PER LA SPERIMENTAZIONE DEL MERITO SI ALLARGA LA ROSA DELLE SCUOLE: AMMESSE MILANO E CAGLIARI


Sull’argomento ho già scritto molti post (leggi QUI e QUI), alla fine dello scorso anno, per esprimere il mio parere sulla sperimentazione del merito proposta dal ministro Gelmini e, soprattutto, per segnalare il rischio concreto che la proposta si rivelasse un clamoroso flop, viste anche le rinunce di numerose scuole nelle province prescelte.

Il nuovo anno (solare, naturalmente) non inizia sotto i migliori auspici: dopo aver tentato, inutilmente, di ampliare la proposta alle province di Torino e Napoli (in origine erano state interpellate solo le scuole cittadine), il ministro, decisa a non arrendersi, ha ampliato l’offerta, ammettendo anche Milano e Cagliari. In realtà tali offerte erano state formulate già prima delle vacanze natalizie: con la nota del 20 dicembre scorso il Miur ha ammesso al progetto per la premialità degli insegnanti anche Milano e provincia che si aggiungono (nota bene: non sostituiscono) alle province di Napoli e di Torino, dove si sono registrate in dicembre le rinunce di vari collegi.

La stessa nota ministeriale ha esteso alle scuole secondarie di I grado della provincia di Cagliari la possibilità di partecipare a quella sperimentazione per la premialità degli istituti a cui, in un primo momento, erano già state ammesse le scuole di Pisa e di Siracusa.

Ma per avere ulteriori notizie, o sorprese, bisognerà attendere il 7 febbraio: il termine per l’accoglimento (o il rifiuto) delle proposte, già fissato per il 10 gennaio, è, infatti, stato prorogato, forse nella speranza che qualche scuola delle nuove province sia disposta a sottoporsi alla sperimentazione del merito che, fin dall’inizio, ha suscitato molte polemiche ma ha, soprattutto, generato troppe perplessità. In particolare rimando i miei lettori, sempre che non l’abbiano già fatto, alla lettura di questo interessante contributo di Giorgio Israel che spiega, punto per punto, le debolezze del progetto esposto dal ministero.

Il MIUR informa che le sperimentazioni saranno seguite anche con specifici monitoraggi da soggetti esterni, Fondazione Agnelli, Fondazione S. Paolo, Treellle, incaricati di redigere sui progetti una relazione di ricerca finale.

Critici i sindacati, molti dei quali avevano caldamente suggerito ai docenti delle scuole interessate di declinare l’offerta. Nei giorni scorsi, la Cisl-scuola ha pubblicato una dettagliata informativa su questa integrazione della sperimentazione; in merito alla decisione ministeriale si legge che «non è estranea la scarsa disponibilità finora manifestata dalle scuole a candidarsi per l’attuazione delle sperimentazioni, su cui certamente influisce anche il livello troppo scarno delle informazioni fin qui rese alle istituzioni scolastiche; è, dunque, un rinvio opportuno, che l’Amministrazione dovrà assolutamente utilizzare per recuperare un più soddisfacente livello di comunicazione come presupposto indispensabile, se intende favorire una fattiva adesione, da parte delle scuole, alle iniziative proposte».

Che il nuovo anno porti un po’ di saggezza? Si spera di sì, ma non ai docenti, piuttosto agli esperti che hanno suggerito alla Gelmini questo progetto per la premialità assai fumoso e del tutto inadeguato a far emergere i meriti reali di scuole e insegnanti.

[Fonte della notizia: Tuttoscuola.com; immagine da questo sito]

AGGIORNAMENTO DEL POST,
8 GENNAIO 2011

Il professor Israel, nel suo blog che riporta un articolo (dal titolo molto provocatorio) da lui stesso scritto e pubblicato sul quotidiano Il Giornale il 27 dicembre scorso, dopo aver messo in discussione la validità delle statistiche elaborate dall’Ocse-Pisa, in quanto i risultati sarebbero addirittura in contraddizione rispetto alla realtà delle scuole pubbliche italiane, osserva che l’unica cosa sensata e utile non sono queste statistiche, bensì una valutazione capillare dei singoli istituti scolastici e anche dei singoli insegnanti. Il problema è però come fare questa valutazione. Uno dei metodi suggeriti da coloro che inseguono l’“oggettività” è di far ricorso ai test. Ma i test, come detto più volte, non sono lo strumento più adatto a misurare la qualità della scuola –e, quindi, attribuire il merito- in quanto questo metodo ha due difetti. In primo luogo, i test servono a stimare il miglioramento degli apprendimenti in ambiti molto ristretti, come l’ortografia o la grammatica, ma già in matematica non rispondono affatto allo scopo di valutare le capacità di ragionare matematicamente, di formulare e risolvere un problema, bensì non vanno oltre il dar conto dell’esattezza della risposta, che è poca cosa. Non parliamo poi di materie come la storia o la letteratura. Vi è inoltre il rischio di indurre le scuole a limitarsi alla funzione di addestramento a superare i test, riducendo gli studenti a risolutori di quiz, magari abili allo scopo specifico pur essendo autentici ignoranti e incapaci. Il secondo limite, sempre secondo Israel, è che i test non piovono dal cielo: sono formulati da persone con una specifica preparazione e vedute personali, talvolta persino da ditte di dubbia competenza. In definitiva, essi non danno alcuna garanzia di serietà ma servono soltanto a creare un’aria di rigore “scientifico”, nascondendo la “spazzatura” della soggettività sotto il tappeto».

Questo per quanto riguarda la valutazione delle scuole. Ma anche gli strumenti proposti per valutare il lavoro dei singoli docenti appaiono inadeguati: È sconcertante l’idea che coloro che debbono essere valutati eleggano i loro valutatori. Ancor di più che a presiedere tale nucleo sia il dirigente scolastico. Non dubitiamo che la maggior parte dei presidi siano persone rigorose. Ma coloro che non lo sono, e certamente esistono, e che hanno la tendenza a creare cordate e “camarille” di docenti “amici”, troveranno un’opportunità per favorirle e per penalizzare le “pecore nere” che potrebbero anche essere i docenti più validi, confermando le stesse obiezioni che, a suo tempo, avevo mosso io nei confronti della proposta del MIUR. (vedi i testi dei post linkati e i miei commenti in replica a quelli dei lettori).

Per quanto concerne, poi, il giudizio di studenti e famiglie, il professor Israel scarta questa ipotesi, come già fatto nel precedente contributo del 20 novembre (vedi QUI). Quindi non resta che affidare questo compito agli ispettori. Come? Secondo l’esperto l’unico sistema che appare appropriato è quello in uso in diverse università straniere: farle eseguire da commissioni composte da insegnanti provenienti da scuole di diverse città, da un ispettore ministeriale, e anche da insegnanti in pensione. La commissione ispettiva si installa in un istituto scolastico per un periodo di una decina di giorni rivoltandolo come un calzino, assistendo alle lezioni, esaminando libri di testo, registri, interrogando docenti, studenti e famiglie, e raccogliendo il suo giudizio finale in un rapporto di valutazione concernente sia l’istituto nel suo complesso che i singoli insegnanti, il quale verrà sottoposto agli Uffici scolastici regionali e al ministero.
La cosa importante è che la valutazione non deve essere concepita come una tecnica gestionale bensì come un processo culturale. I rapporti di valutazione saranno inevitabilmente oggetto di commenti incrociati, a differenza del sistema dei test che nasconde dietro una falsa oggettività scelte operate da soggetti incontrollati. Ma questo è altamente positivo poiché avvia nell’insieme delle scuole e nella comunità degli insegnanti un vasto processo di controllo interno alla dinamica dell’istituzione scolastica, rigoroso, indipendente e alla luce del sole, che è l’unico modo per produrre un’autentica crescita culturale e della qualità dell’insegnamento e per favorire l’emergere delle scuole e degli insegnanti migliori.

Io continuo a stupirmi del fatto che queste cose le avessi sostenute più di un mese fa, senza guardare siti scolastici vari o testate giornalistiche, più o meno specializzate. Tra l’altro, non conoscevo nemmeno l’esistenza del blog del professor Israel. Avevo mosso, nei confronti del progetto sperimentale proposto dalla Gelmini, le sue stesse obiezioni, fornendo quasi identiche motivazioni, semplicemente perché, pur non essendo formalmente un’esperta, vivo la scuola in modo partecipe, osservando le dinamiche che ho di fronte agli occhi, ascoltando studenti, famiglie e colleghi, confrontandomi con tutte le componenti, anche e soprattutto con il Dirigente Scolastico. Il lavoro sul campo, come si suol dire, è di certo il miglior strumento che permette a tutti i docenti di diventare “esperti”: se non altro questo è un “merito” che, indipendentemente dal fatto che sia o meno riconosciuto a livello ministeriale, tutti noi abbiamo. La differenza sta nella volontà di imparare qualcosa da queste osservazioni, senza far sì che diventino un alibi per alzare le braccia e dire: “che ci posso fare io se ‘sta scuola fa schifo?“.

14 pensieri riguardo “PER LA SPERIMENTAZIONE DEL MERITO SI ALLARGA LA ROSA DELLE SCUOLE: AMMESSE MILANO E CAGLIARI

  1. Cara Marisa.

    Riporto di seguito, per i tuoi lettori, un estratto di un mio post sull’argomento, che ho appena scritto.

    A pag 34 del Corriere di ieri ho letto questo interessante parere a firma Giorgio De Rienzo

    “VALUTARE ILMERITO DEI PROF: UN PASSO AVANTI PER LA SCUOLA.”

    Dice:

    “La sperimentazione del sistema di valutazione dei docenti voluta dalla Gelmini probabilmente non partirà.

    Su 625 scuole a Napoli a cui era stata proposta hanno accettato solo cinque, su 118 a Torino una sola. Si ha l’impressione di un’alzata di scudi corporativa o di una risposta indispettita alla politica dei tagli, ma i docenti hanno qualche ragione: che senso ha premiare i colleghi più bravi con una quattordicesima mensilità da parte di una commissione formata dal preside e da due docenti eletti dal Consiglio d’istituto, più da un rappresentante dei genitori che farà praticamente da spettatore? Il criterio va riveduto, se si vuole salvare il principio della valutazione effettiva del merito, tenendo conto, per esempio, delle situazioni di partenza oggettive delle singole classi e dei risultati relativi raggiunti (grazie all’impegno dei docenti) in base alla situazione di partenza.

    Un’altra via molto più avanzata potrebbe essere quella deliberata l’anno appena passato dal Consiglio d’istituto di alcuni licei milanesi secondo cui anche i genitori (e, dove possibile, gli studenti) potranno dare entro la fine dell’anno le pagelle ai loro professori.

    [..]

    Sarebbe un passo avanti che potrebbe portare molto di buono. Non ci si attendono rivoluzioni né tanto meno giochi meschini di ritorsioni: le controparti dovrebbero cercare di impegnarsi a premiare l’impegno e magari a denunciare casi di assenteismo. Sarebbe un passo gigantesco che porterebbe finalmente in primo piano il merito effettivo, non solo di competenze, ma anche di efficacia didattica e di dedizione da parte chi sta in cattedra.”

    Ho commenato:

    Non c’è speranza, caro De Rienzo. Se per gli insegnanti è «fumoso e del tutto inadeguato» il progetto degli esperti della Gelmini, figuriamoci cosa direbbero di un progetto «secondo cui anche i genitori (e, dove possibile, gli studenti) potranno dare entro la fine dell’anno le pagelle ai loro professori», tanto più se a questo fosse legata una parte di retribuzione.

    Ciò che vogliono gli insegnanti è la quattordicesima per tutti, e non un premio da conquistare anno per anno in base ai meriti dimostrati.

    E pensare in tutte le attività il giudizio del cliente è fondamentale e, come ho scritto quasi due anni fa in questo post, “Maturità. E se dessimo i voti ai professori?” , gli alunni e i loro genitori sono i veri “clienti” della scuola.

    E la customer satisfaction non è un optional. Sarebbe, sì, «un passo gigantesco che porterebbe finalmente in primo piano il merito effettivo», ma forse gli insegnanti pensano che i “clienti” sono loro e non faremo mai nemmeno il passo della formichina.

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  2. @ frz

    Ho aggiornato il post riportando parzialmente un altro contributo del professore Giorgio Israel sull’argomento. L’aggiornamento vale parzialmente come mia replica al tuo commento.

    Mi dispiace che tu continui a non comprendere le mie opinioni e ragioni, anche quando supportate da quelle, identiche, di esperti in materia (evidentemente non mi consideri tale, pur essendo io una docente da più di 25 anni), che non ti fidi di me quando ritengo il progetto proposto fumoso e inadeguato e che anzi riporti le mie parole all’interno di un contesto non velatamente ma palesemente ironico. E mi dispiace che tu pensi che io voglia la quattrodicesima, come tutti gli altri insegnanti, nonostante in altri commenti io abbia chiarito che la quattordicesima in pratica la ottengo già tutti gli anni grazie alle attività “extra” che mi impegnano a livello didattico e non e che svolgo con la massima serietà e competenza. Questo io lo ritengo personalmente già un merito, altrimenti quei soldi la scuola non me li darebbe e affiderebbe ad altri gli incarichi che attualmente ricopro. Non credi?

    La tua ostinazione e, soprattutto, l’ironia con cui tratti un argomento che io ho esposto con assoluta serietà e indubbia cognizione di causa mi offende profondamente. Non mi aspettavo da te, almeno questa volta in cui ritengo di avere tutte le inequivocabili ragioni, un simile trattamento.

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  3. Cara Marisa,

    Mi spiace che tu abbia letto sul piano personale le mie parole: dovresti conoscere quanta stima ho per l’impegno che profondi nella tua professione e quanta ammirazione ho per la passione che continui ad avere dopo tanti anni di lavoro. Comprendo benissimo le tue opinioni e le ragioni dell’opposizione a questa sperimentazione e, anche se non le condivido, non è per mancanza di fiducia in te e non mi sogno lontanamente dal mettere in discussione la tua competenza.

    Semplicemente vedo le cose da un’altra angolazione e non è a te personalmente che mi rivolgo, bensì al corpo insegnanti nel suo complesso. Credo di rappresentare il pensiero di molti degli utenti del servizio scolastico e se anche la mia opinione fosse, dal tuo punto di vista, priva di consistenza e valore, credo di poterla esprimere tranquillamente senza che tu te ne debba offendere.

    Il caso ha voluto che io leggessi, a poche ore di distanza, il tuo post, che ribadiva la posizione di netto rifiuto di valutare il merito con lo strumento Gelmini (lo chiamo così per semplicità), e l’articolo col quale Giorgio De Rienzo sponsorizza il progetto di offrire ai genitori e agli studenti la possibilità di dare le pagelle ai loro professori. E’ questa una mia vecchia idea che va vista nell’ottica di valutare la soddisfazione del cliente, ma ancorché lui lo consideri un passo gigantesco che porterebbe finalmente in primo piano il merito effettivo, io ritengo che sia un sogno del tutto irrealizzabile.

    In questo senso, senza ironia, ma con tanta delusione in corpo, ho usato le tue parole “fumoso e inadeguato” perché credo che non ci sarà mai alcun progetto che non sia giudicato tale dal corpo insegnanti, se legherà una parte dei loro compensi ai risultati di uno o anche più anni.

    E se sbaglio, ti assicurino che ne farò pubblica ed ampia ammenda.

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  4. @ frz

    Se non è a me che ti rivolgi, allora evita di riportare sui tuoi post le mie parole con intento derisorio. Perché questo è, in fin dei conti, l’effetto dell’ironia.

    La questione, comunque, non è che vediamo la cosa da angolature diverse. Mi sembra ovvio. Certamente la mia è più vicina al mondo della scuola rispetto alla tua che nella veste di “utente scolastico” ci sei stato qualche decennio fa ed ora hai solo il ruolo di un osservatore esterno che, anche se ha nipoti che frequentano la scuola pubblica, non partecipa attivamente alla vita scolastica.

    Io non credo nella valutazione della scuola sulla base della “soddisfazione del cliente”, non solo perché non sarebbe oggettiva, ma anche perché il servizio che la scuola offre non è paragonabile a nessun altro bene di consumo che si possa acquistare.
    Mi rammarico che tu non abbia preso minimamente in considerazione il pensiero di Israel che è un esperto. Allora ti riporto uno stralcio dell’articolo che ha pubblicato sul suo blog il 20 agosto (il link lo trovi nel testo del post):

    […] occorre liberarsi di alcune scorciatoie illusorie che possono rendere il sistema di valutazione semplice quanto inefficace e fonte di veri e propri errori. Alludo, in particolare, all’idea circolante di fare degli “utenti” – studenti e famiglie – i principali attori della valutazione della scuola e dei docenti. È, ripeto, una soluzione facile: basta distribuire schede di valutazione. Lo si fa già da tempo in diverse università, per fortuna senza effetti pratici ovvero a scopo puramente sperimentale, con risultati tra l’inquietante e il grottesco; soprattutto se tale sistema viene fatto in regime di anonimato. Non intendo soffermarmi sui numerosissimi esempi negativi che è facile immaginare. Vale qui la considerazione generale che ci troviamo in un contesto che favorisce quella mentalità secondo cui troppi genitori si fanno “sindacalisti” dei figli e hanno come principale intento ottenere il massimo della valutazione in cambio del minimo impegno, costringendo talora a cedimenti i dirigenti scolastici soggetti a maggiori pressioni. Potrei produrre un’ampia documentazione di lettere di insegnanti e anche di dirigenti oppressi da questa situazione. Essa deriva da un’idea banalmente sbagliata e cioè che la scuola sia un’azienda fornitrice di beni e servizi e studenti e famiglia l’utenza. Ma il processo di formazione che la scuola realizza non è né un bene né un servizio che possa essere valutato in termini di “customer satisfaction” come si giudica il barattolo di conserva fornito dal supermercato o la qualità del servizio fornito da uno sportello bancario. Se la conserva è deteriorata è mio diritto chiedere il risarcimento, ma la bocciatura non equivale a una conserva deteriorata: può anzi riflettere un’attività formativa rigorosa e valida.

    Avevo già espresso, con altre parole ed esempi, in più post sul tuo e mio blog, gli stessi dubbi.

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  5. @ Marisa

    Non ci vedevo alcuna ironia né, tanto meno, alcun intento derisorio nei tuoi confronti. Sono sentimenti lontanissimi dalle mie intenzioni. Tuttavia, viste queste tue interpretazioni e per l’amicizia che mi lega a te, ho provveduto a modificare il testo del mio post eliminando ogni riferimento alla tua persona e al tuo blog.

    Capisco che l’argomento sia considerato da te particolarmente delicato e, quindi, mi asterrò, pro futuro, di fare ogni riferimento a te nei miei post, così come mi asterrò da ogni ulteriore commento sul tuo blog, trattando di questo specifico argomento.

    Quanto ad Israel lasciami solo aggiungere che, in tanti anni, non ho mai valutato le qualità di un professore in base ai voti che ha dato a me, ai miei figli o ai miei nipoti.

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  6. @ frz

    Se il tono non era ironico ed era solo manifestazione della tua delusione, sono io ad aver interpretato male e mi scuso.

    Per carità, non voglio che tu ti astieni dal commentare i miei post sull’argomento, solo che mi piacerebbe che tu mi dicessi “effettivamente hai ragione” perché so di averla. Non è presunzione, è solo che la mia opinione è confortata da quella di esperti come il prof. Israel e quindi mi sono convinta che è corretta.

    Una cosa, secondo me, non hai capito: non metto in discussione che le scuole e i docenti vadano valutati, anzi. Sarebbe ora che lo facessero ma con strumenti seri. Fino ad ora il progetto Gelmini si è basato su tre punti fondamentali:

    1. i test InValsi che si sono rivelati inadeguati, non solo per la valutazione delle scuole ma anche , e soprattutto, per le statistiche che, come sostiene Israel, appaiono falsate e in contraddizione con la realtà;
    2. un nucleo ristretto di “giudici” che mette in risalto, tra le varie cose, l’incompatibilità tra il giudicante e il giudicato, entrambi appartenenti alla stessa categoria per cui al giudicante è preclusa la possibilità di essere giudicato e viceversa. Tralascio il fatto che il giudizio di tale nucleo potrebbe essere non del tutto oggettivo e condizionato da “fattori esterni”;
    3. la valutazione da parte di studenti e famiglie la cui inadeguatezza ho più volte messo in risalto. Certo, somministrare questionari non fa male a nessuno, ma che non si tenga conto dei risultati del sondaggio per premiare il merito.

    Aggiungo che, secondo me, una valutazione del sistema scolastico italiano – tutto, quindi comprendendo scuole di ogni ordine e grado, non solo la scuola media, scelta non si sa perché – andrebbe comunque fatta, a prescindere dal merito e quindi dalla premialità e senza fare classifiche fra scuole di serie A e B. Ma di questo ho già parlato in modo diffuso nei commenti ad altri post.
    Infine, ribadisco che la proposta della Gelmini non ha nulla a che vedere con l’annunciata e promessa carriera dei docenti per meriti, e non per soli anni di anzianità. E, se permetti, ritengo che la coerenza debba dapprima manifestarsi a livello ministeriale se vogliamo avere almeno un po’ di coerenza nella scuola, dote, questa, di cui essa sembra essere priva.

    Che la scuola migliori siamo in due a volerlo: io e te. E moltissime altre persone. Ma i presupposti ancora non ci sono e non è certo colpa dei docenti che mai sono interpellati su questioni delicate come questa.

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  7. @marisa
    siamo in tre! Anch’io voglio che migliori! 🙂
    Una sola cosa (l’avevo già espressa in altri post): sembra anche a me che i docenti non abbiamo mai avanzato una proposta in merito alla valutazione di loro stessi.
    Sinceramente, non me lo spiego e spero proprio non sia perchè “mai sono stati interpellati”. Mi sembrerebbe una cosa piuttosto (perdonami) puerile.
    Che ne dici?
    Se mi sbaglio, ci dai qualche notizia in merito?
    Grazie e buona serata.

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  8. @ Giorgio

    Libero di non credermi. Nessuno ha mai interpellato gli insegnanti e, anche nel caso del premio al merito, dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado si occupano delle commissioni ad hoc, per la maggior parte formate da docenti universitari che, professionalmente e mentalmente, sono assai lontani dalla pratica scolastica, seppur esperti nella teoria.

    Non dico che la Gelmini debba telefonare al milione di docenti italiani, ma proporre, ad esempio, dei questionari da compilare on-line (con i potenti mezzi della nuova tecnologia!), sarebbe un’idea. Magari solo un 20-30% degli insegnanti risponderebbe, ma di certo sarebbero un campione significativo in quanto veramente interessati al problema.

    Se vuoi sapere quante volte e in quali occasioni (dal lontano 1974, anno dei Decreti delegati di Malfatti, quando furono aboliti i concorsi per merito distinto, a libera adesione) si è parlato di merito, sempre senza concludere nulla, CLICCA QUA.

    Buona lettura! 🙂

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  9. @marisa
    Non ho mai detto che non ti credo!
    Sono anche d’accordo con te: i componenti le commissioni spesso sono ben lontani dalla pratica, frequentando abitualmente la teoria.
    Ma…non eludere la mia domanda, per favore. 🙂
    Io chiedevo perchè da parte dei docenti (quelli “sul campo”) ci sia sempre questo atteggiamento di restare in attesa che dall’ALTO arrivi la soluzione.
    Anche tu lo confermi con quanto scrivi. Auspichi che il MIUR faccia un sondaggio…e chi dovrebbe scrivere le domande e le possibilità di risposta, condizionando così il risultato? Il MIUR, ovvio, e poi sempre il MIUR dovrebbe dare la soluzione al problema della valutazione.
    Del resto, i tuoi colleghi dell’ADI (ho letto con molta attenzione i contenuti principali del sito), l’unica cosa che sono riusciti a produrre è un’intervista a Andrea Ichino (docente universitario e componente di una delle tante commissioni 🙂 ) nella quale chiedono a lui come si dovrebbe fare la valutazione! Non vi è un solo documento organico e strutturato del sito che proponga una soluzione pratica, c’è solo una lunga serie di “contributi alla discussione”…tipico! 😦
    L’impressione, netta, a questo punto, è che non vi sia da parte dei docenti alcuna capacità propositiva, alcuna volontà di diventare SOGGETTO ATTIVO e NON PASSIVO.
    Io credo non sia corretto continuare a lamentarsi che il MIUR non risolve il problema e criticare (o affossare) il Ministro di turno o le Commissioni e non proporre mai nulla.

    Perchè mai dovrebbero proporre sempre e solo il MIUR o le Commissioni?

    E l’ADI? E i sindacati? E i cobas? Sono solo organizzazioni che fingono di voler innovare ed in realtà non ne hanno alcuna intenzione? Il dubbio sta diventando quasi una certezza.

    Chi vuol cambiare propone iniziative, non aspetta lo facciano altri.

    Hai perfettamente ragione: nessuno più degli insegnanti saprebbe indicare il modo per lavorare meglio e, soprattutto, per incentivare i migliori e punire i peggiori. Abituati, per loro professione, al valutare qualcuno dovrebbero essere assolutamente in grado di esprimere proposte su come valutare ed incentivare se stessi.
    La capacità di autovalutazione dovrebbe essere il primo requisito per poter poi essere in grado di valutare gli altri… 🙂 🙂 🙂
    E allora? Perchè non escono allo scoperto e propongono soluzioni?

    Su questo mi piacerebbe leggere il tuo parere.

    Grazie e ciao.

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  10. @ Giorgio

    Se mi suggerisci tu un canale attraverso il quale far ascoltare la mia voce (al ministero, ovviamente) te ne sarò grata. Non mi risulta che ci siano dipendenti della Pubblica Amministrazione che abbiano voce in capitolo e non si tratta, credimi, di capacità propositiva o volontà di diventare soggetti attivi e non passivi. Le uniche concessioni, per quanto riguarda la scuola, sono legate all’autonomia … purché non si proponga qualcosa che gravi sulle finanze statali, naturalmente.

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  11. @marisa
    per esempio: art. 71 della Costituzione “Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”. 🙂
    Si riusciranno a trovare 50.000 insegnanti (su 700.000, poco più del 7%) disposti a firmare un progetto di legge da presentare in parlamento?
    Non mi sembra che sindacati ed associazioni varie di docenti non abbiamo la forza dei numeri necessaria…anzi…a giudicare dalle mobilitazioni per le proteste…i numeri ci sono, eccome!

    Se poi la proposta giacerà indisturbata per anni, forse potrà capitare, certo, ma almeno qualcuno avrà tentato!

    Marisa, è ovvio che la tua voce isolata non può produrre un cambiamento, mio padre è stato bibliotecario comunale per più di trent’anni e conosco abbastanza bene i meccanismi della Pubblica Amministrazione.

    Ma…io facevo un’altra considerazione…la “voce in capitolo” se non c’è, la si conquista…certo, costa più fatica e sofferenza che non aspettare la manna dal cielo e se non è manna che arriva, protestare e lamentarsi.

    Ovviamente tutto questo non vuole essere una critica a te, stiamo sempre parlando dell’argomento in generale. Magari è scontato, ma non vorrei si creassero equivoci. 🙂

    Mi rendo anche conto che anni e anni di frustrazione pesano sul morale e non è facile “svegliarsi”, ma questo meccanismo di delega continua (al MIUR, nello specifico) un po’ mi preoccupa…mi ricorda tanto i genitori che delegano l’educazione oppure i cittadini che delegano la difesa dei propri diritti a certi politici…se un settore che io considero “strategico” per il futuro come la scuola comincia a ragionare così…stiamo freschi!

    Per questo mi piace chi, come te, tiene alto il livello di informazione e dibattito, cosa basilare per costruire un mondo migliore.

    Buona giornata. 🙂

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  12. P.S.
    Ho trovato sul blog di Max Bruschi, consigliere del ministro Gelmini, un post in cui fa riferimento all’articolo di Giorgio Israel che ho linkato. La cosa sconcertante è che Bruschi definisce interessante la proposta di Israel, nonostante demolisca, pezzo per pezzo, il progetto Gelmini. Questo dimostra che se nemmeno all’interno di un ristretto team sono d’accordo, l’impresa di trovare un sistema di valutazione che accontenti tutti i docenti sia una mission impossible. 😯

    In uno dei commenti Bruschi, riguardo ai modelli di valutazione proposti, scrive: «Al momento ce ne sono due […] Uno riguarda la valutazione delle scuole (se ne occupa la fondazione Agnelli), il secondo la valutazione dei docenti (a cura della fondazione San Paolo scuola). A me piacerebbe si potesse attivare una terza sperimentazione, in linea con le idee di Israel.»

    Una terza sperimentazione? Ma come? Dopo aver elogiato il contributo di Israel, nemmeno l’onestà di dire: “in effetti, i modelli proposti non vanno bene”. Molto meglio aggiungerne un altro. 🙄

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