NON SOLO IL FRIULANO A SCUOLA, ANCHE IL SICILIANO

Ho già dedicato un post all’insegnamento del Friulano a scuola (LINK) e ho già espresso le mie perplessità, soprattutto in considerazione del fatto che, per attuare il progetto, la Regione Autonoma Friuli – Venezia Giulia ha stanziato ben 2 milioni e 650 mila euro. Una somma che, a mio modesto parere, sarebbe più utile per far fronte ad interventi ben più urgenti sugli edifici, nel rispetto delle norme di sicurezza che in molte scuole vengono disattese per mancanza di fondi.

Ho più volte affrontato l’argomento “dialetto” (qui ma anche con i miei studenti in classe), sottolineando che tutti i “dialetti” (l’etimologia della parola rimanda al semplice concetto di “conversazione“) sono lingue, presenti in tutto il territorio italiano nelle varietà regionali che, a loro volta, comprendono microlingue locali. Mi spiego: in ogni regione, a seconda dei luoghi, il “dialetto” può variare e di fatto non esiste un’unica parlata regionale. Ne consegue che, perché tra due persone possa aver luogo una comunicazione, che prevede la comprensione da parte di entrambi del messaggio, è indispensabile che il codice linguistico sia comune. In Italia l’unico codice linguistico comune è la lingua nazionale, l’italiano, il che non esclude che i parlanti che condividono lo stesso codice possano capirsi benissimo esprimendosi in una lingua diversa da quella veicolare comune, ovvero nei “dialetti” locali, anch’essi lingue a tutti gli effetti.

Una lingua, inoltre, è tale nel momento in cui diventa espressione di una cultura e possiede delle testimonianze scritte, letterarie o meno. Ne consegue che il friulano è sì una lingua, ma non ha maggiore dignità linguistica rispetto alle altre lingue, comunemente chiamate “dialetti”, che si parlano altrove nella penisola e nelle isole italiane.

Detto questo, anche per prevenire qualsiasi critica che, sulla base di tali presupposti, sarebbe del tutto priva di fondamento, leggo su Tuttoscuola.com che anche in Sicilia la commissione Cultura dell’Assemblea regionale ha approvato il disegno di legge che prevede l’insegnamento della cultura siciliana nelle scuole di ogni ordine e grado. Stando alla notizia diffusa dalla rivista specializzata, si tratterebbe, tuttavia, di insegnare la “cultura”, non la lingua. Ma leggendo il commento del promotore dell’iniziativa, Nicola D’Agostino, dell’Mpa, il progetto prevede anche l’insegnamento della lingua siciliana: Si tratta di un grande risultato, perché sancisce, nell’ambito di applicazione delle leggi nazionali, l’autonomia scolastica locale prevedendo l’insegnamento del siciliano nelle nostre scuole. Un passo avanti verso il recupero della nostra tradizione culturale.

Di diverso parere l’assessore regionale per l’Istruzione e la Formazione professionale della Sicilia, Mario Centorrino che specifica: il modulo D’Agostino non riguarda, se non all’interno di una narrazione più complessa, l’insegnamento del dialetto, ma piuttosto quello della storia della Sicilia, della sua letteratura, della sua lingua. Inoltre sarà presto integrato dalla proposta di altri moduli didattici così da completare il ‘pacchetto’ affidato dalla legge Moratti sull’autonomia della Regione.

Nell’articolo non si parla dei fondi stanziati per l’attuazione del progetto, tuttavia delle perplessità vengono espresse da autorevoli siciliani. Vincenzo Consolo vede in questa iniziativa una bella regressione sulla scia dei ‘lumbard’, prendendo la palla al balzo per far polemica. Per Andrea Camilleri, noto romanziere giallo, è deleterio legiferare l’obbligatorietà del dialetto. Non c’è da stupirsi: il suo commissario Salvo Montalbano entra puntualmente ogni anno, o quasi, nelle case di tutti gli Italiani indottrinandoci sulla parlata sicula che, onestamente, non tutti riescono a comprendere. Tuttavia, stando ai dati Auditel (l’ultima puntata della nuova serie, andata in onda lunedì scorso, ha registrato più di 9 milioni di telespettatori), il commissario piace, eccome.

Cosa significano, dunque, le parole di Camilleri? Che sarebbe scontato che anche a scuola i giovani siculi imparassero la loro lingua, senza che alcuna legge lo imponga. D’altra parte, Montalbano docet.

9 pensieri riguardo “NON SOLO IL FRIULANO A SCUOLA, ANCHE IL SICILIANO

  1. Guardando IL COMMISSARIO MONTALBANO ho imparato a conoscere i “cabasisi”.
    Secondo me cercare di sostenere i dialetti è molto utile se non addirittura necessario. Se il dialetto rimane “vivo” è meravigliosamente interessante. Anche se ci vogliono molti soldi, credo valga la pena di spenderli. Certo mancheranno per altre necessarie cose… Basterebbe “rubarne” un po’ meno.
    Non si dimentichi che certe parole di origine dialettale sono diventate di uso nazionale come, per esempio la parola “mugugno” o il verbo “mugugnare” che fanno parte della parlata genovese.
    Salvare un dialetto “vivo” è come salvare un animale in via di estinzione.
    Ben venga una vera Europa Unita; Rimangano gli usi e i costumi regionali!

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  2. @ quarchedundepegi

    Mia nonna materna era siciliana ma ho imparato da Montalbano il significato di “cabasisi”. Del resto era donna dell’Ottocento e il suo linguaggio era forbito. 🙂

    Sono d’accordo con te che bisogna salvaguardare i dialetti, tuttavia credo che insegnare qualsiasi dialetto a scuola sarebbe un’impresa ardua per due motivi: bisogna trovare CHI è davvero preparato per poterlo fare e stabilire QUALE varietà sia quella da insegnare. Considerando che a scuola i ragazzi non sono d’accordo nemmeno tra di loro sulla pronuncia e sul lessico (poiché dipendono dal paese in cui vivono), credo che trovare un accordo su quale dialetto insegnare sia un’impresa impossibile perché scontenterebbe un po’ tutti.

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  3. @ quarchedundepegi

    Qui da me, invece, il dialetto si usa tantissimo. Un po’ troppo, in verità, visto che quando al Tg regionale intervistano la gente per le strade, nessuno quasi sa esprimersi in italiano, nemmeno se è un servizio che poi verrà trasmesso nei Tg nazionali. Oppure capita che nei negozi a Trieste le commesse parlino in dialetto anche agli stranieri … 😦
    Insomma, in medio stat virtus, come si suol dire.

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  4. Sì, sì, le mule de Trieste sono famose in tutta l’Italia! 🙂

    Pasta con i porcini? Buonissima, ma se vuoi davvero provare un piatto tipico, la prossima volta chiedi la jota … un po’ pesante ma speciale.

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  5. Io penso che se la politica intervenisse di meno per stabilire cosa si debba o meno studiare a scuola e si occupasse di altre questioni più serie riguardanti la scuola sarebbe certamente meglio.Ho insegnato per anni Lettere alla scuola media e,seguendo i programmi del ’62 e poi del ’79,nell’ambito dello studio dell’italiano ho sempre parlato dei dialetti,della loro origine e delle loro differenze dovute a motivi storici,della loro caratteristica di parlata limitata ad un ambito locale, dei loro rapporti con la lingua nazionale;ho anche fatto conoscere qualche proverbio e brano letterario in dialetto della mia e di altre regioni; so che come me hanno fatto molti colleghi; nella mia come in altre scuole si è anche recitato in dialetto e sono stati effettuati laboratori di ricerca,conclusi con pubblicazione di materiali raccolti dagli alunni. Mi pare che ciò possa bastare per non far dimenticare il dialetto. Invece trovo inaccettabile che si voglia sperperare denaro e sottrarre tempo allo studio di altre materie per inserire come matria d’insegnamento il dialetto(che come voi giustamente avete detto varia anche all’interno della stessa regione). Suggerirei invece di ridedicare più tempo alla geografia in quanto noto che, in un mondo in cui ci si sposta molto più di una volta, i ragazzi in genere hanno conoscenze davvero scarse.

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  6. @ lilipi

    Sono completamente d’accordo. Anch’io, insegnando Lettere, ho sempre parlato della nascita della lingua italiana passando attraverso i dialetti e, se possibile, ho fatto leggere dei testi in lingua locale. A parte lo sperpero di denaro, la difficoltà, in questo caso, è trovare i docenti competenti e un dialetto da insegnare, tra le varietà regionali. Il che non è affatto facile e non è detto che la proposta, poi, sia accolta con interesse. Rischia di diventare l’ennesimo progetto “per fare cassa”, nulla di più.

    Grazie per l’intervento.

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