, un’etnia, ecc.) sono le più integraliste.
    La seconda, già vista parecchie volte nella storia dell’umanità, è l’assimilazione delle culture più deboli. Questa operazione può utilizzare vari strumenti, la forza del denaro, la forza demografica, la forza delle armi. Quasi mai è avvenuto che gli aspetti culturali siano stati il fattore determinante. In ogni caso le culture deboli sono destinate a sparire, troppo spesso annegate in un bagno di sangue.
    La terza, la più difficile è l’integrazione, la costruzione di meccanismi in grado di rendere compatibili ingranaggi diversi, la ricerca di punti fermi condivisibili, l’ammissione dei propri difetti, la rinuncia a ogni dogma e ogni preconcetto, in buona sostanza la libertà di essere uguali ma diversi.
    Va da sé che quando si parla di libertà (responsabile e individuale) c’è chi la vede come un freno al suo potere, e perciò essa viene rappresentata come utopica illusione in un mondo naturalmente (naturalmente?) violento, e quindi predisposto all’avverarsi della prima opzione.

    Ahoj
    Stelio

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  9. @ Valentino

    Mi spiace molto e sinceramente che tu te la sia presa, fraintendendo molto di quanto ho scritto nel post.
    Non faccio di tutta l’erba un fascio. Non ce l’ho con gli immigrati che convivono con noi in pace, rispettando le regole, in altre parole gente onesta come sono certa tu sia.
    Per il resto, non tento nemmeno di controargomentare quanto da te scritto. Sono troppo stanca, davvero.
    Buona vita a te. La blogosfera è comunque abbastanza vasta, c’è spazio per tutti e non è indispensabile essere tutti d’accordo.

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  10. @ Valentino

    Ahi ahi ahi caro Valentino, sei caduto anche tu nella trappola Facebook.
    Ti starai chiedendo cosa c’entri Facebook, e di che diavolo di trappola stia cianciando.
    Te lo dico subito: è la trappola dell’autodittatura.
    Non so se tu sia uso frequentare quella specie di tritacarne che è Facebook, ma se lo fai avrai notato che ti vengono inviate notizie, amicizie e proposte che in genere non sono distanti dal tuo modo di vedere. Si stratta di una strategia, non nuovissima per inciso, che ha lo scopo di farti sentire bene in quell’ambiente, e quindi fartici rimanere più a lungo possibile. È un po’ come stare in un locale dove si è tra amici che tengono alla stessa squadra, votano lo stesso partito, guardano lo stesso tipo di film, coltivano lo stesso hobby, amano gli stessi stravizi, insomma dove ci si trova a proprio agio, sempre. Così tu, a forza di girare su Facebook e di trovare mille opinioni sempre concordi con le tue ti convinci che siano universalmente “giuste” perché sono le uniche, e le poche voci stonate vengono subito zittite da un coro autorevole, anzi, autoritario. È l’autodittatura, la trappola Facebook.
    Un blog è diverso, o almeno dovrebbe essere diverso. Nato come “diario” si è presto trasformato in un ambiente adatto al “dialogo”, e appunto ogni dialogo che si rispetti “deve” avere delle opinioni che si confrontano, e queste opinioni “devono” essere distanti.
    Si tratta di un combattimento leale, di spada o di fioretto, mai di clava o di pistola, con poche semplici regole: sincerità, ascolto, compassione, pazienza.
    Sincerità. Perché si deve scrivere per spiegare a sé stessi più che agli altri, e a noi stessi sarebbe assurdo mentire. Se sentissi sempre il bisogno di spiegare le mie opinioni agli altri vorrebbe dire che non sono così ferme e nemmeno autentiche.
    Ascolto. Anche se non ci piace quello che leggiamo dobbiamo farlo fino in fondo. Magari sul momento potremmo trovarlo assurdo, inaccettabile, insostenibile, e magari è così, o magari potrebbe capitare che, a nostra insaputa, il cervello prenda in considerazione quelle aborrite parole, le rimastichi a lungo, fino a rivelarle come una medicina amara che ci ha aperto gli occhi su aspetti che non avevamo preso in considerazione.
    Compassione. Sempre e comunque nei confronti di chi teniamo come ottuso interlocutore, sperando che egli ne abbia altrettanta per noi quando, in buona fede s’intende, ci dimostriamo molto più ottusi di lui. Se, verbalmente, fossimo usi a schiaffeggiare chi non si accorda col nostro ragionamento, il blog diverrebbe presto un ring di wrestling, e comunque la nostra supponenza ci si ritorcerebbe contro con forza bruciante quando (non se) ci capiterà di scoprire che avevamo torto.
    Pazienza. È inutile scaldarsi, accendersi come un petardo per fare un botto esplosivo. Sì, è vero, al momento si fa effetto, ma si rischia di perdere la lucidità, la prospettiva, senza dimenticare che a lungo termine il web dimenticherà tutto, e a lunghissimo termine saremo tutti morti e niente avrà importanza.
    Vedi, io frequento i blog e i social network ben prima di Facebook, ben prima di MySpace (mai sentito parlare di Pegacity?), e un po’ per vezzo e un po’ per indole sono andato sempre a stuzzicare chi aveva delle opinioni diverse dalle mie. Anche nel caso di Marisa è probabile che io sia agli antipodi del suo mondo, quindi molto più lontano di quanto lo sia tu, eppure se posso cerco sempre di offrire il mio demenziale contributo. Del resto lo consigliava già il generale Sun Tzu ben 2500 anni fa “Conosci il nemico, conosci te stesso, mai sarà in dubbio il risultato di 100 battaglie”, anche se non sempre è detto che sia il mio interlocutore il mio nemico.
    Lo scritto di Marisa non è qualcosa sul quale si può essere d’accordo o meno, è un racconto di un fatto e delle sensazioni conseguenti, è qualcosa di vero che lei riporta con incauta sincerità, è l’occasione per confrontarsi su alcuni aspetti, sgradevoli per qualcuno e disperanti per qualcun altro, di un fenomeno destinato a far parte della nostra società a lungo. E lo possiamo fare qui, liberamente, perché non abbiamo posizioni politiche e interessi materiali da vendere o da difendere.
    Se ti interessa il dialogo dovresti rimanere, perché solamente su un blog libero hai la possibilità di mettere in gioco la tua opinione, quale che sia poi il risultato.
    Smettere di essere follower di un blog sarebbe giustificato solamente se questo non accettasse il dialogo, appunto.

    Ahoj
    Stelio

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  11. Caro Valentino, devo dirti che sono veramente stupita del tuo intervento. Ho incominciato a leggere il tuo commento e credevo che le parole virgolettata fossero riprese dal post ed ero stupefatta, non era possibile che Marisa avesse scritto una cosa del genere, non somigliava neanche lontanamente al suo pensiero ma, virgolettato, ho pensato che avessi fatto un copincolla, e mi apprestavo incredula a rileggere il post, quando è arrivata la soluzione all’arcano: erano parole di un SS, ed io personalmente sarei molto ferita se si paragonassero ai miei pensieri a quelli di un criminale nazista: ne sono lontanissimi, come lontanissimi ne sono quelli di Marisa. Io credo piuttosto invece che tu, nonostante i tanti anni in Italia, e probabilmente perché hai incontrato discriminazione e l’hai sofferta sulla tua pelle, ti senta ancora straniero, ti senta ancora legato a una categoria etichettata, e salti sulla difensiva ogniqualvolta si fa riferimento al problema immigrazione.
    Io credo che Marisa, come me, non si sogni neanche di giudicare le persone per categoria ma solo in quanto persone, e che giudichi la società multiculturale più interessante di una monocolore. Semplicemente, siamo stanchi del degrado cui assistiamo, dell’abbandono in cui ci lasciano le nostre istituzioni, anche relativamente a onde di disperati abbandonati a se stessi (non hai idea quale sia la situazione di Roma!). Su un muro di Roma troneggia una scritta che dice “Col razzismo ti hanno fregato, la colpa è dello stato e non dell’immigrato”: è chiaro che ci sono delinquenti anche nostrani (e pure quelli vorremmo fossero assicurati alle patrie galere), ma proprio per questo non abbiamo voglia di importarne dall’estero, e ti assicuro che qui, tra delinquenti stranieri, c’è un passaparola, “vieni in Italia che agisci indisturbato!”. Io sono più che favorevole alla politica dell’accoglienza, sai come la penso, ogni persona è cittadina del mondo, ma sai pure che sono per il pugno di ferro nei confronti della delinquenza: i nostri nelle nostre galere, gli altri nelle loro, non abbiamo nessun bisogno di importarne.
    Ti assicuro che, se per le nostre strade è stato sempre pericoloso girare perché “poteva capitare” un malintenzionato, oggi il fatto che ci siano uno o più malintenzionati è la regola, e se vengono presi vengono prontamente rimessi in libertà (da qui la colpa dello stato, che non si occupa di niente, che non gestisce niente, che abbandona a se stessi italiani e stranieri). Tu non puoi prendere questo come un fatto personale, e ritengo ingiusta l’accusa che hai rivolto a Marisa, anche perché l’accusa di razzismo è sempre un’accusa di ottusità: una persona che dovesse pensare che un popolo x sia composto da persone tutte uguali – che siano tutte oneste o tutte delinquenti, ma di solito si pensa al tutti delinquenti – sarebbe prima di tutto un’idiota, e dopo un’accusa del genere, ci credo che Marisa si sia dichiarata troppo stanca per risponderti!

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  12. @ Stelio e Diemme (replica a Valentino)

    Grazie per i vostri interventi che rispondono appieno ai requisiti di una corretta lettura (tra le righe) del mio post. Non credo che Valentino li leggerà (come ha detto, ha annullato la sottoscrizione al blog) ma spero che, se non si farà più sentire, almeno legga i contributi.

    @ Stelio (commento del 30/01 ore 7:28)

    Avevo lasciato il tuo commento in moderazione perché speravo di avere il tempo (e le forze 😉 ) di risponderti come meriti (nel senso che i tuoi sono sempre ottimi contributi e non meritano – lo dico in tutta sincerità – di essere liquidati con poche righe scritte di getto). Purtroppo, forse anche a causa della mia lontananza dal blog che mi ha disabituata alla discussione, non riesco ora a replicare come vorrei. Ti chiedo di pazientare un po’…

    @ Diemme

    Aggiungo che quando ho scritto a Valentino che ero troppo stanca per controargomentare, intendevo proprio stanca fisicamente (infatti, poco dopo sul divano mi sono addormentata davanti alla tv 😦 ). Da quando non ho il mio pc e posso disporre di quello di altri per gentile concessione quando ad altri non serve, non è detto che in quel momento abbia voglia di stare al computer ed interagire. Tutt’al più leggo qualcosa ma per scrivere ci vogliono più energie.

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  13. @ Valentino (sperando che legga…)

    In riferimento alla replica di Stelio a te indirizzata, riporto questo aforisma di Stefano Benni: “Una gigantesca, unica ragione divideva il mondo in quelli che l’avevano, cioè tutti, e gli altri, e cioè tutti”.

    Replico solo ad una tua osservazione che mi pare alquanto arrogante (dato che non mi conosci e non sai cosa io abbia fatto o non fatto per evitare che questo degrado dilagasse).
    Tu scrivi: «Che cos’hai fatto per combattere questa cosa? Niente. Ne tu, ne tuo marito, nessuno. Ci avete guardato impassibili allo scempio che si preconfigurava, con l’idea che – comunque – non vi toccherà.»

    Qui ti sbagli. Nel mio quartiere si è costituito un comitato che, grazie ai numerosi esposti in Procura e agli articoli fatti pubblicare sul quotidiano locale, ha ottenuto maggiori controlli da parte delle Forze dell’Ordine. La zona è pattugliata costantemente ma è evidente che nessuno abbia il dono dell’ubiquità, quindi quando una volante sta in un posto non può certo evitare che in un’altra parte si verifichino atti criminali o zuffe come è successo l’altro giorno. Mio marito, tempo fa, ha sventato un furto operato da minorenni (stranieri… mi spiace dirlo), chiamando il 113 dalla finestra di casa.
    Ogni giorno vengono fatte, da Polizia e Carabinieri, decine di controlli e quotidianamente vengono inoltrate segnalazioni in Questura, compilati fogli di via, operati arresti. Ma non basta proprio perché non si tratta di fatti isolati.
    Da parte nostra, non stiamo con le mani in mano, non temere. Ma non possiamo combattere con le nostre sole armi (il telefono, in questo e altri casi). In più, siamo molto preoccupati perché il mercato immobiliare in questa zona è in crisi, la svalutazione degli immobili ci costringe a rimanere qui perché, anche se volessimo andarcene (ammesso che ci siano ancora zone sicure, ma ne dubito), non riusciremmo nemmeno a prendere quello che abbiamo speso quindici anni fa. Quindi, se hai capito il mio discorso, è nel nostro interesse fare qualcosa, qualsiasi cosa, per arginare questo fenomeno.

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  14. @MarisaMoles

    Certo che a prima vista leggendo la mia frase può sembrare arrogante. Ma non lo è. Puoi vederla come un grido di disperazione verso tutti. Verso nessuno.
    Perché grido di disperazione? Magari per il fatto di aver avvertito tante volte per il degrado di una società che preferisce vivere ignorando (non nella ignoranza, che può sembrare altro) il degrado. La risposta è stata (quasi sempre) “chi sono io a giudicare gli italiani”? (e se non mi conviene posso sempre tornare a casa, no?) Inutile provare di chiarire il fatto che il mio non era una critica, bensì un avvertimento.
    Il mio non era affatto un chiedere a te (tuo marito, o qualsiasi persona innocente) di uscire in strada e fermare a mani vuote i delinquenti (oppure il fenomeno). E non sono pro nemmeno ai vari “comitati” (ronde) della gente civile che non ha nessuna preparazione e/o diritto di azionare con fermezza in caso di violenza. NO. Non è questa la soluzione della problema.
    Allora cosa si potrebbe fare? Bhe, non sono io quello che ha la chiave della soluzione definitiva. Ma mi permetto alcune riflessioni (che possono essere prese in considerazione). Prima di tutto, matematicamente parlando, se una pattuglia si trova nel punto A, allora un delinquente può essere nel punto B. Ora, io non penso che la nostra problema sarebbe una di quelle senza risposte. Una di esse potrebbe essere di formare due pattuglie (nei punti A e B). Non credo che sia un grande peso per la comunità creare più difensori abilitati. Magari non c’è ne sarebbe bisogno nemmeno (visto quanti ne restano tutti giorni nei uffici a non far niente).
    Si può fare? Yes, we can. Pensa un po alla immondizia che un giorno o l’altro aumenterebbe. Cosa facciamo? C’e la prendiamo con essa (o con chi la fa), oppure chiediamo ai edili di aumentare i mesi di riciclaggio, fino al smaltimento totale?

    Caro signor @Stelio.

    Non so come mai la sua deduzione che sarei un patito del famoso fb. A dir la verita non so se ho in tutto al massimo 20 amici sulla piattaforma citata. E se mi sono iscritto l’ho fatto per avere qualche notizia (o foto) sulle mie figlie che vivono in Romania. (mi permetta almeno questo).
    Vede signor Stelvio, io non sono uno che va nei vari blog per cercare dei consensi (al fine di sentirmi appagato, come crede). Anzi, sono sempre stato uno che (se) ha una opinione diversa la espone e lotta per le sue idee. Testimone potrebbe fare la padrona di questo blog ma anche Diemme che ha un suo ugualmente interessante. Anzi, a volte trovo dei articoli dove sono talmente in sintonia che mi limito a postare un Like senza aggiungere niente di superfluo.
    A questo punto puo chiedersi perché tanto amareggiato e deciso a chiudere una porta proprio qui? Su un soggetto di discussione tanto scottante. Perché ci sono dei limiti, sig. Stelvio. Si arriva a un certo punto di voler buttar via “le armi”. Io, in quanto straniero (ma aver vissuto in Italia per 18 anni) mi trovo come tra l’incudine e martello. Non è facile difendere la nazione natalizia davanti a quella del cuore. Cosi come non è facile nemmeno il contrario. Sono stufo che mi si dica che occupo un posto di lavoro (con stipendio minimo), che ho portato (nazionalmente) delinquenza e violenza in questo paese. Ma sono anche furioso nel sentire parole di “quei truffatori e mafiosi” dalla parte di miei connazionali. Ok, mi ripeto sempre che sono delle persone limitate, che pensano molto poco e si aggrappano a concetti limitati. Ma so che ci sono anche persone che possono superare tali pregiudizi. Come la padrona del nostro blog che seguiamo, no?
    Poi TRAK .
    Arriva la botta. E scopri che anche quelle persone che avevi come appoggio nelle tue battaglie di opinioni possano diventare, anzi no, possano passare dall’altra sponda. E allora che ti viene il dubbio e sorge inevitabilmente la domanda:
    Allora che senso ha la battaglia che porto?

    P.S. Mi dispiace che non puo guardare penultimo articolo che ho posto sul mio blog (To be….. or not to be) per capirmi meglio. Ma non voglio fare pubblicità gratuita.

    P.S.2 Diemme, per te avrò una risposta più ampia in seguito Ma ora aspetto che passano i tuoi problemi. Poi, ne parleremmo.

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  15. @ Valentino

    Apprezzo molto lo “sforzo” fatto per tornare sul discorso e per rifare la sottoscrizione al blog. Ma nella parte del tuo commento indirizzata a me dici esattamente quello ho scritto io… quindi, siamo d’accordo. Solo una nota: “comitato” e “ronde” non sono sinonimi. Nessuno mai si è sognato di fare ronde nel quartiere, sostituendosi alle Forze dell’Ordine.

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