DA SAN NICOLO’ A BABBO NATALE: LA LEGGENDA DI SANTA CLAUS

Il 6 dicembre si festeggia San Nicolò. Chi come me ha passato la sua infanzia a Trieste, ricorda sempre questa giornata con un po’ di nostalgia. I santi che portano i doni ai bimbi nel periodo dell’Avvento sono diversi, a seconda delle usanze seguite nelle differenti zone d’Italia. Qui ad Udine, per esempio, i bimbi devono attendere il 13 dicembre, che erroneamente è definito il giorno “più piccino che ci sia”, in cui Santa Lucia arriva con il suo asinello per la gioia dei più piccoli. In realtà, il detto ha origini fondate: infatti, prima del 1580, anno in cui fu introdotto il calendario moderno, la giornata dedicata alla santa era il 21 dicembre, in cui cade il solstizio d’inverno ed è quindi davvero il giorno più corto dell’anno.
Dovendomi adattare alle usanze locali, ai miei figli, quand’erano piccini, i doni li ha portati sempre la santa di origine siciliana (era nata a Siracusa) che si dice fosse cieca per essersi da sola strappata gli occhi, sfuggendo ad un uomo violento che la perseguitava.

Tornando a San Nicolò, la sua origine è turca; fu vescovo di Myra (Anatolia) e divenne protettore dei bambini in seguito ad un fatto narrato da una leggenda. Si dice che, quand’era già vescovo, fece resuscitare tre bambini che un macellaio aveva ucciso e fatto a pezzi per venderne la carne.
Fin dal VI secolo il culto di San Nicolò (o San Nicola) era diffuso in tutto l’oriente. La sua fama quindi approdò in Italia, specie a Roma e nel sud che allora era dominato dai Bizantini. Attraverso i secoli il ricordo di questo santo non si spense, tanto che viene nominato come San Nicolò di Bari, quasi la città pugliese l’avesse adottato. Tuttavia, i baresi, di cui è anche patrono, festeggiano il santo il 9 maggio, giorno in cui le sue spoglie arrivarono in città nel 1087, mentre nel nord la sua festa ricorre, come ho già detto, il 6 dicembre che è la data in cui sarebbe morto a Myra nel 343.

A Trieste e in altre città della Venezia Giulia, la tradizione vuole che, qualche giorno prima del 5 dicembre, i bimbi scrivano una letterina al santo con la richiesta di doni. Ricordo ancora le mie letterine e il bicchierino di Slivovitz (un’acquavite ricavata dalle prugne, di origine balcanica e diffusa nella Venezia Giulia attraverso i Paesi dell’ex Yugoslavia, in particolare la Slovenia), accompagnato da dei biscotti secchi tipo Oro Saiwa, che lasciavo sul tavolo del soggiorno sapendo che San Nicolò li avrebbe graditi. Non mi stupii mai che i gusti del santo combaciassro con quelli di mio papà, ma io ero davvero una bambina un po’ tonta: credevo a qualsiasi cosa mi venisse detto.
La mattina del 6 dicembre mi svegliavo prestissimo e non riuscivo a trattenermi dal fare irruzione in sala da pranzo dove trovavo ogni ben di dio. Sull’enorme tavolo (in effetti è grande, ma allora mi sembrava enorme) trovavo i doni destinati a me nella metà più vicina alla porta d’ingresso. Venivo seguita a ruota da mio fratello, cui era destinato lo spazio corrispondente all’altra metà del tavolo. Anche lui, come me, accoglieva i regali con salti di gioia. Più tardi seppi che in realtà lui, essendo più “vecchio” di me di sei anni, aiutava i miei genitori ad allestire la sorpresa; era veramente un bravo commediante perché almeno fino a nove anni non ebbi alcun sospetto. L’unica cosa che un po’ mi dispiaceva, era che i regali non corrispondessero tutti alle mie richieste; in quel caso i miei sapevano trovare delle spiegazioni convincenti del tipo “non sei stata proprio buona buona …”, ed io, che non sempre avevo la coscienza pulita, le accettavo senza batter ciglio. Anzi, siccome la tradizione vorrebbe che ai bambini non troppo buoni San Nicolò porti anche un po’ di carbone, ero già contenta che almeno quello mi fosse risparmiato. Ma in fondo noi bambini triestini eravamo anche abbastanza fortunati; più tardi ho saputo, infatti, che in alcuni paesi dell’Europa orientale, è usanza che il santo porti una verga ai bambini non meritevoli, con cui i genitori possono poi punirli. Accidenti! Meglio il carbone che poi ora è fatto di zucchero. Qui in Italia la verga sarebbe comunque improponibile: i bambini correrebbero subito a chiamare il Telefono Azzurro.

Ora non so, ma quand’ero bambina io il 6 dicembre era severamente vietato fare lezioni regolari a scuola; si cantava, infatti, una canzoncina che fa così:

San Nicolò de Bari
xè la festa dei scolari
se i scolari no fa festa
ghe taieremo la testa
.

Davanti ad una simile minaccia c’era poco da scherzare e, visto che a scuola ci dovevamo andare, sempre che non fosse domenica, le maestre erano costrette ad adattarsi e ci facevano portare in classe i regali ricevuti. Un’usanza che ora forse potrebbe apparire inopportuna: dai doni ricevuti, infatti, traspare la condizione economica delle famiglie. Allora, però, non sospettavo che San Nicolò non esistesse e che fossero in realtà i genitori a comprare i doni per i figli. Notavo, tuttavia, che con alcune bambine il santo era stato più generoso. Allora mi consolavo guardando le compagne che San Nicolò aveva trattato peggio.
Tuttavia, anche i miei figli da bambini il giorno di Santa lucia portavano i regali a scuola, segno che alla fine certe usanze sopravvivono anche se apparentemente sconvenienti. 

Una cosa, però, mi convinceva poco di San Nicolò: l’abbigliamento. Essendo un vescovo, era raffigurato con la mitra e il pastorale. L’aria severa era poco compatibile con il ruolo che gli era stato attribuito. In realtà c’era anche un’altra versione, decisamente più allegra: quella di un vecchietto con la barba bianca e il vestito rosso bordato di bianco. Così venne descritto San Nicholas nel poema A Visit from St. Nicholas scritto da Clement C. Moore nel 1821. Ma per noi bimbi triestini questa figura si confondeva con quella di Babbo Natale e siccome veniva anche lui a portarci i doni, continuammo a preferire la raffigurazione classica di San Nicolò in abiti vescovili.
Ma che nesso c’è, dunque, tra il nostro San Nicolò e questo San Nicholas con le fattezze di Babbo Natale?

Il culto di San Nicolò (o Nicola) fu portato a New York dai coloni olandesi (è infatti il protettore della città di Amsterdam), sotto il nome di Sinterklaas. Questo nome, poi, fu tradotto nel britannico Santa Claus o Klaus ed eccoci arrivati a … Babbo Natale!
Nella Storia di New York, di Washington Irving, si trova un Sinterklaas americanizzato in Santa Claus: non ha più le caratteristiche vescovili di San Nicola ma viene rappresentato come corpulento marinaio olandese avvolto in un mantello verde e con la pipa in bocca. Con questa figura Irving voleva prendersi gioco della comunità olandese di New York e molti caratteri del ritratto sono dovuti alla sua invenzione umoristica. Una rappresentazione simile si trova anche nel Canto di Natale di Charles Dickens sotto il nome di “Spirito del Natale presente”.
Sembra che l’aspetto moderno di Santa Claus, come ho già detto, abbia assunto la forma definitiva con la pubblicazione della poesia Una visita di San Nicola, ora più nota con il titolo La notte di Natale (The Night Before Christmas), avvenuta sul giornale Sentinel della città di Troy (nello stato di New York) il 23 dicembre 1823. La paternità dell’opera non è certa, ma è tradizionalmente attribuita a Clement Clarke Moore. Santa Claus vi viene descritto come un signore un po’ tarchiato con otto renne, che vengono nominate (per la prima volta in questa versione) con i nomi di Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen. La versione italiana di tali nomi è: Fulmine, Ballerina, Donnola, Freccia, Cometa, Cupido, Saltarello e Donato.

I bambini di tutto il mondo sanno che a Babbo Natale si può scrivere davvero. Il suo ufficio si trova nel circolo polare artico e l’indirizzo esatto è:
Santa Claus
Arctic Circle
96930 Rovaniemi
Finland

Ma per piacere ai bambini d’oggi, Babbo Natale si è dovuto modernizzare: ora si può contattarlo anche via e-mail attraverso il suo sito.

Sarà, ma io non avrei mai scambiato un’anonima pagina di posta elettronica con il biglietto che lasciavo sul tavolo del soggiorno. Ma si sa, la fantasia dei bambini sta al passo coi tempi.
Ora mi chiedo: a San Nicolò piacerebbe ancora lo slivovitz? Chissà perché ma ho l’impressione che gli preferisca la … Coca Cola.

[ATTENZIONE: L’immagine di San Nicola – sotto il titolo a sinistra – è soggetta a copyright 3ntini Service s.a.s.; LINK del sito web]

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28 pensieri riguardo “DA SAN NICOLO’ A BABBO NATALE: LA LEGGENDA DI SANTA CLAUS

  1. Si, Marisa, davvero bella la leggenda di S.Nicola e di Babbo Natale…

    Ricordo anch’io, avendo (anche se io sono nata a Milano) origini friulane (Pordenone) che lì i doni li porta S.Lucia il 13 dicembre, ma a Milano, allora li portava Gesù Bambino ed ora Babbo Natale.

    Se permetti vorrei anch’io raccontarti in breve quali sono stati e come li ho vissuti i miei primi doni di Natale.

    Anch’io ero una bambina ingenua e credulona e sono rimasta tale fino a 7-8 anni.

    Ricordo che durante il mese di dicembre per qualche anno spariva la mia bambola…..
    Ero tanto ingenua da credere a quello che mi veniva detto….
    “Gesù Bambino viene a togliere ad ogni bambino un giocattolo per portarlo in dono ad altri bambini: ma anche tu avrai un altro dono e magari una bambola nuova”…

    Intanto durante il mese, mi capitava spesso di scoprire mia mamma che di nascosto lavorava a ferri o alla macchina da cucire: la poverina confezionava un nuovo vestito per la mia bambola….

    Poi, il giorno di Natale mi ritrovavo sempre la stessa bambola ma con l’abitino diverso….

    Questo è accaduto per due o tre anni, ma l’ultimo anno, che avevo cominciato ad avere qualche dubbio, ritrovando ancora la mia bambola tra i dolci e gli altri piccoli doni, ho esclamato :
    “E’ tornata a casa la mia bambola …. Con il vestito nuovo fatto dalla mamma”

    Quello fu l’ultimo anno che la mia bambola andò in trasferta!!!!!!
    Ma fu anche l’ultimo anno di un magico momento: il gioioso risveglio del mattino di Natale.

    Mah… anche i Natali (per fortuna) non sono più quelli di una volta…..

    Mandi, Marisa

    eli

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  2. Cara Eli, anch’io voglio raccontarti qualcosa che, per non allungare troppo il post, non ho scritto.

    Credo di essere stata in assoluto la più tonta tra le bambine mie coetanee. Ancora adesso, in certe situazioni, mi sembra di essere Alice nel paese delle meraviglie. Nel mio mondo fantastico, popolato da befane, santi e babbi natale, mi rifiutavo di credere all’evidenza: come facevano quei personaggi ad insinuarsi in casa nostra e a lasciare tutti quei doni? E soprattutto, come potevo essere così sicura che a San Nicolò piacessero gli Oro Saiwa e lo Slivovitz, che era proprio il liquore preferito da mio papà? Quando ero in terza elementare, io ancora ci credevo a quei dispensatori di doni e ricordo che scoppiai in lacrime quando una mia compagna, una delle più grandi e smaliziate, mi rivelò che i regali li portavano i genitori e che non esistevano né befane, né santi, né babbi natale. Dopo un attimo di smarrimento, riassunsi il mio atteggiamento risoluto e chiesi alla maestra Alberta conferma della malignità che avevo appena sentito. Lei, sorridente e con l’aria affabile che sapeva assumere nelle giuste occasioni, mi rispose: “Per le bambine buone come te esistono, per quelle cattive no, quindi sono i genitori a portare i doni.”. Appagata dalla risposta, cui la compagna cattiva non trovò valide argomentazioni per obiettare, ringraziai la maestra e continuai, ancora per poco, a cullarmi nella certezza di essere una buona bambina.

    L’anno dopo, di fronte all’imperturbabilità con cui mi accingevo a scrivere la letterina a San Nicolò – l’unico che avesse bisogno di richieste specifiche perché gli altri portavano un po’ quello che volevano -, i miei capitolarono e mi dissero la verità. Non feci una piega anche perché, nonostante le buone parole della maestra, qualche dubbio mi era pure venuto. Seppi poi che per organizzare quella favolosa sorpresa che si rinnovava ogni anno i miei avevano dovuto tribolare non poco, soprattutto per fare la colletta tra i numerosi parenti che partecipavano all’iniziativa. Una conferma, per me oggi, dell’assoluta atipicità della mia famiglia, una famiglia allargata, sì, ma non come si usa definire adesso quella in cui confluiscono nuovi compagni o compagne, figli acquisiti, figli naturali o figliastri. La mia famiglia era allargata perché comprendeva zii e cugini, prozii e procugini, cognati che erano al tempo stesso cugini … insomma, un bel caos ma, nel complesso, una famiglia felice e unita. Da bambina, forse, non l’apprezzavo, ma ora ne comprendo l’indiscutibile valore.

    A presto. 🙂

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  3. Si, Marisa, la famiglia… quella con i confini più vasti, quella che hai citato tu… piena di parenti: nonni, zii, cugini…. prozii e procugini…. è la famiglia che tutti o quasi tutti abbiamo avuto in fanciullezza che è stato il periodo della nostra età in cui, purtroppo, meno abbiamo apprezzato questo grande dono, lo abbiamo dato per scontato, inconsapevoli che tutto ciò sarebbe finito….passato… e un giorno nostalgicamente ricordato…..

    E pensando al tuo mondo fantastico di allora, “Alice nel Paese delle Meraviglie” dovrebbe essere sempre presente nel cuore delle adolescenti…. ma… se fosse possibile anche nel cuore di chi, come me, non riesce più ad avere ancora illusioni e sogni….

    eli

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  4. misapete dire quando si festeggia santa claus?me pare che fosse il 13 dicembre,fatemi sapere perchè ho una scommessa in corso.grazie

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  5. @ Serena

    Se per Santa Claus s’intende San Nicolò (o Nicola), si festeggia il 6 dicembre. Tuttavia, come ho spiegato nel post, comunemente si attribuisce a Babbo Natale il nome di Santa Claus nei Paesi anglosassoni; quindi si festeggia il 25 dicembre, cioé il giorno di Natale.
    Il 13 dicembre è il giorno dedicato a Santa Lucia.

    Spero di aver chiarito i dubbi anche se temo che la scommessa rischi di perderla! 🙂

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  6. Eila’ il sei Dicembre e’ San Nicola, la leggenda narra che salvo’ tre bimbi messi in salamoia da un oste, ecco perche’ il collegamento del santo coi piccoli tanto da diventare Santa Claus e poi ancora Babbo Natale….Ci ha fatto fantasticare da piccoli, alcuni di noi ancora ci credono….Ricordiamolo domani…..

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  7. @ Anna Puccio

    Grazie per l’integrazione al post. Quella dei bambini in salamoia l’avevo letta … deve essere una delle versioni della leggenda su San Nicola.

    Buon San Nicolò, allora. 😉

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  8. Io dico che, dire che babbo natale non esiste non è del tutto vero. san Nicola dopo essere morto, ci ha lasciati il suo spirito di bontà,di carità,di di fratellanza e di amore.Che lui aveva ricevuto da Gesù.Quindi quello spirito è vivo ancora nel mondo,in tutti noi . E se noi uomini siamo fatti anche di spirito, babbo natale esiste in tutti noi.Ed io ai miei bambini dico che babbo natale esiste.Poi capiranno da soli in che modo. W babbo natale!!!

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  9. è una narrazione inesatta e mancante, mi permetto, le spoglie di San Nicola furono traslate e Bari durante le crociate, e non fu solo adozione spirituale, ma materiale. Santa Lucia non si strappò da sola gli occhi (..)ma le furono cavati….e altre. Buonasera.

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  10. @ Simona

    La cronologia indicata nel post mi sembra compatibile con l’epoca delle crociate. Sull’adozione materiale o spirituale non mi pronuncio, d’altronde lo spirito dell’articolo era diverso, certamente non si tratta di un saggio … quanto a Santa Lucia, le versioni sono discordanti e c’è che ritiene la sua cecità solo una leggenda per trovare un nesso con il suo nome (da lux, “luce” in latino).
    Ringrazio per le precisazioni anche se sarei stata più contenta di avere delle fonti con cui confrontarmi.

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  11. Cara Marisa, ciao.
    Anche se sono salentina e non barese, Nicola si festeggia pure dalle mie parti… e a casa mia… per via del fatto che mio figlio più piccolo, da perfetto russo, si chiama proprio Nicola. E nel nome c’è la differenza che da te è Nicolò, proprio delle tue parti, da noi è Nicola. Dirai: non cambia niente. Invece quando arrivammo coi miei figli in Italia e tutti tendevano a chiamare il piccolino Nicolò, Niccolò, Nicolai… non hai idea del dramma! Si sentiva tradito nel nome… allora a tutti dovevamo specificare che a differenza del russo moscovita, o del Nicolò più veneto, nel russo ucraino (specie verso sud, sul mare di fronte alla Turchia, dove è radicato il culto ortodosso di S. Nicola) Nicola è proprio così e basta.
    A Bari, come dici, si festeggia la traslazione delle reliquie i primi di maggio, ma la festa religiosa rimane comunque il 6 di dicembre, giorno dei popoli orientali. E’ bello perché sotto la cripta di S. Nicola c’è un’altra dimensione, è destinata al rito ortodosso, e si respira davvero un clima di unità dei popoli e delle culture religiose. Alle celebrazioni in rito ortodosso partecipano tanti pellegrini russi che arrivano a Bari in quei due giorni da ogni dove. La Basilica di S. Nicola a Bari è davvero ponte tra Oriente e Occidente, luogo di incontro e di dialogo (e se lo dice una salentina!!!).
    Inoltre ‘traslazione’ è il termine elegante per non dire trafugamento… FURTO! In quel periodo le città facevano a gara per accaparrarsi le reliquie più ambite, semplicemente perché queste divenivano segni di potere, rendendo la città potente agli occhi delle città avversarie. Nicola è a Bari… ma non tutto… visto che proprio la chiesa di S. Nicolò a Venezia conserva le ossa più piccole del santo quelle che, pare, per la fretta i marinai baresi lasciarono a Myra, ma se le portarono via i veneziani che nel frattempo facevano la corte a quelle di S. Marco (eh eh eh)!
    Invece, come deformazione professionale vuole, ti dico che il simbolo iconografico di S. Nicola (anche in Ucraina è così) sono tre palle d’oro, segno di tre sacchetti pieni d’oro che la tradizione agiografica vuole abbia donato a tre ragazze come dote per prendere marito. Ecco perché quando S. Nicola diventò Babbo Natale, non si perse la tradizione del dono.
    Hai fatto felice il mio piccolo Nicola col tuo racconto e con l’indirizzo di Rovaniemi, ormai per lui è racconto fisso di ogni anno… ma comincia a chiedersi se esista per davvero!!!
    Buon S. Nicolò a te… ti abbraccio.

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  12. Cara Maria Rita,

    mi fa un enorme piacere che tu sia così appassionata della storia di San Nicola e ti sono grata per aver integrato il mio post con notizie così interessanti.
    E così hai in casa un “piccolo russo”! Però devo dire che anche qui Nicola è molto più utilizzato rispetto a Nicolò, nome riservato al famoso santo che porta i doni ai bimbi.
    Grazie mille e buon San Nicolò anche a te … per me, poi, è una ricorrenza speciale. Dodici anni fa San Nicolò mi ha portato “in dono” una cosa bellissima: la mia nuova casa. 🙂 Ricordo ancora quando, tremanti per l’emozione, all’uscita dal notaio io e mio marito ci siamo precipitati qui e, poiché l’elettricità non c’era ancora, ci siamo goduti lo splendido panorama dalla finestra, tutte le luci brillavano, era come fosse già Natale. Molte cose sono cambiate da allora ma ricordo sempre con grande emozione quel 6 dicembre 2000.

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  13. … ti ho riletta in ritardo, doppi auguri allora Marisa! Che tu possa sentirne il calore per tanti… tanti… tantissimi anniversari!
    P.S., appassionata di S.Nicola dici? Ahimé di tutti i santi per forza! Ormai insegno storia dell’arte da anni, per passione… dunque dall’arte ai santi, e alla loro storia, all’iconografia e l’iconologia che li riguarda (come per tanti altri personaggi dell’arte), il passo è davvero breve!
    Un abbraccio e buone festività…

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  14. Grazie, Maria Rita, anche a te auguro un felice periodo di festa … anche se ci aspettano giorni di fuoco con le verifiche da correggere prima di Natale. 😦

    A proposito di San Nicolò, leggevo sul Piccolo, quotidiano di Trieste, una notizia sconcertante: un famoso caffè che si affaccia sulla Piazza Unità ha assunto un “San Nicolò” che, su una carrozza, offriva cioccolata gratis ai passanti, grandi e piccoli. Peccato che i vigili urbani abbiano interrotto questa distribuzione multando il poveretto (76 euro) perché non autorizzato
    ( ❓ ) e l’abbiano costretto ad andarsene, fra le giuste rimostranze degli astanti.

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  15. Ciao, io conosco S. Nicolò solo perché me ne parla il mio amico. Mi racconta della tradizione di fare il falò, delle lanterne in mano ai bambini (mi pare, non ne sono sicurissima) e dei doni che il santo porta. Mi ha fatto piacere leggerne la storia. A me i doni venivano portati da Gesù Bambino 🙂

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  16. Ciao,
    visto che i miei figli festeggiano San Nicoló (SinterKlaas per loro, essendo belgi fiamminghi da parte di madre) ho cercato come si festeggiasse in Italia e la sua origine. Sono Veneto ma della parte occidentale, dove non si festeggia San Nicola o Nicoló. bella spiegazione. grazie. sono un fan di Trieste per cui mi sono piaciuti gli aneddoti triestini e giuliani.
    grazie,
    Paolo

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