LEGARSELA AL DITO


Per iniziare, una curiosità: “legarsela al dito”, modo di dire che oggi sta a significare “non scordare un torto subito”, ha origini bibliche. Nel Vangelo di Matteo, infatti, si riferisce l’antica usanza di portare in mano una qualunque cosa per ricordarsi di qualcos’altro. La tradizione vuole che il detto sia passato attraverso i secoli, arrivando addirittura all’anello di fidanzamento che simboleggia una dolce promessa da non scordare. (FONTE)

Fatta questa premessa, veniamo al dunque, anzi no, devo fare un’altra premessa.

Generalmente io non sono una che se la lega al dito. Innanzitutto, cerco di capire le ragioni degli altri quando credo di aver subito un torto. Dico “credo”, perché l’apparenza delle cose spesso è molto diversa dalla realtà,. A volte c’è bisogno di interpretarle nel modo corretto, le cose. Troppo raramente questo sforzo non lo si fa, per cocciutaggine, forse, o anche solo per pigrizia. O semplicemente perché si è proprio convinti di aver capito, anche quando la nostra interpretazione dei fatti, o piuttosto il pregiudizio che ci porta a dare una determinata spiegazione ad un fatto, è del tutto errata.

La verità è che siamo ben pronti ad attaccare subito, spesso per difenderci o per difendere il nostro punto di vista, meno propensi ad aspettare il momento buono. Siamo istintivi e ben poco riflessivi. Dico “siamo”, e non è un plurale maiestatis, intendendo un difetto che accomuna non pochi di noi. Magari non è una pratica diffusa, forse accade poche volte, non la maggior parte, ma sono convinta che tutti noi agiamo così, poco o molto che sia.

Ora davvero vengo al dunque.
In questi anni da blogger (ormai ho vinto ogni resistenza a definirmi tale!) ho “incontrato” molte persone. Conoscenze o amicizie virtuali, s’intende. Alcuni di questi incontri sono durati pochi istanti (il tempo di un commento ad un post, botta e risposta), altri si sono consolidati nel tempo e sono diventati delle belle amicizie. È successo, a volte, di “rompere” con qualcuno ma mai senza dare spiegazioni o senza stare a sentire le ragioni dell’altro. Se queste ragioni non mi hanno convinta (sò de coccio, lo so), ho “rotto” definitivamente, senza attaccare, senza aggredire verbalmente, senza serbar rancore, senza imbestialirmi anche quando ne avrei avuto ben donde perché pubblicamente insultata (non sul mio blog, ovviamente, ma su quello della “controparte”). Questi sono rischi che si corrono e chi si mette in piazza, sul web che è appunto un luogo pubblico, lo sa bene.

Io, però, non me la lego al dito. Nel senso che se le persone che mi hanno offesa o hanno fatto una grave mancanza nei mie confronti, si scusano, sempre che la loro “amicizia” o semplice frequentazione m’ispiri, io non me la prendo. Amici come prima forse no, almeno non subito. Diciamo che in questi casi faccio la sostenuta …

A volte succede che qualcuno che, per motivi suoi, non ha piacere di lasciare un commento sui miei blog mi scriva un’e-mail. A me fa sempre piacere, naturalmente, e rispetto la privacy, se le persone in questione non vogliono mettersi in piazza.
Mi è capitato, qualche mese fa, di incontrare per e-mail una persona con cui ho scambiato qualche messaggio su un argomento su cui mi premeva avere un parere tecnico, in modo da non scrivere scemenze sul blog. Sottolineo, però, che non sono stata io a cercare questa persona ma sono stata contatta. Nei mesi i messaggi, pochi in verità, sono sempre stati cortesi … non siamo mai arrivati al “tu” e, trattandosi di persona molto più anziana di me, non ho ritenuto di dover forzare la mano.

Dopo un silenzio, da parte sua, piuttosto lungo, ho ricontattato questa persona, semplicemente per sapere come stava e per avere notizie su un progetto di cui mi aveva parlato. Mi è sembrato un gesto carino. Infatti, fu molto gradito da parte sua e mi rispose subito. Poi, per i motivi che non sto qui a spiegare ma di cui ho dato un preciso e dettagliato resoconto a questa persona, non ho risposto tempestivamente.

Proprio domenica stavo pensando di scrivere e sono stata preceduta da una mail aggressiva e accusatoria. Mi si diceva, senza mezzi termini – anzi, l’oggetto della mail era proprio questo – che ero un’ingrata. Oddio, ho pensato, che ho fatto? Perché dovrei essere grata a questa persona? Non ho chiesto mai un favore, ho ricevuto delle informazioni che comunque non avevo chiesto, non si è trattato di alcun favore se non quello di prender parte ad una discussione esattamente come avviene nei post, all’interno dello spazio commenti, solo in via confidenziale. Se vogliamo chiamarlo favore per cui devo esprimere eterna gratitudine …

Insomma, per farla breve, ho subito risposto alla mail ricevuta, mantenendo un tono cortese ed educato, spiegando le mie ragioni, scusandomi, pure se non ho capito bene perché dovessi profondermi in scuse, solo perché non ho risposto tempestivamente alla mail precedente? E poi, se vogliamo, l’unico epiteto che al limite mi sarei potuta meritare sarebbe stata “maleducata”, ma ingrata? Non ho esternato tutto ciò, sia chiaro, nella mail. Ho pensato che il contenuto del messaggio potesse bastare a chiarire l’equivoco. Mi sbagliavo assai.

Non ho ricevuto risposta. D’altra parte la persona in questione mi aveva invitata a cancellare il suo contatto dalla rubrica. Io mi ero permessa di andare contro la sua volontà, anche se per una giusta causa: mica dovevo accettare senza fiatare delle accuse ingiuste! E poi dovevo pur spiegare i motivi del mio silenzio.
Ma la persona in questione evidentemente la pensa diversamente. Io, ingrata e maleducata, ho osato scrivere anziché precipitarmi a cancellare il suo indirizzo e-mail …

Ora mi chiedo: perché se l’è legata al dito?
Ritornando alla spiegazione del detto, che torto ho fatto a questa persona?
Non rispondere ad un’e-mail tempestivamente è un torto?
Cercare di spiegare le proprie ragioni è in qualche modo offensivo?
Usare un tono educato e gentile in risposta ad una mail accusatoria, è forse questo il torto? Dovevo incassare le accuse e starmene zitta? Battermi il petto e dire mea culpa?

Io non so rispondere.

22 pensieri riguardo “LEGARSELA AL DITO

  1. Carissima Marisa, non sai che argomento hai toccato! Avrei da scrivere fiumi sull’argomento, ma sai che in questo momento ho le mani legate e mordo il freno.

    Mi riprometto di tornare, e se non lo faccio rammentamelo, perché ci tengo sul serio. Il problema di legarsela al dito ha tante sfaccettature: c’è chi si lega al dito torti subiti (e ammetto di appartenere a questa categoria), ma c’è chi si lega al dito i propri fantasmi, vomitando accuse su un malcapitato estraneo del tutto innocente (come è molto probabilmente il caso che tu hai citato).

    Poi hai nominato gratitudine/ingratitudine, e anche questo è una questione che mi sta molto a cuore, e sulla quale vorrò tornare.

    Infine, il NON legarsela al dito, il sapere andare oltre quando l’altro si scusa: urca, mi prudono le mani, ma il tempo mi sta strangolando!

    Un abbraccio, e a rileggerci/riscriverci/risentirci quanto prima! 😉

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  2. Ti propongo due ipotesi.
    La prima mi riporta ai bei tempi, quando a navigare in Italy eravamo poche decine di migliaia. In quell’epoca lontana, la netiquette imponeva di rispondere a un messaggio elettronico “in giornata”, pena il marchio di scortesia.
    Potrebbe darsi che lo scorbutico faccia parte di quella “vecchia guardia” e che si regoli di conseguenza.
    Purtroppo per il tuo interlocutore, la seconda ipotesi mi viene suggerita da un passo del tuo post, e si può riassumere in una sola parola: alzheimer. 😦

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  3. @ Diemme

    Lo so che sul NON legarsela al dito avresti qualcosa da dire … aspetterò. 😉

    @ Stelio

    La netiquette credo non c’entri: ha detto che sono un’ingrata non maleducata.
    Propenderei per la seconda …

    Grazie per il contributo, come sempre graditissimo.

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  4. Ok, non resisto, intervengo, semmai domani partirò con qualche pezzo in meno 😉

    1) Sulla questione del legarsela al dito: io non accetto che uno faccia del male a un altro e poi pretenda la prescrizione perché “è passato tanto tempo”; le ferite che uno fa rimangono, almeno chi le ha inferte faccia la mossa di medicarle, poi ne riparliamo. Credo che se uno sbaglia debba riflettere sui propri errori, comprenderli, cercare in ogni modo di riparare, e comunicare alla parte lesa il suo rammarico e questa voglia di riparare: contrariamente, se la gente confida sul fatto che io dimentichi, ha proprio capito male!

    2) Salto sulla gratitudine e ingratitudine perché il discorso è troppo vasto, sono anni che penso di farci un post e ancora non riesco!

    3) “NON” legarsela al dito: ecco, io penso che ci sia in giro un sacco di gente permalosa gratuitamente, e gravemente sofferente di manie di persecuzione. Credo che tanta gente si offenda per un problema che è invece proprio, spesso un complesso d’inferiorità, o per mancanza di rispetto e/o comprensione per la vita altrui (per esempio, si sente trascurato mentre l’altro sta in apnea per la vita sotto pressione che sta conducendo).

    Io credo che per tante cose non ce se la debba prendere ma, proprio se ci sentiamo colpiti, dovremmo cercare il chiarimento (e, se c’è, accettarlo). Se pure dopo il chiarimento uno continua coi suoi deliri di persecuzione, che si curi e non assilli il prossimo, grazie!

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  5. Aiaia…che male…..eh si . questo tuo post arrivata a fagiolo!
    Non sono assolutamente una che si lega le cose al dito, ma oggi, anzi ieri si!
    Scrivo “short stories” in English of course, nel 2011 la rivista SPEAK UP ha pubblicato 7 of my SHORTS”… Senza mai cambiare una virgola, tutte livello C2.
    Ho contattato una rivista tedesca ed hanno espresso interesse…vengo al dunque!! ieri mi mandano la mia storia ..”edited”.
    cioè..completamente riscritta. Il racconto era una storia dolce di memorie di una ragazza da anni 60 ad oggi che ritrova un suo amore di scuola.(perdona il mio italiano)I need some lessons!) Ambiente anni 60…spostato anni 82…storia di droga, lotte e pistole. (DRUGS, FIGHTING, AND GUNS) Sono rimasta inorrridita! Si questo e legato al dito, anzi 5 dita. Proprio in questo momento, con tranquillità (per modo di dire) ho scritto una lettera alla sig INEZ, editrice della rivista.Cortese, chiara, anche aggiunto che la persona che sì è permessa/o di riscrivere il mio racconto, “is either presumptious or a frustrated writer who should write his /her own stories and not destroy other people’s work.”
    Questo racconto in particolare ha avuto un gran successo con le mie allieve…tutte prof di licei linguistici, da firenze e forlì, sono la loro tutor per la pronuncia! Tutte ad immaginarlo sul grande schermo..si sono molte carine con me..un po esagerato, mi lusingano!!
    mio marito..uomo romagnolo terra terra.il suo commento.”MA CHE TE NE FREGA, BASTA CHE TI PAGHINO…NO invece me ne frega, ed è legato stretto stretto al mio dito.
    Come te, devo chiarire la situazione, poi il tempo vedrà..”time will tell”

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  6. Questione complessa, quella delle ‘offese’ in pvt (è capitato anche a me), e che fa riflettere anche sull’aleatorietà della rete (vicinanza fittizia che autorizza a ‘esagerare’ spesso) e anche su quanto spesso le persone si permettano per scritto cose che vis à vis non si permetterebbero mai, o ragionando di più (e invece le parole scritte pesano come pietre).
    Ma, al di là di questo, posso dirti che trovo la scelta di quell’immagine di You’ve Got Mail assolutamente geniale, nella sua potenza evocativa, per questo tema!?

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  7. Cara Marisa,
    purtroppo il web è l’estensione di ciò che accade ogni giorno e guardandosi negli occhi… ma con un rischio in più: si conosce poco l’interlocutore!
    Ti racconto: per natura sono pacifica, anzi qualcuno, sono sicura, giudica il mio presentarmi sempre sorridente (magari ho le valvole girate ma gli altri che c’entrano??!). Non sopporto chi ha sempre il grugno, il rimprovero pronto, l’ascia sollevata… chi sembra debba spaccare il mondo con prese di posizione ma poi sparla dietro, e a scuola è un pericolo quando questo accade con i ragazzi, c’è chi non riesce a dire loro che sbagliano, correggendoli educando, però in consiglio d’istituto ci si scaglia contro infierendo.
    Sono sorridente ma non proprio mite (nel senso di scema, il significato comune che tutti danno a questo termine!), anzi c’è chi ha detto che ha soggezione di me perché anche con educazione e col sorriso non la mando a dire, nel senso che preferisco parlare in viso confrontandomi, piuttosto che alle spalle!
    Dal tuo blog si capisce che sei una persona positiva e profonda, pronta alla relazione interpersonale e a ‘dare’, al confronto. Non sempre questo crea un’aura di simpatia intorno, anche nel web, specie ad una certa categoria di esseri umani. Ci sono i simpatizzanti del ‘diàlogon’… e quelli del ‘diàbolon’… che non è solo il ‘cornuto di cristiana definizione’, ma è chi per natura divide, è portato al rancore e all’incazzatura indiscriminati, che aspetta l’altro solo al ‘varco’! E lì… non c’è spiegazione che tenga cara Marisa… si è semplicemente di fronte all’esaurimento (eh eh eh!!!).
    Spiace, ma… che farci. Forse quel legame, quella sorta di nastrino che si era legato/a al dito, per ricordarsi di te sul suo cammino, gli/le sarà stato stretto (capita spesso a chi ‘pretende’)… e non sapeva come fare, per primo/a, a tagliarlo, imputandoti (amputandosi!) un torto.
    Ti abbraccio: Maria Rita

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  8. @ Diemme

    Spero tu sia partita con la valigia a posto! 🙂

    Sono d’accordo con te, specie sull’ultima parte. Certe persone bisogna proprio dimenticarle. Mi dispiace, soprattutto perché sono stata fraintesa, ma me ne farà una ragione.

    @ 3theperfectnumber

    Ma nel tuo caso si tratta proprio di una violazione del copyright. Altro che legarsela al dito!
    Forse tuo marito ha ragione ma è una questione di principio. Come dite voi? To make an issue on it?

    @ ‘povna

    L’immagine l’ho scelta perché riflettendo sul mio caso, mi è venuto in mente il film “C’è post@ per te” che è la quintessenza degli equivoci via internet. E poi io adoro Meg Ryan, un po’ meno Tom Hanks (nell’ambito dei film comici, l’ho preferito in “Casa dolce casa”, girato quando ancora era sconosciuto .. irresistibile!).

    Grazie per l’apprezzamento.

    @ Maria Rita

    Anch’io generalmente sono accomodante, pur non lasciandomi mettere i piedi in testa. E a scuola purtroppo capita …
    Forse sono un po’ meno sorridente però anch’io penso che in fondo se ce l’ho con qualcuno, mica devo avercela con tutti. Alla fine il malumore mi passa presto, basta incontrare la persona giusta (generalmente le bidelle!) o entrare in classe. Lì mi rendo conto che la vita scolastica ha i suoi lati belli, dopo tutto. 🙂

    Un abbraccio.

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  9. @3theperfectnumber: Hai perfettamente ragione, hanno deturpato il tuo lavoro, so come uno si senta violato in questi casi: a me è successo un paio di volte, ho interrotto ogni contatto con la rivista incriminata! 👿

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  10. Condivido in pieno quanto detto da Diemme,anche se non avrei saputo dirlo così bene. Purtroppo c’è gente che considera un’offesa mortale anche una piccola mancanza di attenzione e trova tanto godimento nel portare rancore da non poterci rinunciare neppure davanti a delle scuse.Marisa,non ti curar di lor….

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  11. Cara Marisa, sono passato dalle tue parti e questo post l’ho trovato di particolare interesse, anche se non è poi facile rilasciare in maniera sintetica una propria opinione al riguardo.
    Credo che qui, come pure nei rapporti personali di tutti i giorni, anche familiari se vogliamo, ci si possa imbattere in reazioni inaspettate, rendendosi conto di aver calpestato dove non si doveva.
    La permalosità, in particolare, è uan brutta bestia, che provoca reazioni difficili da spiegare, se poi è unita all’orgoglio, bisogna armarsi di pazienza.
    Anche in me quei difetti non sono assenti, ma sono ampiamente superati dal desiderio di vivere in pace ed armonia, senza timori di rappresaglie o di imboscate….per farla pagare!
    Dico che il più delle volte, pur convinto delle mie ragioni, preferisco passar dalla parter del torto, pur di metter una pietra sopra a situazioni che non fanno bene a nessuno se si trascinano.
    Credo che qui, in questo ambito, la difficoltà di chiarimento sia maggiore, come pure la facilità, scrivendole, di dire anche con facilità, cose che non sempre corrispondono a quello che simo convinti sia giusto dire.
    Ciao Marisa, ti auguro un sereno fine settimana!

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  12. A mo’ di chiusura di questo tragicomico episodio (non ci interessa proprio sapere chi sia l’interlocutore colpevole di tale mostruosa “gaffe”..) una precisazione sul riferimento biblico.
    Poiché non ricordavo nulla di simile nel Vangelo di Matteo, ho verificato e, salvo errore, solo nel Vecchio Testamento ho trovato: “Custodisci i miei comandamenti e vivrai, custodisci il mio insegnamento come la pupilla dei tuoi occhi. Légateli alle dita, scrivili sulla tavola del tuo cuore” .
    ( I Proverbi, cap. III°, 2, 3).

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  13. @ Alberto

    Io capisco che fa caldissimo e magari a casa hai il condizionatore quindi non hai voglia di uscire, ma questa tua attitudine alla ricerca mi sconvolge (positivamente, s’intende).

    Ti sono grata per l’ errata corrige. La fonte citata, cui ho attinto, era evidentemente imprecisa. Mi spiace. la prossima volta verificherò personalmente la correttezza dei dati. 😉

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  14. Intervengo anch’io, come Alberto, sul modo di dire “legarsela al dito”
    e a proposito dell’anello di fidanzamento.
    Era tradizione nell’antica Roma che lo sposo il giorno del matrimonio regalasse alla sposa un anello che lei era obbligata ad infilare al dito
    della mano sinistra, detto per questo “anulare”, e a portare per tutta la vita…
    Questo perché si riteneva che da quel dito partisse una vena che arrivava
    dritta al cuore: serrare l’anulare con un anello aveva quindi il significato di incatenare anche il cuore della donna amata e assicurarsene la fedeltà.
    Ciao!

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  15. @ map85

    Cara M. Antonella, grazie per l’integrazione sull’anello. Io, però, conosco un’altra versione secondo la quale l’anello (anulus pronubus) veniva donato alla fidanzata dal futuro sposo il giorno del fidanzamento (sponsalia), cioè quando veniva fatta la solenne promessa di matrimonio. Alla fine, si trattava di un contratto vero e proprio quindi il futuro sposo versava una caparra (arrha) al suocero quale pegno del contratto matrimoniale. L’anello poteva essere di ferro ricoperto d’oro, oppure d’oro vero, e veniva immediatamente infilato dalla fidanzata all’anulare.

    C’è poi da dire che la visione romantica del fidanzamento e matrimonio quale concepita da noi è ben lontana dalle abitudini degli antichi Romani per cui il matrimonio non era altro che un’unione conveniente per le famiglie e gli sposi nemmeno si conoscevano, quindi difficilmente si amavano. L’anello di per sé simboleggia la fedeltà ma sappiamo bene che spesso la promessa veniva rotta, da uomini e donne in egual misura.

    Anni fa su questo tema ho proposto in classe un piccolo modulo che è stato selezionato dal Gold nazionale. Ne ho parlato QUI. Ma forse hai già letto la pagina.

    Grazie ancora e buona domenica!

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  16. Insomma, lo scambio dell’anello nella cerimonia del matrimonio cristiano sarebbe un’appropriazione di una precedente usanza dell’antica Roma.
    Se non erro varie celebrazioni cristiane sono state ereditate dalla civiltà romana. La data della nascita di Gesù, che gli esperti non hanno mai pensato essere veramente il 25 dicembre, coinciderebbe con la fine dei Saturnali…
    Ma guarda un po’ come ci ha portato lontano una risposta sconveniente per email a Marisa… non ci resta che ringraziare sentitamente l’interessato!

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  17. @ Alberto

    Hai visto che sul mio blog si impara sempre qualcosa! Una prof con tanti collaboratori validi (fra cui ci sono altre prof e ci sei anche tu, naturalmente, che hai tanti interessi e parecchio svariati) che anche ad agosto “lavora” … e poi dicono che abbiamo le vacanze lunghe! 😉

    Se può esserti utile, ho trattato in altri post l’origine di varie feste religiose che hanno sempre qualcosa in comune con l’antica Roma. Sulle “categorie” cerca la voce “religione”. Buona lettura!

    E grazie al “nostro” ex amico permaloso. 🙂

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