MAMMA È MEGLIO

maternità katie berggrenIn risposta ad un vecchio post – ma sempre attuale tanto da essere tuttora commentato – invito i lettori a leggere questo interessante articolo di Monica Coviello per Vanity Fair.

L’argomento che affrontavo più di un anno fa era la maternità, o per meglio dire la condizione di childless – o childfree, definizione che mi piace meno – condivisa da molte donne che decidono di non mettere al mondo figli.

Non era mia intenzione dare un giudizio di merito sostenendo la maternità e criticando chi non vuole procreare. A giudicare dai commenti che ho ricevuto l’intento del post è stato frainteso. Allora avevo espresso la mia modesta opinione sul fatto che la parola childfree mi sembra triste perché lascia sottintendere che i figli siano visti come una sorta di schiavitù, una rete in cui non cadere in nome del diritto alla libertà.

Sulle mie parole si è molto “ricamato”, come si suol dire, mettendo in secondo piano la mia assoluta convinzione, ribadita più volte in quello e in altri contesti, che ad ognuno debba essere garantita la libertà di scegliere.

Ma in che modo, dunque, l’articolo della Coviello si ricollega a questo discorso? La giornalista di Vanity Fair si riferisce al libro «La maternità è un master» (edizioni Bur) in cui gli autori, Riccarda Zezza e Andrea Vitullo, sostengono che la maternità renda più forte la donna, l’aiuti nel problem solving quotidiano, trasferendo poi determinate abilità anche nel mondo del lavoro.

Riporto uno stralcio dell’articolo:

«La natura – dicono Riccarda Zezza e Andrea Vitullo – si preoccupa della preservazione della specie, quindi dota le madri di maggiori capacità e di istinto di sopravvivenza. C’è anche una chiara somiglianza tra la complessità che gestisce un genitore in famiglia, in termini di intensità delle relazioni, sviluppo dell’autorevolezza, desiderio di abilitazione degli altri, capacità di motivazione e di ascolto, e la realtà di un mondo lavorativo che richiede sempre maggiore empatia e capacità relazionale». La maternità sarebbe, in altre parole, una «scuola di management».

Nella gallery fotografica sono poi riportate le abilità che la maternità sviluppa e che possono tornare utili anche sul lavoro:

1. PRENDERE DECISIONI
2. ASCOLTARE CON ATTENZIONE
3. INTUIRE ED ESSERE CAPACI DI EMPATIA
4. GESTIRE LE CRISI
5. DARE PRIORITÀ
6. MOTIVARE
7. ANDARE AL SODO
8. DELEGARE
9. ESSERE CREATIVA
10. AVERE AMPI ORIZZONTI

Personalmente ammetto di non aver sviluppato tutte queste abilità, nonostante la nascita di due figli nell’arco di 22 mesi.
E voi che ne pensate?

[nell’immagine “Maternità” di Katie M. Berggren da questo sito]

9 pensieri riguardo “MAMMA È MEGLIO

  1. Beh, modestamente, io certe attitudini le avevo già da prima! Anzi, ti dirò, forse un po’ le ho addirittura perse.

    Invece, sinceramente, un qualcosa l’ho appreso, ho imparato a vedere sempre il positivo in ogni situazione, e questa è certo una caratteristica che mi mancava totalmente: mia figlia mi riscattato e salvato da una vita a tinte fosche!

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  2. Io non penso che il fatto di diventare genitore aiuti a sviluppare queste abilità più di altre esperienze, penso se mai che si trovino meglio nel ruolo di genitori quelli che possiedono già alcune di queste abilità. Se qualcuno, ad esempio, non sa prendere decisioni, diventerà un genitore che non sa prendere decisioni, come ce ne sono molti.
    Penso invece che il fatto di essere genitori porti a guardare le cose con un occhio diverso (almeno per me è così, ad esempio ho sempre avuto una certa tendenza ad essere paterno con gli alunni ma questa si è rafforzata dopo la nascita dei miei figli).

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  3. @ Diemme

    Indipendentemente da studi e casistiche, la maternità – o per meglio dire la genitorialità, così includiamo anche i padri … forse non Attila 😉 – ha sempre molto da insegnare. Poi c’è chi impara e chi no, come in tutte le situazioni che si presentano nel corso della vita.

    @ nonseinegato

    Certamente si guardano le cose con occhio diverso. Non concordo, invece, sul fatto che alcune attitudini non possano svilupparsi se non le si possiede già. Ci vuole innanzitutto la volontà.

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  4. Ma davvero tali abilità si sviluppano solo con la maternità? O meglio solo con quella fisica? Quante volte nella vita siamo chiamati a rispondere, uomini e donne, a “chiamate” di maternità/paternità senza essere tali da un punto di vista biologico? Chi sceglie di rispondere a tali chiamate lo fa peraltro in assenza di obblighi di legge, sentendo forse richiami altri…
    A presto, Es.

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  5. Cara Ester,

    nell’articolo non si afferma che solo con la maternità si sviluppano le abilità citate. Sarebbe, infatti, un problema se le donne senza figli non le avessero! L’intento è, in verità, quello di affermare che la maternità aiuta molto in questo senso. Rimango sempre dell’idea che il mettere al mondo dei figli sia una scelta, certamente non un obbligo di legge, e che la condizione di childless possa essere dettata anche da una serie di congiunture indipendenti dalla propria volontà.

    Buona giornata.
    Un abbraccio.

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  6. Penso che se una donna deve aspettare di diventare madre per essere in grado di essere una buona lavoratrice siamo messi male. Spesso tra l’altro è il contrario, una madre è assorbita dai suoi doveri familiari ed è facile che sul lavoro renda meno.

    Sulla prima questione, riporto dal testo “la parola childfree mi sembra triste perché lascia sottintendere che i figli siano visti come una sorta di schiavitù”.
    Ma è vero, cara. I figli sono una schiavitù, non te ne puoi certo allontanare quando vuoi. Ad alcune sta bene e ad altre no, alcune di quelle che “no” lo capiscono in tempo e non fanno figli.
    E’ bene distinguere le due situazioni, quindi.
    ChildLess è chi subisce la situazione del non avere figli e la vive come una mancanza, childFree è chi è libero dai figli perché averli lo vivrebbe come una castrazione della propria libertà.
    Le tue parole non sono state fraintese, tutt’altro, perché negare questa distinzione è negare l’evidenza e quello che stavi dando è solo che un giudizio negativo.

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  7. @ Serena

    Sono passati due anni dalla pubblicazione dell’articolo e ho dovuto rileggerlo prima di replicare. Ad ogni modo, qualunque siano le tue convinzioni, io rimango del parere che childfree sia una definizione triste. Se una donna deve vivere la maternità come una schiavitù, allora è meglio che non metta al mondo dei figli. Personalmente non mi sono mai sentita schiava dei miei figli, ho fatto delle rinunce, sì, ma ben volentieri, sapendo a cosa andavo incontro. A volte basta la consapevolezza per prendere la vita per il verso giusto.

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  8. Allora vogliamo dirci tutto senza tanti buonismi? I figli ci rovinano la vita, la carriera, la solidità economica e ..per le stupide come me che li hanno messi al mondo nell’ambito di un matrimonio, portano solo il cognome del padre. Però poi qualsiasi cosa non vada è sempre colpa delle madri, è lo sport preferito di psicologi, assistenti sociali, e prima ancora pediatri, infermiere ( lo devi allattare al seno…). Si può fare una stupidaggine più grossa? Io credo di no. Per carità, mi è andata anche relativamente bene, i miei due figli sono sani, non hanno mai fatto grosse sciocchezze, cercano di lavorare. Uno di loro ha una compagna e hanno un bambino di un anno, tanto caro per carità ma per non più di cinque minuti. Insomma l’ho capito tardi ma io vorrei proprio essere childfree….Corinna

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