BUON ANNO A TUTTI


Per augurare ai miei lettori un buon 2009 ho scelto una poesia di Rodari, un po’ infantile, se volete, ma gli ultimi due versi sono, a mio parere, una perla di saggezza.

L’ANNO NUOVO

di

GIANNI RODARI

Indovinami, indovino,

tu che leggi nel destino:

l’anno nuovo come sarà?

Bello, brutto o metà e metà?

Trovo stampato nei miei libroni

che avrà di certo quattro stagioni,

dodici mesi, ciascuno al suo posto,

un carnevale e un ferragosto,

e il giorno dopo il lunedì

sarà sempre un martedì.

Di più per ora scritto non trovo

nel destino dell’anno nuovo:

per il resto anche quest’anno

sarà come gli uomini lo faranno.

A U G U R I !!!

BENIGNI LEGGE DANTE, E NOI?

dante

Negli ultimi anni il celebre attore – regista – comico, con il suo stile da giullare medievale, perfettamente calato nel ruolo a lui più confacente, si è dedicato anima e corpo alle Lecturae Dantis. I suoi spettacoli, sia dal vivo sia televisivi, hanno spopolato. Si è scatenata una sorta di Dantemania, e dire che la Commedia (l’epiteto Divina è stato affibbiato all’opera dantesca solo nel Cinquecento) non è stata e non è certo una delle letture preferite dagli Italiani, specie se considerata alla stregua di materia di studio al liceo. Eh sì , perché quando la si deve studiare, tutta questa bellezza nell’opera sublime del Vate Dante proprio non si riesce a coglierla!

Ricordo che al liceo rimanevo estasiata di fronte alla lettura e al commento che ne faceva il mio professore. Una delle poche, aggiungerei, perché gli altri facevano un po’ i fatti loro. Però qualche cultore del divino poema già allora c’era tra i banchi: un compagno, infatti, aveva riscritto alcune parti della Commedia, credo il solo Inferno, calandoci tutti nelle vesti di dannati. Una rielaborazione davvero originale che, con il senno di poi, mi pento di non aver saputo apprezzare. Sono pentita anche di non aver avuto la costanza di stare a sentire quell’emulo del sommo Vate mentre declamava il Dante a modo suo. Non avevo nemmeno saputo cogliere, allora, l’indiscutibile talento artistico di quel compagno che stava inseguendo un sogno che è riuscito a concretizzare: ora fa l’attore.

Ma veniamo a Benigni. Da oggi l’Espresso e Repubblica ripropongono i DVD con le letture benigniane, risalenti agli spettacoli che il comico toscano ha tenuto nelle piazze italiane dal novembre 2006 al settembre 2007. Ci scommetto che sarà un successo. Che ci sarà mai di male? In effetti, nulla. Benigni non è il primo a commentare Dante in pubblico.

Se escludiamo i commenti scritti e, quindi, destinati ad un pubblico ristretto, visto che i manoscritti erano costosissimi e la maggior parte della gente era analfabeta, il primo lettore di Dante fu Boccaccio, grande estimatore del Vate: commentò Dante in pubblico, ma si fermò al XVII canto dell’Inferno perché accusato di sprecare energie per il pubblico indegno e incapace di cogliere la complessità del messaggio dantesco. Effettivamente, anche se l’età comunale è più democratica rispetto a quella feudale, secondo gli intellettuali la cultura doveva essere comunque indirizzata ad un pubblico aristocratico, che non conosceva più il latino ma che possedeva una cultura non strettamente popolare. Boccaccio si pentì dell’opera di divulgazione del poema, soprattutto per non dispiacere a Petrarca, altro poeta per cui provava una sconfinata ammirazione, ma successivamente si pentì di essersi pentito e restituì all’opera dantesca il prestigio che meritava.

Ma la Commedia era conosciuta e divulgata, almeno l’Inferno, quando Dante era ancor vivo. Il Sacchetti, nelle sue Trecentonovelle, racconta infatti che, mentre passeggiava a Firenze, il poeta sentì un fabbro che recitava i suoi versi “smozzicando e appiccando“, cioè citandoli in modo non fedele, togliendo delle parole o aggiungendone altre a suo piacimento. Allora preso dall’ira — peccato da cui non si ritenne immune, accanto a quello della gola e della superbia — il Dante di Sacchetti si avventò sugli strumenti del fabbro e li buttò all’aria. Alle proteste dell’artigiano, Dante rispose: Se tu non vuogli che io guasti le cose tue, non guastare le mie. Il fabbro, che non comprese il senso, chiese: O che vi guast’io?, al che il poeta replicò:Tu canti il libro e non lo di’ com’io lo feci; io non ho altr’arte, e tu me la guasti.”. L’uomo, non sapendo come ribattere, tornò al suo lavoro; e se volle cantare di Tristano e di Lancelotto e lasciò stare il Dante.

Analogo è il trattamento, in un’altra novella sacchettiana di argomento dantesco, che il Dante personag­gio riserva a un asinaio il quale recita i versi inframmezzandoli con un “arri“, cioè col grido usato per stimolare l’asino a camminare. Nel testo si legge che il poeta, sdegnato, apostrofò l’asinaio in tal modo: Cotesto arri non vi mis’io. E mentre probabilmente ci aspetteremmo che l’Alighieri lo malmenasse, preferì, invece, maltrattarlo a parole e gli disse: Io non ti darei una delle mie per cento delle tue. Ciò dimostra come Dante fosse pungente, non solo nelle invettive, specie contro la “sua” Firenze, contenute nel poema, ma anche nella vita di tutti i giorni.
Del resto, altri aneddoti testimoniano il suo spirito. Si narra, infatti, che nel 1311 il poeta si recò a Porciano per convincere i Conti Guidi, che da sempre osteggiavano i guelfi Fiorentini,  ad appoggiare l’appena incoronato Imperatore Arrigo VII e convincerlo a schierarsi apertamente dalla parte ghibellina. Le cose non andarono a buon fine, i Conti Guidi non mantennero le promesse di fedeltà fatte all’Imperatore e il poeta immortalò il suo disprezzo per i traditori nel XIV canto del Purgatorio. Questo causò la vendetta dei Guidi che imprigionarono l’Alighieri proprio in una delle stanze di Porciano. Il poeta, tuttavia, riuscì a liberarsi dalla prigionia e, mentre scappava dal castello, incrociò un messo inviato dai fiorentini per condurre prigioniero Dante Alighieri a Firenze. Il messo, non conoscendolo, gli chiese se al castello di Porciano ci fosse un certo Dante. Al che, il poeta serafico rispose: Quando io v’era, ei v’era!

Insomma, uno spirito che ben si sposa, se vogliamo, con quello di Benigni. Ma la lettura che il comico fa della Commedia si può paragonare ai versi declamati dal fabbro e dall’asinaio: sono sicura che a Dante non piacerebbe. Un merito, però, glielo concedo: l’aver accostato il grande pubblico ad un’opera che altrimenti nessuno leggerebbe. Quella di Benigni, tuttavia, è assai riduttiva: riguarda solo alcuni canti dell’Inferno e uno solo del Paradiso, il XXXIII, che conclude l’opera. Anche nella scelta dei canti si ravvisa un unico scopo: rendere partecipi gli spettatori di quelli che sono i fatti più vicini al gossip dell’epoca. Passano i secoli ma i gusti del pubblico sono rimasti immutati. Meglio trascorrere un po’ di tempo in allegria, lontani dalle letture impegnative e noiose. Sentir parlare di Paolo e Francesca, ovvero di due amanti, è interessante e leggero quanto poteva esserlo per i contemporanei di Dante che così venivano messi al corrente dei fatti “piccanti” che succedevano nelle corti. Un po’ come leggere ai nostri giorni riviste come DiPiù o Chi .
Ma Dante era consapevole del successo che i suoi versi riscuotevano? Certo, e le novelle del Sacchetti lo testimoniano. Tuttavia, se facciamo una distinzione tra il pubblico ideale – quello che ogni autore ha in mente mentre scrive – e quello reale, le differenze ci sono, eccome.
All’inizio del II canto del Paradiso, infatti, l’autore avverte: “ Voi che, desiderosi d’ascoltare, con la vostra piccola barca avete seguito la mia nave (legno) che varca il mare con il suo verso, tornate alle vostre spiagge e non avanzate in mare aperto perché se perderete di vista la mia guida, vi smarrirete. Io sto percorrendo un mare sconosciuto.”. Insomma, l’argomento si fa difficile, dal gossip passa al “pan de gli angeli”. Sono pochi, dunque, i lettori in grado di seguire la scia della sua nave; sono quei lettori che “si nutrono del pan de li angeli”, cioè la sapienza divina che gli uomini non sono in grado di vedere perché fatti di anima e corpo. La sapienza divina si apprende attraverso lo studio delle scienze sacre, cioè la teologia; chi si è dedicato allo studio della teologia e si è nutrito del “pan de li angeli” non si sazia mai. (cfr. Paradiso, II, vv. 1 – 18).

Ecco spiegato il motivo per cui Benigni quasi esclusivamente si dedica al commento dell’Inferno. Il Pan de gli angeli non è quello che sta sulla mensa di tutti, non è nemmeno il panettone che si mangia a Natale. Allora concediamogli pure di leggere Dante a modo suo, se questa scelta collima con le richieste del pubblico. Ma per favore, non esaltiamolo più di tanto: non un “Benigni da Nobel”, come ho letto in una pagina web, piuttosto quel “fenomeno da baraccone, che ha stravolto Dante invece di interpretarlo”, come ha detto il regista Zeffirelli in un’intervista pubblicata sul Corriere (15 febbraio 2008). E l’ha stravolto sì, visto che attualizza il messaggio dantesco escogitando pene riservate ai vip del nostro tempo, in particolare i vari ministri, possibilmente di questo governo. Nell’intervista comparsa la scorsa settimana sull’Espresso Benigni dice che all’Inferno ci metterebbe non poche persone. Sicuramente gli ‘intercettati’ e i ‘corrotti’, gli ‘ignavi’ e i ‘bigotti’ e anche Silvio Berlusconi per il quale, dice, andrebbe creato un “girone ad personam“. Difficile scegliere, infatti, per il premier il luogo più adatto: il comico toscano potrebbe “fargli fare il giro di tutti i gironi: dei lussuriosi, dei barattieri, dei simoniaci, dei bugiardoni, dei bischeroni. Sta bene dappertutto. un protagonista”. Beh, un tantino d’invidia, però, tra le righe si legge. Un po’ come Dante che godeva nel calare nei luoghi più ignobili dell’imbuto infernale tutti quelli che non gli garbavano e che, in vita, se l’erano presa con lui o erano appartenuti alla fazione opposta.

Infine, sulla scia di Dante, faccio anch’io un appello ai miei lettori: se volete acquistare i DVD (che poi vengono a costare anche un bel po’ di soldi!), fatelo pure. Ma io vi consiglio di prendervi una buona edizione della Commedia – quelle scolastiche sono fatte benissimo, chiedetelo ai vostri figli – e leggere un canto al giorno, così senza impegno, magari alla sera prima di addormentarvi … sperando che qualche mostro infernale non venga a farvi visita la notte nei vostri sogni. Credetemi: vedere Benigni che salta, urla, si rotola per terra declamando i versi del sommo poeta può nuocere maggiormente ad un buon sonno.

MA QUANTO SI MANGIA A NATALE?


Eccoci qua. Abbiamo superato indenni, o quasi, la prova dei “due giorni natalizi”, 25 e 26 dicembre. Mi sono spesso chiesta perché mai fosse stata aggiunta (chissà quando?) la festa di Santo Stefano a quella del Natale: per farci prendere tre chili anziché uno e mezzo? Se è così, mi sembra una vero attentato alla linea.
Passare due giornate festive rallegrate da banchetti luculliani implica, però, un impegno di altri due giorni tra preparazione e smaltimento. Il 24, infatti, si prepara il menù e si pulisce la casa se si hanno degli invitati. Diciamo che partiamo avvantaggiati da 300 calorie preventivamente consumate. Il 25 ci si abbuffa per bene … non ci si fa mancare nulla. Soprattutto si mangiano tutte quelle cose che per il resto dell’anno sembrano dimenticate del tutto: panettone, torrone, marzapane, frutta secca, zampone e lenticchie (anzi no, quelli si mangiano anche a Capodanno!), dolcetti speziati, gingilli di cioccolata … insomma, chi più ne ha più ne metta. Tutto questo, ovviamente, accompagnato dalle portate standard delle feste: antipasto caldo-freddo, due o tre primi, due o tre secondi con relativi contorni, sorbetto tra i primi e i secondi, macedonia, caffè, digestivo, spumante con il dolce e poi di nuovo il caffè, verso le cinque di pomeriggio, perché sennò dormiamo sul divano facendo una pessima figura con gli ospiti.

Mio figlio mi ha detto che ha sentito al telegiornale che ad un pranzo di Natale si inglobano circa 2800 calorie. Sono tante? mi ha domandato. TANTE?, ho chiesto retoricamente, TANTISSIME! Ho risposto … più o meno quelle che dovrei consumare in tre giorni. Anch’io?, si è informato con una cert’aria preoccupata, No, tu in due giorni, sei più giovane e ti muovi di più. Beh, se n’è andato senza aggiungere altro, ma poi l’ho scoperto mentre si pesava di nascosto. Calati due chili nelle ultime due settimane … ok, allora vanno bene 2800 calorie in un pasto solo!
Certo che le feste dovrebbero essere fatte per riposare; perché mai dobbiamo lanciarci in questi pasti assurdi di duecento portate che oltre a farci ingrassare terribilmente, ci annoiano a morte e impegnano lo stomaco in un’attività digestiva abnorme, del tutto fuori dai parametri standard?

Meno male che c’è il 26, direte. Nossignori. Meno male un corno! Perché si ricomincia daccapo, ci sono gli avanzi da finire, non vorrete buttar via tutto quel ben d’Iddio? Certo che no, quindi ci sacrifichiamo volentieri, pensando a chi non ha da mangiare. La cosa più stupida che si possa fare: se dovessimo pensare a chi soffre la fame ogni volta che buttiamo via avanzi di cibo, praticamente lo faremmo ogni giorno. Lo sapete che il 70% di rifiuti organici sono costituti da avanzi di cibo? Per me è solo una scusa per rimpinzarsi ancora, come se il pranzo di Natale non bastasse.
L’unica cosa positiva del 26 dicembre è che si deve rimettere a posto la casa – sempre se il pranzo si è tenuto da noi – e quelle 200-300 calorie si riescono a consumare. Ma se in due giorni trangugiamo cibo per 5600 calorie e in tre riusciamo a consumarne più o meno il dieci per cento, mi pare logico che i conti non tornano. Già, perché poi, per il resto del tempo, ce ne restiamo immobili con il sedere appiccicato alla sedia e con il panettone che, una volta mangiato, si piazza proprio lì, tanto che il nostro lato B prende la sua forma. Ma il vero dramma è che ce lo dobbiamo tenere, con quella forma, anche quando il Natale è passato.

Ci vorrebbe un po’ di movimento, mi dico, mentre lo sguardo si posa sulla cyclette che giace sola e sconsolata in camera da letto. Sul manubrio penzolano le autoreggenti che mi sono tolta la sera prima. Le guardo e mi convinco che la funzione primaria della cyclette, almeno della mia, è quella di appendiabiti. Quindi mi siedo alla scrivania e poggio i piedi sullo step che sta proprio lì sotto. Lo guardo e mi convinco che la sua funzione primaria è proprio quella di poggiapiedi. E poi, dopo la sfacchinata fatta per pulire la casa, prima e dopo i banchetti vari, nonché per preparare il menù di Natale, chi me la fa fare di pedalare e sgambettare? No, la ginnastica non fa per me. La presenza di attrezzi ginnici sparsi per la casa ha l’unico scopo di mettere a tacere la mia coscienza.

Detto questo, poiché le feste non sono ancora finite, prevedo un semidigiuno nei giorni seguenti: 28, 29, 30 e 31 (almeno fino a sera). Sfortunatamente, infatti, il cenone di San Silvestro è lì in agguato. Ma io mi dico, tutti questi santi non potrebbero fare qualcosa per venirci incontro? Che so, un miracolo per rendere meno calorici i menù delle feste. San Silvestro, aiutaci tu!

“NATALE” DI GIUSEPPE UNGARETTI

La poesia è stata scritta durante una licenza che il poeta trascorse a Napoli in casa di amici. Appartiene alla raccolta “Allegria di Naufragi”, apparsa nel 1919 e diventata, nel 1931, “L’Allegria”.
Emerge nel testo la tristezza del poeta che ha ancora nella mente le immagini strazianti della guerra da lui vissuta in prima linea. La frammentazione dei versi dà l’idea di un singhiozzo e rimanda ai lettori l’immagine di un animo lacerato da profonde ferite che paiono non volersi rimarginare. La stanchezza di cui parla non è solo quella fisica, è soprattutto morale; l’apatia che traspare dai versi è la condizione dell’uomo che soffre e che non ha nemmeno la forza di apprezzare la compagnia consolatoria di persone amiche.
Il tono triste dei primi versi apparentemente contrasta con l’immagine del caminetto, in cui il fumo sembra divertirsi a fare “quattro capriole”, le sole compagne del poeta. Ma ad una lettura attenta si comprende che nel Natale Ungaretti vede solo un momento di pausa dopo l’agghiacciante esperienza vissuta in trincea, non un periodo di vera distensione dalle sue preoccupazioni.

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
.

BUON NATALE AI MIEI LETTORI

natale_notteMeno di tre mesi fa, quando ho deciso di aprire un blog, non avrei mai pensato di scrivere un post come questo. Non sapevo, infatti, cosa volesse dire avere un blog; mi sembrava solo uno strumento utile per passare dei materiali ai miei studenti, evitando così di fare un mare di fotocopie che, poi, pochi tengono con cura e molti cestinano appena esco dall’aula.

Ricordo che, dopo aver atteso invano un commento per qualche settimana, ho pregato mia nipote Sabrina di inviarmene uno, tanto per vedere l’effetto che faceva.
Ancora non avevo capito che dalla mia dashboard potevo controllare le visite e sapere, in questo modo, quanti leggevano i miei articoli. Per curiosità e per vedere come funzionavano gli altri, ho iniziato a farmi un “giro per blog” e a commentare gli articoli. Così mi si è aperto un mondo fino ad allora sconosciuto e ho iniziato ad avere i primi “amici”. Ho approfittato, insomma, dei commenti per farmi un po’ di pubblicità, lasciando qui e là il link del mio sito. E i primi commenti finalmente sono arrivati.

Sono passate di qua tante persone: alcuni hanno lasciato di sé solo fugaci segni, altri sono stati lettori e commentatori assidui per un periodo e poi sono spariti, altri ancora si mantengono in contatto con me facendosi sentire di tanto in tanto.
Non potendo ringraziare tutti i lettori che di sé non hanno lasciato traccia, pur sfogliando le mie pagine, farò cenno a quelli che, con i  commenti, hanno preso “forma” e “vita” attraverso le loro parole.

Ringrazio Franco, il più assiduo dei miei commentatori, con cui ho conversato sulla scuola, sugli studenti e le loro famiglie, sul loro modo di essere a volte così indecifrabile, sulla loro scarsa attitudine a rispettare le regole. Ha parlato della sua esperienza di padre, dichiarandosi poco disposto a rinunciare ad educare i figli anche se diventati grandi; mi sono aperta a lui facendo riferimento alla mia lotta quotidiana con gli allievi, parlando delle loro manifestazioni di dissenso riguardo la legge Gelmini, anche quando della legge non ne sapevano nulla. Non lo sento da un po’; mi piacerebbe si rifacesse vivo.

È passato di qua anche Matteo, studente ventenne assai sagace, attento osservatore del mondo che del mondo dà interpretazioni molto personali, forse non tutte condivisibili ma senz’altro apprezzabili. Forse per lui, che si definisce ateo, il Natale non ha poi molta importanza ma sarà pur sempre una festa, come tante altre, illuminata da luci inconsuete e rallegrata da variopinti regali che stanno lì, sotto l’albero, in attesa di essere scartati
Poi c’è Andrea, insegnante di latino, appassionato ma preoccupato perché rischia di perdere il posto. Un precario, come tanti, ma dotato di una rara capacità di difendere il suo punto di vista senza urlare, ragionando, sostenendo un dibattito civile. Si è affacciato al mio blog con tono formale, dandomi del Lei, tanto che ho dovuto invitarlo a darmi del tu, per non sentirmi in imbarazzo. Uno spirito critico raro, una lucidità nel ragionamento che tuttavia lascia intravedere qualche sprazzo di fragilità. È questo che lo rende umano, vicino anche se lontano, e non un prodotto “preconfezionato” come tanti, troppi, che nei commenti sanno solo ripetere quello che assai spesso si sente in giro.

Paolo è uno studente con la passione del latino. Per la verità, lui il latino al liceo non lo digeriva e ora, da universitario, si dà un gran daffare per trovare un metodo veloce per apprendere questa lingua antica che per molti è un inutile fardello. Con grande zelo e infinita pazienza sta elaborando un suo metodo, lo chiama “indicizzazione” e, secondo lui, può evitare agli studenti l’ossessionante ripetizione mnemonica delle declinazioni e delle coniugazioni. Lodo il suo impegno e apprezzo il suo sforzo: gli auguro che un giorno sui manuali scolastici si legga il suo nome.

Marko è un altro blogger, anzi per me è il Blogger con la B maiuscola perché è grazie a lui che i commenti sul mio hanno preso l’avvio. In verità lui non ha lasciato tante tracce di sé qua, ma abbiamo a lungo conversato sulla scuola, i decreti e la riforma sul suo sito. È lui che mi ha insegnato, in un certo qual senso, la gestione civile dei commenti, ad essere una padrona di casa rispettosa delle altrui opinioni ma anche energica nel difendere le mie, con un po’ di garbo è un po’ d’ironia. Ricordo che un lettore l’ha definito “blogghettaro” e Marko si è divertito un mondo. Perché è questo lo spirito giusto di un blogger: immaginate quanto diverrebbe faticoso gestire un blog se non ci fosse anche il lato gioioso e un minimo di divertimento.

Di qui è passato recentemente anche Ronbo, ma oggi stesso mi ha promesso che smetterà di commentare. Il fatto è che non riusciamo a trovare un punto d’incontro, anche se ho la vaga impressione che lo risentirò. In fondo, da buona padrona di casa, ho cercato di difendere le mie opinioni senza arroganza e presunzione. Una lezione di civiltà, di tanto in tanto, non guasta.

Un altro insegnante, questa volta di scienze, mi ha fatto visita: Antonio ha espresso la sua soddisfazione perché la sua materia con la riforma avrà più spazio al liceo scientifico. Anche se stiamo su due fronti opposti, il dibattito fra noi è stato impostato sulla condivisione di molti giudizi generali sulla scuola, a dimostrazione del fatto che se è vero che ognuno tira l’acqua al suo mulino, non è poi così scontato che ci si debba scontrare per difendere il proprio pensiero senza lasciare spazio alle opinioni altrui.

Tracce appena hanno lasciato altri lettori: Claudia, Giulio, Lavyrtuosa, Elysabetta, Doza, Gullo … qualcuno ha espresso parole di lode, altri di critica. Ma va bene così: che male c’è ad essere sinceri? Il bello del commentare sul blog è la libertà di scegliere se continuare un discorso appena iniziato o di interromperlo subito per mancanza di feeling con il proprio interlocutore.
Due parole le vorrei spendere per Marco, mio omonimo. È stato bello conoscere una persona che porta il mio stesso cognome, sapere che non è uno dei tanti … in fondo, non ci chiamiamo Rossi!
Poi vorrei citare Teresa che apprezza il mio modo di scrivere e attende di leggermi su carta stampata … quando mi deciderò a pubblicare il mio libro. Non so se mai verrà quel giorno, ma mi piacerebbe risentirla prima di allora.

Un pensiero particolare va a Luky: è passato di qua come una meteora, leggendo avidamente molti articoli, scegliendo quelli più di suo gusto e lasciando commenti a raffica. Dopo un paio di giorni, il silenzio. Mi è parso un bimbo che gioiosamente si trastulla con un giocattolo nuovo, ma ben presto se ne dimentica e lo lascia in un angolo. Spero che torni a trovarmi, anche se con lui ho un rapporto particolare, non mi è sconosciuto come gli altri: è mio nipote. Anche a lui va il mio grazie, soprattutto per aver voluto conoscere di me un lato ancora ignoto.

Infine, ringrazio i miei due allievi coraggiosi: José e Giovanni. Serio, pacato, dotato di una buona capacità di analisi l’uno; distratto e svagato, proprio come fra i banchi di scuola, l’altro. Lodevoli entrambi per aver avuto il coraggio di scrivermi e, soprattutto, di leggermi … per una volta almeno, visto che sono io quella che di solito legge i loro scritti! Spero che in futuro anche i loro compagni possano divenire miei interlocutori … non solo in un’aula scolastica.

A tutti, ma proprio a tutti, auguro un FELICE NATALE, da trascorrere con le persone amate, dimenticando almeno per un giorno la difficile lotta che, a volte, è la vita.

FORTE SCOSSA SISMICA NEL NORD ITALIA

Non sono solita dare delle “breaking news”, ma di questa sono stata testimone diretta più o meno un’ora fa.
Mentre scrivevo il commento ad un post, ho sentito ondeggiare la sedia su cui ero seduta. Come faccio di solito – dal lontano 6 maggio 1976, quando per la prima volta ho sperimentato un terremoto – mi sono precipitata a vedere se i lampadari si muovevano. Già, si stavano proprio muovendo, non solo, anche la biancheria stesa nello stendino ondeggiava.
La conferma l’ho avuta pochi minuti dopo su Mediavideo: confermato sisma di magnitudo 5.2 della scala Richter, nel nord Italia, con epicentro nella zona compresa tra Reggio Emilia e Parma. La forte scossa, comunque, è stata avvertita da Milano a Trieste … passando per Udine, ovviamente. Non si conoscono ancora i dati relativi a danni a cose e persone. Si sa che a Parma sono isolati i telefoni ed dal Centro Sismografico Nazionale è stata diffusa la notizia di probabili altre scosse di assestamento.

Ad un’ora dall’evento ho ancora la tachicardia. Eppure, vivendo in Friuli, dovrei esserci abituata alle scosse. Ma ogni volta che ripenso all’evento sismico del 1976 mi viene la pelle d’oca. Anche allora stavo scrivendo, una lettera ad un amico, ma rigorosamente a mano. I computer allora non esistevano … almeno non in tutte le case.
Grazie alla tecnologia ora posso raccontarvi in tempo reale la mia “esperienza” … e non è poco.

AGGIORNAMENTO ORE 23.57

 

Un’altra scossa, meno intensa, si è registrata alle 22:58. L’epicentro è situato nella zona appenninica presso Quattro Castella. La profondità per entrambe le scosse è stata abbastanza “superficiale” – 26 km la prima, 30 la seconda – e questo spiega il fatto che il sisma sia stato avvertito in un’ampia zona che comprende, oltre all’Emilia Romagna, anche la Lombardia e il Veneto. Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, assicura che si tratta di scosse di assestamento e non particolarmente pericolose.

 

I danni causati dal sisma del pomeriggio non sono gravi: alla Protezione civile dell’Emilia Romagna sono state finora segnalate solo crepe in alcuni edifici dei Comuni di Vetto e Canossa, della chiesa di Quattro Castella e della parrocchiale di Mamiano, piccola frazione di Traversetolo, e qualche cornicione pericolante. Nessuna persona è rimasta ferita.

 

Per Doriano Castaldini, professore al dipartimento di Scienze della terra della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Modena e Reggio Emilia, questo tipo di terremoti sono normali, dovuti  a una compressione regionale che è attiva in quasi tutta la fascia pede-appenninica.

 

Gli inconvenienti più gravi sono stati l’interruzione delle linee ferroviarie Bologna-Verona, Bologna-Padova e Milano-Bologna nel pomeriggio. Si sono verificati ritardi anche di oltre un’ora.   Tra Langhirano e Pastorello, in provincia di Parma, è scoppiata una tubatura di metano sotto il manto stradale. La strada è interrotta ed è presidiata da Carabinieri e Vigili del Fuoco, ma non c’è stato nessun danno né per le persone né per gli edifici.

GELMINI: RIFORMA È FATTA

gelmini 3Il ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, ha presentato oggi al Consiglio dei Ministri i quattro decreti presidenziali che riguardano la scuola di ogni ordine e grado. Si parte, dunque, dalla scuola dell’Infanzia, passando attraverso quella primaria, fino ad arrivare alla secondaria di I e II grado. Per la prima volta dalla riforma Gentile del 1923 sono stati riorganizzati tutti i cicli di istruzione. Superfluo dire che i quattro decreti sono stati approvati.

Alla scuola dell’infanzia sarà possibile accedere a partire dai due anni e mezzo. L’orario resta quello di sempre: 40 ore con due insegnanti per sezione. Le famiglie potranno anche scegliere l’orario antimeridiano compatibilmente con le richieste.
L’abbassamento dell’età, ora di 3 anni, per l’accesso alla scuola materna è certamente una buona cosa, visto che gli asili nido sono pochi, quasi tutti privati e con lunghe liste d’attesa. Ovviamente dipende dalle città; io, comunque, ho iscritto mio figlio nella lista d’attesa in una struttura privata 17 anni fa e non ho mai ricevuto risposta! Non solo, ma il costo più o meno si aggirava, allora, sulle 600 mila lire mensili. Fortunatamente ho potuto iscrivere i bambini ad una scuola materna cattolica, dove li hanno ammessi a due anni e mezzo, per la modica somma di 200 mila lire al mese. Beh, un gran vantaggio. Ma se si possono sfruttare le strutture pubbliche ovviamente è meglio.

Sulla scuola primaria ho parlato fin troppo, quindi vi rimando alla lettura di questo post . Comunque, nessuna novità riguardo ai docenti: maestro unico o prevalente, a seconda dell’orario prescelto, o i due maestri per il tempo pieno. Il modulo attuale, però, non sarà del tutto morto e sepolto dal prossimo anno scolastico, visto che l’avvio della riforma riguarda solo le classi prime. Anche i famigerati tagli del personale, quindi, avverranno gradualmente e comunque gli eventuali soprannumerari saranno impegnati nel tempo pieno di 40 ore. Anzi, proprio la disponibilità dei docenti favorirà l’aumento delle classi con il tempo pieno, sempre compatibilmente con le richieste delle famiglie.

Nella scuola media (secondaria di I grado) l’orario passa dalle attuali 32 ore a 29. Il tempo prolungato verrà attivato soltanto su specifica richiesta delle famiglie e soltanto quando ci sia un sufficiente numero di alunni per attivare il servizio. Le ore d’inglese possono aumentare da 3 a 5, sempre su richiesta delle famiglie. Sarà obbligatoria, pure, una seconda lingua straniera.

La riforma delle superiori (secondaria di II grado), come si sa, slitta di una anno e partirà, quindi, con il 2010. Molte le novità, a partire dall’orario che sarà ridotto in tutti i tipi di scuola. Le ore dovranno essere effettivamente di 60 minuti; banditi, quindi, i “moduli” di 50 minuti che la maggior parte delle scuole adotta per problemi di compatibilità con l’orario dei mezzi di trasporto, quindi per quelle “cause di forza maggiore” che normalmente si invocano per far durare di meno la mattinata. Se gli orari, per la maggior parte, si aggirano sulle 30 ore settimanali, 5 ore per 6 giorni, non dovrebbe essere un problema. Ma come la mettiamo con le sezioni che hanno l’orario concentrato in cinque giorni – quelle, cioè, a settimana corta – per avere il sabato libero? Personalmente non mi piace avere il sabato libero, ma pare che molti docenti lo gradiscano e molte famiglie preferiscano avere i figli a casa per organizzare un week – end sulla neve, ad esempio. Come si farà a rispettare l’orario completo con ore di 60 minuti resta un mistero. A meno che non ci siano le solite “deroghe”, ma allora resterebbe tutto come adesso, visto che anche ora la durata del modulo orario è effettivamente di 60 minuti.
Le novità più sostanziali, come ho già scritto nei precedenti post, riguardano appunto le scuole superiori. Per non ripetermi vi rimando a quest’altro post. Tuttavia, vedo di riassumere i punti salienti.

Ci saranno due nuovi licei: quello delle scienze umane (ex-magistrali) e quello musicale e coreutico (danza e musica). Tre nuovi indirizzi per il liceo artistico: figurativo, design, new media. In tutti i licei si studierà l’inglese per cinque anni (attualmente al classico rientra nel piano di studi del solo ginnasio) e in quelli di nuova istituzione anche una seconda lingua straniera. Allo scientifico, come scrive Il Giornale, il latino sopravvivrà: parola di Gelmini!
I nuovi istituti tecnici avranno 2 settori fondamentali, uno economico e l’altro tecnologico, e 11 indirizzi. L’economico avrà 2 indirizzi, il tecnologico 9. Saranno organizzati in 2+2+1 anni. Il primo biennio con un contenuto formativo di base, il secondo specialistico a seconda degli indirizzi. L’ultimo anno sarà di perfezionamento mirato all’indirizzo scelto ed è previsto anche lo stage per gli studenti. Non più, quindi, 750 indirizzi che creavano confusione negli studenti e nelle famiglie. La scelta è ristretta ma più orientata a soddisfare le attitudini personali, maggiormente compatibile con le richieste del mondo del lavoro. I laboratori, poi, acquisteranno un ruolo centrale: diventeranno dei veri e propri centri di innovazione attraverso la costituzione di dipartimenti di ricerca. Non solo, esperti e professionisti potranno entrare nel comitato scientifico della scuola.

Nel comunicato stampa del MIUR non c’è traccia delle famose classi – ponte, ma si rende noto che saranno organizzati dei corsi d’italiano per stranieri. Alle medie, le due ore della seconda lingua potranno essere utilizzate per corsi di italiano per gli allievi non italofoni.

Infine, una buona notizia per i docenti “più bravi”: dal 2011 i docenti eccellenti potranno ricevere un premio produttività che potrà arrivare fino a 7.000 euro l’anno. Resta un mistero che cosa si intenda per “eccellenti”. Si può pensare che siano quelli con gli studenti più bravi; peccato, però, che, se così fosse, molti sarebbero quelli dai “bei voti facili” per fare una bella figura. O forse i docenti eccellenti saranno quelli più graditi agli allievi; mi immagino già i questionari per gli studenti:l’insegnante è simpatico, arriva puntuale, dà pochi compiti, lo capisci quando spiega … ???
O forse si rispolvererà il vecchio “quizzone” proposto da Berlinguer, già osteggiato da tutti i docenti senza distinzione di schieramento politico? Mah, staremo a vedere.

ALBERO DI NATALE ALLE MANDORLE


Si avvicina il Natale e in tutte le case si sta più o meno discutendo sul menù del “grande giorno”. Beh, io sono ancora alle prese con i compiti da correggere e probabilmente il giorno di Natale non sarò nemmeno a casa per pranzo. Ma ad una tradizione assolutamente non rinuncio: quella del dolce natalizio. Da qualche anno, dopo essermi cimentata nell’ardua impresa di preparare il tradizionale “tronchetto”, mi dedico ad una ricetta più semplice e sbrigativa, ma altrettanto buona: l’albero di Natale alle mandorle.

Innanzitutto bisogna procurarsi uno stampo a forma di “albero”. Nei negozi di casalinghi se ne trovano di diversi materiali e misure; io consiglio uno antiaderente (tipo Teflon) di misura media.
La base del dolce è la pasta sfoglia: personalmente uso quella surgelata (sempre per motivi di tempo!) ma chi è particolarmente paziente la può preparare in casa.

Ecco la ricetta:

Ingredienti

 una confezione di pasta sfoglia da 500 grammi
 2 uova intere
 200 grammi di mandorle pelate (meglio se già tritate)
 150 grammi di zucchero
 qualche cucchiaio di marmellata di ciliegie o prugne
 60 grammi di burro
 una fialetta di aroma mandorla (o un cucchiaio di liquore tipo Amaretto)
 zucchero a velo

Preparazione

Scongelate la pasta sfoglia a temperatura ambiente; nel frattempo tritate le mandorle con un cucchiaio di zucchero (se non usate quelle già tritate; costano un po’ di più, ma volete mettere il risparmio di tempo!). Montate in una terrina i tuorli delle due uova con lo zucchero, quindi aggiungete il burro morbido ma non fuso, la fialetta di aroma mandorla o il liquore e infine gli albumi montati a neve (meglio se freddi e con l’aggiunta di un pizzico di sale), mescolando delicatamente dall’alto in basso per non farli smontare.

Stendete su un piano leggermente infarinato la pasta sfoglia e foderate con essa lo stampo a forma di “albero”: punzecchiate la pasta con i rebbi della forchetta e stendete sul fondo la marmellata..
Coprite con il composto alle mandorle e con la pasta avanzata, ritagliate dei nastri, con l’aiuto dell’apposita rotella, con cui guarnirete l’ “albero” formando dei “festoni”.
Infornate nel forno caldo a 180° per 35 minuti circa. La temperatura può essere leggermente più bassa se si usa il forno ventilato, ma credo che la cosa migliore sia affidarsi all’esperienza relativamente al forno che ciascuno ha. In ogni caso è bene controllare la cottura con uno stuzzicadente; attenzione, però, perché l’impasto risulta sempre un po’ umido.

A fine cottura, lasciate 5 minuti la torta nel forno spento. Sformate l’ “albero” quando si è raffreddato e cospargetelo con lo zucchero a velo. Se volete, potete decorarlo con un po’ di frutta candita, come le ciliegie, che simulano i gingilli. Io non lo faccio perché a me non piace la frutta candita, ma è questione di gusti, ovviamente.

Bene, a questo punto consiglio una prova prima della notte o del giorno di Natale. Mai fare esperimenti quando si hanno degli invitati! Beh, questo è un consiglio che vi do, anche se la torta riesce sempre benissimo, e che non seguo mai: i miei invitati, infatti, fanno sempre da cavie.

Buona preparazione e … buon appetito.

[la foto è mia, lo so non è un granché, ma il dolce è davvero squisito!]

MAESTRO UNICO NON PIÙ TANTO UNICO

MAESTRA

Dopo il colpo di scena di ieri, vale a dire la decisione del governo di rimandare all’A.S. 2010/2011 l’avvio della riforma delle superiori, ecco che spunta un’altra novità: il maestro unico non sarà forzatamente unico ma solo su richiesta. Ci eravamo quasi abituati a chiamarlo “unico”, dopo i diversi tentativi di spostare l’attenzione dall’aggettivo scomodo ad un altro più accattivante, cioè “prevalente”. Anche se il ministro Gelmini ha più volte detto che sarebbe stato affiancato comunque da altri maestri, detti specialisti. Ci sembrava, dunque, di aver capito che fosse possibile scegliere il modello attuale, cioè quello dei moduli. Nient’affatto. Ci pareva, ma non avevamo capito bene.

Oggi sul Corriere della Sera si legge: «Un unico maestro – spiega la Gelmini – sarà il punto di riferimento educativo del bambino e viene abolito il modello a più maestri degli anni ’90». Ma allora, si torna a parlare di maestro prevalente, o no? Effettivamente, dice il ministro, la scelta delle famiglie sarà possibile solo a livello di orario scolastico. Infatti, Mariastella continua: «La responsabilità del percorso formativo e didattico antimeridiano d’ora in poi farà capo ad un unico docente, e potrà essere declinato in 24 o 27 ore. Nel primo caso avremo, di fatto, un maestro unico. Nel secondo un maestro prevalente. Come era già stato scritto nel piano programmatico sulla scuola. In questo modo si eliminano le compresenze e si supera il modello del modulo. Dunque nessun passo indietro».

Ecco, adesso le cose sono più chiare. Nessun ripensamento, dunque, e i risparmi sono assicurati. In fondo l’obiettivo era quello. Ma come si opererà la scelta? Mi immagino già i moduli di iscrizione, sullo stile dei quesiti a scelta multipla: nel caso dell’insegnante unico in orario antimeridiano, volete la maestra A, quella B o la C? Se volete, invece, il “tempo prolungato”, potete optare per il maestro prevalente A, B o C. Già, perché normalmente accade che assieme alla domanda di iscrizione si esprimano anche delle preferenze. Non si potrebbe, ma accade. Ecco che gli insegnanti considerati più severi saranno evitati come la peste, quelli più comprensivi, invece, saranno i più gettonati.

M’immagino la possibilità di scegliere il maestro unico o prevalente con tanto di profilo dell’insegnante, o magari, allegato al modulo d’iscrizione, un giudizio innocente e spassionato di qualche scolaro di quinta, già esperto, che si potrebbe esprimere più o meno così:

“Caro nuovo iscritto, scegli la maestra Pina che è brava e buona, ci porta le caramelle, non interroga mai, fa solo compiti scritti e ce li fa correggere, così noi bariamo e risultiamo tutti bravi. Poi lei è giovane e bella, il che non guasta. Non come le altre due maestre del mio modulo, che sono delle streghe, litigano sempre e la povera maestra Pina è costretta a far da paciere. Poi c’è da dire che con la maestra buona l’intervallo dura mezz’ora di più, se c’è qualcuno che disturba lei è comprensiva, perché capisce che si vuole sfogare, così lo manda a fare le fotocopie o a prenderle un caffè e lui se ne sta via un po’ di tempo lasciandoci finalmente in pace. Questo te lo dico in confidenza perché se lo viene a sapere il ministro Brunetta, poi la maestra Pina viene licenziata.”

Be’, insomma, ho scherzato un po’. Non si arriverà a tanto, spero, comunque docenti come la maestra Pina ce ne sono, purtroppo. Al di là dei giochi di parole, maestro unico o prevalente, la cosa che ci si deve augurare è che la qualità della scuola migliori davvero. Visto in che condizioni arrivano i ragazzi in prima liceo, dei dubbi ci sono. O dobbiamo credere che la scuola primaria funzioni benissimo e la secondaria di I grado sia una specie di buco nero?

AGGIORNAMENTO DEL POST, 27/07/2009

Leggo su tuttoscuola.com che il modello del maestro unico, per la scuola primaria, non è più prescrittivo: le scuole, secondo le prerogative della autonomia organizzativa, potranno procedere in maniera flessibile nell’organizzare le primi classi a riforma da settembre, utilizzando secondo necessità gli insegnanti.

Sempre secondo la fonte citata, “dopo che la precisazione era stata riportata all’interno della delibera della Corte dei Conti con la quale era stata dato l’ok alla registrazione del regolamento sul riordino del primo ciclo (dPR 89/2009), ora anche l’atto di indirizzo (in bozza) che dovrà accompagnare l’applicazione del regolamento parla esplicitamente di modello non prescrittivo e di flessibilità organizzativa da parte delle istituzioni scolastiche autonome.
Molte scuole non hanno aspettato quel benestare ministeriale e già in vista del nuovo anno scolastico hanno individuato il modello più comodo: un fitfy-fitfy che prevede l’impiego del docente unico per metà tempo su una classe e per l’altra metà su un’altra, con il reciproco speculare del collega dell’altra classe. Due maestri unici con un orario equamente suddiviso su due classi.
Le ore mancanti per arrivare a 27 o 30 ore settimanali vengono assegnate, per completamento, ad un terzo (o quarto docente) che dovrà comunque lavorare anche su altre classi.
È una soluzione che assomiglia a quella modulare (11 ore per docente in ciascuna delle due classi) che invece il regolamento ha inteso superare, con la sola differenza che il terzo maestro di complemento è fuori modulo.
”.

DALLA LEGGE 137 ALLA RIFORMA GELMINI: IL TRUCCO C’È L’INGANNO PURE

gelmini_occhialiChi ha letto i miei precedenti post sull’argomento (questo e questo) forse si stupirà leggendo il titolo di questo articolo. Tuttavia, se si rileggono le battute finali di “Legge 137 Gelmini: è ora di voltare pagina”, forse lo stupore sarà in parte attenuato.
L’articolo, infatti, si concludeva così: “Quanto a me, io spero solo di non dovermi pentire di aver difeso a spada tratta la povera Gelmini o, per meglio dire, il suo Decreto. Ogni tanto penso a quando ti telefonano per annunciarti che hai vinto un viaggio: devi solo recarti, con tutta la famiglia ovviamente, in quel dato hotel, quel dato giorno, domenica o festivi preferibilmente, a ritirare il “buono” … e poi scopri che devi comprare un p.c. (ma ne hai già tre!) o una multiproprietà in Spagna (ma non era meglio più vicino?). Insomma, il classico bidone. E nonostante tu l’abbia già sperimentato una volta, chissà perché almeno in un’altra occasione ci ricaschi. Che dire ancora? Speriamo bene o, come diceva sempre mia nonna Caterina, che Dio ce la mandi buona!”
Ora, effettivamente, il “bidone” così abilmente celato sotto le mentite spoglie di articoli e commi apparentemente innocui, è visibile in modo chiaro e assolutamente inconfutabile.

Parliamo, dunque, dell’annunciata riforma. Avevo già osservato in modo chiaro che l’unica vera riforma avrebbe riguardato la scuola secondaria di II grado, dopo che, passato il testimone dell’esecutivo dalle mani di Berlusconi a quelle di Prodi, la riforma Moratti, già effettivamente approvata, era rimasta giacente per un po’ in attesa di essere rispolverata, non senza le dovute e irrinunciabili revisioni e correzioni.
È stata pubblicata, per ora, una bozza di “Decreto del Presidente della Repubblica”, identificato con la dicitura “Schema di regolamento recante Revisione dell’assetto ordinamentale , organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del D.Lg. 25/06/08, n. 112, convertito dalla Legge 06/08/08, n. 133″. Il testo completo, per le persone dotate di infinita pazienza e tempo libero, è consultabile su questo sito . In questa sede mi occuperò principalmente della riforma del Liceo Scientifico, dove insegno, che per ovvi motivi mi sta più a cuore.

Nella bozza succitata si parla dell’articolo 64 della Legge 133, quella famosa varata in piena estate, quando la maggior parte della gente se ne stava spaparanzata al sole e quelli meno fortunati boccheggiavano stretti nella morsa dell’afa cittadina, poco inclini, tuttavia, ad occuparsi di politica e di decreti legislativi. È quell’ “articoletto”, apparentemente insignificante, la chiave del mistero. La legge 133 prende in esame provvedimenti in ambito finanziario che, vertendo sulla pubblica amministrazione, inevitabilmente hanno ripercussioni anche sulla scuola. È questo il bidone, cari i miei lettori, e nonostante sia ancora convinta che le manifestazioni plateali di fine ottobre fossero inutili e fuori tempo massimo, poiché i giochi oramai erano già stati fatti, lodo la lungimiranza di chi l’inghippo l’aveva già intuito. Ma io sono famosa per essere una specie di “Alice nel paese delle meraviglie”, quindi non mi stupisco della mia scarsa perspicacia. L’articolo 64, comma 4, dunque, recita:

4. […] si provvede ad una revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, attenendosi ai seguenti criteri:
a. razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso, per una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti;
b. ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali;  
c. revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi;
d. rimodulazione dell’attuale organizzazione didattica della scuola primaria;
e. revisione dei criteri e dei parametri vigenti per la determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA, finalizzata ad una razionalizzazione degli stessi;
f. ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, previsto dalla vigente normativa.

Quindi, vediamo cosa prevede la “razionalizzazione dei piani di studio”, almeno per i licei. Prima di tutto si parla di due bienni e un anno conclusivo (art. 2, comma 3), così come già concepito dalla riforma Moratti. In quest’ultimo anno è previsto anche l’insegnamento in lingua inglese di una disciplina non linguistica; anche questo, però, era già stato previsto dalla Moratti, Non si capisce perché la disciplina debba essere “non linguistica” visto che io già insegno Latino in inglese e non vedo dove ci sia l’eventuale controindicazione. Mah!
In base alle disponibilità di bilancio, possono essere impartiti pure degli insegnamenti facoltativi su richiesta degli studenti. Mi chiedo quali e in che modo si possa procedere alla “personalizzazione dei piani di studio” (art.3, comma 2). È già così difficile insegnare le materie obbligatorie, figuriamoci quelle facoltative. E poi, saremo noi a proporgliele o ce le chiederanno loro? M’immagino che di fronte alla possibilità di scelta fra “Storia delle religioni monoteiste” e “Avvio alla composizione di musica elettronica” non si possa dubitare sulle preferenze.

Veniamo, ora, ai quadri orari dei licei: s’era detto (cfr. Legge 133) che i licei classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane avrebbero avuto un monte orario settimanale non superiore alle 30 ore. Ciò vale anche alla luce del documento in esame; per altri licei, ad esempio quello artistico, si arriva anche alle 35 ore, mentre in quello musicale e coreutico il tetto è fissato in 32 ore. Va da sé che tutte le varie “sperimentazioni” – per lo scientifico, ad esempio, il P.N.I. o il bilinguismo – verranno a cadere per far posto ad un piano di studi tradizionale ma ampliato per quanto riguarda le materie caratterizzanti.

Vediamo, in sintesi, cosa cambia nel quadro orario del liceo scientifico:

Piano di studi Attuale (piano base)

Materie

I

II

III

IV

V

Italiano

4

4

4

3

4

Latino

4

5

4

4

3

Lingua straniera

3

4

3

3

4

Storia

3

2

2

2

3

Geografia

2

Filosofia

2

3

3

Scienze natur.

2

3

3

2

Matematica

5

4

3

3

3

Fisica

2

3

3

Disegno

2

2

2

2

2

Ed. fisica

2

2

2

2

2

Relig. o att. alt.

1

1

1

1

1

Totale ore sett.

26

26

28

29

30

Proposta Gelmini

Materie

I

II

III

IV

V

Italiano

4

4

4

4

4

Latino

4

4

3

3

3

Lingua inglese

3

3

3

3

3

Storia

2

2

2

2

2

Geografia

2

2

Filosofia

3

3

3

Scienze

3

3

3

3

3

Matematica e Inform.

5

5

5

5

5

Fisica

2

2

2

2

2

Arte …

2

2

2

2

2

Ed. fisica

2

2

2

2

2

Relig. o att. alt.

1

1

1

1

1

Totale ore sett.

30

30

30

30

30

Al quadro orario “standard” si aggiungono i seguenti insegnamenti “attivabili sulla base del Piano dell’Offerta Formativa nel limite del contingente di organico assegnato all’istituzione scolastica, tenuto conto delle richieste degli studenti e delle loro famiglie”:
Lingua straniera 2
Musica
Elementi di diritto ed economia
Approfondimenti nelle discipline obbligatorie

Insomma, lascio ai lettori le dovute considerazioni. A me sembra che il piano di studi sia più “scientifico”, anche a scapito della riduzione d’orario di Latino e Storia. Sempre meglio che la temuta “opzionabilità” del Latino … poi staremo a vedere.
Quanto all’organico, per dovere di cronaca, tutti i docenti saranno tenuti ad avere un orario completo di cattedra di 18 ore, mentre ora le cattedre sono completate da ore a disposizione per le supplenze. Vedremo come si farà a coprire le classi in assenza degli insegnanti ammalati o assenti per altri giustificati motivi. Se è già dura adesso – specie quando nella stessa giornata si contano il 10% di assenti sull’intero corpo docente! – diventerà un’impresa impossibile. Ma questa è un’altra storia.
Potrei continuare affrontando l’argomento “numero di studenti per classe”, ma dirò solo che sono previste deroghe anche in considerazione degli spazi disponibili nelle strutture scolastiche. Se pensiamo ad numero minimo di 27 allievi, risulta impossibile “sistemarli” nelle anguste aule scolastiche che ci ritroviamo. Senza contare che fare i compiti in classe quando tra un banco e l’altro c’è uno spazio di 5 centimetri risulta già una farsa adesso … a meno che non si somministrino compiti differenti. Il che significa più lavoro, difficoltà di costruire delle verifiche di pari livello, correzione più complicata …

Che dire, infine? Mentre una gran massa di docenti si prepara allo sciopero del 12 dicembre, io continuo a pensare che manifestare il proprio dissenso non ha prodotto frutti una volta, non lo farà nemmeno questa. Sarò rassegnata, forse, o solo disincantata. Vorrei, però, non trovare le classi deserte come l’ultima volta anche perché il “quadrimestre” finisce prima di Natale.
A proposito, ho deciso di scrivere una letterina a Babbo Natale: “Non voglio doni, caro Babbo, perché non ti voglio far spendere soldi in questo momento di crisi economica. Però ti rivolgo una preghiera: fa che la Gelmini non tolga il Latino dal liceo scientifico. Se mi ascolti, ti prometto che valuterò con meno severità i compiti dei miei allievi … ma visto che ci sei, fa che loro studino di più il latino che così non devo rivedere i miei criteri di valutazione!”