GELMINI: GRADUATORIE REGIONALI DAL 2011. IL FEDERALISMO A SCUOLA

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Da tempo si parla di federalismo: il ministro del MIUR, Mariastella Gelmini, ha reso noto che dall’A.S. 2011/2012 sarà una realtà nelle scuole statali della penisola. Con le graduatorie regionali, infatti, il ministro vuole porre fine al “balletto degli insegnanti” che, nominati “fuori sede”, fanno di tutto per essere trasferiti più vicino al luogo di residenza l’anno successivo. Una situazione, questa, su cui si era fermata a riflettere già la scorsa estate (ne ho scritto QUA) e che va superata per garantire la continuità didattica agli studenti, migliorando in tal modo la qualità dell’offerta formativa.

Ad una settimana dal parto (sulla nascita di Emma ho scritto questo post), la Gelmini ha partecipato ai lavori del tavolo delle Infrastrutture per l’Expo al Pirellone e ha incontrato il presidente Formigoni per parlare delle novità in materia di istruzione. Già da tempo la Lega propone un “federalismo dell’insegnamento” volto a salvaguardare le risorse interne: la migrazione annuale degli insegnanti del sud verso il settentrione è cosa nota, ma ha anche delle motivazioni serie che forse non tutti conoscono (ne ho scritto nel post linkato più sopra).
Il governatore della Regione Lombardia, Formigoni, si è confrontato con il ministro del MIUR sulla necessità di istituire delle graduatorie regionali e la Gelmini ha assicurato che il suo progetto è ben più ampio: Stiamo lavorando a un elevamento della qualità didattica all’interno della scuola, con un Ddl sul reclutamento dei docenti e la loro valutazione. E si ritorna a parlare di meritocrazia e di valutazione dell’insegnamento: Noi abbiamo proceduto a realizzare i risparmi previsti dalla Finanziaria e tutto questo porta una cifra piuttosto considerevole che dovrà essere riversata in incentivi per gli insegnanti nel 2011. Non dobbiamo perdere tempo e varare un ddl che ottenga due obbiettivi: l’avanzamento degli insegnanti legato alla carriera e non soltanto all’anzianità, come avviene oggi, affiancato da un sistema di valutazione che ci permetta di ridistribuire i risparmi in termini meritocratici.
La Gelmini ha dichiarato, inoltre, la sua intenzione di reclutare i docenti vincolandoli alla stessa sede assegnata per un quinquennio. Addirittura un arco di tempo maggiore rispetto ai tre anni richiesti dalla Lega.

Se da parte della maggioranza si plaude alle parole del ministro, molto scettico appare il mondo sindacale. Sul sito di Tuttoscuola.com si può leggere un resoconto delle principali obiezioni.
Secondo Scrima, segretario della Cisl-scuola, la proposta del ministro di avvicinare i docenti al luogo di residenza è “antistorica”; prima di tutto bisogna stabilizzare gli insegnanti.
Pantaleo, segretario della Cgil-scuola dichiara che se l’intento è quello di dare stabilità agli organici, obiettivo più che legittimo, gli strumenti per farlo possono essere altri, primo fra tutti quello di procedere al reclutamento pluriennale degli insegnanti.
Il parere del segretario della Uil-scuola, Di Menna, è orientato piuttosto verso il reclutamento tramite concorsi da bandire con urgenza. Dello stesso parere Di Miglio, della Gilda, che ritiene sia doveroso garantire a tutti gli aventi diritto, in possesso dei requisiti previsti, l’accesso ad un concorso pubblico.

Un altro problema che viene messo in risalto da Tuttoscuola riguarda il distinguo tra “albo” e “graduatoria”, due termini che in queste ore vengono usati indifferentemente dalla stampa come fossero sinonimi. Ma in realtà è necessario distinguere tra “albo”, ipotizzato a livello regionale, che consiste in un semplice elenco di docenti che aspirano alla nomina senza vincoli di punteggio, e “graduatoria”, che attualmente è provinciale, dove l’ordine di punteggio è rigoroso e vincolante. Naturalmente per la nomina in ruolo dei docenti sarà necessario un pubblico concorso.

[foto by titolando]

21 pensieri riguardo “GELMINI: GRADUATORIE REGIONALI DAL 2011. IL FEDERALISMO A SCUOLA

  1. L’UNICO COMMENTO CHE POSSO FARE E’ QUELLO DI DIRE
    CHE LA GELMINI E TUTTA LA LEGA SONO DEI RAZZISTI IN QUANTO
    NON E’ POSSIBILE FARE UNA DISTINZIONE FRA DOCENTI DI SERIE A
    ( DEL NOR ) E DI SERIE B ( DEL SUD ).
    CI SONO INSEGNATI DEL SUD CHE PER TANTI ANNI HANNO LAVORATO
    AL NOR FACENDO TANTISSIMI SACRIFICI, MA DA QUELLO CHE SI SENTE TUTTI I GIORNI DA QUESTO MINISTRO SEMBREREBBE CHE TUTTO
    SIA STATO SPRECATO.
    VOGLIO RICORDARE AL MINISTRO CHE I PRECARI DELLA SCUOLA SONO UN SOSTENTAMENTO PER TANTE FAMIGLIE E QUINTI BISOGNA AIUTARLI
    ANZICHE’ CERCARE TUTTI I MODI PER DISTRUGGERLI.

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  2. @ Massimiliano

    Ognuno è libero di pensare ciò che vuole e di esprimere liberamente il suo pensiero. Ma visto che questa è “casa mia”, sono costretta a prendere le distanze dal contenuto del tuo commento. La discussione è, ovviamente, un utile mezzo per confrontarsi su un determinato argomento, ma con gli insulti e le facili conclusioni non si arriva da nessuna parte, si aumenta solo il senso di frustrazione.

    Dal mio punto di vista, il programma del ministro non vuole creare discriminazioni di sorta, ma solo evitare, come ho spiegato nel post, il “balletto degli insegnanti” che, ottenuta la nomina lontano da casa, si affrettano, più che legittimamente (l’ho fatto anch’io vent’anni fa, anche se le distanze erano minime, più o meno 50 km), a chiedere il trasferimento. Altrettanto legittimo, però, è il diritto degli studenti alla continuità didattica.
    Certo, per ovviare al problema basterebbe “costringere” i docenti a fermarsi nella stessa sede per almeno tre anni, ma non credo che una soluzione del genere si adatterebbe alle esigenze di molti.

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  3. Io vorrei far luce su un aspetto a mio avviso fondamentale.

    Da tanti anni le persone (io compreso, quest’anno) emigrano, con la speranza di entrare in ruolo, poichè altrove ci sono graduatorie migliori.

    Vorrei ricordare che:

    – grazie a queste emigrazioni la gente è potuta entrare in ruolo e tornare nella propria terra preferita
    – emigrare apre il cervello ed è una grande lezione di adattamento per la vita: porta disagi, sofferenze ma fa crescere tanto. Porta tante novità, conoscenze nuove e di solito dopo che uno vede cose nuove sa trasmettere nell’insegnamento molto di più di altri che restano a casa.

    Detto questo concludo. La Gelmini non ne sa nulla di scuola.

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  4. @ Daniele

    Da ignorante (sono da troppi anni di ruolo, quindi i problemi del precariato mi sono pressocché sconosciuti) la mia domanda è: perché “altrove ci sono graduatorie migliori”?

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  5. Per motivi di varia natura.
    Probabilmente perchè in alcune zone l’insegnamento non è l’aspirazione come lavoro visto che magari ci sono lavori più redditizi.

    Oppure per altre ragioni come piccole province, o altri motivi ancora.

    Ma quello che mi lascia perplesso è il fatto che posso essere anche d’accordo su questa scelta, ma la Gelmini invece che tentare (da incompetente) di rivoluzionare il sistema scolastico, potrebbe almeno esprimersi sul fatto che:

    – fermerà l’ingiustizia sociale dettata dai pesanti tagli sul sostegno
    – si impegnerà a garantire posti di lavoro nelle province del sud (visto che è al sud che ci sono i maggiori problemi) senza dover fare una settimana di qua e di la, con casini di stipendi, di rintracciamento dei CUD e balle varie?

    Io mi sono trasferito quest’anno ed è stato un sacrificio notevole, ma almeno ho avuto un incarico annuale. I miei colleghi hanno avuto supplenze spezzettate di qua e di la.

    Secondo me la trovata di fare le domande in altre province era molto buona. Non capisco perchè ora deve ritrattare. Forse per motivi razzisti? A me viene il sospetto che stiano indorando le situazioni quando invece la maggioranza della popolazione non si rende conto che le scuole hanno sempre meno soldi e la situazione della scuola è in una pesantissima crisi.

    Quindi, la Gelmini sarà in grado di garantire supplenze perlomeno lunghe ai precari del sud?

    Io non ci credo

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  6. dovunque parlo di questa cosa mi dicono che è una bestialità.

    perchè limitare le graduatorie ai residenti è razzimo bello e buono.

    inoltre c’è gente del sud che ha preso la residenza fuori ma vorrebbe tornare giù. a quanto pare questo decreto è stato fermato dai pareri contrari dei sindacati e non solo…altrimenti chi era emigrato e aveva desiderio di tornare giù non l’avrebbe potuto mai fare!!

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  7. @ Daniele

    A me risulta che “questo decreto” sia solo un’ipotesi e qualora venisse presentato all’esame delle Camere, non è detto che i suoi contenuti vengano condivisi.

    La mia domanda è sempre quella: c’è davvero la disponibilità dei docenti che prestano servizio fuori sede (intendo tutti, non solo quelli che dal sud migrano al nord) di fermarsi in una scuola per almeno tre anni?

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  8. Sono scioccata al solo pensiero che si possa prendere in considerazione l’idea di un albo regionale dal quale i presidi possano reclutare il personale di interesse.
    Dov’è la meritocrazia? Solo una parola con cui riempirsi la bocca e fare presa su gente credulona e ignorante!?
    Come molti mi sono ablitata attraverso la scuola di specializzazione a numero chiuso SSIS. il percorso formativo anzidetto prevede esami in ingresso, in itinere e in uscita, un tirocinio formativo diretto e indiretto.
    Ora mi volete far capire che chi ha fatto la SSIS o è entrato tramite un concorso, il cui superamento richiedeva determinati requisiti, non è abbastanza qualificato? Allora chi li ha indetti a cosa mirava?
    Aggiungo dare tanto potere ai presidi non credo che faciliti l’ingresso di gente preparata, tutt’al più raccomandata!!
    Complimenti

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  9. @ Cinzia

    Come ho scritto alla fine del post, è bene non confondere le “graduatorie” con un ipotetico “albo” la cui realizzazione credo sia difficile vada in porto. Già venticinque anni fa sentivo parlare di un albo professionale per insegnanti …

    In ogni caso ti do ragione: meglio non dare troppo potere ai dirigenti scolastici.

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  10. Io sarei favorevole alle graduatorie regionali. Sono inserita nelle graduatorie di Mantova dove sono nata e vivo con la mia famiglia. Sono naturalmente precaria (a 43 anni) ed ogni anno mi vedo superata da gente che viene dal Sud (con tantissimi punti). Essere nati nel Nord è diventato discriminante e quel senso di razzismo di cui si sente parlare è per me invertito… solo che “dà fastidio” che ciò venga detto… ma è la verità. Dovrò trasferirmi a Palermo per insegnare?
    Mah.. la lotta è sempre più tra disperati

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  11. @ Simona

    “Dovrò trasferirmi a Palermo per insegnare?”
    Se quelli di Palermo vengono al Nord, direi di no.

    Non resta che attendere le novità, che sono già ufficiose, e sperare …. senza disperarsi tanto! 🙂

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  12. Anche se in ritardo di qualche mese rispetto agli altri, anch’io ho letto questi post ed i vari commenti che i miei colleghi hanno voluto scrivere. Sono rimasto molto colpito da più di un pensiero discusso sopra, ed anzi vorrei tentare di rispondere qui di seguito almeno ad alcuni. Mi scuso tuttavia a priori se nel farlo di fetta (causa mancanza di tempo) il mio testo apparirà un po’ rozzo e tracciato a grandi linee.

    …Una delle grandi contraddizioni interne del mondo scolastico italiano è che nella categoria “docenti” rientrano profili professionali molto variegati: diplomati di scuola superiore (che insegnano direttamente senza bisogno di laurea o altro titolo come gli insegnanti tecnico pratici), laureati magistrali o di secondo livello che insegnano senza abilitazione ma solo per supplenze brevi, laureati magistrali o di secondo livello abilitati tramite corsi speciali interni, laureati magistrali o di secondo livello abilitati tramite scuola di specializzazione (ssis).
    Attualmente possono accedere a contratti a tempo indeterminato tutte le persone sopra citate purché in possesso di specifica abilitazione.

    Purtroppo in Italia, sono stati sfornati molti più abilitati rispetto all’effettiva capacità delle istituzioni scolastiche di assorbirli, anche in seguito ai tagli delle diverse riforme ed alle mancate assunzioni post pensionamenti vari.

    La ssis in particolare è stata creata in Italia per rispondere ai requisiti dell’alta formazione previsti dal quadro europeo. In altre parole, ogni Stato dell’Unione ha creato dei percorsi universitari per formare i nuovi docenti. Questo già a partire da circa 10 anni or sono.

    Eccezioni a parte come gli ITP che attualmente in Italia ancora non seguono alcun tipo di formazione universitaria, paragonabile a quella degli altri laureati, soprattutto in riferimento agli aspetti della didattica, pedagogia, sociologia, psicologia.

    In Inghilterra, ad esempio, un insegnante prende uno stipendio “variabile” proporzionato al titolo di studio (diploma, laureato, laureato abilitato), alla posizione geografica territoriale dove lavora (ad esempio scuola al centro di Londra, in periferia, o in un paesino lontano e più piccolo), in base all’anzianità di servizio ed agli incarichi che riceve mentre lavora. Finisce di lavorare alle 16.00 per 5 giorni alla settimana (tempo pieno) ma arriva a guadagnare fino a 45000 sterline all’anno. E’ anche vero che gli insegnanti sono chiamati a preparare lezioni interattive settimanalmente.

    L’attuazione delle direttive europee, infatti, è stata lasciata alla libera gestione di ogni Stato membro. Modificare ogni tanto questi aspetti pertanto sarebbe d’uopo nell’aspettativa di concretizzare un più adeguato rifacimento agli standard comunitari.

    Causa leggi, sindacati, ed impedimenti vari come riforme lente o sbagliate, e crisi economiche mondiali tutto questo potrebbe subire, ed in parte ha già subito, un rallentamento (si spera temporaneo).

    Non è sbagliato legare l’efficienza del lavoratore al suo salario, ma lo è realizzarlo senza tenere conto delle discrepanze esistenti all’interno del mondo scolastico italiano (differenti profili di lavoratori ad esempio o uno stipendio minimo già insufficiente):
    la guerra dei poveri nasce perché in tanti hanno investito nello studio e vorrebbero vedere realizzati i propri sforzi.
    Sindacati ed accordi politici vari hanno storicamente realizzato canali alternativi ma equivalenti di inserimento nel mondo della scuola contribuendo a renderlo saturo più in fretta. Questa non vuole essere una colpa poiché spesso si è trattato di sanatorie per colmare situazioni di disparità maggiore.
    Ad ogni modo: se un giovane riesce ad insegnare da diplomato “a pari grado” di un laureato e questo a sua volta non riesce ad accedere alla ssis dopo numerosi tentativi perché il numero chiuso appare difficile da superare, è inevitabile che il malcontento si alimenti, tanto più quando dopo numerosi sforzi ci si trovi a guadagnare, lontano da casa, piccole somme di denaro senza orizzonti di stabilità a lungo termine e magari pagando affitti sproporzionati che non possono uscire dalle analisi ISTAT sul costo della vita perché solo in parte dichiarati nel contratto di casa. Sappiamo inoltre che i contratti di affitto dovrebbero essere triennali mentre gli insegnanti hanno contratti annuali e per questo non possono vincolare case per tre anni. Orizzonti di stabilità che magari altri più fortunati ma forse meno qualificati hanno conseguito grazie a conoscenze e/o corsi speciali abilitanti poco noti e pubblicizzati dalle regioni e province.

    Del resto un giovane che sceglie la carriera scolastica appena laureato dovrebbe avere maggiori possibilità di realizzarsi in quel settore rispetto ad un altro che vi ripiega in tarda età, diciamo a 40 anni dopo aver provato altri mestieri. Lasciando per inciso che anche per me sarebbe bellissimo vivere in un mondo utopistico dove sia possibile cambiare mestiere tutte le volte che si vuole senza rimetterci in qualche aspetto.

    Al Nord più che al Sud ciò è sempre stato più fattibile e forse da questo nasce laggiù il preconcetto diffuso che un’insegnante sia una persona che nella vita non è riuscita a far di più, cioè a trovare qualcosa di meglio.

    Proprio perché al Nord una persona riusciva ad inserirsi a tempo indeterminato anche a 40 anni cambiando mestiere, si è radicato il preconcetto che i vincenti nella vita possono provare altre strade finche sono giovani e solo alla fine ripiegare nella scuola. Ciò inevitabilmente altera tuttora la forma mentis ed il conseguente modus gerendi.

    Insegnare è una professione al pari di tutte le altre ed anzi tra le più nobili poiché si educano, si formano le nuove e future generazioni di cittadini. Se l’Italia è uno stivale ormai stretto per tanti, già in molti tra noi ancora liberi da vincoli familiari provano ormai l’estero dimostrando quanto la classe insegnate italiana sia tra le più forti e valenti.
    Del resto se delle energie si possiedono perché sprecarle ancora in un gioco dell’oca all’italiana dove le regole cambiano mentre si fa la partita e la gente non può neanche programmarsi il proprio futuro? Perché trascorrere estati intere (la propria giovinezza) attaccati al terminale per vedere di capire se l’anno venturo si lavorerà, o per interpretare le leggi ed i disegni di legge? Meglio attivarsi cercando nuovi orizzonti.. ed imparando una lingua straniera.

    Avere insegnanti sviliti non potrà certo giovare.

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  13. @ Luca

    Grazie per il tuo commento, scritto con equilibrio, competenze e buon senso … non ti preoccupare per la forma, quello che conta sono i pensieri! 🙂

    Hai toccato, tra le altre cose, un tasto dolente: i tempi di attesa per entrare in ruolo. Ne ho parlato in quest’altro post, se ti può interessare.

    Ciao!

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  14. un bellissimo commento quello di luca su una cosa dissento
    quelli che a 40 anni voglio fare l’insegnante non pensi che sono anche quelli che per 10 anni hanno inseguito i SSIS e non sono riusciti ad accerdere
    perchè solo in Italia chi ha 40 anni non può avere il diritto di realizzare un proprio sogno???

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  15. Io ho un’idea “cool”. Magari qualcuno potrebbe farla pervenire al MIUR:

    GE per contratti a TD provinciali (come sono adesso con riapertura biennale e trasferimenti liberi)
    GE per contratti a TI nazionali con scorrimento progressivo in base alle disponibilità su tutto il territorio nazionale. I primi in graduatoria sono convocati dal MIUR ed esprimono la sede geografica nazionale che preferiscono (tra quelle disponibili) per stipulare il contratto a T.I. dove dovranno permanere con obbligo di 5 anni. Se non ci sono cattedre disponibili per il T.I. nella provincia desiderata il candidato potrà optare per un’altra o rinunciarvi mantenendo la posizione in graduatoria in attesa dei successivi pensionamenti (e nel frattempo continuerà a lavorare a T.D. nella provincia che preferisce).

    Mi sembra un buon compromesso, ma immagino che qualcuno potrebbe obiettare che non c’è alcun meccanismo di premiazione del merito.

    Del resto “commissioni esterne agli istituti per valutare gli insegnanti” finirebbero per premiare i personaggi più ammanicati con politica e sindacati ed essendo il preside l’unico commissario interno sarebbero favoriti anche i suoi simpatizzanti.
    Sarebbe opportuno invece introdurre una indennità di rischio anche per gli insegnanti. Ci sono classi difficili dove a fare scuola si rischia veramente. Ad esempio qualcuno mi racconta di aver dovuto schivare un puntatore laser in classe (di quelli che in TV alcuni servizi descrivevano accecare i piloti degli aerei che atterravano): un alunno l’aveva puntato dritto agli occhi dell’insegnante e dalla distanza di 2 metri! E sapete cos’ha detto il medico quando l’insegnante è andato con l’oggetto requisito a chiedere informazioni sui pericoli? “Non si preoccupi.. non è di quelli che scaldano”..minimizzando. Altre testimonianze? Un collega mi ha detto di aver avuto come alunno alle medie un ragazzo problematico e violento che a suo tempo gli ha rotto un dente creandogli non poche difficoltà educative ed oggi è un giocatore di serie A.. Cosa ne deducete? Gli insegnanti che fanno bene il proprio lavoro recuperano con successo i casi problematici, ma restano ammaccati con una pacca sulla spalla e qualche giorno di vacanza a casa. Le indennità di rischio sono lasciate ad altri chiamati “eroi della patria”..non ai servi della gleba che formano questi futuri fuori classe..

    Il mestiere degli insegnanti è a forte rischio bourn-out e spesso gli insegnanti sono chiamati a contrastare attività illecite tra alunni semi-delinquenti da raddrizzare perchè minorenni senza avere le spalle coperte dallo Stato che non riconosce loro i propri meriti e manzioni richieste.
    Se gli insegnanti avessero un’indennità di rischio adeguata ai casi si sentirebbero meno umiliati rispetto al proprio ruolo.

    All’estero i precari guadagnano il doppio degli immessi in ruolo.
    Inoltre in questi anni, si direbbe che i giovani che hanno avuto più fortuna siano proprio quelli che non hanno continuato gli studi.. cosa che a me sembra assurda.

    Si legga “Una vita da supplente” di un certo Brancatisano.

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  16. @ Luca

    E bravo Luca! Un altro bel commento: proposta lodevole e riflessione intelligente.

    Mi farebbe piacere che tu commentassi anche altri post che ho scritto sulla scuola e i suoi problemi. Li trovi tutti QUI.

    A presto. 🙂

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  17. Scusate per la domanda del tutto personale ma non so a chi altro rivolgermi.
    Sono il marito separato da 10 anni da un’insegnante di scuola elementare di Torino a cui mancano 5-6 anni al pensionamento e che è di ruolo da almeno 20.
    Quest’anno voglio chiedere il divorzio.
    Mia moglie (perchè con la sola separazione lo è ancora) mi ha già posto mille impedimenti per la perdita di punteggio che le deriverebbe da questa nuova condizione.
    Visto che non siamo in cattivi rapporti e vorrei,da una parte, evitare di danneggiarla pesantemente ma dall’altra anche riacquistare piena libertà giuridica per poter proseguire coerentemente nel rapporto che ho da anni con una nuova compagna, vi chiedo cortesemente di volermi spiegare quali saranno le reali conseguenze a cui mia moglie andrà incontro.
    Vi saluto e ringrazio.

    Corrado

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  18. @ Corrado

    Io onestamente non so risponderLe. Credo che la via più semplice sia rivolgersi ad un qualsiasi sindacato della scuola. Sui motori di ricerca ne trova quanti vuole.

    In bocca al lupo!

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