STAMATTINA VI HO VISTI TUTTI CONCENTRATI …


AI MIEI STUDENTI DI QUINTA

Stamattina vi ho visti tutti concentrati, da lontano. Con quei fogli a quadretti davanti, a cercare le risposte ai quesiti della prova di matematica, a provare e riprovare, qualcuno tranquillo, sicuro di quel che stava facendo, qualcun altro molto più perplesso. Alcuni inquieti, con quel movimento sussultorio delle gambe che tante volte ho osservato durante l’esecuzione dei compiti in classe. Le ragazze con i capelli raccolti, con quel caldo insopportabile, quel caldo che doveva proprio arrivare improvviso, in concomitanza con l’inizio degli esami. Un caldo che solo una “vecchia” prof come me può sopportare tenendo ostinatamente i capelli sciolti. Ma sudavo, eccome se sudavo.

Anche ieri mattina vi ho visti tutti concentrati, da lontano. Con i fogli a righe davanti, intenti a ricomporre in ordine i pensieri sparsi per elaborare un tema decente, Almeno, spero lo sia stato. Non so nemmeno che tracce avete scelto, avrei voluto passare veloce fra i banchi e sbirciare qua e là. Me l’hanno impedito, ovvero mi hanno consigliato di chiedere l’autorizzazione alla presidente che, però, in quel momento non c’era. E me l’avrebbe data, certamente, l’autorizzazione, la conosco da così tanti anni … alla fine ho rinunciato però sono riuscita a vedere qualche testa che si sollevava dal foglio, come se aveste percepito la mia presenza. Come quando, durante i compiti, smettevate immediatamente di parlottare un secondo prima del mio passaggio dalle vostre parti.

Mi sembra così strano, così ingiusto che io non sia lì con voi ad accompagnarvi nell’ultima avventura da liceali. È come se mancasse qualcosa, è come se quel cordone ombelicale che ha tenuti uniti a me tutti voi facesse fatica a spezzarsi. I miei allievi! Una parola che ha origine dal verbo latino alo, nutro. Eh sì, vi faccio ancora una lezione di latino, l’ultima. Nutrire trasmettendo il sapere senza rinunciare alle emozioni, nutrire dei cuccioli che, ormai svezzati, stanno per prendere il volo. Questo è il nostro mestiere, quella cosa meravigliosa chiamata “insegnamento”.

Anche stamattina, quando poi mi sono avvicinata per sorvegliare la classe che mi era stata assegnata, ho visto gli sguardi alzarsi da quel foglio a quadretti. Ho percepito qualche sussurro, qualcosa come “sono quelle le scarpe arancioni”, l’ultimo acquisto di cui avevo parlato con alcune di voi. Sì, sono quelle. Belle vero? Mi avete definito una prof elegante: quella di oggi forse è stata l’ultima lezione. O forse no.

In teoria da oggi dovrebbero iniziare le mie vacanze. In pratica ho ancora delle questioni burocratiche da sbrigare negli uffici. Potrei farlo domani o magari sabato mattina. Mi toglierei il pensiero e da lunedì sarei davvero libera da impegni. Ma voi non ci sarete, nei prossimi giorni. E allora credo proprio che andrò negli uffici lunedì, farò un veloce passaggio fra i banchi per regalarvi un sorriso di incoraggiamento. Avviso subito le ragazze che non avrò le scarpe arancioni: non avete idea del numero esorbitante di vesciche che mi hanno procurato in tre ore di passeggiate su e giù per il corridoio. Neanche avessi fatto la maratona di New York …

E poi magari ci sarò anche per gli orali. Al diavolo le vacanze! Inizieranno per me e per voi nello stesso momento. Verrò a sostenervi, ad incoraggiarvi, a pregare con voi o a fare esercizi di respirazione assieme ai più tesi di voi. Non verrò ad ascoltarvi, lo prometto. Oddio, se proprio qualcuno me lo chiedesse … non sarebbe professionale ma chiedendo il permesso magari lo si potrebbe fare. E forse sarò ancora assieme a voi ad aspettare con il batticuore l’esposizione dei voti. Perché, ormai è chiaro, io senza di voi non ci posso stare.

Sono afflitta dalla sindrome da inizio vacanze, quella sensazione di vuoto, come se qualcosa mancasse, come lo stomaco che brontola quando ha fame … Ogni anno arriva inesorabilmente con gli stessi sintomi. Ed è inutile che mi ripeta che sono stanca, stanchissima, che ho bisogno di riposo, che ho tante cose da fare in casa (ad esempio, cambiare il guardaroba visto che nell’armadio ho ancora i vestiti invernali e quelli estivi sono appesi sparsi ovunque capiti in quasi tutta la casa). È proprio inutile che ripensi a quanta fatica abbia fatto per arrivare alla fine delle lezioni, con tutti quei compiti da correggere, tutte le interrogazioni da fare (nelle altre classi perché voi ve la siete cavata alla grande!), quella voglia di starmene a casa senza fare assolutamente nulla, almeno per qualche giorno. Eppure non ho ancora incominciato. Anche questo pomeriggio, tornata a casa quasi alle quattro, avrei voluto sedermi sul divano e dormire fino alle otto di stasera. E invece sono qui a scrivere a voi, di voi, per voi. Un post l’ho dedicato alle quinte negli ultimi quattro anni. Per voi non avrei fatto un’eccezione, tanto più che, in barba a quel che si dice, che tutti gli studenti sono uguali come ogni scarrafone è bello a mamma sua, ci sono classi e classi. Attenti, non sto dicendo che gli studenti non sono tutti uguali all’interno della stessa classe (non sarebbe deontologicamente corretto nemmeno pensarlo), sto dicendo che non tutte le classi sono uguali e la vostra è una di quelle speciali.

Questo non è un post d’addio, non so nemmeno se lo leggerete, presi come siete dallo studio per le ultime prove. È solo un post che nasce dalla voglia di esprimere il mio dispiacere nel non potervi accompagnare fino in fondo, anche se so che siete in buonissime mani. È un post che dovevo scrivere per dirvi ciò che, nel ruolo di insegnante o quello di commissario, non avrei potuto dirvi. Per farvi sentire la mia vicinanza e il mio tifo per voi, un tale tifo che nemmeno per l’Italia agli Europei di calcio!

Nel “libro della memoria” uno spazio per voi ci sarà sempre. Spero che anche voi manteniate di me un buon ricordo e … non giratevi dall’altra parte se mi incontrate per strada!

Buona fortuna, ragazzi.

33 pensieri riguardo “STAMATTINA VI HO VISTI TUTTI CONCENTRATI …

  1. Beh, mi hai commossa… e per commossa intendo che mi sono spuntate anche le lacrime.

    Insomma, i miei ricordi più belli sono legati alla scuola, a quegli insegnanti che sono stati per me famiglia, e in quei momenti direi la parte più solida della famiglia.

    Insegnare è il mestiere più bello del mondo, quello che ho sempre desiderato: non ho certo mai mirato a fama e celebrità, ma solo ad insegnare. La vita ha deciso in un altro modo, ma il destino mi ha aiutato a modo suo (o viceversa?).

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  2. Emozionante leggere questo “saluto” ai tuoi ragazzi, cara Marisa… Leggerlo mi ha provocato una sensazione di straniamento. Perché devo andare a cercarmi indietro per rivedere una Ester che faceva fatica a lasciar andare quei cuccioli con cui aveva trascorso tante ore. Adesso mi sembra naturale chiudere il ciclo annuale, avendo voglia per loro di nuovi orizzonti. Forse è una difesa da scelte dirigenziali in cui spesso perdi le tue classi per meri calcoli orari o per banali favoritismi aziendali. Forse invece è il tempo stesso che ci costringe ad accettare lo scorrere della corrente.
    Un abbraccio, Ester.

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  3. in questi giorni sto vivendo le emozioni degli esami di stato con mia figlia e leggendo il tuo post le lacrime sono spuntate pure a me accompagnate da un groppo alla gola… i tuoi alunni sono stati proprio fortunati ad essere nutriti da te! 😉 un abbraccio. Paola

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  4. Questo è un fantastico pensiero! Non ci dimenticheremo mai di lei e della sua pazienza! Sono proprio passati in fretta questi 3 anni 😦

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  5. Collega, non continuare ad incatenare quei poveri ragazzi. Ma quale cordone! Lasciali liberi di esserti grati, come anche di sparlare alle tue spalle. Dovresti essere abbastanza grande da capire che l’adulto deve trovare obiettivi diversi dal gradimento dei giovani, che non si può fare tutto per piacere, e se si piace troppo… gatta ci cova.
    Lascia che facciano il loro esame in pace, se a te avanza tempo vai all’AVO a imboccare i malati oppure alla Croce Rossa a fare volontariato. Aria, aria!
    Mariarosa De Cecco

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  6. @ Diemme

    L’importante è fare il proprio lavoro con passione. Io so per certo che non avrei mai voluto fare altro ma se il destino mi avesse proposto delle alternative, ci avrei messo la stessa passione.

    Grazie. A presto.

    @ Elisabetta

    Grazie. Un abbraccio

    @ Ester

    Credo di capire il motivo dello “straniamento”: è l’effetto della saturazione della nostra cattedra a 18 ore e i disastri che sta combinando. hai ragione: una difesa, nient’altro.

    Coraggio. Andiamo avanti.

    Un abbraccio

    @ 3theperfectnumber

    Thanks a lot. Happy to hear you again. 🙂

    @ LadyPaola

    Grazie anche a te. Dì a tua figlia che sto pensando anche a lei in questi giorni. Fammi sapere qualcosa …

    @ Alice

    Sì, proprio volati.

    Grazie. Un abbraccio

    @ mariarosa de cecco

    Il tuo commento è così sgradevole che non meriterebbe nemmeno risposta.

    Io non so che cosa debba covare la gatta nel mio caso; nel tuo, sicuramente una grande, grandissima invidia.

    Se permetti, del mio tempo io faccio ciò che voglio e di certo non devo renderne conto a te, visto che nemmeno ti conosco.
    Grazie dei suggerimenti, comunque.

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  7. Ah ah ah, mi hai preceduto, gliene stavo cantando quattro io alla Mariarosa de Cecco! Che concentrato di acidità, che “consigli” inopportuni!

    Però dai Marisa, un po’ di cuore, ogni tanto all’AVO a imboccarla ci potresti pure andare! 😆

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  8. Marisa, la mia era una battuta al vetriolo, ho detto “ogni tanto all’AVO a imboccarLA ci potresti pure andare!”.

    Eppure ti giuro che sarei curiosa di conoscerla ‘sta tizia.

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  9. Sì, avevo capito. Intendevo dire che se proprio devo andare all’AVO, andrei ad imboccare qualcun altro, caso mai.

    Non condivido la tua curiosità e sto pensando a quei poveretti di allievi …

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  10. Forse non manca di cuore, ma sicuramente di buon senso, e probabilmente di serenità.

    Ho riletto il suo commento, e mi soffermo su questa parte: “Dovresti essere abbastanza grande da capire che l’adulto deve trovare obiettivi diversi dal gradimento dei giovani, che non si può fare tutto per piacere, e se si piace troppo… gatta ci cova”.

    Ecco, il tuo affetto sincero, la tua empatia, il tuo legame con questi ragazzi sono stati giudicati un prostituirsi per piacere e compiacere (chissà com’è, mi ricorda tanto i proaborto, per i quali chi la pensa diversamente lo fa per compiacere il Vaticano). : ora, se è vero – e quasi sempre è vero – che vediamo negli altri i nostri difetti, mi sa che questa è una persona odiata e disprezzata dai suoi studenti, e magari fa passare il tutto per ‘professionalità’ e ‘maturo distacco’.

    Forse è una che non è mai stata amata, e non è mai riuscita a piacere a nessuno: per questo vorrei conoscerla, la mia anima psicologa e assitente sociale ha bisogno di approfondire…

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  11. Dunque, il concetto sarebbe che, nel rapporto insegnante alunno, sia da evitare il coinvolgimento emotivo, l’alunno tenuto distante, scoraggiare tutta dipendenza interpersonale. Altrimenti l’alunno diviene un handicappato cui fare la carità, come alla Croce Rossa. La professione dovrebbe insoma essere esercitata burocraticamente, soprattutto senza che piaccia troppo. Cosi lei vede l’insegnamento, gentile professoressa De Cecco ? Mmmmm…., qui gatta ci cova.

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  12. Il sapere che comunque sei stata in qualche modo un personaggio di rilievo nella vita di ognuno dei tuoi studenti (nel bene o nel male) e la consapevolezza che comunque: “….si ricorderanno di te per sempre….” sono idee che balenano in testa per tanto tempo.

    Cerchi di riempire le loro testoline mettendo dentro nozioni, raccomandazioni, consigli, trucchi e segreti. Il percorso fatto insieme a loro, pur difficile e tortuoso, ti appassiona e ti innamora. Giorni passati a ridere, a buttare là battute, scimmiottare imitazioni, a condividere esperienze, a studiare, ripassare, interrogare …. non si dimenticano.
    Piano piano una sorta di complicità adulta comincia a farci avvicinare sempre di più, piano piano li senti sempre un po’ più tuoi e ti senti sempre un po’ più loro.
    Li ascolti, li incoraggi, magari li metti in crisi, li fai piangere ma poi li consoli ma non li abbandoni mai né li dimentichi. Anche se non ne sono pienamente coscienti sai che hanno bisogno di te e te ci sei.

    Quando alla fine li accompagni alla maturità, lasci loro le ultime raccomandazioni: “Non sprecate le vostre potenzialità solo per pigrizia, usate il vostro cervello, non vi stancate mai di conoscere cose nuove, imparate ad affrontare la vita con serenità e decisione. Studiate, andate all’università, paradossalmente la cultura è ciò che rimane quando si è dimenticato tutto quello che si è imparato….”.

    … e tutto questo solo un insegnante lo sa, lo prova e lo comprende,

    Dedico queste parole a tutti coloro (e purtroppo sono molti) che pur non sapendo di cosa parlano, parlano comunque; a quelle persone “eleganti” solo negli abiti ma che ostentano ignoranza e trasudano qualunquismo, a quelli che ripetono discorsi vuoti e stupidi che magari si sono fatti preconfezionare da altri, a tutti quelli che trattano con inutile sufficienza coloro che pretendono di insegnare in una società dove nessuno (o quasi) ritiene di aver qualcosa da imparare, che pretendono di educare in una società dove ognuno ritiene di avere a priori il monopolio dei diritti e dei valori, che pretendono di trasmettere cultura in una società dove più della cultura conta il culturismo, più del sapere: i muscoli, più dell’informazione critica: le veline. Una società in cui esisti solo se vai in tivù, dove puoi dire la tua, diventare “opinionista” anche (soprattutto?) se non sai nulla o se sei una “pupa ignorante”, un “tronista” o un “amico”, che legge solo i titoli di giornaletti gossip. Chiaramente dedico il tutto anche a quelli che mal sopportano chi pretende, magari per professione, di aver qualcosa da insegnare agli altri.

    Ciao, una collega 🙂

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  13. La mia insegnante di ginnasio è stata per me una madre, e quelle del liceo, che ho avuto modo più volte di rivedere, mi hanno lasciato insegnamenti al di là delle nozioni, che sono stati spesso come fari nelle varie vicissitudini della mia vita.

    Insegnare è il più bel mestiere del mondo, ma solo a patto che ci sia questa corrispondenza d’amorosi sensi tra docente e discente.

    Con buona pace della De Cecco.

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  14. @ Lucia

    Grazie da parte loro e anche da parte mia. 😉

    @ Diemme

    Il gatta ci cova ha, secondo me, questa spiegazione: se piaci tanto è perché sei troppo buona, regali i voti e tutti ti vogliono bene per questo. Chi ragiona in questo modo ha, sempre secondo il mio parere, la coda di paglia. Pensa che si debbano mantenere le distanze per non perdere credibilità ma allo stesso tempo, essendo detestati, provano una grande invidia nei confronti dei colleghi che hanno un buon rapporto con gli allievi. Si convincono, quindi, che il loro operato sia il migliore perché non dà adito a illazioni.

    Posso dire che quest’anno in prima non sono stata buona per niente eppure tutti mi hanno salutato con il sorriso, coscienti di aver fatto meno di quanto avrebbero dovuto. Non ho fatto sconti quasi a nessuno e se ho “aiutato” qualcuno non è stata una mia decisione. Non dico altro perché noi siamo come gli avvocati e i medici: abbiamo l’obbligo del segreto professionale.
    In terza, l’altra mia classe, un ragazzo mi ha detto chiaro e tondo “Non mi aspetto niente [riferendosi, ovviamente, ad un possibile “aiutino”], è solo colpa mia e avrò quello che mi merito”. Di fronte ad affermazioni del genere ci si convince di aver fatto un buon lavoro, almeno a livello di autovalutazione, apprezzato dagli studenti anche se non brillanti.

    Una corrispondenza d’amorosi sensi ci deve essere, rispettando ciascuno il proprio ruolo. E questo, per quanto mi riguarda, è sempre accaduto.

    @ Alberto

    Il concetto sarebbe che l’insegnante debba essere un orco che mangia i bambini perché altrimenti non è un bravo insegnante. 😉

    @ La signora dei Sistemi

    Grazie. Ho apprezzato moltissimo il tuo commento, mi ha fatto sentire meno sola. 🙂

    Sarà che fra insegnanti blogger ci s’intende … e questo non fa che aumentare l’invidia dei colleghi (ma dovrei dire colleghe!) che non sanno relazionarsi con gli allievi e si sfogano, per questo, con colleghe sconosciute. Vabbè, il mondo è bello perché vario. O no?.

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  15. Ho letto con grande interesse tutti commenti, (ti scrivo in Italiano perchè mi sembra maleducato verso altri, perdona erori, sono autodidatta) Sono tornata indietro nel tempo, solo mezzo secolo! RICORDI DI SCUOLA…. ricordi di insegnanti ne ho solo 3.. JUNIOR, e senior class. il ricordo di una ..cattiva come la peste, mirava sempre ad umiliarmi, ero una bimba timidissima, venivo da una famiglia severa, senza tenerezze. In GB era ancora in vigore il “corporal punishment”, il righello che mi faceva sanguinare le nocche delle dita perchè non avevo studiato il “catechism” Se mi avesse chiesto il perchè avrei risposto che a casa ero considerata meno di Cenerentola. Ricordo con brividi il suo nome, “MISS TIMLIN” Il maestro dolce invece era “MR KELLY” In GB ogni anno sì cambia maestro con la classe, ancora oggi è così.
    In Senior class, 1960, avevo 15 anni, una prof (non ricordo il suo nome) solo per pochi mesi, imparai amore per la materia, amore e rispetto da un adulto, cosa che non ricevevo da casa, passione per la scrittura, nel 2011 la rivista SPEAK UP ha pubblicato per 7 mesi i miei “short stories”, strictly in English of course.
    Marisa,
    Hai lasciato un ricordo indelebile, si ricorderanno non solo delle tue scarpe arancione. Amore e rispetto, valori fondamentali.
    Anche io ho ricordi della mia prof…non conformista, la scuola inglese molto “ingessata” anni 50 e 60, sia per l’abbigliamento anche insegnamento, lei invece portava gonne lunghe, molto prima dell’entrata dei hippy, camminava scalza quando ci accompagnava a “PARKER’S PIECE” ti ricordi CAMBRIDGE? L’ultima mezz’ora del giorno si sedeva sulla cattedra, incrociava le sue bellissime gambe lunghe, la gonna ampia che le sfiorava le caviglie e ci leggeva un capitolo da “JANE EYRE”. Era una classe solo femmine, allora non esistevano classe miste alle superiori, tutto cambiò molto più tardi. Ci insegnò come essere “donne”, consigli di come essere femminili.
    Ho 67 anni compiuti..questi ricordi sono indelebili.
    Scusa il mio Italiano, non scrivo mai in Italiano, parlare tutt’altra roba!!
    Se l’inglese per un Italiano è difficile, La grammatica Italiana per un INGLESE IS A “NIGHTMARE”
    Buone vacanze MARISA…ENJOY YOUR HOLIDAY.

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  16. @ 3theperfectnumber

    E’ vero: certi insegnanti te li ricordi per tutta la vita, nel bene e nel male. La mia maestra, la stessa per tutti i cinque gli anni, non era cattiva ma era sempre “armata” di bacchetta, pronta a darcela per le mani. L’unica volta che l’ha usata su di me è stato perché mi mangiavo le unghie. 😦

    Che meraviglia far lezione a Parker’s Piece! Davvero una insegnante anticonvenzionale.
    Anch’io ricordo la mia insegnante madrelingua d’Inglese: Mrs Catherine Vuolo. Una giovane donna meravigliosa che ai miei occhi di bambina (frequentavo una scuola privata perché allora alle elementari non si studiava l’Inglese) incarnava il sogno mio più grande: vivere in Inghilterra. Mai realizzato, purtroppo.

    Non preoccuparti per i mistakes e non considerare la grammatica italiana un night-mare. Sono d’accordo: la lingua italiana non è facile, specialmente per gli Inglesi che hanno una coniugazione verbale molto semplice, pochi articoli, nessuna preposizione articolata … sì, parlare è un’altra cosa ma te la cavi benone anche nello scritto. Brava!

    Grazie. Cercherò di godermi le vacanze in qualche modo. L’idea di tornare in England c’è sempre … vedrò se riesco a convincere un’amica. 🙂

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  17. Oh mamma, mi sono venuti i brividi…
    Mi sono riconosciuta in quelle teste che si alzano dal banco o in quegli occhi che “scrutano” le scarpe degli insegnanti per i corridoi. Sono uscita dagli esami da così poco tempo, ma già li ricordo come se fossero un avvenimento chissà quanto lontano! Sarà che voglio illudermi di essere forte, sarà che voglio dimostrare a me stessa di essere in grado di tagliare quel cordone ombelicale di cui parli. Un cordone ombelicale…come hai ragione! La metafora della maternità non può essere più calzante, giacchè ho sempre visto la scuola come una “famiglia” ed i miei professori come degli educatori che, in quanto tali, avrebbero dovuto svolgere una funzione complementare a quella dei genitori. Ora l’ingerenza di entrambi nella mia vita va scemando…e non nego che la cosa un po’ mi spaventa. Però è arrivato anche il tempo in cui devo essere io ad educare me stessa.

    Mi sono dilungata, come sempre. Scusami. Ancora complimenti per il post: da annoverare tra i tuoi post migliori! 🙂

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  18. Dilungata? Mi sei mancata così tanto che potresti recuperare il tempo “perso” anche con dei romanzi! 😉

    Mi fa piacere sapere che i tuoi insegnanti siano stati dei buoni educatori. Manterrai sempre di loro un buon ricordo come, del resto, loro manterranno un ottimo ricordo di te. Una studentessa che dà soddisfazioni non si scorda mai. 🙂

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  19. Ci tenevo (anche se…… tardi) di mandarti i miei complimenti. Un post veramente rarissimo. Dove per la prima volta ho saputo cosa pensano (pensavano) i prof nel periodo dei esami. Sui suoi allievi. Veramente commuovente. Quant’è vero quando si dice che la prof….. è la seconda mamma.

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  20. @ Valentino

    I tuoi complimenti sono sempre ben accetti anche se in ritardo! Grazie mille.
    “Seconda mamma” è forse un po’ troppo (be’, dipende, qualche volta rompo esattamente come una mamma 🙂 ) ma comunque è innegabile che ci si affezioni ai propri allievi. Poi, come ho detto, ci sono classi particolarmente speciali e questa lo è stata.

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  21. Carissima Marisa. Il mio complimento non viene dal fatto di aver fatto una piacevole lettura (del tuo post, ovviamente). Ma da un emozionante ritorno al passato. A quello che abbiamo avuto tutti a che fare, ma non ci abbiamo fatto caso.
    Vede @Marisa, quando leggiamo qualcosa (oppure guardiamo un film) ci immedesimiamo con alcuni personaggi della nostra lettura. La regola funziona sempre, altrimenti la lettura sarebbe noiosa (ecco perché i rapporti o le basi di dati (che sono sempre letture) ci annoiano). Ovviamente, leggendo il tuo post, quasi tutti si identificano come allievi. E tu ci hai fatto rivivere un po quel periodo degli esami. I brividi, le emozioni. Le nostre preoccupazioni di quel momento. Dove sembrava che il destino della nostra intera vita pende da quel esame. Paradiso o inferno. Essere o farci (mi pare che cosi si dice no?).
    Ma la bellezza del tuo post non consta in questa rappresentazione dei momenti vissuti nella nostra vita. Oh no. Il bello (anzi, no, il sublime) sta nel proporci (da lettori allievi) un’altra angolatura della visione. Un personaggio che (proprio in quel momento) ignoravamo.
    La prof.
    Eh si. Quanto siamo stati ingiusti a non vedere che anche lei/lui ci stava soffrendo emozionato mentre i nostri stilo scarabocchiavano sui fogli del esame. Quanto egoismo nel non far caso che anche lei/lui si rattristava se non passavamo l’esame (vedendolo anche come un suo insuccesso) . Quanto cinismo nel abbracciarci tutti leggendo i risultati del esame………. senza farci caso che in qualche angolo si prendeva la sua fetta di merito anche lei/lui. La PROF.
    Non so se i romeni esagerano considerando la maestra o la prof come seconda mamma. Ma so una cosa soltanto. Che i nostri genitori ci aspettavano a casa per sapere cosa abbiamo realizzato (o non). Ma lei…. lui….. la prof….. erano li, vicino, accanto a noi.
    Grazie.

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  22. Ancora una volta grazie a te. Valentino. Quando si condivide con i lettori un’esperienza così bella fa piacere risvegliare in essi “vecchi” ma piacevoli ricordi e magari scoprire qualcosa che prima non si era mai immaginato. 🙂

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  23. L’anno dopo, quanta tenerezza. Tocca a me. Me che elegante non lo direbbero mai. Aspettiamo il caldo. Un grazie Marisa. Forte.

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